T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, Sent., 14-11-2011, n. 2734 Silenzio-rifiuto della Pubblica Amministrazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

I ricorrenti agiscono in qualità di nudi proprietari (i sigg.ri T.M., D. e G.) o, comunque, in quanto usufruttuari (i sigg.ri T.F. e T.A.M.) di una villa sita in Griante, censita ai mappali 280 (l’immobile) 1042 e 1058 (il terreno circostante), aventi destinazione urbanistica "F2" per vincolo di rispetto cimiteriale e stradale.

In tale veste, gli stessi riferiscono che in data 3.08.2007 il Comune di Griante (da ora anche solo il Comune) gli avrebbe rilasciato un permesso di costruire (n. 2417/2007) avente ad oggetto la realizzazione di un "laghetto artificiale ad arredo dell’ampio giardino".

Tale permesso sarebbe stato preceduto da nullaosta paesaggistico del 12.4.2007, rientrando l’area in zona soggetta al predetto vincolo.

Sennonché, stando sempre alla ricostruzione degli istanti, con ordinanza del 27.08.2008 il Comune avrebbe ordinato la sospensione dei lavori, ritenendo, sulla base di un sopralluogo congiunto dell’Ufficio tecnico comunale (U.T.C.) e della polizia locale (P.L.) che, anziché un laghetto, così come autorizzato, fosse in corso di realizzazione una piscina.

Il 18.12.2008 i ricorrenti avrebbero così deciso di richiedere la compatibilità paesaggistica dell’opera come di fatto realizzata, a cui avrebbe fatto seguito, in data 19.05.2009, il parere favorevole della Soprintendenza.

Indi, il 12.06.2009 il Comune, preso atto del predetto parere, avrebbe quantificato la sanzione per l’abuso paesistico in 525,00 euro.

In seguito, i ricorrenti avrebbero avanzato, in data 2.11.2009, richiesta di permesso di costruire in sanatoria, sulla quale, tuttavia, l’amministrazione sarebbe rimasta silente.

Da ciò l’odierno gravame, presentato alla notifica il 2.03.2010 e depositato il successivo 24.03.2010, avverso il silenziorigetto come sopra maturato.

I motivi di ricorso fanno, essenzialmente, leva sulla violazione di legge e l’eccesso di potere sotto più profili, poiché il Comune avrebbe fondato il proprio diniego sull’erroneo presupposto che la piscina realizzata sul terreno di pertinenze della villa sarebbe incompatibile con la destinazione urbanistica dell’area.

Si è costituito il Comune di Griante, controdeducendo alle censure avversarie

Con motivi aggiunti, presentati alla notifica il 22 – 28.12.2010 e successivamente depositati, gli esponenti hanno esteso l’impugnazione, oltre che ai provvedimenti già gravati col ricorso introduttivo, chiedendone stavolta anche la sospensione in via incidentale, all’ordinanza di demolizione n.17/2010 cit., insistendo per il risarcimento dei danni, anche da ritardo.

Ha controdedotto il Comune di Griante con controricorso e contestuale memoria.

Alla Camera di Consiglio del 10.02.2011 il Collegio ha accolto la formulata domanda cautelare, limitatamente all’ordinanza di demolizione impugnata con i motivi aggiunti, fissando al contempo la data di trattazione del ricorso nel merito per l’udienza pubblica del 7 luglio 2011.

A tale data il Collegio, sentite le parti ai preliminari d’udienza, ha trattenuto la causa per la decisione.

Motivi della decisione

A) Iniziando dal ricorso introduttivo, il Collegio osserva quanto segue.

1) In via preliminare, deve essere rilevata l’irricevibilità, prima ancora della inammissibilità del ricorso, per la parte diretta a contrastare l’ordinanza di sospensione lavori, trattandosi di provvedimento datato 27.08.2008, notificato agli istanti tra il 29 agosto e il 2 settembre 2008, per cui l’odierna impugnazione, presentata alla notifica il 2.03.2010, risulta irrimediabilmente tardiva.

