Cons. Stato Sez. IV, Sent., 15-11-2011, n. 6016 Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Gli odierni appellati, residenti nel Comune di Cassano D’Adda, impugnavano innanzi al Tar per la Lombardia gli atti relativi ad un Programma Integrato di Intervento (PII) presentato dalla Immobiliare G. s.r.l e interessante un "area industriale dismessa denominata ex Harry", divenuta di proprietà della suindicata Immobiliare G., per la realizzazione di un complesso di edifici a destinazione per la gran parte residenziale e per altra parte terziaria/commerciale.

In particolare, con il ricorso introduttivo della controversia venivano impugnati i seguenti atti:

le deliberazioni consiliari 8/10/2007 n.47 e 17 dicembre 2008 n.69 aventi ad oggetto, rispettivamente, l’adozione e l’approvazione del Programma integrato di intervento(P.I.I.) suindicato in variante al PRG vigente e al piano di zonizzazione acustica;

il documento di sintesi del procedimento di esclusione VAS del luglio 2008, il decreto di esclusione del PII dalla procedura di VAS in data 25/9/2008 (prot. n. 21544) e la deliberazione della Giunta Comunale 4/6/2008 n.131;

la convenzione urbanistica per l’attuazione del programma d’intervento tra Comune e Immobiliare G..

Nei confronti di tali atti i ricorrenti deducevano con dodici motivi di gravame svariate censure, tra cui il vizio di carattere procedurale costituito dalla mancata astensione di un Consigliere comunale in ragione del legame di parentela con uno dei progettisti e, nel merito, la insufficienza delle infrastrutture e degli standard previsti dal realizzando insediamento immobiliare.

Con motivi aggiunti poi venivano gravati i seguenti altri atti:

la delibera del Consiglio comunale di Cassano D’Adda n.43 dell’1/7/2009 avente ad oggetto: " variante al programma integrato di intervento Area ex Harry"

la delibera del Consiglio comunale n.57 del 28 /9/2009 recante l’approvazione definitiva della variante al PII;

la bozza di "convenzione urbanistica in "variante.

Con tale rimedio giurisdizionale venivano contestati vari vizi, tra cui quelli di illegittimità derivata, di illogicità dell’incremento di dotazioni a parcheggio e di mancato rispetto dei termini di pubblicazione della delibera di adozione del PII.

L’adito Tar con sentenza n.90/11, dopo aver respinto l’eccezione della difesa della parte resistente di inammissibilità per carenza di legittimazione e/o interesse all’impugnativa, accoglieva il proposto gravame in relazione alla rilevata fondatezza del decimo motivo del ricorso principale costituito dalla dedotta violazione dell’art.78 del TUEL di cui al d. lgs. n.267/2000.

In particolare, il primo giudice censurava la non avvenuta osservanza dell’obbligo di astensione da parte degli amministratori locali prevista dalla norma sopra indicata con riferimento alla rilevata incompatibilità di un consigliere comunale, insorta in ragione del legame di parentela con uno dei progettisti, lì dove un siffatto vizio, atteso il suo carattere assorbente, doveva determinare la illegittimità delle delibere di adozione e approvazione del P.I.I.

Quanto poi alla variante del P.I.I. impugnata con i motivi aggiunti, anche questa veniva annullata per essere la medesima travolta dall’effetto caducante della accertata illegittimità degli atti presupposti.

Avverso tale sentenza, ritenuta ingiusta ed errata, è insorta la Immobiliare G. che ha affidato all’appello le seguenti censure:

carenza di legittimazione e/o carenza di interesse dei ricorrenti già denunciata in primo grado, erroneamente non accolta dall’appellata sentenza. Omessa pronuncia di improcedibilità del ricorso. Violazione del principio dispositivo e ultrapetizione;

Violazione art.78 del d. lgv. n. 267/2000. Difetto di motivazione su un punto decisivo della controversia. Carenza sopravvenuta di interesse ed erroneo disconoscimento della stessa. Violazione art.21 nonies. secondo comma, della legge n.241/90. Erronea applicazione dei principi in tema di trasmissione dell’antigiuridicità e in tema di illegittimità caducante.

Si sono costituiti in giudizio gli intimati ricorrenti di primo grado meglio specificati in epigrafe che hanno in via preliminare chiesto l’estromissione della produzione documentale prodotta da G. Immobiliare in appello, e nel merito hanno poi contestato la fondatezza dei motivi d’impugnazione.

