T.A.R. Lombardia Milano Sez. I, Sent., 14-11-2011, n. 2739 Fondazioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con delibera n. 7/2003 l’I.P.A.B. "Casa di Riposo di Talamona", in attuazione della L.r. n. 1/2003, ha optato per la trasformazione in Fondazione, quale persona giuridica di diritto privato senza scopo di lucro, approvando il relativo statuto.

In data 21.6.2009 si è riunito il Consiglio di Amministrazione della Fondazione, che ne ha deliberato una modifica, nella parte in cui stabiliva la sua composizione, nonché la sua durata ed il rinnovo.

In particolare, con la detta modifica si è stabilito che l’Amministrazione comunale di Talamona poteva nominare solo un componente, in luogo dei cinque in precedenza previsti; con il decreto impugnato (n. 10896 del 26.10.2009), la Regione Lombardia ha approvato le viste modifiche.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Con il primo motivo si deduce la violazione del’art. 3, comma 4 della L. n. 241/90, per mancata indicazione nel decreto impugnato, del termine e dell’autorità avanti alla quale proporre ricorso.

Il motivo è infondato, dato che per giurisprudenza pacifica la detta omissione potrebbe rilevare eventualmente sul piano del riconoscimento della scusabilità dell’errore, come peraltro riconosciuto dallo stesso ricorrente, ma non a viziare il provvedimento.

Con i motivi secondo, terzo, quarto e quinto si deduce sotto vari profili la violazione della L. n. 241/90, in particolare quanto al difetto di motivazione, alla mancata valutazione delle memorie della ricorrente e alla carenza di istruttoria.

I motivi sono infondati, poiché la Regione ha emanato l’atto impugnato nell’ambito delle funzioni di controllo di cui all’articolo 25 del codice civile, la cui specifica violazione è contestata con il successivo motivo.

Nell’ambito del controllo pubblico sulle fondazioni, l’esercizio del potere pubblico può certamente essere attivato in base a sollecitazioni esterne, le quali, tuttavia, restano mere segnalazioni e non possono concretare, in capo a chi le propone, posizioni meritevoli di tutela giurisdizionale (T.A.R. Lombardia Milano, Sez. III, 23 giugno 2000, n. 4598).

Con il sesto motivo si deduce la violazione del citato articolo 25 del c.c., chiedendo in sostanza al Collegio di valutare se la modifica statutaria approvata dalla Regione sia o meno conforme ai connotati voluti dai fondatori della Casa di Riposo, dai quali sarebbe desumibile uno stretto collegamento tra la stessa e l’Ente Locale, disconosciuto dagli atti impugnati.

Osserva il ricorrente che lo statuto della Fondazione, approvato con la delibera n. 7/2003, aveva previsto, tra l’altro, che "la Fondazione salvaguarda il valore del mantenimento del carattere locale dell’ente, e prevede la scelta degli amministratori da parte dell’Ente Locale", precisando che lo schema di Statuto allegato alla deliberazione "rispetta i principi delle tavole di fondazione e le precedenti disposizioni statutarie in tema di scopi istituzionali, di composizione degli enti di governo e di designazione dei membri del c.d.a.".

Il rilievo attribuito all’Ente Locale dallo statuto, antecedentemente alle modifiche, lungi dal costituire un mero riconoscimento formale, troverebbe giustificazione nel ruolo preminente che il Comune di Talamona avrebbe assunto sotto il profilo dei finanziamenti per la costruzione della Casa di Riposo (Lire 1.500.000 nel 1954, Lire 1.000.000 nel 1956, Lire 20.000.000 nel 1972).

Con riferimento a tale ultimo aspetto ritiene il Collegio che la corresponsione delle somme indicate (Lire 22.500.000 in totale), pur tenendo conto del reale valore delle stesse al tempo in cui sono state erogate, non sia sufficiente a dimostrare il "preponderante" rilievo assunto dal Comune nella costruzione di un’opera di ampie dimensioni, anche alla luce dei conteggi prodotti dalla difesa della resistente.