Ciò, senza considerare che l’impugnazione medesima tende a rilevare vizi propri dell’ordinanza, in un momento in cui la stessa aveva già esaurito i propri effetti, tenuto conto della scadenza dei 45 giorni di cui all’art. 27, co. 3° d.P.R. n. 380/2001, sicché non sussiste alcun interesse a sostegno dell’impugnazione.

2) Passando ad esaminare la residua parte del ricorso, va rilevato come, con un unico motivo, gli esponenti deducano la violazione di legge e l’eccesso di potere, poiché erroneamente il Comune avrebbe fondato il proprio diniego sul presupposto che nel terreno di pertinenze della villa non sarebbe realizzabile una piscina. Ciò, in quanto, benché l’art. 17 delle NTA del PRG, approvato con d.C.C. n.06 del 28.03.2003, preveda che in tale area: "non è consentita nessuna nuova edificazione", la tabella ad esse allegata e relativa ai "tipi edilizi, destinazioni d’uso e relativi parameri" ammetterebbe le destinazioni a "verde, sport e parcheggi". Per tale via, proseguono i ricorrenti, se la suddetta destinazione a verde è già stata ritenuta dal Comune compatibile con la realizzazione del laghetto artificiale, allo stesso modo, la destinazione a sport potrebbe giustificare la realizzazione della piscina, tanto più che l’art. 8 delle NTA per le zone di pregio ambientale "assolutamente inedificabili" conterrebbe degli espliciti riferimenti alle piscine non coperte.

Sul punto, il Comune ha, in primo luogo, ripercorso la vicenda fattuale che ha preceduto il diniego tacito qui gravato, evidenziando che, già in data 11.02.2006, il ricorrente T.M. avrebbe richiesto al Comune il rilascio del permesso di costruire per la realizzazione, sui mappali 1058 e 1042, di una piscina ad uso privato e, con nota prot. 1551 del 10.04.2006 (mai impugnata) lo stesso ente avrebbe archiviato la domanda, adducendo proprio l’esistenza del vincolo cimiteriale.

Prendendo atto di ciò, quindi, i ricorrenti avrebbero ripiegato su un laghetto artificiale, per il quale avrebbero presentato in data 02.01.2007 (cfr. doc. 5 e ss. e 6b allegati di parte resistente), la domanda di permesso di costruire, accompagnata dalla domanda di autorizzazione ambientale. Ad essa avrebbe fatto seguito, in data 3 agosto 2007, il rilascio del permesso e, in data 8 novembre 2007, la comunicazione di inizio lavori.

Sennonché, a seguito di apposito sopralluogo (cfr. all. 3b) da parte dell’autorità comunale, sarebbe emersa la realizzazione di un manufatto diverso da quello autorizzato, tale dovendosi considerare la piscina, rispetto al laghetto (all. 7).

Da ciò, l’ordine di sospensione dei lavori del 27.08.2008, cui avrebbe fatto seguito la domanda di permesso di costruire in sanatoria ex art. 36 d.P.R. n. 380/2001, del 02.11.2009, per la realizzazione di piscina pertinenziale ad abitazione privata, su cui il Comune non avrebbe provveduto, lasciando che si formasse, in data 1° gennaio 2010, alla scadenza dei 60 gg. normativamente previsti, la fattispecie del silenziorigetto qui gravata.

Nessuna rilevanza assumerebbe, per la civica difesa, al fine di tacciare di illegittimità l’operato dell’amministrazione, la circostanza – riferita dagli istanti – per cui sulla predetta piscina sarebbe stato conseguito il parere favorevole sotto il profilo paesaggistico da parte dapprima (il 19.5.2009) della Soprintendenza e, quindi, dello stesso Comune (che avrebbe certificato la compatibilità paesaggistica il 12.06.2009). Stando all’impostazione di parte resistente, infatti, sarebbe doveroso mantenere una rigida distinzione tra la valutazione di carattere paesaggistico dell’intervento de quo, e quella di tipo urbanistico.

