Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 28-06-2011) 13-10-2011, n. 36892

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Taranto, con sentenza in data 13 dicembre 2002, dichiarava P.C. ed altri coimputati, colpevoli dei delitti di associazione per delinquere, truffa aggravata, ricettazione e falso in scrittura privata.

In esito a gravame dell’imputato, la Corte di Appello di Lecce – Sezione distaccata di Taranto, con sentenza in data 18 giugno 2009, concedeva le attenuanti generiche con criterio di prevalenza sulla contestata aggravante, dichiarava non doversi procedere in ordine ai delitti suddetti, escluso quello di ricettazione, perchè estinti per intervenuta prescrizione e rideterminava la pena per il residuo reato nella misura di anni uno, mesi quattro di reclusione ed Euro 400 di multa.

Propone ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, deducendo i seguenti motivi:

1) violazione dell’art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c), per essere stato il giudizio di primo grado celebrato senza che l’imputato fosse messo a conoscenza dell’esistenza del procedimento, quando era già stato ammesso allo speciale programma di protezione in quanto collaboratore di giustizia. Il ricorrente deduce la nullità del decreto di irreperibilità emesso nel corso del giudizio di primo grado, del decreto che disponeva il giudizio e della sua notificazione, della conseguente ordinanza contumaciale e di tutti gli atti successivi.

Il ricorrente afferma che non può obiettarsi che l’imputato non si sia fatto parte diligente dando comunicazione della sua qualità di collaboratore di giustizia, poichè egli nulla ha saputo dell’esistenza del procedimento fino a quando il 14 aprile 2004 il personale del Servizio Centrale di Protezione gli notificava l’avviso di deposito della sentenza di primo grado.

2) mancanza della prova della responsabilità con riferimento al delitto di ricettazione di polizza assicurativa oggetto di furto e falsificata, nonchè travisamento delle emergenze processuali, in quanto la sentenza non indicherebbe gli elementi di fatto in base ai quali il P. sarebbe stato a conoscenza della illecita provenienza della polizza; inoltre, la sentenza stessa non indicherebbe tempo e luogo della condotta di ricettazione.

3) intervenuta prescrizione, semmai previa riqualificazione del fatto nella contravvenzione di cui all’art. 712 c.p..

Motivi della decisione

E’ fondato il motivo con il quale il ricorrente deduce la nullità del decreto di irreperibilità emesso nel corso del giudizio di primo grado, del decreto che disponeva il giudizio e della sua notificazione, della conseguente ordinanza contumaciale e di tutti gli atti successivi. Risulta pacificamente che l’imputato, fin dall’inizio del procedimento a suo carico, era collaboratore di giustizia ammesso allo speciale programma di protezione di cui al D.L. 15 gennaio 1991, n. 8, convertito in L. 15 marzo 1991, n. 82, successivamente modificato dalla L. 13 febbraio 2001, n. 45.

La Corte di appello, disattendendo lo specifico motivo di impugnazione proposto dall’imputato, osserva che "dagli atti processuali non emergeva la condizione di collaboratore di giustizia di P.C., sottoposto inizialmente unitamente alla moglie al programma di protezione che comporta l’obbligatoria domiciliazione in Roma, presso il Servizio Centrale di Protezione, e che pertanto devono ritenersi rituali nei confronti del P. e di F. M. i decreti emessi e le notifiche effettuate nel corso del procedimento", con la forma degli irreperibili.

E’ giurisprudenza costante che le ricerche ai fini dell’emissione del decreto di irreperibilità vanno eseguite cumulativamente, e non alternativamente, in tutti i luoghi indicati dall’art. 159 cod. proc. pen., diversamente derivandone la nullità assoluta del decreto di irreperibilità medesimo e delle conseguenti notificazioni, ove attinenti alla citazione dell’imputato (da ultimo, Sez. 3, n. 9244 del 21/01/2010, Teranaj, Rv. 246234). Occorre, peraltro, osservare che il citato art. 159, nell’indicare i luoghi in cui effettuare le ricerche usa l’avverbio "particolarmente", da ciò deve dedursi, anche in senso letterale, che i luoghi indicati sono indefettibili per la legittimità del decreto di irreperibilità, ma non sono necessariamente tutti quelli possibili, con la conseguenza che, al fine di stabilire la sussistenza di eventuali nullità, deve essere effettuata una verifica non solo in ordine alla completezza delle ricerche, bensì anche in ordine alla sufficienza, nel merito, di quelle espletate (si veda l’art. 670 c.p.p.: il giudice dell’esecuzione valuta "anche nel merito" l’osservanza delle garanzia- previste nel caso di irreperibilità del condannato); infatti, altri eventuali luoghi di ricerca devono e possono essere individuati con una interpretazione sistematica rispettosa del principio generale secondo il quale deve sempre essere garantito il fine di assicurare l’effettiva conoscenza degli atti processuali essenziali (v. art. 175 c.p.p., comma 2), quale è certamente la partecipazione al giudizio.