I medesimi in sede di memoria difensiva hanno riproposto i motivi dichiarati assorbiti dal giudice di primo grado, come illustrati e rubricati alle lettere A (a1- a12) – B (b1-b3), formulando altresì istanza istruttoria affinchè il Collegio giudicante disponga ai sensi dell’art.63 c.p.a. l’effettuazione di una verificazione o una consulenza tecnica.

Il Comune di Cassano D’adda, soccombente nel giudizio di primo grado, ha a sua volta proposto avverso la sentenza 90/011 appello incidentale sollevando, in via pregiudiziale, l’eccezione di carenza di legittimazione dei ricorrenti e rilevando, quanto al merito, la non sussistenza del conflitto di interesse del consigliere comunale come censurata dal giudice di prime cure.

Le parti in causa hanno altresì avuto cura di produrre ad ulteriore illustrazione delle tesi giuridiche rispettivamente sostenute approfondite memorie difensive.

All’udienza pubblica del 25 ottobre 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

Preliminarmente il Collegio prende atto di quanto rappresentato dalla difesa del Comune di Cassano D’Adda in ordine alla volontà espressa da detto Ente di rinunciare al proposto appello incidentale

Ciò precisato, si pone in via pregiudiziale rispetto alla soluzione delle questioni di diritto sostanziale sottese al thema decidendum portato alla cognizione della Sezione, la disamina delle questione della inammissibilità del ricorso di primo grado sollevata in prime cure come eccezione preliminare dall’attuale appellante e qui riproposta come primo motivo d’impugnazione.

Su detta questione si sono peraltro insistentemente soffermate le parti sia nei loro scritti che nelle difese orali e sulla stessa occorre dunque procedere a un rigoroso scrutinio.

Ritiene il Collegio che l’eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo della controversia de qua sia fondata e il relativo motivo d’appello debba essere accolto, con riforma di quanto deciso in primo grado.

E" acquisizione pacifica che la legittimazione ad agendum può essere riconosciuta solo allorchè venga comprovata la sussistenza di una posizione legittimante rappresentata, in particolare da un interesse peculiare e qualificato su cui fondare il titolo di legittimazione a domandare ed (eventualmente) ottenere dal giudice adito una pronuncia costitutiva.

Questo Consiglio di Stato ha avuto modo più volte di occuparsi della problematica dell’ammissibilità del gravame giurisdizionale sotto il profilo della legittimazione e tanto con specifico riguardo alla impugnativa dei titoli all’edificazione proposta da soggetti che abitano in area vicina a quella deputata ad ospitare l’intervento edilizio, sicchè dai vari precedenti giurisprudenziali possono ben evincersi gli elementi di giudizio risolutivi della quaestio all’esame.

Sul punto il Collegio ritiene di dover qui ribadire, in adesione peraltro ad un preciso orientamento giurisprudenziale (ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, 22 dicembre 2007 n.6613; idem, 24 dicembre 2007 n.6619; Sez. VI, 12 marzo 2002 n.1452) quanto qui di seguito acutamente e approfonditamente osservato e statuito da questa Sezione con una sua recente decisione, la n.8364 del 30/11/2010.

In base ai principi generali in materia di condizioni dell’azione, desumibili dall’art.24.,comma 1, della Costituzione (" tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi" e dall’art.100 c.p.c ("per proporre una domanda o per resistere alla stessa occorre avere un interesse"), l’azione di annullamento è sottoposta a due fondamentali condizioni:

a) l’interesse processuale che presuppone, nella prospettazione della parte, una lesione dell’interesse sostanziale dedotto in giudizio (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 3 settembre 2009 n.51921);

b) la legittimatio ad causam, costituita dall’essere titolare di un rapporto controverso in relazione all’esercizio del potere pubblico, in virtù del quale viene conferito al soggetto interessato alla contestazione giudiziale una posizione qualificata che lo distingue dal quisque de populo (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 7 novembre 2005 n. 6200).

In mancanza dell’uno o dell’altro requisito, l’azione è inammissibile, dovendo, in particolare, nel sistema giurisdizionale amministrativo ai fini dell’ammissibilità del ricorso esservi piena corrispondenza tra titolo (o possibilità giuridica dell’azione) ed interesse sostanziale ad agire.

