Cass. civ. Sez. V, Sent., 23-03-2012, n. 4683 Sanzioni fiscali

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza n. 178/01/10, depositata il 14.4.10, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio rigettava l’appello proposto dall’Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale Pubblica (ATER) della Provincia di Roma avverso la sentenza di primo grado, con la quale era stato rigettato il ricorso proposto dall’ente contribuente nei confronti dell’avviso di accertamento, emesso dal Comune di Fiumicino ai fini ICI per l’anno di imposta 2004. 2. La CTR riteneva, invero, che l’ente contribuente fosse titolare del diritto di superficie sulle aree concessegli dal Comune di Fiumicino, sulle quali aveva, peraltro, realizzato immobili di edilizia residenziale pubblica; sicchè l’ATER – a parere del giudice di appello – era da ritenersi soggetto passivo dell’ICI, poichè titolare di un diritto reale su dette aree, a norma del D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 1 e 3. 3. Avverso la sentenza n. 178/01/10 ha proposto ricorso per cassazione l’Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale Pubblica affidato a tre motivi, ai quali il Comune di Fiumicino ha replicato con controricorso.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo di ricorso, l’ATER deduce l’omessa motivazione in ordine ad un fatto decisivo della controversia, nonchè la violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, della L. n. 212 del 2000, art. 7 e della L. n. 241 del 1990, art. 3. 1.1. Assume, invero, l’ente ricorrente che l’impugnata sentenza difetterebbe di motivazione in ordine alla dedotta inesistenza dei presupposti formali del provvedimento impugnato, che sarebbe, per contro, carente dell’indicazione dei presupposti di fatto essenziali per l’applicazione dell’imposta, nonchè dell’indicazione della delibera di nomina del funzionario competente, in violazione del disposto del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11. L’avviso di accertamento conterrebbe, infatti, ad avviso dell’Azienda ricorrente, solo un mero elenco di riferimenti catastali, dai quali non sarebbe, peraltro, possibile inferire il criterio applicato per il calcolo dell’imposta.

1.2. La censura è palesemente infondata.

1.2.1. Ed invero, a sostegno del dedotto vizio motivazionale e della violazione di legge denunciata, con riferimento al preteso difetto, nell’atto impositivo, dei presupposti di fatto per l’applicazione del tributo, l’ATER si è limitata ad allegare, del tutto genericamente, che l’impugnata sentenza non avrebbe tenuto conto alcuno di tali presupposti. Il ricorrente ha, peraltro, omesso di specificare di quali presupposti lamenti l’assenza, nè ha avuto cura di trascrivere – nel rispetto del principio di autosufficienza – l’avviso di accertamento, quanto meno nei punti essenziali, onde consentire alla Corte il riscontro dell’eventuale sussistenza, nella sentenza di appello, dei vizi denunciati.

Ed è indubitabile che anche con riguardo alla denuncia di un errore di diritto – come per il vizio di motivazione (in ordine al quale cfr., ex plurimis, Cass.S.U. 28336/11, Cass.S.U. 18210/10) è necessario – anche ai fini del riscontro dell’interesse al ricorso – che la parti ottemperi al principio di autosufficienza, indicando in maniera adeguata la situazione di fatto della quale chieda una determinata valutazione giuridica, diversa da quella compiuta dal giudice a quo, asseritamente erronea (Cass. 11731/11).

1.2.2. Del tutto destituito di fondamento è, poi, il motivo in esame per quanto attiene alla mancata indicazione nell’avviso di accertamento – omissione che l’ATER assume non rilevata dalla CTR – della delibera di nomina del funzionario comunale competente. Al riguardo va rilevato, infatti, che, in tema di IC1, la delibera di preventiva designazione del funzionario esercente l’attività organizzativa e gestionale dell’imposta, adottata ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, comma 4, non deve essere menzionata negli avvisi di liquidazione o di accertamento concernenti detto tributo.

Deve presumersi, invero, che l’esercizio della potestà impositiva avvenga nel rispetto dei presupposti di legge, incombendo sul contribuente – che intenda muovere contestazioni al riguardo – l’onere di dedurre e provare l’eventuale assenza o illegittimità della delibera medesima (cfr. Cass. 14094/10). Di conseguenza – non avendo, nel caso di specie, l’ATER neppure allegato la mancanza o invalidità di detta delibera, della quale si è limitato a dedurre la mancata indicazione nell’atto impositivo – la censura in esame è da ritenersi infondata anche sotto tale profilo.