E’ pertanto avviso del Collegio che il punto centrale della controversia sia in realtà rappresentato dalla presunta contrarietà dei provvedimenti impugnati all’atto di Fondazione, che sarebbe invece ostativo alla modifica Statutaria contestata, nella parte in cui ha ridotto in misura obiettivamente rilevante la partecipazione dell’Ente locale.

In base all’art. 3 della L.r. 13.2.1993, n. 1, le IPAB potevano, peraltro, scegliere se trasformarsi in Aziende per i Servizi alla Persona, "enti di diritto pubblico per il perseguimento di finalità di rilevanza sociale e sociosanitaria", ex art. 7, comma 1, "ovvero in persone giuridiche di diritto privato senza scopo di lucro nel rispetto delle tavole di fondazione e della volontà dei fondatori".

La resistente ha optato per quest’ultima possibilità, pur ritenendo di conservare "il carattere locale dell’Ente", e per questo prevedendo "la scelta degli amministratori da parte dell’Ente Locale", precisando che lo schema di statuto allegato alla deliberazione "rispetta i principi delle tavole di fondazione e le precedenti disposizioni statutarie in tema di scopi istituzionali, di composizione degli enti di governo e di designazione dei membri del c.d.a.".

Premesso quando precede, le argomentazioni svolte dal ricorrente non possono essere accolte.

Il fatto che lo statuto, approvato con la detta delibera n. 7/2003, garantisca il rispetto dei principi delle tavole di fondazione, non dimostra in alcun modo che le stesse impongano obbligatoriamente la designazione di cinque componenti del Consiglio di Amministrazione da parte dell’Ente Locale. In altre parole, il fatto che nel 2003 la Fondazione avesse adottato il predetto criterio di individuazione dei membri del proprio c.d.a., non può impedire alla stessa, divenuta persona giuridica di diritto privato, di modificare il predetto criterio, riducendo significativamente, ma non cancellando, la presenza comunale nel ridetto Consiglio nel quadro dell’esercizio della propria autonomia privata.

Il controllo pubblico sulle fondazioni è, del resto, funzionale a tutelare il vincolo di destinazione del patrimonio allo scopo voluto dal fondatore (T.A.R. Lombardia Milano, Sez. III, 23 giugno 2000, n. 4598). Conseguentemente l’autorità vigilante non può imporre alle Fondazioni modalità organizzative diverse da quelle liberamente prescelte, ma può solo intervenire quando si verifichi una delle ipotesi di cui all’articolo 25 (C.S. Sez. IV, 17 giugno 2003, n. 3405).

Con il settimo motivo si censura del pari infondatamente la violazione dell’art. 17 del D.Lgs. n. 207/2001 e dell’art. 14 del D.Lgs. n. 267/2000.

Il detto art. 17, da un lato, nel prevedere "la possibilità del mantenimento, della nomina pubblica dei componenti degli organi di amministrazione già prevista dagli statuti", espressamente esclude che tale nomina comporti una forma di rappresentanza e, dall’altro, non garantisce alcuna immodificabilità di tale previsione nel tempo, il che che forma oggetto del presente ricorso. Non sussiste egualmente alcuna violazione del detto art. 14, dettato in materia di funzioni comunali, non potendo tale norma incidere sulla libertà statutaria di una persona giuridica di diritto privato, limitata solo dal rispetto dell’atto di fondazione.

Con gli ultimi due motivi si censura, rispettivamente, il passaggio della gestione della Casa di Riposo dal Comune alla Parrocchia, nonché la violazione dell’art. 50 del D.Lgs. n. 267/2000, dettato a tutela della rappresentatività degli enti locali,

Anche tali motivi vanno disattesi per le medesime ragioni già espresse per respingere il sesto motivo.

Il ricorso va conclusivamente respinto.

Sussistono, tuttavia, giusti motivi per compensare tra le parti le spese, in considerazione della peculiarità delle questioni dedotte.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia – Sezione I

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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