Cass. civ. Sez. V, Sent., 26-03-2012, n. 4876

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La sentenza della CTR del Lazio 28.5.2007 n. 69 in totale riforma della decisione di prime cure ha rigettato la domanda di rimborso del contribuente Ca.Au. (successivamente deceduto ed al quale sono subentrati gli eredi R.G., C.A., C.E.), dirigente Enel in quiescenza ed iscritto a forma di previdenza integrativa aziendale in data anteriore alla entrata in vigore del D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124 (a seguito di conversione – in virtù di accordo aziendale stipulato in data 16.4.21986 con effetto 1.1.1986 tra Enel e FNDAI – del precedente rapporto assicurativo sulla vita in rapporto di natura previdenziale integrativo mediante istituzione, dapprima, di apposito Fondo denominato PIA e quindi del fondo pensione FONDENEL), avente ad oggetto la restituzione della eccedenza di imposta ritenuta alla fonte dal sostituto di imposta sulla somma-capitale anticipatamente liquidata al dipendente nell’anno 2000 a titolo di previdenza complementare, nella misura pari alla differenza tra la maggiore aliquota prevista per la tassazione separata dei "redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente" e la minore aliquota del 12,50% dovuta per la tassazione dei "redditi di capitale".

La CTR laziale rigettava la istanza di rimborso rilevando che l’accordo 16.4.1986 tra ENEL s.p.a. e FNDAI che prevedeva originariamente la stipula di una polizza vita a favore dei dipendenti era stato successivamente sostituito da forme di previdenza complementare (Fondo PIA e FONDENEL) che non operavano mediante stipula di contratti di assicurazione o di capitalizzazione, con la conseguenza che alla somma capitale erogata al dipendente nell’anno 2000 non doveva applicarsi il regime fiscale (aliquota del 12,50%) previsto dal D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 42, comma 4 ( T.U.I.R.) per i soli redditi di capitali derivanti da contratti di assicurazione o capitalizzazione, ma il diverso regime fiscale previsto per la erogazione di somme assimilabili ai redditi da lavoro dipendente.

Avverso la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione gli eredi del contribuente deducendo tre motivi corredati dei quesiti di diritto ex art. 366 bis c.p.c..

Ha resistito con controricorso la Agenzia delle Entrate.

I ricorrenti hanno illustrato le proprie difese con memoria ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

1. I Giudici di appello dopo aver precisato che dalle norme succedutesi in materia di previdenza complementare emergeva che, ai fini del trattamento fiscale applicabile alle somme capitali erogate agli iscritti a tali forme previdenziali in data anteriore alla entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993, occorreva distinguere secondo che il capitale fosse stato liquidato o meno in base a contratti di assicurazione sulla vita od a contratti di capitalizzazione (soltanto in quest’ultimo caso potendo trovare applicazione la più favorevole aliquota del 12,50%), rilevavano che, in seguito al recepimento del CCNL 16.5.1985, con delibera ENEL del 5.6.1985 era stata originariamente prevista a favore dei dipendenti la stipula di una polizza assicurativa sulla vita e sulla invalidità non dipendente da causa di servizio, ma che, con successivo accordo 16.4.1986 tra ENEL e Federmanager, era stata invece istituita una forma di previdenza integrativa aziendale (c.d. Fondo PIA), "in sostituzione" della predetta polizza vita prevista dall’art. 12, comma 4 del predetto CCNL in data 16.5.1985.

Le forme previdenziali complementari disciplinate dall’accordo aziendale del 1986 non erano ritenute dai Giudici riconducibili agli schemi negoziali del contratto di assicurazione sulla vita o del contratto di capitalizzazione in quanto: 1- l’art. 6 dell’accordo 1986 prevedeva espressamente la istituzione di una forma previdenziale integrativa in alternativa (e dunque di diversa natura rispetto) a quella di tipo "assicurativo" prevista dal CCNL del 1985;

2- difettava nell’ENEL la legittimazione negoziale alla stipula di contratti assicurativi non essendo impresa abilitata ai sensi del D.P.R. 13 febbraio 1959, n. 449; 3- i contributi versati periodicamente dal dipendente venivano ad incrementarsi nel tempo in quanto correlati percentualmente al trattamento retributivo, elemento questo da ritenersi incompatibile con la disciplina dell’assicurazione sulla vita in cui invece i premi corrisposti periodicamente avevano importo equivalente o decrescente; 4- la durata del rapporto previdenziale integrativo, correlata esclusivamente alla cessazione dalla attività lavorativa, contrastava con la disciplina del contratto di assicurazione sulla vita (che prevedeva una durata minima di 5 anni e massima di 25 anni) e con quello di capitalizzazione (essendo la prestazione da corrispondere al momento della quiescenza già predefinita ab origine, senza alcun riferimento ai rendimenti finanziari derivanti dalla gestione dei contributi versati).