2. Con il secondo motivo di ricorso, l’ATER deduce l’omessa motivazione su un fatto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, nonchè la violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. 2.1. Avrebbe, invero, errato l’impugnata sentenza – a parere della ricorrente – nel ritenere sussistente il presupposto impositivo del tributo nel caso concreto, per essere l’ATER titolare di uno dei diritti reali dalla cui titolarità discende la soggezione all’ICI, ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 3.

Ed infatti, rileva l’ATER che gli immobili di edilizia residenziale popolare in questione sono stati realizzati dall’Azienda su terreni di proprietà del Comune di Fiumicino, in relazione ai quali sarebbe stata adottata dall’ente pubblico la sola delibera di concessione dei suoli in superficie, ai sensi della L. n. 865 del 1971, art. 35 non seguita, peraltro, dalla stipula della relativa convenzione costitutiva di tale diritto reale, nella forma scritta richiesta, ad substantiam, per tutti i contratti della pubblica amministrazione.

Con la conseguenza che la mancata costituzione del diritto di superficie su dette aree – la cui titolarità, a norma del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 3, radica il presupposto dell’imposizione in parola – non consentirebbe di ritenere sussistente, nella specie, il presupposto per l’applicabilità dell’ICI, non essendosi verificato – per difetto dei presupposti di cui all’art. 952 c.c. – il passaggio della proprietà degli immobili, costruiti su suolo del Comune, in capo all’ATER. 2.2. Il motivo di ricorso in esame è infondato e va, pertanto, disatteso.

2.2.1. E’ del tutto incontroverso, infatti, che, nel caso concreto, in favore dell’ATER della Provincia di Roma sia stata adottata dal Comune di Fiumicino una delibera di concessione a detta Azienda di suoli comunali, da destinarsi ad edilizia residenziale popolare, essendo stata detta delibera espressamente richiamata dalla stessa ATER ricorrente (p. 8 del ricorso).

Ebbene, deve rilevarsi – in proposito – che, in tema di ICI, la concessione ad un’azienda, istituzionalmente affidataria del compito di realizzare immobili destinati all’assistenza alloggiativa pubblica, di aree comunali per la realizzazione di programmi di edilizia residenziale, attribuisce – di per sè – all’azienda medesima il diritto di superficie, ai sensi della L. n. 865 del 1971, art. 35, sulle aree sulle quali la concessionaria costruisce gli alloggi di edilizia economica e popolare, e rende, quindi, quest’ultima soggetto passivo dell’imposta del D.Lgs. n. 504 del 1992, ex art. 3 (cfr. Cass. 15447/10). Ed invero, contrariamente all’assunto della ricorrente, non occorre – a tal fine – un ulteriore atto costitutivo del diritto di superficie, da redigersi in forma scritta, ai sensi dell’art. 1350 c.c.. Va considerato, infatti, al riguardo, che, una volta realizzati, gli immobili da destinare ad alloggi economici e popolari, questi non tornano in disponibilità del Comune concedente, ma restano in proprietà dell’ATER che li ha edificati, fino al momento della traslazione definitiva del diritto dominicale in favore dei singoli acquirenti (Cass. 6763/10). Per il che non può di certo configurarsi – nella vicenda in esame – il conferimento da parte del Comune concedente, ai sensi dell’art. 1322 c.c., di un mero diritto personale di godimento a favore dell’azienda in questione (cfr., al riguardo, Cass. 22757/04, 24498/09), ma piuttosto la costituzione di un diritto reale di superficie dal quale consegue – pertanto – l’acquisto a favore dell’ATER, a norma dell’art. 952 c.c., della proprietà dell’immobile costruito sull’area concessa in superficie.

2.2.2. D’altro canto, come si evince dall’esame del disposto della L. n. 865 del 1971, art. 35, l’incontro delle volontà dei due soggetti della vicenda in esame (Comune concedente ed Azienda concessionaria), che da vita alla convenzione da redigersi in forma scritta, rileva sul piano, non già della costituzione del diritto di superficie, bensì su quello della determinazione, in concreto, del contenuto del rapporto già instauratosi, per effetto della concessione ad aedificandum, tra i predetti soggetti (Cass. 15447/10, 22987/10).

Per tutte le ragion esposte, pertanto, anche il motivo in esame non può che essere rigettato.

3. Con il terzo motivo di ricorso, l’ATER denuncia, infine, la violazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, artt. 12, 16 e 17, nonchè la mancata applicazione della causa di non punibilità del D.Lgs. n. 472 del 1997, ex art. 6, comma 2. 3.1. Assume, invero, l’Azienda ricorrente che il provvedimento di accertamento non risulterebbe conforme rispetto a quanto stabilito dalla normativa (D.Lgs. n. 472 del 1997, artt. 12, 16 e 17), in relazione all’irrogazione delle sanzioni per la violazione delle disposizioni in materia di ICI. Ritiene, inoltre, l’ATER che sarebbe stata illegittimamente denegata – nel caso concreto – l’applicazione dell’esimente di cui all’art. 6 dello stesso decreto, che impedisce l’irrogazione della sanzione in caso di "obiettive condizioni di incertezza" sulla portata e sull’ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferiscono le violazioni.

La ricorrente aveva, infatti, sempre ritenuto – in mancanza di un consolidato indirizzo giurisprudenziale, formatosi, a suo dire, solo dopo il 2003 – di non essere ricompresa tra i soggetti passivi dell’ICI, in assenza della titolarità di un diritto reale, ai sensi della L. n. 504 del 1992, artt. 1 e 3. Ed in presenza di tali incertezze interpretative, aveva fatto, di conseguenza, affidamento su una più favorevole determinazione – quanto al tributo in discussione – in sede amministrativa e giurisdizionale.

3.2. La censura è palesemente infondata.

3.2.1. La doglianza relativa al mancato rispetto del procedimento in tema di irrogazione delle sanzioni risulta, invero, del tutto generica e non conforme, quindi, al principio di autosufficienza del ricorso. L’ATER si è, difatti, limitata ad un mero richiamo delle norme di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, artt. 12, 16 e 17, senza indicare in alcun modo le ragioni per le quali il procedimento di applicazione delle sanzioni non sarebbe, in concreto, conforme al modello normativo prefigurato dal succitato decreto. Sotto tale profilo, dunque, il motivo di ricorso in esame si palesa del tutto inammissibile.

3.2.2. Per quanto concerne, poi, la pretesa obiettiva incertezza della normativa in materia di ICI in relazione al diritto di superficie sulle aree da destinare ad edilizia popolare ed economica, va osservato che in tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, l’incertezza normativa obiettiva, che costituisce causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, postula una condizione di inevitabile incertezza sul contenuto, sull’oggetto e sui destinatari della stessa norma tributaria, ossia l’insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso la sua interpretazione.

Tale attività interpretativa, volta a chiarire il significato della disposizione tributaria, non è, tuttavia, riferibile ad un generico contribuente, nè ai soggetti capaci di un’interpretazione qualificata (studiosi, professionisti legali, ecc), e tanto meno all’Ufficio finanziario, bensì esclusivamente al giudice, in quanto rappresenta l’unico soggetto dell’ordinamento investito del potere- dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione normativa (cfr. Cass. 24670/07). Pertanto, può ritenersi che una norma abbia un significato oggettivamente incerto, quando l’interpretazione che di essa abbia dato la giurisprudenza non sia appagante, in termine di certezza, poichè oscillante tra risultati ermeneutici differenti e non univoci.

3.3.3. Senonchè, con riferimento al caso di specie, deve rilevarsi che in ordine al significato da attribuirsi alle norme (L. n. 504 del 1992, artt. 1 e 3) in materia di assoggettabilità all’ICI dei suoli comunali concessi in superficie ad aziende o istituti, per la realizzazione di immobili di edilizia economica e popolare, si è formato un indirizzo consolidato della giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. 6809/99, 7273/09, 10137/00, 18062/02, 19246/03) – in punto determinazione dei presupposti di applicabilità del tributo ed individuazione dei soggetti passivi – in epoca ben precedente l’annualità di imposta in discussione (2004).

Ne discende, dunque, che la normativa in parola non poteva considerarsi oggettivamente incerta, nel senso suindicato, ai fini dell’applicabilità dell’esimente di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6. 4. Per tutte le ragioni esposte, pertanto, il ricorso proposto dall’ATER della Provincia di Roma deve essere rigettato, con conseguente condanna dell’Azienda ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, nella misura di cui in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 6.500,00, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 8 marzo 2012.

Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *