T.A.R. Lazio Roma Sez. II ter, Sent., 14-11-2011, n. 8827

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso, notificato il 25 novembre 2010 e depositato il successivo 16 dicembre, il sig. G.Z., quale titolare dell’omonima ditta individuale subentrata alla Società La Rocchetta S.r.l. – già autorizzata all’attività di estrazione per effetto della deliberazione del C.C. di Civitella San Paolo n. 50 del 3.12.1992 nonché proponente un’apposita istanza di ampliamento della predetta autorizzazione in data 19.1.1998 – per effetto di un atto pubblico redatto il 23.7.2002 davanti il notaio Alessandro Mattiangeli con cui si trasferiva la proprietà dell’immobile nel quale si svolgeva l’attività estrattiva avente una superficie complessiva di metri quadrati 106.000, distinto nel N.C.T. di detto Comune al foglio 14, particelle 30, 31, 32, 33, 35, 36 e 37, ha impugnato l’atto meglio specificato in epigrafe perché lesivo del proprio interesse connesso all’esercizio dell’attività in discussione che si fonderebbe sull’autorizzazione consiliare n. 21 del 29.7.2008 del Comune di Civitella San Paolo per le particelle 30, 31, 32 e 33 e sulla conseguente convenzione stipulata tra l’impresa ricorrente ed il suindicato Comune il 9.3.2009.

Al riguardo, il medesimo ha prospettato i seguenti motivi di impugnazione:

– Violazione degli artt. 24 e 25 della legge regionale Lazio n. 17 del 2004. Violazione degli artt. 3, 7, 8 e 21 nonies della legge n. 241 del 1990. Eccesso di potere per difetto e perplessità della motivazione, per illogicità e contraddittorietà, per contrasto con precedenti provvedimenti, per falsità e travisamento dei presupposti, atteso che l’ordinanza impugnata, pur essendo stata adottata in ottemperanza delle diffide svolte dal Responsabile del Dipartimento Economico Occupazionale – Direzione Regionale Attività Produttive – Ispettorato di Polizia Mineraria ed Energia (nota n. 114744 del 2.7.2010 e nota n. 155432 dell’8.9.2010), non è in grado di identificare la norma violata, contiene in sé una motivazione senz’altro generica e carente ed, in particolare, in aperta contraddizione con le note regionali che assumono addirittura l’inesistenza delle autorizzazioni a suo tempo rilasciate; si presuppone nelle citate note perfino la preventiva adozione di un provvedimento di revoca mai intervenuto per il quale non vi è stata mai la comunicazione dell’avvio del procedimento; falsi e fuorviati sarebbero, inoltre, i presupposti di fatto su cui si fondano le note regionali, in particolare, l’inesistenza di autorizzazioni (addirittura nullità degli atti autorizzativi rilasciati), la necessità di una revoca invece dell’intervento di un eventuale annullamento in via di autotutela, l’assenza di una voltura dell’autorizzazione a beneficio della ditta Z.G., l’assenza di un preventivo assenso dell’Amministrazione, l’intervento di un provvedimento di proroga a distanza di circa 10 anni dalla scadenza dell’atto da prorogare.

Con lo stesso mezzo di gravame si chiede il risarcimento del danno a carico del Comune di Civitella San Paolo e della Regione Lazio in conseguenza dell’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa.

Si è costituito in giudizio il Comune di Civitella San Paolo, il quale ha eccepito, in rito, l’inammissibilità del gravame per mancata impugnazione delle note regionali indicate come atti presupposti dell’ordinanza del Comune resistente e l’improcedibilità dello stesso per mancata impugnativa della determina prot. n. 2243 del 13.10.2010, emessa dal Responsabile del Servizio Tecnico Area Urbanistica del Comune di Civitella, e della nota prot. n. 180848 del 13.10.2010, emessa dalla Regione Lazio, Dipartimento Economico Occupazionale – Direzione Regionale Attività Produttive – Ispettorato di Polizia Minerarie ed Energia, e, nel merito, l’infondatezza delle doglianze prospettate.

Nella Camera di Consiglio del 2 marzo 2011 con ordinanza n. 806/11 questo Tribunale ha accolto la domanda di sospensione degli effetti del provvedimento impugnato.

All’udienza del 5 ottobre 2011 la causa è stata posta in decisione.

Motivi della decisione

Con il ricorso in esame, presentato dalla ditta individuale facente capo al sig. G.Z., è stata principalmente impugnata l’ ordinanza n. 23/2010 emessa dal responsabile del Servizio del Comune di Civitella San Paolo.

Essa si fonda principalmente su una serie di accertamenti ed ispezioni compiuti dall’Ispettorato Regionale di Polizia Mineraria (riassunti nella nota prot. 114744 del 2.7.2010) e sulla valutazione, conseguente alla nota di risposta dell’amministrazione comunale del 22.7.2010, riportata nella nota n. 155432 dell’8.9.2010 della competente autorità con cui la Regione Lazio confermava la propria linea argomentativa diffidando l’amministrazione comunale "… in osservanza a quanto indicato nella richiamata nota n. 11477/2010, a disporre con immediatezza la cessazione dell’attività estrattiva ai sensi e per gli effetti dell’articolo 25 della Legge Regionale 17/2004 previa revoca dell’autorizzazione a suo tempo rilasciata in capo alla ditta Z. intimando nel contempo alla medesima, di provvedere al recupero ambientale delle aree oggetto di scavi".

L’amministrazione comunale, preso atto delle dimissioni con effetto immediato del direttore dei lavori della cava in parola, ha emesso l’ordinanza gravata che però, ad un’attenta lettura, contiene in sé un duplice dispositivo.