Su tale ultimo aspetto, infatti, preme all’amministrazione sottolineare come, anche col nuovo PGT, approvato dal Consiglio Comunale il 14 settembre 2009, l’area de qua sarebbe stata classificata per la gran parte a fascia di rispetto cimiteriale (oltre la parte ad ambito di tessuto urbano consolidato TC6), e la piscina insisterebbe proprio sull’area soggetta al vincolo cimiteriale. Ciò, senza trascurare che l’intero territorio comunale sarebbe comunque vincolato, ai sensi della legge n.1497/1939.

Da tutto ciò discenderebbe, secondo la difesa comunale, l’ineluttabilità del rigetto qui avversato, cui avrebbe fatto seguito, in data 25.10.2010, l’ordinanza di demolizione e rimessione in pristino, attinta dai motivi aggiunti.

3) Da un attento esame della documentazione versata in atti dalle parti, con particolare riguardo alle tavole progettuali relative ai due interventi concernenti, da un lato, il laghetto artificiale, a suo tempo autorizzato dal Comune e, dall’altro, la piscina pertinenziale, oggetto della denegata domanda di sanatoria, il Collegio trae il convincimento della bontà dell’impostazione seguita dalla difesa comunale, a proposito dell’importanza rivestita nell’odierna vicenda dalla diversità funzionale delle opere de quibus.

Il punto nodale dell’odierno giudizio consiste, infatti, nello stabilire se e in quale misura la diversità funzionale tra il laghetto ornamentale e la piscina, sia destinata a ripercuotersi, incrementandone la consistenza, sulla diversità strutturale, pure esistente fra le due opere, giustificando il diverso trattamento ad esse riservato dal Comune, che in un caso (laghetto) ha assentito l’intervento, ritenendolo compatibile col vincolo di rispetto cimiteriale e nell’altro (la piscina) l’ha denegato.

Sempre su tale aspetto, il Collegio deve preliminarmente rilevare l’infondatezza della domanda istruttoria avanzata da parte ricorrente poiché, in disparte la sua genericità, essa si rivela comunque superflua, avendo l’amministrazione depositato in atti tutta la documentazione inerente la vicenda che qui occupa.

Nel merito, il Collegio non può che esprimere il proprio dissenso rispetto alla tesi ricorrente, secondo cui il vincolo cimiteriale non sarebbe di ostacolo alla piscina, dovendosi ricondurre tale intervento fra quelli ammessi ai sensi dell’art. 338, u. co. R.D. 2771934 n. 1265.

La norma da ultimo citata (recante "Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie"), infatti, prevede che:

" All’interno della zona di rispetto per gli edifici esistenti sono consentiti interventi di recupero ovvero interventi funzionali all’utilizzo dell’edificio stesso, tra cui l’ampliamento nella percentuale massima del 10 per cento e i cambi di destinazione d’uso, oltre a quelli previsti dalle lettere a), b), c) e d) del primo comma dell’articolo 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457 " (quindi: a) interventi di manutenzione ordinaria; b) interventi di manutenzione straordinaria; c) interventi di restauro e di risanamento conservativo; d) interventi di ristrutturazione edilizia).

Per ricondurre l’intervento in questione fra quelli anzi citati nel predetto art. 31, quindi, si dovrebbe escludere che si tratti di un intervento di "nuova costruzione", non menzionato nell’anzidetta norma.

Detto intervento, per quel che qui interessa, è definito dall’art. 3, co. 1 del d.P.R. n. 380/2001, nei seguenti termini:

"Ai fini del presente testo unico si intendono per:…

e) "interventi di nuova costruzione", quelli di trasformazione edilizia e urbanistica del territorio non rientranti nelle categorie definite alle lettere precedenti. Sono comunque da considerarsi tali:

e.6) gli interventi pertinenziali che le norme tecniche degli strumenti urbanistici, in relazione alla zonizzazione e al pregio ambientale e paesaggistico delle aree, qualifichino come interventi di nuova costruzione, ovvero che comportino la realizzazione di un volume superiore al 20% del volume dell’edificio principale;…".

Ne consegue che, laddove la disciplina urbanistica di zona vieti, come nel qui presente caso, qualunque edificazione all’interno della fascia di rispetto cimiteriale, non è possibile applicare la previsione dell’u.co. dell’art. 338 cit., essendosi comunque in presenza di un organismo che integra una "nuova costruzione", ai sensi dell’art. 3, co. 1, lett. e) cit..

