Cass. civ. Sez. V, Sent., 23-03-2012, n. 4684 Redditi d’impresa Rimborso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza n. 245/7/2009, depositata il 20.7.2009 la Commissione Tributaria Regionale della Campania accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza di primo grado che aveva, invece, accolto il ricorso della Società Cooperativa La Vesuviana p.a. avverso il silenzio rifiuto dell’Agenzia delle entrate di Napoli (OMISSIS), in relazione al riconoscimento del maggior credito d’imposta previsto dalla L. n. 388 del 2000, art. 7, comma 10, sulle nuove assunzioni di lavoratori, per l’importo complessivo di Euro 725.039,90, relative al periodo d’imposta 2001-2003 Rilevava al riguardo la Commissione Tributaria Regionale che non risultava provato il diritto al credito d’imposta ordinario, non avendo la società contribuente ottemperato e rispettato le condizioni previste dalla legge per il riconoscimento del predetto credito.

Proponeva ricorso per cassazione la società contribuente deducendo i seguenti motivi:

a) violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione della L. n. 212 del 2000, art. 10, ritenendo legittima la presentazione dell’istanza di rimborso a un ufficio diverso ai fini del silenzio rifiuto con riferimento ai principi di buona fede e affidamento tra amministrazione finanziaria e contribuente;

contraddittorietà della motivazione della sentenza al riguardo;

b) violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 63, e della regola del "de minimis"; violazione del regolamento CE di esclusione della procedura di comunicazione degli aiuti di stato n. 2204 del 2002, ritenendo che il credito d’imposta invocato dalla società non rientrasse nella sfera del "de minimis", in assenza dei presupposti per la configurazione di un aiuto di Stato, trattandosi di aiuti ai lavoratori e di provvidenze tese alla creazione di nuovi posti di lavoro e non, quindi, di aiuti alle imprese, ma di misure di riequilibrio;

c) violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione dell’art. 115 c.p.c., non essendo contestata la sussistenza delle condizioni per fruire del credito d’imposta, non avendo mai chiesto l’Ufficio l’integrazione dei documenti che provano la sussistenza dei requisiti necessari per ottenere il credito d’imposta.

L’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso.

La società contribuente, con successive memorie, chiedeva rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia ex art. 234 del Trattato UE. Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 14.3.2012, in cui il PG ha concluso come in epigrafe.

Motivi della decisione

1) Il primo motivo di ricorso risulta già accolto a favore del contribuente dalla Commissione regionale che ha ritenuto legittimo il ricorso della società avverso il silenzio rifiuto dell’Agenzia di Napoli (OMISSIS), a cui era stata erroneamente inviata l’istanza di rimborso, non potendo, ovviamente, il contribuente avvantaggiarsi ulteriormente di un inadempimento ad esso imputabile.

Evidenziava, al riguardo, la Commissione regionale che "la istanza della cooperativa, erroneamente presentata all’Agenzia delle entrate di Napoli (OMISSIS), faceva sorgere per tale ufficio l’esigenza di trasmetterla al centro operativo di Pescara. Invero, ai sensi della L. n. 241 del 1990, sul procedimento amministrativo l’Ufficio che riceve per errore atti appartenenti alla competenza di altro ufficio, è tenuto a inoltrarli all’Ufficio competente. Invero, ai sensi della L. n. 212 del 2000, art. 10, sono tutelati la buona fede e l’affidamento del contribuente". 2) La CTR ha, invece, respinto il ricorso per la ritenuta mancanza dei presupposti di legge per il riconoscimento del credito d’imposta mancando, indipendentemente dalla omessa utilizzazione della modulistica specifica, i dati occorrenti per stabilire la base occupazionale di riferimento, il numero, la tipologia, la decorrenza e la durata delle assunzioni, l’entità dell’incremento occupazionale nonchè gli identificativi del datore di lavoro e dell’assunto.

In particolare, la società cooperativa sulla quale ricadeva l’onere della prova in relazione alla pretesa azionata non ha provato che:

a) i nuovi assunti siano di età inferiore ai 25 anni;

b) i nuovi assunti non abbiano svolto attività di lavoro dipendente a tempo indeterminato da almeno 24 mesi, o siano portatori di handicap, individuati ai sensi della L. 5 febbraio 1992, n. 104;

c) siano stati osservati i contratti collettivi nazionali anche con riferimento ai soggetti che non hanno diritto al credito d’imposta;

d) siano state rispettate le prescrizioni sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori previste dalle norme specifiche.

La richiesta, inoltre, non risulta avere natura di istanza preventiva ai fini delle verifiche occorrenti prima di autorizzare l’aiuto di stato, mancando anche la prova delle assunzioni siano avvenute entro 30 giorni da tale istanza preventiva (pag. 7 sentenza).

Nel ricorso non viene specificamente contestata l’assenza di tali presupposti, comunque necessari al riconoscimento del credito d’imposta.

