Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 23-03-2012, n. 4698 Ratei arretrati

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con la sentenza sopra specificata, la Corte di appello di Torino ha confermato, rigettando l’impugnazione dell’INPS, la sentenza del Tribunale della stessa sede in data 22.10.2008, con la quale era stata accolta la domanda, proposta da B.F., intesa al pagamento della rivalutazione monetaria e degli interessi legali per il ritardo nella corresponsione della somma pari al 75% della contribuzione integrativa versata al Fondo di previdenza degli impiegati dipendenti delle esattorie e ricevitorie delle imposte dirette, ai sensi della L. n. 377 del 1958, art. 32. La decisione ha disatteso la tesi dell’Istituto secondo cui il rimborso in questione configurerebbe un credito previdenziale, soggetto alle limitazioni di cui alla L. n. 412 del 1991, art. 16. 2. La cassazione della sentenza è domandata dall’Istituto con ricorso per unico motivo, cui resiste l’intimato con controricorso precisato da successiva memoria.

Motivi della decisione

1. Con il motivo di ricorso è denunciata violazione dell’art. 32 cit. ed è sostenuta, anche in questa sede, la tesi della natura previdenziale del credito, onde deriva l’applicazione dei soli interessi legali, con esclusione della rivalutazione, ai sensi della L. n. 412 del 1991, art. 6. 2. La Corte giudica fondato il ricorso.

2.1. Il Fondo di previdenza per gli impiegati delle esattorie e ricevitorie delle imposte dirette (previsto dalla L. 2 aprile 1958, n. 377, come modificata dalla L. 29 luglio 1971, n. 587) costituisce una gestione autonoma dell’INPS ed ha lo scopo principale di integrare le pensioni dovute agli iscritti o ai loro superstiti dall’assicurazione generale obbligatoria, cui gli stessi iscritti sono assoggettati, erogando agli aventi diritto, unitamente alla detta integrazione, anche la pensione dovuta dalla assicurazione obbligatoria in relazione ai contributi per qualsiasi titolo versati e computati come utili nell’assicurazione stessa, cosicchè eroga un’unica pensione complessiva, anche quando per lo svolgimento del lavoro esattoriale sussistono le condizioni per la pensione a carico dell’assicurazione generale obbligatoria, e non può attribuire alcun trattamento pensionistico prima che siano realizzate le condizioni per il trattamento complessivo, con la perdita della qualità di iscritto al Fondo (vedi Cass. 3 aprile 1986, n. 2298). La L. 2 aprile 1958, n. 377, art. 32, nel testo originario, attribuiva all’iscritto al Fondo cessato dal servizio prima di aver raggiunto il requisito minimo di contribuzione per la pensione di vecchiaia la facoltà (da esercitare non prima di un anno dalla cessazione del rapporto di lavoro o dall’ultimo versamento e non oltre cinque anni) di chiedere il pagamento, per una volta tanto, di una somma pari al 75 per cento dell’importo dei contributi versati al Fondo per l’integrazione della pensione obbligatoria. Con la L. 29 luglio 1971, n. 587, art. 7, la predetta facoltà è stata attribuita anche all’iscritto il quale, all’atto della cessazione dal servizio presso esattorie e ricevitorie delle imposte dirette, abbia conseguito il requisito minimo di contribuzione per la pensione di vecchiaia, a condizione che sia esercitata entro il quinto anno precedente il compimento dell’età pensionabile secondo le norme del Fondo.

2.2. Mette conto rilevare che la disciplina che interessa è interamente di fonte legale e non è dunque influenzata da istituti e criteri propri dei fondi integrativi di fonte contrattuale, là dove la natura di ogni singola prestazione discende da specifici e particolari intenti negoziali recepiti in regolamenti interni o in contratti collettivi.