2. I ricorrenti hanno dedotto i seguenti motivi:

1) violazione e falsa applicazione del D.L. n. 669 del 1996, art. 1, comma 5, conv. in L. n. 30 del 1997; art. 1, comma 1 e art. 42, comma 4 cit. T.U.I.R.; L. n. 482 del 1985, art. 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), (i ricorrenti ritengono, con argomento "a contrario", che dalla specifica esclusione dai redditi di capitale ex art. 424 T.U.I.R. delle somme in forma di capitale erogate ai sensi del D.Lgs. n. 124 del 1993 -esclusione disposta dalla L. n. 335 del 1995-, doveva dedursi che a tali somme era attribuita evidentemente natura di redditi di capitale anche se non erogate in dipendenza di contratti di assicurazione o capitalizzazione);

2) violazione e falsa applicazione dell’art. 41, comma 1, lett. g- quinquies, art. 47, comma 1, lett. h-bis, art. 16, comma 1, lett. a- bis, art. 17 e art. 42, comma 4 cit. T.U.I.R. – ante e post riforma del D.Lgs. n. 47 del 2000-; L. n. 482 del 1985, art. 6; D.Lgs. n. 124 del 1993, art. 18; D.L. n. 669 del 1996, art. 15, conv. in L. n. 30 del 1997, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), (secondo la tesi sostenuta dai ricorrenti le prestazioni previdenziali complementari erogate in forma di capitale ai dipendenti iscritti a tali forme in data anteriore alla entrata del D.Lgs. n. 124 del 1993, non sarebbero assimilabili ai redditi di lavoro dipendente e soggette a tassazione separata lino all’1.1.2001, come si argomenterebbe dalla innovativa previsione delle prestazioni erogate in forma di capitale contenuta nell’art. 16 lett. a-bis cit. T.U.I.R., originariamente non considerate nell’art. 16, lett. a cit. T.U.I.R.: il D.Lgs. n. 124 del 1993, art. 18, si riferisce alle prestazioni di previdenza complementare indipendentemente dalle modalità in cui vengono erogate, senza distinzioni in ordine alla derivazione o meno da un titolo assicurativo; la applicazione del 12,50% sui capitali di previdenza integrativa erogati a favore degli iscritti anteriormente alla entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993 trova fondamento nel D.L. n. 669 del 1996, art. 1, comma 5);

3) violazione e falsa applicazione degli art. 1882, 1886, 1919 c.c.;

della Tabella allegata al D.Lgs. n. 174 del 1995; del D.Lgs. n. 124 del 1993, art. 6, comma 1 e art. 18, comma 1, e succ. mod.; dell’art. 42, comma 4 cit. T.U.I.R.; della L. n. 482 del 1985, art. 6; del D.L. n. 69 del 1996, art. 1, comma 5, conv. in L. n. 30 del 1997, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), (i ricorrenti censurano la sentenza della CTR laddove, da un lato, non ha ritenuto ravvisabili i caratteri del contratto assicurativo nell’accordo aziendale 16.4.1986, e dall’altro ha ritenuto indispensabile la stipula di un contratto di assicurazione o di capitalizzazione, quando invece era da ritenersi sufficiente ai fini della applicazione del regime fiscale dei redditi di capitale, la osservanza di modalità di gestione di tipo tecnico-finanziario).

3. I motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente attesa la intima connessione logica, ruotando la tesi sostenuta dai ricorrenti sull’unico tema controverso della assimilabilità o meno della prestazione previdenziale integrativa -corrisposta in forma di capitale- ai redditi di capitale derivanti da contratti di assicurazione sulla vita o di capitalizzazione e sulla conseguente prova del contratto assicurativo o di capitalizzazione.

