Cons. Stato Sez. IV, Sent., 15-11-2011, n. 6014 Ricorso giurisdizionale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con l’appello in esame, il Ministero della Difesa impugna la sentenza 13 gennaio 2010 n. 183, con la quale il TAR per il Lazio, sez. I-bis, ha accolto il ricorso proposto dal maresciallo aiutante dei Carabinieri G. S. contro la determinazione 26 febbraio 2008 n. 266/12-2007, con la quale il Comandante Interregionale ha respinto il ricorso gerarchico proposto dal medesimo S. avverso una precedente determinazione irrogativa della sanzione di due giorni di consegna di rigore.

Tale sanzione (irrogata con determinazione 6 novembre 2007 del Comandante della Regione Carabinieri Lazio), era dovuta, in primo luogo, al fatto di avere egli, quale delegato della Rappresentanza Militare della Regione Carabinieri Lazio – sottoscritto, unitamente ad altri due delegati CO.BA.R, un atto di intimazione e diffida non discusso in assemblea, contenente accuse poi dimostratesi infondate, e di averlo trasmesso omettendo di seguire la via gerarchica.

In secondo luogo, a ciò si è aggiunto un ulteriore addebito, per avere egli prodotto una memoria difensiva sottoscritta da un avvocato, così facendo intervenire nell’ambito del rapporto gerarchico un soggetto terzo.

La sentenza appellata – precisato che "la sanzione irrogata al ricorrente si basa sull’avvenuto riscontro della rilevanza disciplinare di due diverse condotte" – afferma:

– quanto all’addebito relativo all’avere fatto intervenire un soggetto terzo (avvocato), risulta "pienamente integrata la fattispecie di rilevanza militare sanzionata, per avere il ricorrente fatto intervenire nel procedimento disciplinare un soggetto estraneo al rapporto gerarchico, il quale ha redatto in qualità di legale una memoria difensiva in nome e per conto del ricorrente". Ciò è dimostrato, in punto di fatto, dall’avere il ricorrente inoltrato al Comandante della Regione Carabinieri Lazio "un atto contenente memorie difensive, redatto su carta intestata di un legale il quale ha dichiarato espressamente di agire "in nome e per conto" del ricorrente e degli altri due soggetti destinatari di contestazione di analogo addebito disciplinare, qualificati come assistiti, sottoscrivendo tale atto nella qualifica di avvocato, cui seguono le sottoscrizioni degli assistiti". Né risulta applicabile al caso di specie l’art. 16 d. lgs. n. 449/1992, poiché esso concerne i diversi procedimenti disciplinari svolti dinanzi al Consiglio centrale o regionale di disciplina del Corpo di Polizia Penitenziaria;

– il Comandante della Regione Carabinieri Lazio, quale "Comandante di Corpo", è competente alla irrogazione della sanzione della consegna di rigore, sentita una commissione consultiva, nel caso di specie legittimamente nominata e composta;

– non costituisce illegittimità invalidante il provvedimento impugnato la partecipazione alla seduta del Capo Ufficio personale Carabinieri Regione Lazio, poiché tale partecipazione non risulta vietata e "si giustifica in ragione della sua qualità di responsabile dell’unità organizzativa, competente a sovrintendere alla trattazione anche delle pratiche disciplinari";

– se "deve darsi atto che, in ragione della perentorietà del termine per la conclusione del procedimento disciplinare, risultava preclusa la possibilità di rinviarne la trattazione per attendere l’esito dei quesiti", avanzati dal ricorrente ed inerenti a questioni finalizzate alla tutela delle proprie ragioni, nondimeno "di tale circostanza e del rilievo da attribuirsi a tale mancato riscontro istruttorio… il gravato provvedimento avrebbe dovuto dare compiutamente atto".

Avverso tale decisione, vengono proposti i seguenti motivi di appello:

a) eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erroneità dei presupposti sui quali si sono basate le motivazioni della sentenza; difetto di istruttoria; poiché, alla luce degli atti fondanti il procedimento disciplinare (v. pagg. 3-5 appello), risultano infondate le "presunte irregolarità nella convocazione da parte del CO.I.R Podgora di alcuni rappresentanti del CO.BA.R. Lazio, che sarebbero stati indicati nominativamente per riunioni fuori Regione, senza interloquire con il relativo Consiglio di appartenenza", di modo che tale procedura "avrebbe comportato convocazioni arbitrarie e conseguenti oneri di missione corrisposti discrezionalmente e non secondo le disposizioni vigenti";

b) violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex artt. 99 e 112 c.p.c.; poiché il giudice di I grado "ha esteso il proprio giudizio addentrandosi in valutazioni che, oltre a non trovare diretto riscontro nel petitum del ricorrente, sono basate su una probabile (rectius, ipotetica) incidenza che, in particolare, il quesito riguardante il succitato art. 30 del RIRM avrebbe potuto avere sul piano disciplinare".

