T.A.R. Lazio Roma Sez. II, Sent., 14-11-2011, n. 8820 Atti amministrativi diritto di accesso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con un primo ricorso (rubricato al n. R.g. 5405 del 2011) la Società 22 S.r.l. ha impugnato la nota del Comando generale della Guardia di finanza (prot. n. 0167127/11 del 6 giugno 2011) recante il diniego sull’istanza di accesso agli atti presentata dalla ricorrente in data 17 maggio 2011. Quest’ultima, società italiana che esercita l’attività di produzione di capi di abbigliamento e di accessori e facente capo al gruppo dello stilista belga Dirk Bikkembergs, ha premesso di essere stata oggetto, nel 2006, di attività di verifica di rilievo fiscale ad opera della Guardia di finanza per gli anni di imposta dal 2003 al 2006, contemporaneamente condotta nei confronti di una società di diritto lussemburghese, la I.F.F. S. a r.l., operante nello stesso gruppo societario al quale fa capo la odierna ricorrente.

Quest’ultima riferisce che, con riferimento all’indagine svolta sulla società lussemburghese, era stata attivata la procedura di c.d. mutua assistenza che aveva prodotto una esaustiva e puntuale risposta da parte del Governo del Granducato del Lussemburgo con nota del 31 marzo 2008.

Lamenta l’odierna ricorrente che tale nota, di assoluto rilievo in merito all’indagine della Guardia di finanza attivata nei suoi confronti, al fine di escludere il ricorrere di qualsivoglia violazione di legge e quindi idonea ad escludere qualsiasi fondatezza alla pretesa erariale – in particolare con riguardo alla ipotesi che si fosse realizzata una stabile organizzazione della società lussemburghese nei locali della Società 22 S.r.l. – non è stata mai posta nella disponibilità dell’odierna società ricorrente.

Precisa ancora quest’ultima che riveste decisivo rilievo la conoscenza non solo del contenuto della nota suindicata ma, soprattutto, la conoscenza della data di ricezione da parte dell’Autorità italiana di quel documento, che ha assunto un ruolo fondamentale nella conclusione sfavorevole per la Società oggi ricorrente delle indagini fiscali svolte nei suoi confronti, con l’emissione di quattro avvisi di accertamento (in data 2225 febbraio 2008 e 28 aprile 2009).

Si duole la ricorrente che a fronte di una esplicita richiesta di accesso a quel documento formulata nei confronti sia dell’Agenzia delle entrate che della Guardia di finanza al fine di acquisire la conoscenza di tutti gli atti del procedimento che ha condotto all’adozione degli avvisi di accertamento, la Guardia di finanza negava il richiesto accesso perché gli atti oggetto della istanza ostensiva sono oggettivamente sottratti all’accesso per effetto delle disposizioni contenute negli artt. 2 e 4 del D.M. n. 603 del 1996, tenuto conto peraltro che la documentazione richiesta rientra nell’ambito delle categorie di documenti attinenti alla sicurezza, alla difesa nazionale ed alle relazioni internazionali.

Da qui la contestata legittimità del provvedimento di diniego, posto che i documenti richiesti con l’istanza ostensiva appartengono al procedimento che si è concluso con l’emanazione dei suindicati avvisi di accertamento e quindi la loro conoscenza è necessaria alla Società oggi ricorrente al fine di poter tutelare adeguatamente la propria posizione soggettiva.

2. – All’istanza ostensiva ha dato riscontro anche l’Agenzia delle entrate, chiarendo dapprima di non essere in possesso della documentazione richiesta e che comunque gli atti fatti oggetto dell’istanza ostensiva debbono considerarsi sottratti all’accesso per le stesse ragioni rappresentate dalla Guardia di finanza e sopra illustrate.

Da qui la proposizione del secondo ricorso (rubricato al n. R.g. 6336 del 2011) da parte della Società 22 S.r.l., sostenendosi la illegittimità dell’atto di diniego impugnato per le identiche censure dedotte nel ricorso con il quale si è gravato l’analogo atto di diniego espresso dalla Guardia di finanza.

