Cass. civ. Sez. II, Sent., 26-03-2012, n. 4848 Riduzione di donazioni e di disposizioni testamentarie

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con citazione del 1 ottobre 1997 T.G. conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Locri, i propri germani A., L. e T.R.e, premesso che il (OMISSIS) era deceduto il proprio genitore, T.S., lasciando quali suoi eredi i sette figli ancora viventi ( G., Li., An., T., Lu., C., Re.) e gli eredi dei figli premorti, M. ( a., An., S., F., M.T. e L.M.) e F. ( Ma., S.D., M.C. e Tr.Si.);

che il de cuius, prima di morire, aveva disposto di tutti i suoi beni in favore dei figli Lu., A. e Re., non lasciando nulla agli altri figli;

che la vendita effettuata dal defunto, con atto per notar Caiazzo del 1.12.1988, in favore dei figli predetti, dissimulava una donazione ed era lesiva della quota di legittima di esso attore;

tanto premesso, chiedeva che fosse accertata la simulazione dell’atto di vendita in questione; che fossero inclusi nell’asse ereditario di T.S. tutti i beni mobili ed immobili oggetto della dissimulata donazione e che fosse attribuito ad esso istante la porzione di beni cui aveva diritto quale legittimario.

I convenuti si costituivano negando che l’attore fosse stato leso nei suoi diritti di legittimario, essendo stato beneficiato, nel 1974, unitamente ai propri fratelli An., C., F. e C.R., della cessione di un’autoscuola di cui il padre era titolare.

Integrato il contraddittorio nei confronti degli eredi pretermessi ed espletata la prova per interrogatorio formale e testi, con sentenza 12.5.2005, il Tribunale rigettava la domanda dell’attore per difetto di prova sulla simulazione e lo condannava al pagamento delle spese di lite in favore delle sorelle A. e Tr.Lu..

Avverso tale sentenza il soccombente proponeva appello cui resistevano le germane A. e Tr.Lu.. Con sentenza, depositata in data 8.10.2009, la Corte di Appello di Reggio Calabria, in riforma della sentenza impugnata, dichiarava la nullità, per simulazione; della compravendita 1.12.1988, stipulata da S. T. con i propri figli Lu., A. e R. T., dichiarando che tale atto dissimulava una donazione;

rigettava la domanda di riduzione proposta da T.G. e lo condannava al pagamento, in favore di Lu. e A. T., della metà delle spese del doppio grado del giudizio, con compensazione tra le parti costituite della restante metà.

Osservava la Corte di merito che le germane Lu. e T. A. non avevano provato di aver corrisposto al padre il prezzo indicato nell’atto di vendita del 1.12.1988 sicchè doveva ritenersi, in considerazione dello stretto legame di parentela e del rapporto di stabile convivenza del padre con le figlie stesse,che si trattasse di una vendita fittizia, dissimulante una donazione. Per la cassazione di tale decisione propone ricorso T.G. con tre motivi illustrati da memoria. A seguito del decesso di T.G., successivamente alla proposizione del presente ricorso, si sono costituiti gli eredi, T.S., T.F., e B.A..

Resistono con controricorso T.A. e T.L. avanzando, a loro volta, ricorso incidentale in ordine alla pronuncia di simulazione dell’atto di vendita, sulla base di tre motivi. Il ricorrente deduce:

1) violazione e/o falsa applicazione degli artt. 536, 553, 555, 556 e 559 c.c. nonchè assenza, insufficienza, contraddittorietà di motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5;

contrariamente a quanto ritenuto nella sentenza impugnata, non era provato che T.S. avesse "donato" ai figli l’autoscuola e che, pertanto, il ricorrente avesse ricevuto la sua quota di legittima, posto che le parti ed i testimoni avevano fatto riferimento alla "cessione" della scuola guida da parte del de cuius, senza specificare se fosse avvenuta a titolo di donazione; una volta accolta la domanda di simulazione dell’atto di compravendita, l’onere della prova che l’attore avesse già ricevuto la sua quota di legittima incombeva sui convenuti nè tale assunto, esposto nella comparsa di risposta di primo grado, richiedeva la "contestazione" immediata dell’attore, non essendo applicabile nella specie, ratione temporis, la normativa di cui alla L. n. 69 del 2009; i giudici di appello non avevano, peraltro, considerato che l’attore aveva prodotto in giudizio il certificato delle iscrizioni e trascrizioni in favore e contro il de cuius, documento che avrebbe consentito di accogliere la domanda di riduzione;

2)violazione e/o falsa applicazione dell’art. 782 c.c., nonchè assenza e contraddittorietà di motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5;

la cessione fatta del de cuius non integrava una donazione, per difetto della forma prevista dall’art. 782 c.c. e doveva, quindi, ritenersi nulla e priva di efficacia ai fini del giudizio;

3) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c.; omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, laddove i giudici di appello avevano ritenuto che fosse onere dell’attore provare gli atti di disposizione compiuti in vita dal de cuius, non considerando che T.G., con l’atto introduttivo del giudizio, aveva dedotto la simulazione solo della compravendita del 1.12.1988 sicchè sarebbe stato onere delle controparti, ove avessero avuto notizia di altre donazioni e vendite, fornire la prova relativa. Con il ricorso incidentale le controricorrenti lamentano:

a) insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio;

il giudice di appello aveva ritenuta provata la simulazione dell’atto di vendita in questione sulla base di elementi indiziari, non tenendo conto che An. e T.L., in sede d’interrogatorio formale, avevano confermato di aver economicamente aiutato le sorelle A. e Tr.Lu. a pagare il prezzo della compravendita e che i testimoni, contrariamente all’assunto dell’attore, avevano dichiarato che Lu. e T.R. svolgevano attività lavorativa;

b) contraddittoria ed omessa motivazione su fatti controversi e decisivi per il giudizio, non avendo la sentenza impugnata considerato: i cattivi rapporti di T.G. con le sorelle A. e Lu. e con il fratello, come emerso dalla testimonianza resa, all’udienza del 10.4.03, da B.A.;

il lungo lasso di tempo (quasi 10 anni) decorso tra la morte di T.S. e la promozione del giudizio da parte di T. G.;

il fatto che il de cuius avesse scelto liberamente di disporre del proprio patrimonio in vita;

il comportamento contraddittorio e pretestuoso di T.G. in relazione alla cessione della scuola guida di cui aveva negato l’esistenza; peraltro la moglie ed il figlio del T. stesso nulla avevano saputo riferire sulla asserita simulazione dell’atto di vendita dell’immobile il cui valore dichiarato era stato confermato dell’Ufficio del Registro; dall’interrogatorio formale reso da Tr.An. e L. emergeva, comunque, che R., Lu. ed T.A. avevano corrisposto il prezzo della compravendita;

c) violazione e falsa applicazione degli artt. 1417, 2697, 2727, 2729 c.c.; il principio di diritto richiamato dalla Corte di merito era errato, dovendo essere inteso nel senso che "colui che invoca la simulazione del contratto deve, ai sensi dell’art. 2697 c.c., offrire la prova del carattere simulato del negozio e solo dopo l’adempimento di tale onere, anche sulla base di elementi presuntivi,il compratore sarebbe tenuto a provare, anche in via indiziaria,il pagamento del prezzo; nella specie l’attore non aveva fornito detti elementi indiziari, avendoli il giudice di appello desunti autonomamente dai fatti di causa (età del de cuius, convivenza con le figlie acquirenti).

Il ricorso principale è infondato.

Il primo motivo attiene alla valutazione probatoria sul carattere simulato dell’atto di cessione della scuola guida, a fronte di una motivazione al riguardo della sentenza impugnata esente da vizi logico-giuridici, come tale non sindacabile in sede di legittimità.

Il giudizio sulla sussistenza della simulazione costituisce, infatti, il risultato di un apprezzamento di fatto che, essendo riservato al giudice di merito, è insindacabile in cassazione ove sia sorretto da sufficiente e logica motivazione, come avvenuto nella specie, laddove la Corte territoriale ha evidenziato, fra l’altro, oltre agli elementi indiziari sintomatici della simulazione della cessione posta in essere dal de cuius, la prova documentale che sul conto corrente di T.S. non era mai "transitata" la somma che lo stesso avrebbe dovuto ricevere dai figli a titolo di prezzo.

Il rigetto dell’azione di riduzione risulta pure congruamente motivato con riferimento al mancato assolvimento dell’onere probatorio, gravante sull’attore, sul valore della massa ereditaria, presupposto necessario per l’accertamento della lamentata lesione della quota legittima.

La censura sub 3) è, quindi, infondata e contrastante con la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il legittimario che propone razione di riduzione ha l’onere di indicare entro quali limiti è stata lesa la sua quota di riserva, determinando con esattezza il valore della massa ereditaria nonchè il valore della quota di legittima che sarebbe stata violata (Cass. n. 14473/2011; n. 13310/2002).

In ordine alla doglianza sub 2)è sufficiente osservare che correttamente il giudice di appello, avendo ravvisato la simulazione relativa della cessione dell’autoscuola in quanto dissimulante una donazione, ha ritenuto "nulla per simulazione la compravendita dedotta in lite" dichiarando, in accoglimento della domanda del T., che l’atto per notar Caiazzo del 1.12.1988 celava in realtà una vera e propria donazione (pag. 15 sent, imp.). Del tutto genericamente il ricorrente prospetta poi il difetto dei requisiti di cui all’art. 782 c.c. in ordine all’atto di cessione in questione che, comunque, sarebbe stato stipulato con atto pubblico.

Il ricorso incidentale è pure infondato.

Le doglianze delle controricorrenti investono, infatti, la valutazione di fatto della Corte di merito in ordine ai carattere simulato dell’atto dispositivo 1.12.88, posto in essere dal de cuius;

come già rilevato la motivazione sul punto non merita censura alcuna neppure sotto il profilo dedotto nel ricorso incidentale, avendo la sentenza impugnata dato conto,con adeguata motivazione, che le germane Lu. e T.A. "non hanno provato di aver corrisposto al loro anziano padre, con loro convivente, il prezzo indicato nell’atto per notar Caiazzo del 1 dicembre 1988, quale corrispettivo della vendita degli immobili che ne costituiscono l’oggetto"; trattasi di motivazione conforme alla giurisprudenza di questa Corte secondo cui possono trarsi elementi di valutazione circa il carattere fittizio del contratto dalla circostanza che il compratore, su cui grava l’onere di provare il pagamento del prezzo, non abbia fornito la relativa dimostrazione (Cass. 15346/2010).

Alla stregua delle considerazioni svolte vanno rigettati sia il ricorso principale che quello incidentale. Stante la reciproca soccombenza delle parti vanno integralmente compensate fra le stesse le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta i ricorsi.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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