L’Ufficio, in mancanza dei documenti comprovanti il diritto all’agevolazione, non ha alcun obbligo di richiederli alla società, potendo richiedere alla stessa solo l’integrazione di documentazione già di per sè idonea, ma ritenuta ancora non sufficiente, a provare la sussistenza dei requisiti necessari ai fini del credito d’imposta, risultando, quindi, infondato, anche il terzo motivo di ricorso.

Anche le ulteriori argomentazioni, peraltro assorbite dalla ritenuta mancanza dei presupposti a supporto della pretesa del contribuente, di cui al secondo motivo di ricorso, risultano infondate.

Ai sensi dell’art. 87 del trattato C.E. configura aiuto di Stato il beneficio che soddisfi le seguenti condizioni:

a) arrechi un beneficio economico l’impresa interessata;

b) sia concesso di uno Stato con risorse statali;

c) sia selettivo, cioè tale da favorire soltanto una parte delle imprese;

d) incida sugli scambi tra gli Stati membri.

Con affermazione logica, non specificamente contestata, la Commissione regionale ha ritenuto, con riferimento al bonus generalizzato per tutte le imprese nazionali di L. 800.000 che lo stesso non appare sufficiente ad alterare la libera concorrenza tra le imprese.

Con riferimento, invece, al bonus aggiuntivo di L. 400.000, la Commissione regionale ha riconosciuto che i benefici di cui trattasi costituiscono aiuto di Stato trovando, tuttavia, applicazione la "regola de minimis".

Tale valutazione va condivisa.

Sono non contestati e pacifici i requisiti sub b) e d) per la configurazione, al riguardo, dell’aiuto di Stato.

Devono ritenersi sussistenti anche gli ulteriori requisiti in quanto il credito d’imposta viene concesso non ai lavoratori, ma ai datori di lavoro che offrono occupazione e procurano posti di lavoro (requisito sub a), mentre, con riferimento al requisito della selettività (sub b)va osservato che tale bonus non è concesso a tutte le imprese ma solo quelle che sono situate in alcune regioni italiane realizzando un aiuto specifico, di natura selettiva, distinto dal credito d’imposta concesso in misura ordinaria a tutti gli operatori situati su tutto il territorio nazionale.

La L. n. 388 del 2000, art. 7, comma 10, limitata la fruizione di tale ulteriore bonus aggiuntivo degli stabilimenti ubicati nel Mezzogiorno d’Italia alla "regola de minimis" di cui alla comunicazione della Commissione delle comunità Europee 96/C68/06 (G.U. 6.3.1996) in base alla quale sono cumulabili altri benefici eventualmente concessi ai sensi della predetta comunicazione, purchè non venga superato il limite massimo di 180 milioni di lire nel triennio, equiparando, al successivo comma 11, ai fini delle agevolazioni previste i soci lavoratori di società cooperative ai lavoratori dipendenti.

La normativa di riferimento è la L, 23 dicembre 2000, n. 388, art. 7, che prevede:

1. ai datori di lavoro, che nel periodo compreso tra il 1 ottobre 2000 e il 31 dicembre 2003 incrementano il numero dei lavoratori dipendenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato e1 concesso un credito di imposta….

2. il credito di imposta è commisurato, nella misura di lire 800.000 per ciascun lavoratore assunto e per ciascun mese, alla differenza tra il numero dei lavoratori con contratto di lavoro a tempo indeterminato rilevato in ciascun mese rispetto al numero dei lavoratori con contratto di lavoro a tempo indeterminato mediamente occupati nel periodo compreso tra il 1 ottobre 1999 e il 30 settembre 2000.

Il comma 10, prevede "Le disposizioni di cui alla L. 23 dicembre 1998, n. 448, art. 4, e successive modificazioni, restano in vigore perle assunzioni intervenute nel periodo compreso tra il 1 gennaio 1999 e il 31 dicembre 2000. Per i datori di lavoro che nel periodo compreso tra il 1 gennaio 2001 e il 31 dicembre 2003 effettuano nuove assunzioni di lavoratori dipendenti con contratto a tempo indeterminato da destinare a unità produttive ubicate nei territori individuati nel citato art. 4, e nelle aree di cui all’obiettivo 1 del regolamento (CE) n. 1260/1999, del Consiglio, del 21 giugno 1999, nonchè in quelle delle regioni Abruzzo e Molise, spetta un ulteriore credito d’imposta. L’ulteriore credito d’imposta, che è pari a L. 400.000 per ciascun nuovo dipendente, compete secondo la disciplina di cui al presente articolo. All’ulteriore credito di imposta di cui al presente comma si applica la regola de minimis di cui alla comunicazione della Commissione delle Comunità Europee 96/C68/06, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee C68 del 6 marzo 1996, e ad esso sono cumulabili altri benefici eventualmente concessi ai sensi della predetta comunicazione purchè non venga superato il limite massimo di L. 180 milioni nel triennio".