4. Preliminarmente occorre rilevare come, diversamente da quanto ipotizzato dai ricorrenti nella memoria illustrativa, non possa ritenersi sottratta al "thema controversum" la questione relativa all’accertamento della natura giuridica della prestazione patrimoniale erogata al dirigente. E’ appena il caso di osservare in proposito come l’intero impianto difensivo della Amministrazione finanziaria (come è dato evincere dalla lettura della sentenza impugnata) è fondato proprio sulla negazione (per difetto di prova) della qualificazione dell’importo -corrisposto in un’unica soluzione in forma di capitale- come "rendimento" finanziario derivante da contratto di assicurazione o di capitalizzazione. Tanto è sufficiente ad escludere che dalla condotta processuale tenuta nei gradi di merito dalla Agenzia delle Entrate possa desumersi la non contestazione del contenuto della certificazione in data 23.1.2006 con la quale ENEL s.p.a. ha quantificato e definito "rendimenti" le somme corrisposte quale capitale al dirigente. Come emerge, infatti,dalla lettura della stessa sentenza di appello la questione della "natura delle somme corrisposte" al dipendente Enel era stata specificamente sollevata dalla Amministrazione finanziaria proprio in riferimento alla valutazione del contenuto delle clausole dell’accordo aziendale stipulato in data 16.4.1986 tra ENEL s.p.a. e FNDAI, ed alle modalità di gestione degli accantonamenti da parte del Fondo PIA e di FONDENEL evidenziando come le somme accantonate fossero state restituite senza dare apparentemente alcun rendimento, non risultando dimostrati impieghi redditizi dei contributi versati al fondo previdenziale.

Ne segue che oggetto della controversia è proprio la prova della natura reddituale o finanziaria del capitale erogato al dipendente, rimanendo pertanto destituita di fondamento la eccezione di non contestazione del contenuto del predetto documento contabile formulata dai ricorrenti.

5. La questione in diritto sottoposta alla Corte concerne il regime fiscale applicabile alle somme erogate in un’unica soluzione ai soggetti iscritti a forme di previdenza complementare in data anteriore al 28.4.1993 (entrata in vigore del D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, recante "disciplina delle forme pensionistiche complementari, a norma della L. 23 ottobre 1992, n. 421, art. 3, comma 1, lett. V") e costituite, in parte da capitale riveniente dai contributi versati, e per il residuo dai rendimenti netti realizzati attraverso la gestione della sorte capitale.

Tale questione ha trovato recente soluzione nei la sentenza della Corte a SS.UU. in data 22.6.2011 n. 13642 che dopo aver rilevato:

– che l’assimilazione delle somme corrisposte in forma di capitale a titolo di previdenza integrativa sono state assimilate fiscalmente ai redditi di lavoro dal D.Lgs. n. 124 del 1993, art. 13, comma 9, introdotto dalla L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 11, ma soltanto con riferimento alle prestazioni erogate a favore di soggetti iscritti in epoca successiva all’entrata in vigore del decreto;

– che per gli iscritti alle forme di previdenza complementare in data anteriore al 28.4.1993 (e fino alla data dell’1.1.2001 a decorrere dalla quale, a norma del D.Lgs. 18 febbraio 2000, n. 47, art. 3, non è più consentito distinguere, ai fini della applicazione della imposta, tra capitale e rendimento), come i dirigenti Enel iscritti al Fondo di previdenza complementare (c.d. Fondo PIA) a capitalizzazione di versamenti ed a causa previdenziale, occorreva, invece, distinguere nell’importo percepito dal dipendente la quota corrispondente agli accantonamenti versati dal lavoratore e dal datore di lavoro e la quota corrispondente al "rendimento netto imputabile alla gestione sul mercato da parte del Fondo del capitale accantonato", la prima assoggettata al regime di tassazione separata di cui all’art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17 cit. T.U.I.R., e la seconda, invece, soggetta alla ritenuta del 12,50% prevista dalla L. 26 settembre 1985, n. 482, art. 6;

ha enunciato il seguente principio di diritto, al quale il Collegio intende uniformarsi: "in tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate informa di capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, ad un fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, la prestazione è assoggettata al regime di tassazione separata di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 16, comma 1, lett. a), e art. 17, solo per quanto riguarda la "sorte capitale", corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del c.d. rendimento (dovendosi intendere per tale "il rendimento netto imputabile alla gestione sul mercato da parte del Fondo dei capitale accantonato": paragr. 6.1. della motivazione) si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dalla L. 26 settembre 1985, n. 482, art. 6; b) per gli importi maturati a decorrere dall’1 gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17".

