Cass. civ. Sez. V, Sent., 23-03-2012, n. 4680

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ricorso notificato il 12.12.09, l’Agenzia delle Entrate chiedeva la revocazione dell’ordinanza n. 22573/09, emessa da questa Corte in data 23.9.09 e depositata il 23.10.09, con la quale era stato dichiarato inammissibile il ricorso proposto dall’amministrazione avverso la sentenza n. 165/07, emessa dalla CTR della Puglia in data 13.12.07. 2. L’Agenzia delle Entrate si doleva, invero, del fatto che questa Corte avesse dichiarato inammissibile il predetto ricorso, sul presupposto che l’unico motivo proposto dall’amministrazione non si concludeva con la formulazione del relativo quesito di diritto, essendo stato i detto quesito proposto nel corso dell’illustrazione del motivo e non a conclusione dello stesso, come richiesto dall’art. 366 bis c.p.c..

Tale pronuncia sarebbe, per contro, viziata da evidente errore di fatto, non avendo la Corte rilevato che i motivi di ricorso proposti dall’amministrazione erano – in realtà – due, e non uno solo, sicchè il primo si concludeva con la formulazione del relativo quesito, e ad esso faceva, quindi, seguito l’illustrazione del secondo motivo.

3. La parte resistente non ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

1. Va premesso che sussiste l’errore revocatorio commesso dalla Corte di Cassazione – diverso dall’errore ostativo, che si concreta nell’erronea manifestazione della volontà del giudicante, ed è emendabile in sede di correzione ( artt. 287 e 288 c.p.c.), nonchè dall’errore vizio che si manifesta in un’errata valutazione delle risultanze processuali, ed è denunciabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – qualora la Corte incorra in un’erronea percezione degli atti di causa e, segnatamente, nella supposizione di un fatto la cui verità è incontestabilmente esclusa, o nella supposizione dell’inesistenza di un fatto la cui verità sia positivamente stabilita; sempre che l’evento su cui cade l’errore non abbia costituito un punto controverso in ordine al quale la sentenza impugnata per revocazione abbia pronunziato.

1.1. Il suddetto errore, pertanto, perchè possa venire in rilievo con riferimento alla Corte di Cassazione ex art. 391 bis c.p.c. e art. 395 c.p.c., n. 4 non può, in alcun modo, riguardare la violazione o falsa applicazione di norme giuridiche, dovendo trattarsi di un errore meramente percettivo, e non certo di un preteso errore di giudizio, derivante dall’erronea applicazione di norme processuali (cfr. ex plurimis, Cass. S.U. 26022/08, S.U. 1666/09).

2. Premesso quanto precede, va rilevato che, nel caso di specie, questa Corte con l’ordinanza n. 22573/09, oggetto di revocazione, ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate, ritenendo che l’amministrazione avesse articolato un unico motivo che non si concludeva, come previsto dall’art. 366 bis c.p.c., con il relativo quesito di diritto, essendo stato questo collocato nell’ambito dell’articolazione del motivo e non al termine di esso, come previsto dalla norma suindicata. La Corte riteneva, peraltro, anche inidoneo tale quesito, poichè del tutto generico e non attinente alla ratio decidendi della sentenza impugnata.

3. Ebbene, non può revocarsi in dubbio che la valutazione operata dalla Corte, nel caso concreto, concreti un giudizio di diritto, incentrato sulla qualificazione del ricorso come fondato su di un’unica censura, e non su due motivi, in considerazione proprio del fatto che l’amministrazione ricorrente aveva formulato un unico quesito di diritto.

3.1. Ed invero, in caso di proposizione di un motivo di ricorso formalmente unico, ma articolato in più profili autonomi e differenziati, tale motivo cumulativo non può non concludersi con la formulazione di tanti quesiti – o momenti di sintesi, laddove il ricorso investa anche vizi motivazionali – quanti sono i profili investiti dalla censura, dovendo – in mancanza – la Corte limitare l’esame all’oggetto del quesito in concreto formulato (cfr. Cass. S.U. 5624/09).

3.2. Ne discende che, nella specie, la Corte – lungi dal pretermettere l’esame di uno dei motivi di ricorso, come assume la ricorrente in revocazione – ha valutato come un’unica censura, articolata in due profili, l’unico motivo dedotto dall’Agenzia delle Entrate, concludendo per la sua inammissibilità, poichè il quesito formulato non rispecchiava per intero il contenuto della censura stessa. Sicchè, non di errore percettivo si tratta, bensì di valutazione giuridica, incensurabile in sede di revocazione ex art. 391 bis c.p.c..

Tanto più che la Corte è pervenuta a siffatta pronuncia di inammissibilità del ricorso proposto dall’amministrazione anche sulla base del riscontro – del pari incensurabile in questa sede – della inidoneità dell’unico quesito proposto, poichè non attinente alla ratio decidendi dell’impugnata sentenza.

4. Per tutte le ragioni esposte, pertanto, il ricorso per revocazione proposto dall’Agenzia delle Entrate non può che essere dichiarato inammissibile, senza alcuna statuizione sulle spese del presente giudizio, attesa la mancata costituzione degli intimati.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE dichiara inammissibile il ricorso; nulla per le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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