Il Maresciallo aiutante G. S. ha richiesto il rigetto dell’appello del Ministereo della Difesa (controdeducendo ai motivi di appello: v. pagg. 19 – 23) ed ha proposto appello incidentale, con i seguenti motivi di ricorso:

a1) error in iudicando, in quanto vi è stata sanzione "per una condotta di denigrazione e di diffamazione che non era stata però oggetto di iniziale contestazione, in sede di avvio del procedimento disciplinare";

b1) error in iudicando, in quanto, con riferimento all’addebito dell’avere fatto intervenire un soggetto terzo nel provvedimento, "il delegato incolpato si è fatto semplicemente coadiuvare nella stesura di una memoria difensiva, da lui stesso sottoscritta"; né l’avere previsto l’assistenza di un militare (in sede disciplinare) "esclude che il militare possa farsi assistere anche da un giusperito di sua fiducia";

c1) error in iudicando, in quanto, ai sensi dell’art. 66 del Regolamento di disciplina militare e dell’art. 15 l. n. 382/1978, soggetti ulteriori, rispetto ai tre componenti della Commissione (nel caso di specie, il Capo Ufficio Personale della Regione Carabinieri Lazio) non possono prendere parte ai lavori della medesima.

Vengono, inoltre, riproposti i motivi dichiarati assorbiti, e cioè:

d1) con riferimento all’addebito dell’avere fatto partecipare un soggetto terzo al procedimento, lo stesso è stato contestato senza che all’atto fosse allegata una lettera, nel medesimo atto citata come allegata, senza che vi fosse alcuna indicazione dei termini a difesa e della facoltà di produrre memorie; inoltre, l’atto è stato notificato allorché mancavano meno dei 60 giorni previsti dal D.M. n. 603/1993 alla riunione della Commissione di disciplina;

e1) illegittimità del procedimento disciplinare "per non avere l’amministrazione consentito all’incolpato di disporre dei documenti amministrativi utili alla propria difesa";

f1) illegittimità del procedimento disciplinare, essendo state negate tutte le audizioni di testimoni richieste, con conseguente limitazione del diritto di difesa;

g1) illegittimità del provvedimento sanzionatorio, poiché "dal verbale della Commissione non emerge che siano stati valutati gli elementi indicati nelle memorie difensive presentate, ma si fa genericamente menzione di avere preso atto delle giustificazioni".

Alludienza di trattazione, la causa è stata riservata in decisione.

Motivi della decisione

L’appello del Ministero della Difesa è infondato e deve essere, pertanto, respinto.

Quanto al primo motivo di appello, il Collegio osserva che la sentenza appellata dispone l’annullamento degli atti impugnati, poiché, essendosi rilevato come non sia stato dato riscontro a taluni quesiti formulati dall’incolpato, "l’omessa esternazione dell’incidenza che sul rilievo disciplinare della condotta posta in essere dal ricorrente avrebbe potuto rivestire l’esito del quesito inerente le modalità di convocazione degli OO.RR, costituisce elemento inficiante il gravato provvedimento".

Aggiunge la sentenza che tale omessa acquisizione non si è "neanche tradotta in una congrua valutazione della sua eventuale incidenza ai fini della commisurazione della sanzione in relazione alla rilevanza disciplinare della condotta contestata".

In sostanza, il I giudice ha rilevato un difetto di motivazione dei provvedimenti impugnati, laddove gli stessi, a fronte della rilevata (e ritenuta legittima) necessità di concludere il procedimento disciplinare nei termini (e quindi di non potere attendere l’esito dei quesiti), non hanno tuttavia congruamente motivato in ordine al rilievo di tale mancata acquisizione, sia ai fini della formulazione del giudizio di colpevolezza, sia ai fini della quantificazione in concreto della sanzione.

A fronte di ciò, non appare fondato il primo motivo di appello, con il quale, per un verso, si contesta altro passaggio della decisione (laddove la medesima afferma che "è invece indecifrabile il rilievo che la rilevata incompletezza degli elementi di giudizio è stato attribuito dall’Autorità procedente… etc.: pagg. 20 – 21 sent.); per altro verso, si afferma, con riferimento ad atti posti a base della contestazione, la loro piena sufficienza a fondare i provvedimenti impugnati, senza tuttavia articolare specifiche doglianze avverso il ritenuto difetto di motivazione.

Anche il secondo motivo di appello è infondato, poiché, dato atto di quanto evidenziato dal I giudice (che precisa come "le censure ricorsuali (sono) sollevate dal ricorrente in forma discorsiva e non epigrafate in specifici vizi": pag. 5 sent.), è desumibile dal testo complessivo del ricorso il vizio di difetto di istruttoria e, in particolare, di motivazione che colpisce gli impugnati provvedimenti, derivante dall’omessa acquisizione delle risposte ai quesiti proposti.

D’altra parte, pur essendo auspicabile nel giudizio impugnatorio una redazione dei motivi di ricorso che rendano plasticamente conto dei vizi di legittimità che inficerebbero (nella prospettazione del ricorrente) il provvedimento impugnato e, quindi, determinerebbero l’accoglimento della domanda di annullamento, in difetto di ciò grava sul giudice – a tutela del diritto alla tutela giurisdizionale ex art. 24 Cost. – l’onere di verificare, dal complesso dell’atto introduttivo del giudizio, l’emersione (ove possibile) di detti vizi di legittimità.

Per le ragioni sin qui esposte, l’appello del Ministero della Difesa deve essere rigettato.

Quanto all’appello incidentale proposto dal S., occorre, innanzi tutto osservare, al fine di meglio precisare gli esiti della impugnata sentenza, che questa, nel disporre l’annullamento del provvedimento di irrogazione della sanzione disciplinare e del provvedimento di rigetto del ricorso gerarchico proposto avverso il medesimo, ha espressamente sottolineato come siano "fatti salvi gli ulteriori provvedimenti che l’amministrazione vorrà adottare anche con riferimento al rinnovato esercizio del potere disciplinare, nei previsti termini, emendandolo dai rilevati vizi e con salvezza dei segmenti procedimentali non riscontrati affetti da profili di illegittimità".

Anche alla luce di tale precisazione, il disposto rigetto dell’appello principale rende inammissibile il proposto appello incidentale per difetto di interesse, con la sola eccezione del motivo sub b1) dell’esposizione in fatto.

Infatti, mentre gli altri motivi prospettati (siano essi rivolti avverso la sentenza appellata, siano essi riproposizione di motivi dichiarati assorbiti dal I giudice), risultano in tutta evidenza non più sorretti da interesse ad agire, vuoi per l’intervenuto rigetto dell’appello principale, vuoi per la futura ripetizione del procedimento disciplinare, il motivo evidenziato attiene specificamente al "segmento procedimentale" ed all’addebito ritenuti legittimi dal I giudice.

Tuttavia, il motivo è infondato e deve essere, pertanto, respinto.

Con lo stesso, ed in riferimento all’addebito dell’avere fatto intervenire un soggetto terzo nel procedimento, l’appellante incidentale ha lamentato un "error in iudicando" della sentenza appellata, poiché "il delegato incolpato si è fatto semplicemente coadiuvare nella stesura di una memoria difensiva, da lui stesso sottoscritta"; né l’avere previsto l’assistenza di un militare (in sede disciplinare) "esclude che il militare possa farsi assistere anche da un giusperito di sua fiducia";

Orbene, il ricorrente non nega affatto il dato storico dell’intervento di un terzo estraneo nel procedimento disciplinare, in presenza di precise disposizioni che ciò escludono, limitandosi meramente a dare una diversa "lettura" di tale intervento. Tuttavia, tale lettura dei fatti non può escludere la realtà storica di quanto avvenuto e la sua incompatibilità con le disposizioni regolanti il procedimento disciplinare in oggetto, la cui applicabilità al caso di specie non risulta contestata.

Per le ragioni esposte, l’appello incidentale deve essere in parte dichiarato inammissibile per difetto di interesse, in parte rigettato perché infondato, nei sensi innanzi precisati.

Stante la natura della controversia e l’esito del presente giudizio, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese, diritti ed onorari del medesimo giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello proposto dal Ministero della Difesa (n. 2407/2010 r.g.):

a) rigetta l’appello e, per l’effetto, conferma la sentenza appellata;

b) in parte dichiara inammissibile, in parte rigetta l’appello incidentale proposto;

c) compensa tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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