Orbene venendo all’esame del caso di specie, rileva il Collegio che la pronuncia della CTR laziale non appare conforme all’indicato principio di diritto, in quanto, pur avendo tenuto presente la predetta distinzione tra "quota-capitale previdenziale", avente causa nel rapporto di lavoro, e "quota-rendimenti finanziari", avente causa nella gestione di investimento delle somme accantonate, ed avendo ritenuto applicabile esclusivamente a quest’ultima l’aliquota del 12,50% prevista per i redditi di capitale dalla L. n. 482 del 1985, art. 6, ha poi fatta erronea applicazione del art. 42, comma 4 cit.

T.U.I.R. e D.Lgs. n. 124 del 1993, art. 18, comma 1, ritenendo ravvisabili "rendimenti" esclusivamente in presenza di contratti di assicurazione o di capitalizzazione, da un lato, omettendo di tenere conto che, a sensi del D.Lgs. n. 124 del 1993, art. 6, comma 1, i fondi pensione amministrano il proprio patrimonio anche mediante stipula di contratti di gestione con società di investimento mobiliare o con società di gestione di fondi comuni di investimento mobiliare (delle quali possono anche sottoscrivere od acquisire quote i partecipazione: in caso di società gestori di fondi comuni c.d. chiusi), non potendo escludersi a priori -come invece sostenuto dai Giudici di appello- forme di investimento degli accantonamenti diverse da quelle riconducibili a uno schema negoziale di tipo assicurativo; dall’altro omettendo di considerare la deroga temporanea dall’obbligo di stipula di specifiche convenzioni con i soggetti autorizzati -imprese assicurative, SIM società gestione di fondi comuni-disposta dal D.Lgs. n. 124 del 1993, art. 18, commi 1 e 2, a favore delle forme di previdenza integrativa istituite anteriormente alla entrata in vigore della L. 27 dicembre 1997, n. 449 ("alle forme pensionistiche complementari che risultano istituite"), anche in questo caso non essendo possibile escludere a priori, come sostenuto invece dalla CTR laziale, che i fondi pensione in questione abbiano impiegato i contributi accantonati operando sul mercato degli investimenti finanziari al di fuori di contratti assicurativi o di capitalizzazione.

Il vizio di legittimità (error in indicando) che inficia la sentenza di appello trova immediato riscontro nella mancata specificazione delle risultanze istruttorie in concreto esaminate e ritenute determinanti dai Giudici di merito per ricondurre l’intera somma- capitale corrisposta al dipendente alla "quota-capitale previdenziale assoggettata a tassazione separata ex art. 16, lett. a) cit.

T.U.I.R., non emergendo dalla sentenza, in particolare, se e da quali atti istitutivi o statutari, da quali delibere disciplinanti l’attività dei fondi PIA e FONDENEL ovvero da quali concreti atti gestionali del patrimonio, la CTR laziale abbia tratto la conclusione secondo cui le somme erogate al dipendente non possano qualificarsi, in tutto od in parte, "rendimenti" derivanti da gestione finanziaria.

In conseguenza il ricorso proposto dagli eredi del contribuente deve essere accolto e la sentenza impugnata cassata con rinvio al Giudice di appello in diversa composizione affinchè, attenendosi al principio di diritto enunciato dalla pronuncia delle SS.UU. n. 13642/2011 che ha dato uniforme interpretazione alla complessa e farraginosa disciplina normativa succedutasi nel tempo, provveda ad emendare il vizio di legittimità riscontrato.

P.Q.M.

La Corte:

– accoglie il ricorso proposto dagli eredi del contribuente e per l’effetto cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Commissione tributaria della regione Lazio affinchè, attenendosi al principio di diritto enunciato dalla sentenza delle SS.UU. n. 13642/2011, provveda ad emendare il vizio riscontrato nonchè a liquidare le spese del presente giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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