Giova anche chiarire, al riguardo, come la giurisprudenza che si è occupata più da vicino dell’argomento, abbia escluso la configurabilità del vincolo pertinenziale tra l’abitazione (cosa principale) e la piscina (pertinenza) in caso di contrasto di quest’ultima con le prescrizioni urbanistiche di zona (cfr., ex pluribus, Cassazione penale, sez. III, 21 maggio 2009, n. 39067; Cassazione penale, sez. III, 11 giugno 2008, n. 37257).

Nel caso di specie, le prescrizioni di zona univocamente escludono la realizzazione di ogni intervento edilizio, anche di tipo pertinenziale, posto che la norma tecnica di attuazione (art. 17 cit. e in atti), espressamente vieta nella zona "F2" (di rispetto cimiteriale) qualunque nuova edificazione, mentre le allegate tabelle sui parametri edilizi, cui ha fatto riferimento l’esponente, a loro volta indicano come pari a "zero" tutti i parametri edilizi.

Né può assumere rilievo, al fine di annullare l’esplicita previsione del divieto di edificazione nella ridetta zona e, quindi, di escludere un contrasto della piscina con la cit. NTA, la previsione contenuta nelle Tabelle sui parametri, a proposito delle destinazioni ammesse nella zona "F2", ove si indicano le destinazioni: "sport, verde e parcheggi".

Si tratta, infatti, di un’indicazione che non può essere interpretata avulsa dal contesto di riferimento il quale, dal canto suo, è chiarissimo nell’azzerare tutti i parametri edilizi (come ad es. l’altezza massima, la superficie coperta, la densità fondiaria, la distanza minima dai confini, ecc.).

A ben vedere, poi, lo stesso confronto tra le prescrizioni valevoli per la zona "F2" cit. e quelle stabilite, ad esempio, per la zona "G" – parco naturale, rende evidente come, pur essendo in entrambi i casi esclusa ogni nuova edificazione, nondimeno soltanto la seconda zonizzazione tollera, fra le destinazione ammesse, accanto allo sport, anche quella turistica e di svago, precluse nella prima. Ciò rende evidente, quindi, la peculiarità del vincolo di inedificabilità derivante dalla fascia di rispetto cimiteriale rispetto ad analoghi vincoli, insita nella necessità di salvaguardare, tra l’altro, la tranquillità e il decoro dei luoghi di sepoltura (cd. pietas dei defunti. Cfr. ex multis, Consiglio di Stato, Sez. V^, 14 settembre 2010, n. 6671; T.A.R. Toscana, Firenze, Sez. III^, 12 luglio 2010, n. 2446; T.A.R. Napoli, Sez. VII, 21 aprile 2009, n.2088; T.A.R. Sicilia Catania, sez. I, 15 luglio 2003, n. 1141).

Il suesposto motivo risulta, pertanto, infondato.

4) Analogamente infondata risulta, poi, la domanda risarcitoria, per assoluto difetto dei relativi presupposti, primo fra tutti quello rappresentato dall’àgere illegittimo della p.a.

5) Per le considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato in parte irricevibile e per il resto respinto, in ogni sua domanda.

B) Passando ad esaminare i motivi aggiunti, il Collegio osserva quanto segue.

1) Con il primo motivo gli esponenti deducono la contraddittorietà tra l’accertamento della compatibilità paesaggistica dell’intervento e la scelta dell’amministrazione comunale di adottare le sanzioni edilizie demolitorie e ripristinatorie, non essendosi qui in presenza della creazione di superfici utili o di volumi e, quindi, di variazioni essenziali, come tali rilevanti ai sensi degli artt. 32 d.P.R. n. 380/2001 e 54 legge reg.n.12/2005.

Stando alle controdeduzioni del Comune, la regolamentazione degli interventi sensibili ai fini paesaggistici e quella degli interventi edilizi sarebbe affidata a normative differenti che perseguirebbero scopi differenti. Per tale ragione, sempre per la difesa civica, un’opera può essere ammissibile sotto l’aspetto paesistico ma non sotto quello urbanistico o viceversa.