3. – Si sono costituite in giudizio, nell’ambito dei due ricorsi proposti dalla Società 22 S.r.l., le Amministrazioni intimate contestando analiticamente la fondatezza delle avverse affermazioni e chiarendo le ragioni che renderebbero incontestabile il diniego di accesso espresso nei confronti della richiesta ostensiva presentata dalla odierna società ricorrente.

4. – In occasione della Camera di consiglio il difensore di parte ricorrente, con nota depositata previo consenso della difesa erariale a valere per entrambi i ricorsi, circoscriveva la richiesta ostensiva limitandola alla copia della risposta fornita alla Guardia di finanza "dal Granducato del Lussemburgo a seguito della richiesta inoltrata ai sensi dell’art. 31bis DPR 600/73, come risulta dal processo verbale di accertamento" e con l’indicazione del "protocollo in entrata".

Nella nota il difensore di parte ricorrente ribadiva che "il documento è essenziale per i fini defensionali della società perché dimostra l’insussistenza della pretesa fiscale e la conoscenza del documento in capo all’Amministrazione procedente italiana (…)".

Alla Camera di consiglio del 26 ottobre 2006 i due ricorsi sono stati trattenuti per la decisione.

5. – Può anzitutto disporsi la riunione dei due ricorsi qui in esame stante la evidente connessione sia sotto il profilo soggettivo che sotto il profilo oggettivo che intercorre tra i due gravami.

Essi, infatti, hanno ad oggetto due atti di diniego di accesso opposti dalle due Amministrazioni alle quali la Società 22 S.r.l. aveva indirizzato in data 17 maggio 2011 l’istanza di accesso ai documenti relativi al procedimento conclusosi con l’emissione di quattro atti di accertamento tributario nei suoi confronti.

Conseguentemente il Collegio stima che sussistano tutti i presupposti per disporre, ai sensi dell’art. 70 c.p.a., la riunione del ricorso n. R.g. 6336 del 2011 al ricorso n. R.g. 5405 del 2011, perché siano decisi in un unico contesto processuale.

6. – I ricorsi si presentano fondati per le ragioni che saranno qui di seguito indicate. Peraltro la vicenda giudiziale qui oggetto di scrutinio è analoga ad altra recentemente indagata dalla Sezione che si è espressa con sentenza 5 agosto 2011 n. 7015, rispetto alla quale non vi è ragione in questa sede di discostarsi, potendosi riprodurre per ampi stralci anche nella presente occasione le valutazioni interpretative espresse dalla Sezione nel suindicato precedente giurisprudenziale.

Anzitutto va definito con esattezza l’ambito del presente giudizio che è stato sensibilmente circoscritto in occasione del deposito della nota redatta dal difensore della parte ricorrente in Camera di consiglio, limitandosi la richiesta di accesso non più a tutti i documenti del procedimento tributario svolto dalle Amministrazioni resistenti nei confronti della Società 22 S.r.l., conclusosi con l’emissione di quattro atti di accertamento tributario, ma solo alla nota ricevuta dall’Autorità italiana dal Governo del Granducato del Lussemburgo in esito alla richiesta avanzata ai sensi dell’art. 31bis del D.P.R. n. 600 del 1973, nel suo formato integrale, vale a dire con l’indicazione del protocollo "in entrata" e quindi della data nella quale le Amministrazioni l’hanno ricevuta dal governo lussemburghese.

