Cons. Stato Sez. III, Sent., 15-11-2011, n. 6038

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- L’appello può essere deciso, sussistendone i presupposti, con sentenza in forma semplificata, ai sensi degli articoli 60 e 74 del c.p.a., nella Camera di Consiglio fissata per l’esame della domanda cautelare.

2.- Il sig. A. T., cittadino albanese, aveva impugnato davanti al TAR per il Piemonte il provvedimento con il quale il Questore della Provincia di Alessandria, in data 29 novembre 2010, aveva respinto la sua istanza volta ad ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato.

Il Questore di Alessandria ha rigettato l’istanza del sig. A. T. a causa del giudizio di pericolosità sociale formulato nei suoi confronti e della sussistenza a suo carico di una sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Alessandria per reati inerenti le sostanze stupefacenti che, ai sensi dell’art. 4 del d. lgs. n. 286 del 1998, non consente il rilascio del permesso di soggiorno in favore dello straniero "che risulti condannato, anche a seguito dell’applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’art. 444 del c.p.p. … per reati inerenti gli stupefacenti…".

3.- Il TAR per il Piemonte, con la sentenza della Sezione II n. 150 dell’11 febbraio 2011, ha respinto il ricorso avendo ritenuto che il provvedimento impugnato "reca una motivazione (valenza ostativa della condanna in materia di stupefacenti) sufficiente a sorreggere la decisione assunta nei confronti dello straniero, atteso che, per consolidato orientamento giurisprudenziale … la sussistenza di una sentenza di condanna, anche non definitiva, compresa quella adottata a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per reati inerenti gli stupefacenti, è in grado, ai sensi degli artt. 5, comma 5, e 4, comma 3, del d lgs. n. 286/1998, di sorreggere il diniego del rilascio del titolo di soggiorno, rappresentando un effetto di natura amministrativa che la legge fa derivare dal fatto storico consistente nell’aver riportato una condanna per determinati reati, quale indice presuntivo di pericolosità sociale o, quanto meno, di riprovevolezza (e di non meritevolezza ai fini della permanenza in Italia) del comportamento tenuto dallo straniero nel nostro Paese".

Con la conseguenza che non possono assumere rilievo "eventuali (e, allo stato, non documentate) irregolarità nella notificazione del provvedimento impugnato", né eventuali violazioni delle norme sul procedimento.

Mentre "gli eventuali elementi sopravvenuti (favorevoli allo straniero) sono soggetti al discrezionale apprezzamento dell’Autorità e in nessun caso possono far automaticamente recedere l’interesse pubblico sotteso e tutelato dalla previsione legislativa rispetto a quello individuale, volto alla concessione del titolo di soggiorno".

In nessun caso, ha concluso il giudice di primo grado, "l’illegittimità del provvedimento avversato (riguardante un caso di diniego di rinnovo di permesso di soggiorno per lavoro subordinato) può derivare dall’asserita violazione delle norme dettate per il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, titolo completamente diverso da quello per cui è stata avanzata istanza di rinnovo".

4.- Il sig. A. T. ha ora appellato l’indicata sentenza ritenendola erronea sotto diversi profili.

Ma il ricorso in appello non può essere accolto.

Il TAR ha ritenuto che, in presenza dell’intervenuta condanna per un reato inerente gli stupefacenti, non residua alcuna sfera di discrezionalità in capo all’Amministrazione la quale, con atto dovuto e vincolato, è tenuta a determinarsi in senso negativo sulla domanda di rilascio o di rinnovo del permesso di soggiorno (Consiglio di Stato, sez. VI, n. 980 del 16 febbraio 2011; n. 9068 del 16 dicembre 2010).

Ciò in base al combinato disposto degli artt. 4, comma 3, e 5, comma 5, del d. lgs. n. 286 del 1998, nel testo risultante a seguito delle modifiche apportate dalla legge n. 189 del 2002, da cui emergerebbe che la condanna per uno dei reati ivi specificati, tra i quali quelli inerenti gli stupefacenti, comporta la non concedibilità del rilascio e del rinnovo del permesso di soggiorno.

Osserva il Collegio che nel caso in esame, anche prescindendo dalla suindicata questione relativa al carattere radicalmente preclusivo di alcuni reati (che, peraltro, può conoscere attenuazioni in base alle norme attualmente vigenti in materia), le surricordate vicende che hanno riguardato l’odierno ricorrente appaiono idonee ad escludere la possibilità di rilascio del permesso di soggiorno, stante la palese gravità dei reati addebitabili al medesimo.

5.- Né si può giungere a diversa conclusione dando rilievo alla lunga permanenza in Italia dell’appellante, tenuto conto che il comma 5 dell’art. 5 del d. lgs, n. 286 del 1998 consente di dare rilievo (anche) alla durata della permanenza nella diversa fattispecie del rilascio di un permesso di soggiorno per il ricongiungimento familiare.

6.- Non può poi ritenersi applicabile alla fattispecie, come affermato anche dal giudice di primo grado, la disciplina prevista dall’art. 9 del d. lgs. n. 286 del 1998 (come modificato dall’art. 1 del d. lgs. n. 3 del 2007) per il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, trattandosi di un titolo completamente diverso da quello per cui è stata avanzata istanza di rinnovo che può essere rilasciato sulla base dei diversi presupposti indicati nella citata disposizione.

7.- Per tutti gli esposti motivi il ricorso deve essere respinto e la sentenza di primo grado deve essere confermata.

Le spese del grado di appello possono essere compensate fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Dispone la compensazione fra le parti delle spese del grado di appello.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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