Cass. civ. Sez. II, Sent., 26-03-2012, n. 4840 Azioni a difesa della proprietà rivendicazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con citazione del 27.9.2000 C.M.C. e L., comproprietari del terreno alla particella 359/a del Comune di Corrido, convenivano davanti al Tribunale di Como, sezione di Menaggio A.G., nuda proprietaria e D.F.I. ed A.E., usufruttuari, del confinante terreno particella 360/a esponendo che i convenuti avevano occupato la loro proprietà, realizzando un filare di viti ed un cordolo in cemento con rete metallica ed arbitrariamente frazionato nel 1986 il terreno di essi attori ricavandone il mappale 4026 sul quale erano state realizzate dette opere, donandolo con atto 21.5.1987 alla figlia A. G., effettuato un nuovo allacciamento di fognatura, posata illecitamente sul loro terreno.

Chiedevano il ripristino dell’esatto confine, il rilascio del terreno occupato, l’arretramento dei filari di viti, la rimozione del cordolo con recinzione, dei tubi della fognatura, danni e spese.

A.G. e D.F.I. eccepivano l’insussistenza della doglianza e riconvenzionalmente chiedevano la cancellazione di frasi e l’accertamento dell’acquisto per usucapione delle particelle 4020, 4022, 4023, 4026, 4027, 4028, 360/a oltre ai danni.

Successivamente si costituiva A.E..

Con sentenza 16.10.2005 il Giudice accoglieva nei limiti di cui in motivazione le domande determinando il confine secondo la linea tratteggiata indicata nella planimetria allegato D2 della ctu depositata il 31.3.2005, condannava i convenuti ad arretrare il confine ed alla restituzione della porzione di terreno determinata in ctu, alla demolizione delle opere specificate, rigettando la domanda di danni, dichiarando inammissibili le riconvenzionali di A. E. e rigettando quelle degli altri convenuti, oltre spese di lite.

I soccombenti proponevano appello, rigettato con sentenza della corte di appello di Milano n. 3020/09, sul presupposto che gli attori avevano dimostrato la proprietà del mappale 359/a per atti del 1998 e del 1975 mentre i mappali 4026 e 4027, oggetto di contestazione, erano stati ricavati dalla superficie del primo per frazionamento effettuato unilateralmente dagli A. con atto notorio per asserito possesso ultraventennale.

Il ctu aveva dichiarato di non poter identificare con certezza la linea di confine tra i mappali 359/a e 360/a avvalendosi delle sole mappe, perchè la striscia di terreno in contestazione era circa cm 50 ma aveva concluso che, con riferimento a tutti gli atti aventi ad oggetto le particelle per cui è causa ed a tutti gli elementi valutati, l’esatta posizione del confine originario del mappale 359/a si trova a ridosso del fabbricato A..

Nè gli A. avevano provato il possesso ultraventennale per l’insufficienza della prova espletata, statuizione non espressamente censurata.

Ricorrono gli A. e D.F. con due motivi, resistono le controparti.

Tutti hanno presentato memorie.

Motivi della decisione

Col primo motivo si lamentano violazione degli artt. 948, 950, 1140, 2697 c.c., e vizi di motivazione criticando la sentenza per avere riportato le conclusioni del ctu e dato adesione alle stesse ma i riportati passi della sentenza non rendono suffragio alla doglianza, evidenziandosi che la decisione criticata ha affermato l’inesistenza dell’onere probatorio proprio dell’azione di rivendica, la prova desunta dagli atti richiamati del 1998 e del 1975, la logicità delle conclusioni del ctu.

Tra l’altro non si svolge rituale censura ex art. 1362 c.c., e si omette di considerare che l’opera dell’interprete, mirando a determinare una realtà storica ed obiettiva espressa nel contratto, è tipico accertamento in fatto istituzionalmente riservato al giudice del merito, censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei canoni legali d’ermeneutica contrattuale, oltre che per vizi di motivazione nell’applicazione di essi.

Col secondo motivo si denunziano violazione dell’art. 1158 c.c., e segg., delle norme in materia anche probatoria e vizi di motivazione per avere i giudici di appello negato il possesso sulla falsariga di quello di primo grado e, ricordando il principio del libero convincimento del giudice, si critica il travisamento dell’atto di notorietà 13.12.1986, incomprensibilmente declassato ad atto unilaterale, nonostante le dichiarazioni di quattro testimoni.

Ma la doglianza omette di considerare che la Corte di appello ha dedotto che la prova espletata era stata ritenuta insufficiente dal tribunale, statuizione non censurata in appello se non col dolersi della mancata considerazione di altri elementi probatori. In definitiva le censure, oltre che genericamente prospettate come violazioni di legge e vizi di motivazione, in contrasto con la necessaria specificità dei motivi, richiedono una nuova lettura ed un riesame del merito non consentito in questa sede, donde il rigetto del ricorso e la condanna alle spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alle spese, liquidate in Euro 2200, di cui Euro 2000 per onorari, oltre accessori. Roma 14 febbraio 2012.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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