Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 07-07-2011) 13-10-2011, n. 36983

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) Con sentenza del 3.11.2005 il Tribunale di Ragusa, sez. dist. di Vittoria, dichiarava A.A. colpevole dei reati di cui alla L. n. 633 del 1941, art. 171 ter, lett. d) (capo a) ed all’art. 527 c.p. (capo c), unificati sotto il vincolo della continuazione, e, concesse le circostanze attenuanti generiche nonchè l’attenuante di cui alla L. n. 633 del 1941, art. 171 ter, comma 3, lo condannava alla pena di mesi 4 di reclusione, nonchè al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile; lo assolveva invece dal reato di cui all’art. 648 c.p. (capo b) perchè il fatto non sussiste.

A seguito di appello del P.M. in relazione alla pronuncia assolutoria ed ai trattamento sanzionatorio, la Corte di Appello di Catania, con sentenza del 13.1.2011, in riforma della sentenza di primo grado, dichiarava A.A. colpevole anche del reato di ricettazione di cui al capo b), ritenuta l’ipotesi attenuata di cui al cpv. dell’art. 648 c.p. e la continuazione con gli altri reati, esclusa l’attenuante del fatto di particolare tenuità in ordine al reato di cui al capo a) e, escluse le circostanze attenuanti generiche, rideterminava la pena in mesi 8 di reclusione ed Euro 300,00 di multa. Premesso che l’affermazione della penale responsabilità dell’imputato in ordine ai reati di cui ai capi a) e c) "era passata in giudicato, assumeva la Corte territoriale che l’appello del P.M. fosse fondato. Secondo la giurisprudenza di legittimità infatti, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, vi è concorso tra il reato di cui alla L. n. 633 del 1941, art. 171 ter ed il reato di cui all’art. 648 c.p..

Essendo stato il fatto commesso dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 68 del 2003, era configurabile anche il reato di ricettazione anche se nell’ipotesi attenuata di cui al cpv. dell’art. 648 c.p..

Andava esclusa, invece, la circostanza attenuante riconosciuta dal Tribunale in relazione al capo a), sussistendo piuttosto le condizioni per configurare l’aggravante di cui alla L. n. 633 del 1941, art. 171 ter, comma 2, lett. a).

Quanto alle generiche, i numerosi precedenti specifici erano ostativi alla concessione delle stesse.

2) Ricorre per cassazione A.A., a mezzo del difensore, denunciando, con il primo motivo, la inosservanza degli artt. 581 e 591 c.p.p.; la Corte avrebbe dovuto, infatti, rilevare l’inammissibilità dell’appello del P.M..

Con il secondo motivo denuncia la mancanza di motivazione e l’erronea applicazione dell’art. 648 c.p.. L’affermazione di responsabilità in ordine a tale reato non è supportata da alcuna motivazione, essendosi la Corte territoriale limitata a richiamare la sentenza della Corte di Cassazione n. 47164 del 2005, senza neppure confutare le argomentazioni della sentenza impugnata. Avrebbe dovuto la pubblica accusa provare la provenienza illecita dei supporti in sequestro.

Con il terzo motivo denuncia la mancanza di motivazione e la contraddittorietà della stessa, nonchè l’erronea applicazione dell’art. 99 c.p., avendo la Corte territoriale tenuto conto della contestata recidiva senza indicare alcun elemento indicativo di una maggiore pericolosità.

Con il quarto motivo denuncia infine l’erronea applicazione della L. n. 633 del 1941, art. 171 ter, lett. d), non avendo la Corte territoriale tenuto in alcun conto la sentenza della Corte di Giustizia dell’8.11.2007 ric. Schwibbert. La Corte in relazione al reato di cui al capo a) avrebbe dovuto dichiarare, invero, la relativa causa di non punibilità ex art. 129 c.p.p..

3) Il ricorso è infondato e va pertanto rigettato.

3.1) In relazione al primo motivo non c’è dubbio che, a norma dell’art. 581 c.p.p., lett. c), l’impugnazione debba adempiere all’onere di indicare in modo specifico le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono la richiesta. Tale onere risulta adempiuto dall’impugnazione del P.M., in cui si rilevava che, esistendo agli atti la prova della provenienza illecita degli oggetti sequestrati, risultava incomprensibile la pronuncia assolutoria adottata, tra l’altro, senza alcuna motivazione, in ordine al reato di ricettazione. Quanto al trattamento sanzionatolo, lamentava l’appellante che il Tribunale avesse concesso le circostanze attenuanti generiche, nonostante i precedenti specifici, omettendo peraltro di effettuare il giudizio di comparazione con la contestata recidiva. Le censure rivolte alla sentenza di primo grado erano, quindi, puntuali e, sia pure sinteticamente, argomentate.

3.2) Quanto agli altri motivi, rileva il Collegio che il ricorrente omette di considerare che, non essendovi stato appello dell’imputato (in particolare in relazione alla affermazione di responsabilità per il reato di cui al capo a), si era formato sul punto il giudicato.