Al fine di determinare il credito d’imposta con riferimento a ciascun lavoratore occorre, quindi, far riferimento al periodo delle assunzioni:

a) per le assunzioni intervenute tra il 1/1/1999 e il 31/12/2000, L. n. 388 del 2000, ex art. 7, comma 10, restano applicabili le disposizioni di cui alla L. n. 448 del 1998, art. 4, modificato dalla L. n. 488 del 1999, art. 50, che prevede un credito d’imposta per ciascun nuovo dipendente pari a L. 1.000.000 annue per il periodo d’imposta in corso al 1.1.1999 e L 3.000.000 per i periodi d’imposta successivi;

b) per ciascun lavoratore assunto dal 1/1/2001 al 31/12/2003 spetta un credito d’imposta di L. 800.000 per lavoratore e per mese, fino al 31/12/2003, L. n. 388 del 2000, ex art. 7, commi 1 e 2;

c) per ciascun lavoratore assunto con implementazione dei dipendenti, nei territori svantaggiati, nel periodo tra il 1.1.2001 e il 31/12/2003 spetta un’ulteriore e aggiuntivo credito d’imposta di L. 400.000 per lavoratore per mese, fermo restando l’applicazione della regola comunitaria "de minimis" che prevede che non venga superato il limite massimo di 180 milioni di lire nel triennio 2001-2003, corrispondente a 60 milioni di lire annui. Tale ultimo bonus, a differenza del primo di L. 800.000 concesso a tutte le imprese, indipendentemente dalla loro localizzazione, viene concesso, come già evidenziato, solo alle unità produttive ubicati nei territori e nelle arie svantaggiate, essendo evidente la ratio di favorire l’ulteriore occupazione nelle aree del Mezzogiorno d’Italia.

La normativa interna che ha erogato il bonus aggiuntivo di L. 400.000 per le imprese del Mezzogiorno d’Italia appare compatibile con quella comunitaria purchè non superi il limite comunitario di Euro 100.000 annui, limite rispettato dall’Italia che ha fissato la soglia del beneficio in 60 milioni di lire annue fino al limite massimo usufruibile di 180 milioni di lire nel triennio. Occorre, infine, accertare se tali aiuti di Stato siano o meno soggetti al preventivo obbligo di notifica alla U.E., ai sensi degli artt. 93 e 94 del trattato di Roma, istitutivo della CEE. Tale obbligo non è assoluto in quanto, in forza del Regolamento comunitario n. 994/1998 è previsto che determinati aiuti di Stato non sono assoggettati a preventivo obbligo di notifica alla U.E., se considerati compatibili con le regole del Mercato Comune e vengono individuati sempre attraverso appositi regolamenti che ne disciplinano procedura, requisiti condizioni. Infatti, ai sensi dell’art. 1, comma 1 del Regolamento CE n. 994/1998 "la Commissione può, mediante regolamenti adottati secondo la procedura di cui all’art. 8 del presente regolamento e a norma dell’art. 92 del Trattato, dichiarare che le seguenti categorie di aiuti sono compatibili con il mercato comune e non soggette all’obbligo di notifica di cui all’art. 93, paragrafo 3 del trattato":

a) gli aiuti a favore:

1) delle piccole e medie imprese;

2) della ricerca e dello sviluppo;

3) della tutela dell’ambiente;

4) dell’occupazione e della formazione;

b) gli aiuti che rispettano la mappa approvata dalla Commissione per ciascuno Stato membro per l’erogazione degli aiuti a finalità regionale.

Al successivo art. 2 si prevede ("regola de minimis") che la Commissione può, mediante regolamenti adottati secondo la procedura di cui all’art. 8 del presente regolamento, decidere che, visto lo sviluppo e il funzionamento del mercato comune, alcuni aiuti non soddisfano tutti i criteri di cui all’art. 92, paragrafo 1 del Trattato e sono pertanto dispensati dalla procedura di notifica di cui all’art. 93, paragrafo 3 del Trattato, a condizione che gli aiuti concessi ad una stessa impresa in un determinato arco di tempo non superino un importo prestabilito.

Tali condizioni risultano tutte rispettate nella fattispecie in esame. Irrilevante, ai fini della decisione del presente giudizio risulta la questione pregiudiziale di diritto comunitario, sollevata dalla ricorrente nelle memorie, vertente sull’applicabilità del Regolamento comunitario n. 2204/2002 che esclude dal divieto di aiuti di Stato le agevolazioni nei confronti dei lavoratori svantaggiati per mancanza di requisiti, deducendone la relativa inapplicabilità della disciplina dei crediti d’imposta prevista dalla L. n. 388 del 2000, art. 7, comma 10, che fissa il limite del "de minimis".

Nella fattispecie in esame, infatti, l’istanza di rimborso non è stata accolta non soltanto per la mancanza di requisiti nei confronti del lavoratore, ma anche per la mancanza di prova delle ulteriori condizioni che prevedono l’osservanza dei contratti collettivi nazionali (anche con riferimento ai soggetti che non hanno diritto al credito d’imposta) e il rispetto delle prescrizioni sulla salute sulla sicurezza dei lavoratori previste dalle norme specifiche.

Va, quindi rigettato il ricorso con condanna della società ricorrente al pagamento delle spese del grado di giudizio.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali del grado di giudizio che liquida in Euro 10.000 per onorario.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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