Precisati i parametri giurisprudenziali cui far riferimento per delibare in ordine ad una eccezione di inammissibilità sotto i profili suindicati, nel caso de quo, come infra meglio si vedrà, è eccepita dall’appellante principale (ma anche dall’appellante incidentale) la carenza in capo agli attuali appellati cittadini di una posizione differenziata qualificabile in termini astratti come titolo legittimante all’azione unitamente al difetto dell’interesse sostanziale ad agire.

Quanto alla prima delle predette circostanze, va rilevato che gli odierni appellati (ricorrenti di primo grado) sono un gruppo di cittadini proprietari (e abitanti) di fabbricati siti in area vicina a quella (di proprietà della Immobiliare G.) destinata ad ospitare l’insediamento immobiliare di cui al contestato P.I.I., essendo pacifico al riguardo che le loro proprietà si trovano in siti posti al di fuori del perimetro dell’area interessata al suddetto Piano Integrato.

Viene quindi in rilevo un primo aspetto della questione, quello della vicinitas.

La Sezione ha sì presente l’orientamento giurisprudenziale che ha riconosciuto il criterio della vicinitas idoneo a legittimare l’impugnazione di singoli titoli edilizi (cfr. Cons. Stato, Sez.I V, 4 maggio 2010 n.2565), ma tale arresto deve ritenersi recessivo allorchè, come nella fattispecie, oggetto di contestazione giudiziale è la disciplina urbanistica (contenuta in uno strumento attuativo) di aree estranee a quelle di proprietà degli originari ricorrenti.

In questo caso il criterio della vicinitas in esame non è sufficiente a fornire le condizioni dell’azione, dal momento che non esaurisce gli ulteriori profili di interesse all’impugnazione (in tal senso, Cons. Stato, Sez. IV, 29 dicembre 2010 n.9537).

Soccorre, invero, in tali evenienze il principio per cui per proporre impugnativa è necessario che la nuova destinazione urbanistica che concerne un’area non appartenente al ricorrente incida direttamente sul godimento o sul valore di mercato dell’area viciniore o comunque su interessi propri e specifici del medesimo esponente (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 14 giugno 2007 n.3191, idem 24 dicembre 2007 n.6619; Sez. V 16 aprile 2003 n.1948), dovendo di tanto l’interessato fornire se non una rigorosa dimostrazione, almeno idonei principi di prova

Del pari, in relazione al carattere personale dell’azione, per ciò che attiene ai profili dell’attualità e concretezza, occorre verificare se dall’impugnato Piano Integrato di intervento discende una lesione effettiva e un danno certo alla sfera giuridica del ricorrente (Cfr. Cons Stato, Sez. IV, 22 giugno 2006 n.3947; Sez. VI 6 marzo 2002 n.1371).

Ebbene nessuna delle predette circostanze richieste quali condiciones iuris per l’ammissibilità del ricorso risulta nella specie sussistente.

I ricorrenti di prime cure lamentano, in concreto, una sorta di alterazione del preesistente assetto urbanistico- edilizio che intendono conservare, il che, a loro dire, comporterebbe un peggioramento della vivibilità della zona, avuto particolare riguardo al fatto che il programma di intervento sarebbe contrassegnato da una carenza di standard urbanistici,in specie parcheggi.

Ora, in primo luogo non è minimamente dimostrato un eventuale deprezzamento delle proprietà dei ricorrenti (situate, come detto, al di fuori delle aree del PII), sicchè allo specifico riguardo non è rinvenibile una lesione effettiva e documentata delle facoltà dominicali dei medesimi (cfr. Cons Stato, Sez. IV, 29 dicembre 2010 n.9537, già citata).

Al contrario, trattandosi di un intervento di bonifica e di riqualificazione di un’area industriale dismessa, il valore degli immobili delle aree circostanti deve ritenersi aumentato e giammai diminuito in ragione della bonifica di un sito degradato (cfr. Sez. IV, n..6619/07, già citata).

Al riguardo va pure rilevato di non essere nella specie provato che sull’area oggetto del progettato intervento vengono a realizzarsi immobili a destinazione commerciale o imprenditoriali suscettibili di per sé di creare nocumento ai vicini e/o compromettere il diritto alla salute o all’ambiente (in tal senso, Cons. Stato, Sez. IV, 14 giugno 2007 n.3191; idem, 16 aprile 2003 n.1948); e se così è, non è dato intravvedere, per gli aspetti sopra esposti, la sussistenza di un vulnus idoneo a legittimare l’azione di annullamento contro lo strumento urbanistico attuativo di cui è causa.