Per il resto, la difesa resistente fa notare come, l’applicazione dell’art. 31 d.P.R. cit., sarebbe imposta dalla previsione dell’art. 32 co. III° (stante qui la presenza di un ambito vincolato), che deve ritenersi d’immediata applicazione, escludendo l’operatività della normativa regionale.

Infine, la medesima difesa sottolinea la diversità esistente fra il laghetto autorizzato e mai realizzato e la piscina abusivamente attuata, quest’ultima interamente in calcestruzzo (e non in terra), con pareti a orientamento verticale (anziché inclinate) e con bordo in mattonelle di cemento bianco sigillate e zona piastrellata all’intorno per circa 137 mq.

2) Il Collegio – richiamando quanto già esposto esaminando il ricorso introduttivo – non può che ribadire come, la riscontrata diversità, sia sotto il profilo strutturalecostruttivo che per quello funzionale, del laghetto ornamentale (autorizzato) rispetto alla piscina (abusiva), dia ampiamente conto delle ragioni sottese all’atto impugnato.

L’esame dei disegni (e delle relative domande) allegati in atti denota, infatti, tale diversità strutturale e, con essa, la inevitabile diversità funzionale, qual è quella che contrappone il fine ornamentale a quello ludico, rendendo l’opera realizzata, in virtù del combinato disposto degli artt. 31, comma 1, 3, comma 1, lett. e.6) d.P.R. cit., 338 R.d. n. 1265/1934 e 17 N.T.A. cit. "un organismo edilizio integralmente diverso…da quello oggetto del permesso", incompatibile con la fascia di rispetto cimiteriale ivi esistente e, quindi, contrastante con la disciplina urbanistica di zona.

Sul punto, giova accennare alla giurisprudenza, condivisa dalla Sezione, richiamata dalla difesa comunale nella replica depositata il 15 giugno 2011 (a cui ci si permette di rinviare per i necessari riferimenti), incline a considerare come interventi soggetti a permesso di costruire, non soltanto, quelli relativi a manufatti che si elevino al di sopra del suolo, ma, anche quelli in tutto o in parte interrati, ove gli stessi siano volti a trasformare in modo durevole l’area di pertinenza.

Fermo quanto sopra, così come stabilisce l’incipit dell’art. 32 d.P.R. n. 380/2001, il Collegio ritiene utile evidenziare come, nel caso in esame, si sia comunque in presenza di modifiche idonee ad integrare la nozione di "variazione essenziale" che, ai sensi della norma da ultimo citata, è in toto equiparabile a un intervento di nuova costruzione. Si tratta, infatti, di una variante al permesso di costruire che dà luogo a un mutamento delle caratteristiche di utilizzazione dell’opera, quali quelle intercorrenti tra una piscina e un laghetto ornamentale, riconducibile alla previsione di cui al comma 1) lett. d) dell’articolo da ultimo citato.

In tali evenienze, infatti, l’ultimo comma della citata disposizione è chiaro nell’imporre l’applicazione dell’art. 31 d.P.R. cit. ove si tratti di immobili sottoposti (come nel caso che qui occupa, in forza del d.M. 20.06.1968, agli atti) a vincolo paesistico, senza che possano trarsi argomenti in senso contrario dalla normativa regionale.

Per le suesposte considerazioni, quindi, il primo motivo aggiunto risulta infondato.

3) Con il secondo motivo, parte ricorrente contesta l’evidente sproporzione nell’indicazione dell’area di sedime da acquisire al patrimonio comunale, contenuta nell’ordinanza impugnata e coincidente con la superficie di 750 mq, poiché il laghetto sarebbe di soli 70 mq, con conseguente violazione dell’art. 31 d.P.R. cit.