Alla richiesta di accesso proposta alle Amministrazioni oggi resistenti nel maggio del 2011 è stato dato riscontro negativo da queste ultima sostenendosi che:

A) l’art. 2 del D.M. n. 603 del 1996, relativo alle categorie di documenti inaccessibili per motivi attinenti alla sicurezza, alla difesa nazionale ed alle relazioni internazionali, esclude dall’accesso i documenti relativi all’attività investigativa ed ispettiva la cui diffusione può pregiudicare l’attività di indagine di organismi nazionali ed esteri, incidendo sulla correttezza delle relazioni internazionali nonché i documenti attinenti ad accordi di cooperazione, anche di carattere investigativo nei settori istituzionali sviluppati con l’apporto e la collaborazione di organismi di polizia fiscali e doganali esteri nonché dei servizi della Commissione dell’Unione europea e di altri organismi comunitari internazionali;

B) l’art. 4 del succitato decreto ministeriale, relativo alle categorie di documenti inaccessibili per motivi attinenti all’ordine ed alla sicurezza pubblica, nonché alla prevenzione ed alla repressione della criminalità, sottrae all’accesso, tra gli altri, i documenti relativi all’attività investigativa, ispettiva e di controllo dalla cui diffusione possa comunque derivare pregiudizio alla prevenzione e repressione della criminalità nei settori di competenza anche attraverso la conoscenza delle tecniche informative ed operative nonché degli atti di organizzazione interna, quando questa possa pregiudicare le singole attività di indagine nonché i documenti istruttori, comunicazioni su ipotesi di frodi in materia tributaria e segnalazioni dei servizi della Commissione europea o di altri organismi internazionali o Stati esteri ai fini della prevenzione e repressione delle frodi stesse

Il tenore delle due disposizioni regolamentari succitate, in altri termini ed a parere delle Amministrazioni oggi resistenti, rende inaccessibili gli atti richiesti dalla Società 22 S.r.l. rientrando questi ultimi nelle tre categorie di documenti interessate dalle due disposizioni ostative all’accesso sopra riprodotte.

7. – Diviene a questo punto indispensabile, ai fini del decidere, indagare circa la portata, il contenuto e l’attuale efficacia delle disposizioni regolamentari di cui sopra, onde percepirne l’esatta forza ostativa all’accesso che esse recherebbero rispetto agli atti richiesti dall’odierno ricorrente.

Quanto alla natura degli atti rispetto ai quali la Società 22 S.r.l. richiede di poter accedere, indubbiamente essi rientrano nelle categorie evidenziate dalle Amministrazioni resistenti, atteso che essendo stati formati nel corso di indagini internazionali volte alla scoperta ed alla repressione di condotte violative della legislazione nazionale di ambito tributario, non possono che, cumulativamente, tradursi in documenti inerenti le attività investigative ed ispettive che sono richiamate, ai fini della individuazione delle classi di documenti esclusi dall’accesso, sia nell’art. 2 che nell’art. 4 del decreto ministeriale 29 ottobre 1996 n. 603, in quanto la loro ostensione potrebbe rivelare il segreto delle tecniche investigative (cfr., in argomento, Cons. Stato, Sez. IV, 11 aprile 2002 n. 1977).

Fermo quanto testé affermato, occorre però interrogarsi sul se la semplice circostanza che un atto rientri in una di tali categorie (puntualmente indicate dalla norma regolamentare) sia elemento sufficiente ad impedire ad un soggetto che sia sottoposto ad attività repressivosanzionatoria in quel settore e che abbia visto tale documentazione utilizzata dall’Amministrazione per irrogare la relativa sanzione (come è avvenuto nel caso in esame) di conoscerne il contenuto al fine di poter adeguatamente approntare le difese onde percorrere le strade giudiziali che l’ordinamento rende disponibili in materia.

Non a caso, infatti, costituiscono ormai principi acquisiti dalla giurisprudenza amministrativa i seguenti passaggi assertivi:

a) il diritto di accesso ai documenti amministrativi, di cui all’art. 22 della legge n. 241 del 1990, posto a garanzia della trasparenza ed imparzialità della Pubblica amministrazione, trova applicazione in ogni tipologia di attività di quest’ultima e in linea di principio, dunque, l’Amministrazione detentrice dei documenti amministrativi, purché direttamente riferibili alla tutela di un interesse personale e concreto, non può limitare il diritto di accesso, se non per motivate esigenze di riservatezza (cfr. T.A.R. Lazio, Sez. III, 5 novembre 2009 n. 10838);

b) il riconoscimento nel nostro ordinamento del principio di pubblicità dei documenti amministrativi, attuato con la legge n. 241 del 1990, comporta che il segreto amministrativo, già regola, deve ora essere considerato eccezione (cfr. Cons. Stato, Ad. pl., 7 febbraio 1997 n. 5);

c) qualora l’accesso ai documenti amministrativi sia motivato dalla cura o la difesa di propri interessi giuridici, prevale sull’esigenza di riservatezza del terzo" (cfr. T.A.R. Lazio, Sez. II, 23 dicembre 2008 n. 12300);

d) l’interesse alla riservatezza, tutelato dalla legge n. 241 del 1990 mediante una limitazione del diritto di accesso, recede quando l’accesso stesso sia esercitato per la difesa di un interesse giuridico, nei limiti in cui esso è necessario alla difesa di quell’interesse" (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 12 aprile 2007 n. 1699);

e) l’art. 8, comma 5, lett. d), del regolamento approvato con DPR 27 giugno 1992 n. 352 (ancora in vigore per quanto successivamente meglio si specificherà), pur ammettendo la possibilità di sottrarre all’accesso alcune categorie di documenti, fa comunque salva la visione degli atti dei procedimenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i loro stessi interessi giuridici, sicché lo specifico interesse (riconoscibile in capo ad un terzo che potrebbe essere pregiudicato dall’ostensione ovvero in capo alla Pubblica amministrazione ovvero alla generalità dei consociati) tutelato dalla normativa mediante una limitazione del diritto d’accesso è destinato a recedere quando l’accesso stesso sia esercitato per la difesa di un interesse giuridico, nei limiti in cui esso è necessario alla difesa di quell’interesse (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 11 marzo 2010 n. 1453);

f) l’accesso ai documenti amministrativi va consentito anche quando la relativa istanza sia preordinata alla loro utilizzazione in giudizio (cfr. Cons. Stato, Ad. pl., 28 aprile 1999 n. 6);

g) il diritto di accesso ai documenti previsto dagli artt. 22 ss. della legge n. 241 del 1990, per come confermato dal chiaro disposto dell’art. 59 del decreto legislativo 30 giugno 2003 n. 196 (recante il c.d. Codice della privacy), è finalizzato alla trasparenza e pubblicità dell’azione amministrativa, sicché se pure suscettibile di deroga, prevale rispetto alla tutela della riservatezza, specialmente a fronte dell’esigenza di cura e difesa di interessi giuridicamente rilevanti dei ricorrenti; pertanto tale diritto deve essere riconosciuto in merito alla richiesta volta all’ostensione di documenti necessari ai fini della proposizione di un’azione giudiziaria (cfr. T.A.R. Sardegna, Sez. I, 10 giugno 2010 n. 1435);

h) allorquando venga presentata una richiesta di accesso documentale motivata con riferimento alla necessità di tutelare i propri interessi nelle competenti sedi giudiziarie, l’accesso non può essere negato (cfr. TAR Sicilia, Catania, Sez. IV, 9 marzo 2007 n. 437);

i) comunque la posizione che legittima all’accesso non deve necessariamente possedere tutti i requisiti stabiliti per la proposizione del ricorso al giudice amministrativo avverso un atto lesivo della posizione giuridica vantata, essendo sufficiente che l’istante sia titolare di un interesse giuridicamente rilevante e che il suo interesse alla richiesta di documenti si fondi su tale posizione (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 27 ottobre 2006 n. 6440);

l) la nozione di situazione giuridicamente rilevante, per la cui tutela è attribuito il diritto di accesso, è nozione diversa e più ampia rispetto all’interesse all’impugnativa e non presuppone necessariamente una posizione soggettiva qualificabile in termini di diritto soggettivo o di interesse legittimo; così che la legittimazione all’accesso va riconosciuta a chiunque possa dimostrare che gli atti procedimentali oggetto dell’accesso abbiano spiegato o siano idonei a spiegare effetti diretti o indiretti nei suoi confronti, indipendentemente dalla lesione di una posizione giuridica, stante l’autonomia del diritto di accesso inteso come interesse ad un bene della vita distinto rispetto alla situazione legittimante all’impugnativa dell’atto (cfr. T.A.R. Lazio, Sez. I, 8 marzo 2011 n. 2083).

8. – Può quindi affermarsi ancora una volta che:

A) (anche ai sensi del chiaro disposto di cui all’art. 24, comma 7, della legge n. 241 del 1990) l’accesso ai documenti amministrativi, quando è strumentale alla cura ovvero alla tutela giudiziale di un interesse, prevale comunque sulla tutela della riservatezza nonché sulle ulteriori esigenze di limitazione all’accesso quando queste non siano giustificate dalla presenza di preminenti interessi (di singoli o superindividuali) da mantenere indenni dal rischio di compromissione, sempreché, in una ipotetica scala di valori, si pongano ad un livello sovraordinato rispetto alla garanzia di tutela (anche giudiziale) della posizione soggettiva del richiedente l’accesso;

B) tale previsione di rango primario, può essere limitata nella sua applicazione soltanto da una disposizione contenuta in una fonte equiordinata;

C) tale fonte non può essere costituita dal decreto ministeriale n. 603 del 1996, atteso che la fonte regolamentare – dovendosi necessariamente rispettare il sistema della gerarchia tra le fonti – può soltanto identificare quelle categorie di atti che la fonte normativa individua come (giustificatamente) idonei ad essere esclusi dal generale diritto di accesso nel caso in cui quest’ultimo si "indispensabile" alla cura e tutela giudiziale della posizione del richiedente l’accesso;

D) tale interpretazione delle norme contenute nell’art. 24 della legge n. 241 del 1990 è la sola possibile, in quanto opinando diversamente non si attribuirebbe alcun valore all’intendimento legislativo che ha dimostrato di voler creare una norma di chiusura del sistema di accesso documentale (utilizzando emblematicamente l’avverbio "comunque"), pur sempre limitando l’esercizio del potere di ostensione a quanto sia "strettamente indispensabile" per la salvaguardia dei valori costituzionali di difesa del cittadino dinanzi all’azione della P.A., che trovano albergo negli artt. 24, 103 e 113 cost. nonché nel principio di parità delle parti ai sensi dell’art. 111 cost. (ed oggi anche, dell’art. 1 c.p.a.);

E) conclusivamente, la fonte primaria che può costituire ostacolo all’accesso documentale richiesto da un soggetto (nella specie) sottoposto ad attività repressivo sanzionatoria da parte di una Autorità è costituito dalla necessità di salvaguardare le indagini penali ai sensi dell’art. 329 c.p.p. (così come implicitamente richiamato dall’art. 24, comma 1, lett. a) della legge n. 241 del 1990.

In conclusione, dunque, le disposizioni regolamentari ostative all’accesso ai documenti detenuti dall’Amministrazione finanziaria, di cui agli artt. 2 e 4 del D.M. n. 603 del 1996, mantengono ferma la propria efficacia impeditiva rispetto a richieste ostensive fino a quando tali documenti non abbiano contribuito a definire il presupposto per la irrogazione di una sanzione amministrativa riconducibile all’esercizio del potere punitivo di quella Amministrazione. Una volta emesso il provvedimento sanzionatorio – come è avvenuto in questo caso – tutti i documenti utilizzati nella filiera procedurale che abbiano costituito (o abbiano contribuito a costituire) il reale presupposto dell’esercizio del potere punitivo debbono poter essere disvelati al trasgressore onde consentire a quest’ultimo di approntare adeguatamente quegli strumenti di tutela che l’ordinamento gli garantisce.