Quanto agli altri profili di pregiudizio lamentati, quelli attinenti ad una pretesa insufficienza delle infrastrutture e di altri standars urbanistici, in particolari, parcheggi, al di là del fatto che parte appellante indica circostanze e dati che sul punto smentiscono la fondatezza delle contestazioni operate dai vicini residenti, va osservato che tali rilievi, oltre a non essere adegutamente documentati, attengono, per il loro ontologico contenuto, al merito del giudizio, non già alla sussistenza dei presupposti legittimanti la proposta azione di annullamento

In ogni caso, sotto le denunciate vesti dei pregiudizi lamentati, in realtà gli originari ricorrenti, oggi attuali appellati, "certant de lucro captando" e non "de damno evitando" e non v’è dubbio che l’assenza per loro di benefici derivanti dal progettato insediamento immobiliare non può assurgere alla dignità di lesione concreta ed effettiva della loro sfera giuridica, questa sì imprescindibile condizione, unitamente alle altre, per legittimare l’instaurazione della contestazione giudiziale.

Tornando alle statuizioni del Tar, il primo giudice nella pur pregevole analisi della questione pregiudiziale di che trattasi, si è reso conto sia della non sufficiente valenza del criterio della vicinitas, sia della materiale insussistenza del pregiudizio sostanziale fatto valere dai ricorrenti; nondimeno, ha ritenuto ammissibile il ricorso rinvenendo in capo ai proponenti un interesse meramente strumentale alla rinnovazione ab origine dell’intero procedimento amministrativo in relazione all’asserito carattere assorbente della dedotta doglianza di violazione dell’art.78 del T.U. di riforma degli enti locali, di cui al d.lgs. n.267/2000. Ora una siffatta argomentazione si appalesa fallace perché affetta da un chiaro errore d’impostazione, quello, appunto di aver ritenuto che la denunciata censura di incompatibilità del consigliere comunale in ragione del legame con uno dei progettisti potesse, ove, beninteso, fondata, essere tale da inficiare l’intera istruttoria del Piano Integrato di intervento.

Invero, il vizio de quo attiene sì all’iter procedurale, ma va ad incidere negativamente unicamente su una specifica, ben determinata, fase (anche sotto il profilo temporale) del procedimento, quella costituita (sempreché, beninteso, il vizio stesso dovesse essere ritenuto sussistente) dai momenti di adozione e approvazione del PII di cui ai relativi atti deliberativi.

Insomma, l’ invalidità che tale vizio produrrebbe non va ad intaccare l’intero iter procedimentale iniziato con la presentazione della proposta di programma integrato di intervento del 9 maggio 2008 e proseguito con l’ulteriore attività istruttoria e quindi, per tale ragione, neppure sussiste un interesse strumentale "a far ricominciare tutto daccapo".

Non è configurabile l’ipotesi derogatoria di ammissibilità dell’azione di annullamento come proposta in prime cure dagli attuali appellati, dovendosi qui, conseguentemente concludere per l’insussistenza dei presupposti indispensabili per considerare, secondo le regulae juris dettate dalla più attenta giurisprudenza ammissibile il ricorso giurisdizionale di primo grado.

In forza delle suestese considerazioni il primo motivo di appello si appalesa fondato e stante il carattere assorbente oltreché pregiudiziale del detto mezzo d’impugnazione, l’appello proposto dalla Immobiliare G. va accolto, con conseguente dichiarazione di inammissibilità del ricorso di primo grado.

Le spese e competenze del doppio grado del giudizio vanno poste a carico della parte soccombente e liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, così dispone:

accoglie l’appello proposto da Immobiliare G. s.r.l. e per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, dichiara inammissibile il ricorso di prime cure proposto da N. R. e dagli altri appellati in epigrafe indicati.

dà atto della rinuncia del Comune di Cassano D’Adda all’appello incidentale.

Condanna gli appellati N. R. ed altri, in solido fra loro, al pagamento in favore dell’appellante Immobiliare G. S.r.l. delle spese e competenze del doppio grado del giudizio che si liquidano complessivamente in euro 5.000,00 (cinquemila) oltre IVA e CPA.

Compensa le spese e competenze del giudizio nei confronti del Comune di Cassano D’Adda.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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