Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 06-07-2011) 13-10-2011, n. 36964

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Confermando la decisione del primo Giudice, la Corte di Appello di Napoli, con sentenza 7 maggio 2010, ha ritenuto B.R. responsabile del reato di violenza sessuale continuata ai danni della minore S.V. (figlia di M.M. con la quale aveva una relazione sentimentale) e l’ha condannato alla pena di giustizia.

Entrambi i Giudici di merito – dopo avere evidenziato il contesto di degrado e di promiscuità nel quale viveva la ragazza – hanno ritenuto attendibile il suo racconto accusatorio; in sunto, V. ha riferito come l’imputato l’avesse insidiata sessualmente fino a giungere a rapporti sessuali da lei non voluti.

La parte lesa è stata valutata credibile per i seguenti motivi: ha narrato l’accaduto – in modo analitico, particolareggiato e costante – ad una insegnate, al vice preside, al responsabile della casa famiglia ed in sede giudiziaria; la perizia medica ha rilevato che era stata deflorata nel periodo da lei precisato ; la ragazza non aveva alcun interesse personale all’esito del processo o intento persecutorio nei confronti dell’imputato non avendo chiesto il risarcimento dei danni; il narrato non può essere svilito dal trauma causato a V. dagli abusi paterni.

Per l’annullamento della sentenza, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione deducendo difetto di motivazione sulla attendibilità di V. e dei testi de relato, in particolare rilevando:

– che le dichiarazioni della parte lesa non collimano con quelle della madre che ha sconfessato la figlia su alcun importanti circostanze;

– che l’approccio alla nuova figura paterna, rappresentata dall’imputato, e la narrazione degli episodi sono deformati dagli abusi sessuali patiti dal genitore;

– che i rilievi ematici ed il certificato medico sulla deflorazione hanno valenza neutra;

– che l’attendibilità dei testi è stata dedotta con canoni empirici.

Le censure del ricorrente sono in fatto e manifestamente infondate.

Le due sentenze dei Giudici di merito (che, essendo conformi, si integrano a vicenda costituendo un tutto organico) hanno messo in evidenza dei precisi indici di affidabilità del racconto accusatorio della parte lesa che lo rendono idoneo a sorreggere una declaratoria di responsabilità.

Innanzi tutto, la giovane non aveva motivi di rancore (neppure segnalati dall’imputato) che possano fare temere dichiarazioni non veritiere; la stessa, non costituendosi parte civile, ha dimostrato di non cercare un lucro economico dall’esito del processo; l’imputato non ha più rapporti sentimentali con la madre per cui è da escludere un uso strumentale della giustizia per conseguire vantaggi personali o familiari.

V. ha ripetuto il suo racconto in modo conforme nei vari interrogatori ed ha reso le sue dichiarazioni testimoniali prossima ai diciotto anni quanto aveva una maturità tale da essere consapevole delle sue responsabilità e delle ricadute penali delle sue accuse. A ciò va aggiunto- anche se il dato non ha valenza probatoria decisiva- che la ragazza è stata deflorata all’epoca da lei riferita del suo primo rapporto completo con il B..

Anche la genesi della notizia di reato conforta la tesi accusatoria perchè la parte lesa non ha preso la iniziativa di rendere pubblici i fatti per cui è processo, ma si è confidata con una insegnante (dopo avere inutilmente cercato di aprirsi con la madre e di avere da lei ascolto).

Questo coacervo di elementi e di argomenti (già messi in luce dai Giudici di merito) portano a concludere – con esclusione di ogni altra ragionevole ipotesi alternativa – per la affidabilità delle dichiarazioni della parte lesa.

Per superare la motivata conclusione della Corte territoriale, il ricorrente segnala le divergenze tra la testimonianza di V. e di sua madre; sul punto, l’imputato dimentica che la donna, che aveva omesso di vigilare sulla figlia e di proteggerla, aveva l’interesse a celare il reale svolgimento dei fatti per difendersi da accuse di negligenza che potevano avere anche rilevanza penale. Il ricorrente, inoltre, rileva che i pregressi abusi subiti da V. ad opera del padre hanno prodotto un trauma sulla ragazza che ha influito sulla "approccio alla nuova figura paterna"; sul tema, il Tribunale ha già risposto evidenziando come non sia possibile stabilire un nesso tra la pregressa esperienza e la articolata e lucida ricostruzione del contesto nel quale si sono svolti i reati in esame.

Per quanto concerne l’attendibilità dei testi de relato (alcuni dei quali qualificati e disinteressati rispetto all’esito del processo) la censura dell’atto di ricorso è priva della necessaria concretezza. Per le esposte considerazioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del proponente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma – che la Corte reputa equo fissare in Euro mille – alla Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di Euro mille alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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