Da un lato, per effetto di tale ultima evenienza, intima, nel termine di 60 giorni, la nomina di un nuovo direttore dei lavori.

Dall’altro, in ottemperanza alla diffida compiuta dalla Regione Lazio, esplicitata nelle note sopra indicate, decreta:

a) la sospensione immediata dell’attività estrattiva della cava di dolomite in località Aprano del comune di Civitella San Paolo;

b) il divieto di eseguire o far eseguire alcun tipo di attività rivolta all’attività estrattiva di cava, nonché l’utilizzo di eventuali materiali già scavati e depositati nell’area di cava e dai macchinari esistenti nel luogo.

Con i motivi di censura esposti nell’unico complesso motivo di gravame, la parte istante non solo contesta le argomentazioni dell’Amministrazione comunale ma anche e soprattutto i rilievi formali e concreti degli organi regionali.

Ciò induce quantomeno a disattendere l’eccezione di inammissibilità del gravame, sollevata dalla difesa del Comune resistente.

Infatti, anche se nell’epigrafe del ricorso non vengono indicate anche le predette note della Regione Lazio, in ogni caso, sono stati prospettati dei motivi di doglianza verso tali ultimi atti e, nel contempo, il ricorso stesso risulta essere stato notificato anche alla competente Regione.

Rimane, pertanto, da affrontare l’eccezione di improcedibilità del gravame, con cui la difesa del Comune resistente incentra il venir meno di un interesse qualificato all’annullamento dell’ordinanza in discussione nella circostanza connessa alla non impugnazione nei termini di due atti successivi al provvedimento impugnato, ed in particolare della determina prot. n. 2243 del 13.10.2010, emessa dal Responsabile del Servizio Tecnico Area Urbanistica del Comune di Civitella, e della nota prot. n. 180848 del 13.10.2010, emessa dalla Regione Lazio, Dipartimento Economico Occupazionale – Direzione Regionale Attività Produttive – Ispettorato di Polizia Minerarie ed Energia.

Con proprio provvedimento n. 2243 del 13.10.2010, il responsabile del Servizio TecnicoArea Urbanistica del Comune di Civitella San Paolo, essendo intervenuta la nomina di un nuovo direttore dei lavori che consente lo sgombero ed il conseguente utilizzo dei materiali già scavati e depositati nell’area di cava, ha ritenuto opportuno autorizzare la predetta limitata attività al solo fine di garantire la manutenzione ed evitare il degrado dell’area.

Per converso l’Ispettorato di Polizia Mineraria ed Energia, presso la Direzione regionale Attività Produttive del Dipartimento Economico Occupazionale della Regione Lazio, con nota indirizzata anche all’attuale ricorrente, ha ribadito che l’autorizzazione alla prosecuzione ed ampliamento di cava rilasciata dal Comune di Civitella San Paolo alla Ditta Z., in data 16 maggio 2009 con unico atto prot. n. 2001/08, è da considerarsi nullo "ipso iure" e pertanto privo di ogni effetto giuridico.

La premessa così enunciata porta, secondo l’organo regionale, all’immediata cessazione dell’attività estrattiva in relazione ad una rilevante illegalità conseguente all’attivazione del procedimento amministrativo messo in atto dal Comune resistente; ne consegue, altresì, per il prosieguo dell’attività estrattiva la necessità di una nuova autorizzazione rilasciata dalla Regione Lazio, attualmente competente in materia ai sensi degli artt. 30 e 31 della L.R. n. 17 del 2004.

Tale ultimo provvedimento, seppure in parte confermativo delle precedenti note, assume un valore innovativo e preclusivo dell’interesse della parte istante, la cui pretesa è dettata principalmente dalla completa prosecuzione dell’attività estrattiva nella cava in discussione.

Il concreto interesse del ricorrente, attualmente, sarebbe precluso dall’atto regionale che, da un lato, ritiene nulle le autorizzazioni già rilasciate dal comune e, dall’altro, consente la prosecuzione dell’attività estrattiva soltanto previa autorizzazione dell’autorità regionale.

La mancata proposizione di motivi di gravame avverso tali ultimi provvedimenti, ed in particolar modo, della nota della Regione Lazio, rendono la posizione del ricorrente priva di un interesse concreto ed attuale alla definizione del presente gravame.

Tale interpretazione trova, altresì, conferma nell’art. 26 della citata L.R. n. 17 del 2004, secondo il quale "La Regione esercita, altresì, la vigilanza sull’osservanza delle norme di polizia delle miniere e delle cave, nonché la vigilanza sull’osservanza delle norme di polizia delle acque, limitatamente alla coltivazione nei corsi d’acqua di cui all’articolo 17, rispettivamente ai sensi degli articoli 61, comma 1, lettera e) e 184, comma 2, lettera c), della L.R. n. 14/1999 e successive modifiche. Qualora nel corso del sopralluogo gli ispettori regionali di polizia mineraria accertino lo svolgimento dell’attività estrattiva in assenza di autorizzazione, ne danno comunicazione al comune, che dispone la cessazione immediata dell’attività.".

La citata normativa regionale in definitiva, nel demandare al comune l’onere di adottare l’atto di cessazione, assegna all’ente locale un’attività del tutto vincolata e fortemente condizionata dall’attività istruttoria posta in essere dagli organi ispettivi regionali, i quali, in esplicazione della funzione di vigilanza assegnata dalla legge regionale n. 17 del 2004, finiscono per incidere in maniera decisiva sulla possibilità di prosecuzione dell’attività estrattiva.

Per tutte le ragioni espresse, il Collegio dichiara il ricorso improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse ad agire.

La complessità delle procedure adottate e la natura dei contrapposti interessi, inducono a compensare fra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara improcedibile.

Compensa integralmente fra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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