2.3. Nel riferito quadro normativo, è priva di fondamento la tesi della sentenza impugnata circa la finalità restitutoria e retributiva del pagamento. Il fondo integrativo in questione non è propriamente un fondo "interno", ma anzi esso nasce come sostitutivo e, via via, diviene integrativo e "obbligatorio", nel senso che gli iscritti sono inseriti contemporaneamente nell’assicurazione generale obbligatoria tanto che nel fondo confluiscono anche i contributi a.g.o. e la pensione che viene liquidata è una pensione "complessiva". 2.4. Nella fattispecie di cui all’art. 32, in esame si realizza l’intento di assicurare un trattamento pensionistico sia ai soggetti che cessando dal servizio non possono più maturare il diritto alla pensione, sia a coloro che lo matureranno solo al compimento di una determinata età anagrafica, come risulta evidente dall’applicazione della norma, disposta dalla L. n. 587 del 1971, art. 7, a questi ultimi soggetti.

Non si tratta, tecnicamente, di un vero e proprio rimborso, come nel caso di dipendenti licenziati in via disciplinare ( L. n. 377 del 1958, art. 29), poichè nell’ipotesi dell’art. 32 cit., non vengono "rimborsati contributi", ormai inutilizzabili per il fatto che il dipendente sia escluso dal trattamento integrativo (art. 29 cit.), ma viene disposto il "pagamento, per una volta soltanto", di una somma pari al 75% dei contributi versati, su richiesta dell’interessato.

Non la contribuzione, quindi, viene "restituita" o "rimborsata", ma una diversa somma, commisurata ad una parte dei contributi versati, viene erogata al dipendente cessato dal servizio. La erogazione, poi, può avvenire "una sola volta" e la previsione non avrebbe alcun significato se si trattasse del diritto potestativo al rimborso di contributi inutilizzati, anzichè di una indennità sostitutiva del trattamento pensionistico, ovvero, in certa misura, anticipatoria del medesimo trattamento. La modalità è invece significativa in funzione previdenziale. Infatti secondo un generale principio del nostro sistema delle assicurazioni sociali, improntato al criterio solidaristico, non esiste il diritto alla restituzione dei contributi legittimamente versati, in relazione ai quali non si siano verificati i presupposti per la maturazione del diritto alla prestazione previdenziale (cfr. Cass. n. 10649 del 1990); quando la legge dispone il pagamento di contributi versati, o di parte di essi, come nella specie, non si tratta di un diritto potestativo alla restituzione (poichè questi sono stati versati legittimamente, e non costituiscono un indebito o un arricchimento senza causa per l’ente previdenziale), ma solo di un beneficio all’interno del rapporto previdenziale, con intento, dunque, non retributivo, nè restitutorio.

2.5. Deve ribadirsi, perciò, in relazione al pagamento in esame, quanto questa Corte ha già affermato in fattispecie analoghe, e cioè che la natura previdenziale della prestazione è dimostrata dal fatto che il Fondo eroga un’unica pensione, composta dalla parte obbligatoria e dalla parte integrativa, nell’ambito di un unico rapporto di assicurazione obbligatoria, sì che lo stesso pagamento della somma una tantum, nelle varie vicende del rapporto assicurativo, si colloca comunque nell’ambito di quest’ultimo ed ha una finalità di tutela previdenziale. Sulla somma perciò è dovuto il maggior importo tra interessi legali e rivalutazione monetaria ai sensi della L. 30 dicembre 1991, n. 412, art. 16, comma 6, e della L. 23 dicembre 1994, n. 724, art. 22, comma 36, con decorrenza dal 120 giorno dalla data di presentazione della domanda amministrativa (cfr.

Cass. n. 13637 del 2007; n. 9874 del 2007, in relazione all’applicazione dell’art. 152 disp. att. c.p.c.).

3. La sentenza impugnata è perciò cassata con rinvio alla stessa Corte d’appello, in diversa composizione, per la definizione della controversia in base ai detti principi, nonchè per la pronuncia sulle spese anche del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Torino, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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