Sul dimensionamento delle aree da acquisire, il Comune fa notare come la superficie dell’abuso non potrebbe coincidere soltanto con la superficie della piscina, ma sarebbe inclusiva di tutto quanto indicato nella domanda di sanatoria, comprese le aree abusivamente pavimentate, per una superficie totale di 227 mq. Da ciò deriverebbe, quindi, includendo anche le superfici che, in conformità del disposto normativo, risulterebbero necessarie all’uso del manufatto, la piena legittimità dell’indicazione di 750 mq contenuta nell’ordinanza di demolizione.

Analogamente infondata risulterebbe, sempre stando alla difesa comunale, la censura che fa leva sulla circostanza che l’acquisizione si estenderebbe alla Villa, poiché, come si desumerebbe dalle visure catastali allegate agli atti (dallo stesso Comune), la Villa insisterebbe solo sul mappale 1058 e non sui mappali 280 e 1042, interessati dall’ordinanza impugnata.

4) Preme al Collegio richiamare, su tale aspetto, l’orientamento della giurisprudenza, cui la Sezione aderisce, incline a ritenere che la misura dell’area da acquisire, contenuta nell’ordine di demolizione, deve reputarsi meramente indicativa, in quanto la corretta determinazione potrà avvenire soltanto dopo il rituale accertamento, da parte del Comune, dell’inottemperanza all’ingiunzione (allorché sarà avviato, nell’ambito del procedimento sanzionatorio di cui all’art. 31 cit., un subprocedimento specificamente finalizzato alla precisa individuazione delle aree da acquisire gratuitamente, ai sensi del comma 3 del cit. art. Sul punto, cfr., da ultimo, T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 26 gennaio 2010, n. 175, secondo cui:"L’indicazione, nel provvedimento di demolizione delle aree che saranno acquisite, ai sensi del comma 2 dell’art. 31, equivale ad una sorta di avvio del procedimento finalizzato all’acquisizione gratuita delle aree (cfr. sul punto TAR Veneto, sez. II, 10.6.2009, n. 1725), per cui l’eventuale riferimento erroneo alle aree da acquisire, contenuto nell’ordine di demolizione, appare irrilevante ai fini della legittimità di quest’ultimo (TAR Lombardia, Milano, sez. II, 20.2.2008, n. 377)").

Fermo quanto sopra, preme precisare come sia da condividere l’impostazione della parte resistente, laddove nega la sussistenza di un obbligo della p.a. di limitare l’entità della superficie da acquisire alla sola area di sedime della piscina, ove sia dimostrato che l’abuso concerne anche la bordatura e la piastrellatura circostante.

Anche sull’indicazione dei mappali interessati dall’acquisizione non si ravvisano errori da parte dell’amministrazione, atteso che, dalle schede catastali versate in atti, la Villa risulta occupare un mappale (il 1058) diverso da quelli indicati nell’ordinanza di demolizione.

Ne consegue l’infondatezza anche del secondo motivo.

5) Gli esponenti deducono, infine, l’invalidità derivata dell’ordinanza di demolizione, in quanto afflitta dagli stessi vizi già dedotti avverso il silenziorigetto nel ricorso introduttivo.

6) Al riguardo, il Collegio si può limitare a richiamare quanto già argomentato in occasione dello scrutinio del ricorso introduttivo, al fine di motivare l’infondatezza anche della dedotta illegittimità derivata.

7) L’infondatezza di tutte le censure sin qui esaminate dà conto dell’infondatezza dei motivi aggiunti in ogni loro domanda, compresa quella risarcitoria, priva dell’allegazione e dimostrazione dei relativi presupposti.

C) Quanto alle reciproche richieste di cancellazione di frasi offensive, il Collegio ritiene di poter respingere entrambe le domande, tenuto conto che, il senso delle espressioni usate, attiene all’oggetto della causa e non appare ispirato dal mero intento di offendere la parte avversaria (cfr. Consiglio di Stato 27/9/2004 n. 6291; T.A.R. Lombardia, ord. 19/05/2011 n. 837; sent.17/3/2008 n.556; T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 18 giugno 2007, n. 5534).

D) Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso e i motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li respinge in ogni loro domanda.

Condanna la parte ricorrente a rifondere al Comune resistente le spese di lite, che liquida in complessivi euro 3.000,00, oneri di legge inclusi.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *