Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 06-07-2011) 13-10-2011, n. 36973

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

P.A.propone ricorso per cassazione avverso la sentenza in epigrafe con la quale la corte di appello di Torino confermava quella dei gip presso il tribunale della medesima città che in data 14 ottobre 2009 lo aveva condannato alla pena di giustizia per i reati di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione di V. E., G.V., N.L., H.M., nonchè in danno di M.E.N., H.M., queste ultime, entrambe minori degli anni 18. Deduce in questa sede il ricorrente, tramite il proprio difensore, la mancanza e la manifesta illogicità della motivazione in relazione alla conoscenza dell’età minorile della M. nonchè in ordine alla responsabilità per l’induzione alla prostituzione e lo sfruttamento di H.M. non risultando indicato quali i familiari avrebbero reclutato quest’ultima e soprattutto con quale condotta l’imputato avrebbe concorso nel reato.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato e basato su censure di merito.

Quanto al primo motivo correttamente e logicamente la sentenza impugnata cita il contenuto di una telefonata pagina 15 della sentenza, che inequivocabilmente fa riferimento a donne al di sotto dei diciottenni e, quindi, minorenni. Nè in questa sede vi è spazio per valutazioni di merito. Quanto al secondo motivo di ricorso la sentenza appare ancora una volta correttamente e logicamente motivata facendo riferimento tra l’altro alla fornitura alla H. di due copie plastificate del passaporto ed al contenuto di intercettazioni telefoniche.

Peraltro nella parte iniziale della motivazione i giudici di appello hanno evidenziato il rapporto di contiguità parentale con l’imputato di soggetti – ancorchè rimasti estranei al processo – e, in altre parti della sentenza, viene menzionato il nipote L. quale gestore delle donne.

Alla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro 1.000.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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