E’ sotto i profili sopra illustrati che si manifesta un decisivo (ai fini del presente giudizio) deficit di legittimità nel diniego opposto delle Amministrazioni resistenti rispetto all’istanza ostensiva avanzata dalla Società 22 S.r.l., in particolare con riguardo al documento rispetto al quale nel corso della Camera di consiglio il difensore della parte ricorrente ha confermato l’interesse ostensivo, posto che indubbiamente, costituendo tale atto un passaggio di rilievo della procedura che ha dato luogo all’adozione degli atti di accertamento, esso deve necessariamente essere conosciuto dal soggetto sanzionato onde potersi adeguatamente tutelare dinanzi all’Autorità competente.

9. – Per completezza di motivazione vale la pena chiarire che le suesposte osservazioni che conducono all’accoglimento del ricorso nei limiti e nei termini appena descritti determinano una valutazione del peso impeditivo all’accesso delle disposizioni contenute nel decreto ministeriale n. 603 del 1996 decisamente attenuato, rispetto all’epoca in cui furono introdotte, per effetto dei successivi intervento normativi che ne impongo di "registrare" la loro effettiva capacità di porsi ad ostacolo rispetto alle richieste d’accesso (agli atti detenuti dall’Amministrazione finanziaria) da parte di coloro che lo pretendano (soprattutto, non solo per curare ma) in vista della tutela giudiziale della loro posizione soggettiva "colpita" dall’esercizio del potere repressivosanzionatorio spiegato dagli Uffici del plesso amministrativo finanziariotributario.

Sul punto il Collegio intende fare propri i recenti ragionamenti espressi dalla giurisprudenza amministrativa (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 13 gennaio 2010 n. 53 nonché i precedenti specifici della Sezione: 2 marzo 2010 n. 3231, 9 dicembre 2009 n. 12668 e 3 febbraio 2009 n. 1021) e che bene sono stati pantografati nella decisione del T.A.R Campania, Napoli, Sez. V, 17 luglio 2006 n. 7528 che si è pronunciata in merito ad un caso analogo a quello qui in esame, ma che necessariamente debbono essere anticipati dalle seguenti sintetiche considerazioni:

a) fino al 2006, in materia di accesso ai documenti amministrativi (come anche sopra si è detto, la fonte regolamentare fondamentale era costituita dal D.P.R. n. 352 del 1992, che recava il regolamento governativoguida volto a fissare, nei confronti di tutte le Amministrazioni, le tracce entro le quali i singoli regolamenti (che ciascuna di esse può adottare per modulare l’istituto dell’accesso ai documenti amministrativi con riferimento alle esigenze tipiche dell’attività svolta) avrebbero potuto introdurre disposizioni speciali, rese necessarie per calibrare l’esercizio della facoltà di accesso alle informazioni ed ai documenti, da parte degli interessati, allo specifico settore nel quale esse operano. Nel regolamento governativo del 1992, tra le altre prescrizioni, assumevano particolare rilievo quelle relative ai casi di esclusione dal diritto di accesso;

b) attualmente le disposizioni regolamentari in materia di ostensione documentale sono contenute nel D.P.R. 12 aprile 2006 n. 184 che, con puntuale precisione, declina tutti i passaggi procedimentali ai quali debbono attenersi le Amministrazioni per svolgere correttamente i segmenti relativi sia all’accesso formale che a quello informale. Nel citato regolamento governativo sono anche, con altrettanta puntualità, fissate le prescrizioni per consentire il materiale accesso sia nella forma della visione che in quella della estrazione di copia. Esso non reca, tuttavia, né la disciplina né un eventuale elenco degli atti esclusi dall’accesso, ai sensi dell’art. 24 della legge n. 241 del 1990;