Era stato, invero, accertato, sulla base della testimonianza dell’agente operante, che i supporti sequestrati, oltre che privi del contrassegno SIAE, erano abusivamente riprodotti (avevano le locandine fotocopiate ed erano "anonimi del tipo di quelli usati per la riproduzione tramite masterizzatore"). Lo stesso Tribunale, del resto, pur ritenendo la provenienza illecita dei supporti, perchè derivati da illecita riproduzione, perveniva all’assoluzione dal reato di cui all’art. 648 c.p. solo per la ritenuta non ipotizzabilità del concorso con il reato di cui alla L. n. 633 del 1941, art. 171 ter "che descrive più specificamente condotte già ricomprese, sul piano astratto, nella prima, con la quale si pone in rapporto di specialità..". 3.2.1) Correttamente, pertanto, la Corte si è limitata ad argomentare in ordine alla configurabilità del concorso tra i due reati.

Secondo la giurisprudenza assolutamente pacifica di questa Corte, a partire dalla decisione delle sezioni unite n. 47164 del 20.12.2005, richiamata dallo stesso ricorrente, "In materia di tutela del diritto di autore sulle opere dell’ingegno, è configurabile il concorso tra i reato di ricettazione ( art. 648 c.p.) e quello di commercio abusivo di prodotti audiovisivi abusivamente riprodotti ( L. n. 633 del 1941, art. 171 ter), quando l’agente, oltre ad acquistare supporti audiovisivi fonografici o informatici o multimediali non conformi alle prescrizioni legali, li detenga a fine di commercializzazione.

(In motivazione la Corte ha precisato che il principio affermato deve applicarsi alle condotte poste in essere successivamente all’entrata in vigore del D.Lgs. 9 aprile 2003, n. 68 che ha abrogato la L. n. 248 del 2000, art. 16, sostituendolo con il nuovo testo del L. n. 633 del 1941, art. 171 ter)". Anche la giurisprudenza successiva ha ribadito che il concorso tra il reato di ricettazione e quello di cui alla L. n. 633 del 1941, art. 171 ter si configura relativamente alle condotte poste in essere anteriormente all’entrata in vigore della L. n. 248 del 2000 e successivamente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 68 del 2003, "prevalendo, invece, sul delitto di ricettazione, ove i fatti siano stati posti in essere nell’intervallo tra detti due provvedimenti, l’illecito amministrativo di cui alla L. n. 248 del 2000, art. 16" (Cfr. ex multis Cass. pen. sez. 2 n.23544 del 12.5.2009).

3.2.2) In relazione al reato di cui alla L. n. 633 del 1941, art. 171 ter, a parte la formazione del giudicato in punto di responsabilità, la giurisprudenza di questa Corte ha, con varie pronunce, rilevato che "tra le fattispecie penali in cui il contrassegno è previsto come elemento negativo rientra quella di cui alla L. n. 633 del 1941, art. 171 ter, lett. d) (nel testo modificato dalla L. 18 agosto 2000, n. 248), che appunto punisce chiunque detiene per la vendita supporti musicali, o audiovisivi, cinematografici etc. privi del contrassegno SIAE. Tra tali fattispecie non rientra invece quella di cui alla L. n. 633 del 1941, art. 171 ter, lett. c) (nel testo modificato dalla L. 18 agosto 2000, n. 248), appunto perchè non prevede come elemento essenziale tipico la mancanza del contrassegno in parola, ma punisce soltanto chiunque detiene a fini commerciali supporti illecitamente duplicati o riprodotti, pur non avendo concorso alla duplicazione o riproduzione. In quest’ultimo caso, insomma, la mancanza del contrassegno può essere semmai valutata come mero indizio della illecita duplicazione o riproduzione, ma non assurge al ruolo costitutivo della condotta" (cfr. Cass. pen. sez. 3 sent. n. 334 del 12.2.2008, ric. Valentino).

La pronuncia di condanna non aveva ritenuto a carico del ricorrente, come fonte di responsabilità, l’autonoma condotta della mancanza del timbro SIAE, ma aveva fatto derivare da tale mancanza una circostanza indiziante in ordine all’avvenuta illecita riproduzione, che, come sì è visto, era stata diffusamente motivata dal Tribunale.

A prescindere quindi dal richiamo della L. n. 633 del 1941, art. 171 ter, lett. d), la contestazione faceva riferimento all’abusiva riproduzione e per tale condotta vi è stata condanna. 3.3) Infine, in ordine alle generiche, la Corte territoriale, in accoglimento dell’appello del P:M. che aveva rilevato come esse fossero state concesse senza alcuna motivazione, ha ritenuto che l’imputato non fosse in alcun modo meritevole di tale beneficio a causa dei numerosi precedenti specifici.

Ed è pacifico che il giudice di merito deve riferirsi ai parametri di cui all’art. 133 c.p., ma non è necessario, a tal fine, che li esamini tutti, essendo sufficiente che specifichi a quale di esso ha inteso far riferimento. La concessione delle circostanze attenuanti generiche è un giudizio di fatto lasciato alla discrezionalità del giudice, che deve motivare nei soli limiti atti a far emergere, in misura sufficiente, la sua valutazione. Il Tribunale non aveva escluso la recidiva, come risulta chiaramente dal dispositivo e dalla motivazione; si era limitato erroneamente a concedere le circostanze attenuanti generiche senza effettuare neppure l’obbligatorio giudizio di comparazione.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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