Si tratta di un principio che ha trovato espresso riconoscimento e tutela da parte della giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, la quale ha affermato che "avvisare qualcuno delle azioni intentate contro di lui costituisce un atto giuridico di tale importanza che deve rispondere a condizioni di forma e di merito proprie a garantire l’esercizio effettivo dei diritti dell’accusato e che una conoscenza vaga e non ufficiale non può essere sufficiente" (Somogyi c. Italia, 18/05/2004; Sejdovic c. Italia, 01/03/2006 Grande Camera; Zunic c. Italia, 21/12/2006; Pitittoc. Italia, 12/06/2007).

E’ principio ormai pacifico che il giudice nazionale deve procedere ad una interpretazione della normativa interna conforme a quella della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, fino a dove ciò sia consentito dal testo delle disposizioni a confronto e avvalendosi di tutti i normali strumenti di ermeneutica giuridica, e che le norme della suddetta Convenzione devono essere assunte nel significato attribuito dalla Corte specificamente istituita per dare ad esse interpretazione ed applicazione (Corte cost. n. 348 e 349 del 2007 e n. 311 del 2009).

La normativa in materia di irreperibilità, pertanto, non può non tenere conto di quella, ad essa successiva, concernente le persone che collaborano con la giustizia e sottoposte a speciali misure di protezione, che impongono l’obbligatoria elezione di domicilio nel luogo in cui ha sede la Commissione centrale per la definizione ed applicazione delle speciali misure di protezione (Sez. 4, n. 5850 del 06/04/2000, Marotta, Rv. 216799). Nè si può richiedere, come ha fatto la sentenza appellata, che la condizione di persona sottoposta a misura di protezione debba risultare degli atti del singolo processo, poichè, così come è richiesto obbligatoriamente, per la dichiarazione di irreperibilità, che vengano effettuate ricerche presso l’amministrazione carceraria centrale, analoghe ricerche ben possono e devono essere effettuate presso la suddetta Commissione.

D’altro canto, la stessa Corte EDU ha avuto occasione di precisare che "spetta allo Stato organizzare il proprio sistema giudiziario in modo da rendere effettivi i diritti previsti dall’articolo 6 della Convenzione e dotarsi dei mezzi idonei a garantire una rete di informazione tra gli organi giudiziari di tutto il Paese" (Davran c. Turchia, 03/11/2009).

In conclusione, deve essere accolta la eccezione di nullità formulata dal ricorrente.

Peraltro, ugualmente fondata è l’eccezione di intervenuta prescrizione del reato ascritto all’imputato, alla luce della giurisprudenza di questa Suprema Corte secondo la quale il momento consumativo del reato di ricettazione deve essere individuato, ai fini dell’accertamento del termine di prescrizione ed in caso di mancanza di prova certa, nell’immediata prossimità alla data di commissione del reato presupposto, in applicazione del principio del "favor rei" (Sez. 2, n. 5132 del 20/01/2010, Gligora, Rv. 246287).

Nel caso di specie, il furto, reato presupposto della ricettazione, è stato commesso il 15 settembre 1995, e, pertanto, pur dovendosi applicare i termini prescrizionali precedenti al D.L. 21 febbraio 2005, n. 17, essendo stata la sentenza di primo grado pronunciata il 13 dicembre 2002, i medesimi termini risultano, comunque, decorsi. Il principio di immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità sancito dall’art. 129 cod. proc. pen. impone che nel giudizio di cassazione, qualora ricorrano contestualmente una causa estintiva del reato (immediatamente accertabile, come nel caso di specie) e una nullità processuale assoluta e insanabile, sia data prevalenza alla prima (Sez. U, n. 17179 del 27/02/2002, Conti, Rv.

221403; Sez. 3, n. 1550 del 01/12/2010, dep. 19/01/2011, Gazzerotti, Rv. 249428).

In definitiva, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio per essere il reato estinto per prescrizione.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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