c) tale scelta potrebbe lasciare intendere una applicazione indiretta del principio ormai immanente nell’orientamento giurisprudenziale più recente volto a considerare prevalente il diritto all’ostensione documentale rispetto alla tutela dei dati personali, laddove prevalga o sia almeno paritario l’interesse alla tutela di una posizione soggettiva dinanzi agli organi di giustizia piuttosto che la riservatezza dei dati attinenti il singolo individuo (cfr., da ultimo e con nettezza sul punto, Cons. Stato, Sez. V, 14 febbraio 2011 n. 942). Ne deriverebbe dunque, anche in base alla effettiva portata della disposizione contenuta nell’art. 24, comma 7, della legge n. 241 del 1990, che si pone quale norma di chiusura della relazione tra accesso e privacy nell’ambito dell’ostensione documentale, che un regolamento di un Ente potrebbe anche individuare casi di esclusione dall’accesso, tuttavia l’esclusione non potrà essere mai dettata in modo assoluto, pena il rischio di dichiarazione di illegittimità della norma regolamentare che recasse una siffatta previsione, dovendosi sempre contemperare il diritto alla riservatezza con il – pressoché – prevalente diritto di conoscenza dei dati al fine di esercitare la tutela a conforto della posizione soggettiva vantata;

d) non a caso l’art. 14, comma 1, del D.P.R. n. 184 del 2006 nel dettare le previsioni transitorie e finali afferma testualmente che "Il diritto di accesso non può essere negato o differito, se non nei casi previsti dalla legge, nonchè in via transitoria in quelli di cui all’articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica 27 giugno 1992, n. 352, e agli altri atti emanati in base ad esso", specificando comunque il successivo art. 15, comma 1, che "Dalla data di entrata in vigore del presente regolamento sono abrogati gli articoli da 1 a 7 e 9 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 27 giugno 1992, n. 352. È altresì abrogato l’articolo 8 di detto decreto dalla data entrata in vigore del regolamento di cui all’articolo 24, comma 6, della legge". Orbene, non essendo mai stato varato il nuovo regolamento governativo, le disposizioni contenute nei regolamenti adottati dalle singole Amministrazioni sulla scorta della previsione programmatica di cui all’art. 8 del D.P.R. n. 352 del 1992, in ogni caso decisamente risalenti nel tempo, possono trovare corretta applicazione sempre che esse siano interpretate (dalle Amministrazioni, dalla Commissione per l’accesso e dallo stesso giudice amministrativo), in senso evolutivo e costituzionalmente orientato, tenendo conto degli orientamenti giurisprudenziali che si sono andati configurando stabilmente nel tempo, attualizzandosi in tal senso la portata delle previsioni ed il significato delle espressioni recate dalle e nelle (superstiti) fonti secondarie.

La correttezza di tale soluzione emerge, d’altronde, dall’esame dell’art. 24, comma 6, della legge n. 241 del 1990 che contiene una previsione tassativa nel senso di destinare ad un regolamento governativo il compito di fissare le regole per procedere alla individuazione di categorie di documenti, ulteriori rispetto a quelle contenute nell’elencazione di cui al comma 1 del medesimo articolo citato: visto che il regolamento governativo introdotto con il D.P.R. n. 184 del 2006 (a differenza di quanto era sancito nell’art. 8 del D.P.R. n. 352 del 1992), nulla dice in proposito, deve ritenersi che nessun Ente possa dotarsi di un regolamento che, al di fuori ovvero in assenza di disciplina regolamentare governativa in proposito, indichi delle ipotesi di documenti esclusi dall’accesso.

Non a caso, infatti, l’art. 24, comma 2, della legge n. 241 del 1990 nel prevedere che "Le singole pubbliche amministrazioni individuano le categorie di documenti da esse formati o comunque rientranti nella loro disponibilità sottratti all’accesso ai sensi del comma 1", limita tale facoltà alla sola individuazione degli atti e documenti che, normalmente detenuti da una Amministrazione, siano riconducibili alle categorie di cui al comma 1 e quindi sottratti all’accesso; non estende invece tale facoltà anche alla individuazione di categorie ulteriori nelle quali ricondurre altri atti e documenti che – non rientranti nelle categorie elencate nel più volte richiamato comma 1 – nell’ambito della casistica dei documenti esclusi dall’accesso.

10. – Detto ciò e tornando alla specificità della questione che qui interessa, ma tenendo in attenta considerazione quanto si è testé osservato, va detto che:

A) l’odierna società ricorrente è indubbiamente titolare di quell’interesse personale, attuale e concreto per la tutela di connesse situazioni giuridicamente rilevanti che gli artt. 22 della legge n. 241 del 1990 e 2 del D.P.R. n. 352 del 1992 (la cui formula è, peraltro, riprodotta dall’art. 2 del D.P.R. n. 184 del 2006), richiedono quali condizioni per la legittimazione all’azione e l’accoglimento della domanda di accesso;

B) in particolare la Società 22 S.r.l., in ossequio a quanto prescritto dall’art. 25, comma 2, della legge n. 241 del 1990, ha correttamente evidenziato nell’istanza il proprio interesse all’accesso in quanto gli atti richiesti sono utili al ricorrente per procedere alle indagini difensive indispensabili a seguito del procedimento penale instaurato nei suoi confronti, confermandolo nella nota depositata dal difensore nel corso della Camera di consiglio;

Tenuto conto di quanto sopra, per quel che, poi, concerne l’inaccessibilità dedotta dall’Amministrazione in riferimento al tenore dell’art. 4 del D.M. n. 603 del 1996, secondo cui non è consentita la visione e l’estrazione di copia dei "documenti del Corpo della guardia di finanza inerenti all’emanazione di ordini di servizio, nonché all’esecuzione del servizio stesso, relazioni, rapporti, ed informative concernenti l’attività svolta nei settori istituzionali", il Collegio ritiene che il regolamento in esame, emanato ai sensi dell’art. 24, comma 4, della legge n. 241 del 1990, se interpretato nel senso di ritenere non ostensibili gli atti richiesti dal trasgressore dopo che sia stato adottato il provvedimento sanzionatorio nei suoi confronti, è illegittimo per contrasto con la legge citata e con l’art. 8 del D.P.R. n. 352 del 1992 e deve essere disapplicato. Ed, infatti, ai sensi dell’art. 24, comma 2, lettera c), della legge n. 241 del 1990, l’esclusione del diritto di accesso è consentita per salvaguardare "l’ordine pubblico e la prevenzione e repressione della criminalità" (circostanza che può essere valutata soltanto dagli organi del potere giurisdizionale che svolgono attività inquirente e requirente) e che non riguarda il caso relativo ad atti che abbiano costituito il presupposto per l’irrogazione di una sanzione amministrativa quando, nel contempo, non siano stati secretati dalla Procura della Repubblica (ovvero non si abbia la certezza che lo siano).

11. – In ragione delle suesposte osservazioni ed in virtù della fondatezza delle censure dedotte i ricorsi, siccome riuniti, vanno accolti con annullamento degli atti di diniego impugnati. Considerato che la Società ricorrente, per i tramite del proprio difensore, ha circoscritto la pretesa ostensiva all’atto meglio indicato nella nota prodotta in data 26 ottobre 2011 e quindi alla nota ricevuta dall’Autorità italiana dal Governo del Granducato del Lussemburgo in esito alla richiesta avanzata ai sensi dell’art. 31bis del D.P.R. n. 600 del 1973, nel suo formato integrale, vale a dire con l’indicazione del protocollo "in entrata" e quindi della data nella quale le Amministrazioni l’hanno ricevuta dal governo lussemburghese, deve disporsi, in capo a quella delle due Amministrazioni finanziarie qui resistente che sia in possesso del suindicato documento, l’obbligo di consentire l’esercizio dell’accesso, nella consueta forma della visione ed estrazione di copia

Sussistono ragioni per compensare le spese di giudizio tra le parti.

P.Q.M.

pronunciando in via definitiva sul ricorso in epigrafe:

1) dispone la riunione del ricorso n. R.g. 6336 del 2011 al ricorso n. R.g. 5405 del 2011;

2) li accoglie e per l’effetto ordina l’accesso al documento meglio indicato in motivazione;

3) Compensa le spese di giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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