Cons. Stato Sez. VI, Sent., 15-11-2011, n. 6028

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

1. La S.r.l. M., con il ricorso n. 1096 del 2008, proposto al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione staccata di Latina, ha chiesto l’annullamento:

– della nota, prot. n. 38329 del 26 settembre 2008, del Dirigente dell’ufficio gestione demanio turistico del Comune di Gaeta, con la quale è stata respinta l’istanza di ampliamento di metri 60 della concessione demaniale marittima in Gaeta, località Argonauta, in titolarità della ricorrente (a seguito di subingresso alla CI.PA. S.r.l.);

– della delibera della Giunta regionale del Lazio, n. 1161, del 30 luglio 2001, nella parte in cui, al paragrafo 2, punto 2.c, dispone che sino alla intervenuta pubblicazione dell’Accordo di programma relativo al P.U.A. non possono essere autorizzate variazioni in ampliamento di concessioni demaniali marittime.

In particolare il Comune ha ritenuto che, in applicazione della delibera della Giunta regionale del Lazio n. 1161 del 30 luglio 2001, non fosse possibile accogliere l’istanza, stante la mancata approvazione del P.U.A. (piano di utilizzazione degli arenili), dovendosi applicare il paragrafo 2 punto 2.c della delibera che vieta, sino alla pubblicazione "dell’accordo di programma relativo al P.U.A.", l’autorizzazione di "variazioni dell’ampiezza delle concessioni".

2. Il TAR, con la sentenza n. 399 del 2009, ha respinto il ricorso compensando tra le parti le spese del giudizio.

3. Con l’appello in epigrafe è chiesto l’annullamento della sentenza di primo grado.

4. All’udienza del 18 ottobre 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.

Motivi della decisione

1. Con la sentenza gravata il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione staccata di Latina (Sezione prima), ha respinto il ricorso con cui la S.r.l. M. ha impugnato il provvedimento del Comune di Gaeta di rigetto dell’istanza della ricorrente di ampliamento della concessione di arenile in sua titolarità, nonché la delibera della Regione Lazio nella parte in cui ha previsto il presupposto posto a motivazione del provvedimento (cioè la necessità della previa approvazione del piano di utilizzazione degli arenili, per il rilascio di ulteriori concessioni demaniali).

Nella sentenza, respinte le eccezioni di inammissibilità del ricorso sollevate dal Comune resistente, si afferma, in sintesi, che:

– la subordinazione del rilascio di titoli concessori all’adozione del piano di utilizzazione delle aree demaniali, prevista dalla delibera G.R. n. 1161 del 2001, non è illegittima, dovendosi svolgere l’attività di gestione delle aree nell’ambito di un contesto preventivamente definito e programmato;

– né ciò comporta la paralisi sine die dell’attività gestionale, con lesione degli interessi degli operatori del settore, poiché la Regione, ai sensi dell’articolo 6, comma 3, del decreto legge 5 ottobre 1993, n. 400 (convertito con modificazioni dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494), ha l’obbligo giuridico di adottare il p.u.a., potendo perciò gli operatori attivare il procedimento del silenzio-rifiuto;

– al contrario di quanto previsto per le ulteriori fattispecie cui è riferita la giurisprudenza richiamata dalla ricorrente, non caratterizzate dalla sussistenza per l’ente competente dell’obbligo di provvedere all’atto di programmazione.

3. Nell’appello si censura la sentenza di primo grado, in quanto:

– l’articolo 6 del decreto legge n. 400 del 1993 non consentirebbe la sospensione del rilascio delle concessioni demaniali fino all’approvazione dei P.U.A.;

– nella disposizione non sono infatti previsti un termine per l’approvazione dei piani né la operatività, nelle more, di misure di salvaguardia, restando perciò la potestà concessoria delle Regioni (subdelegata ai Comuni) limitata dalle sole previsioni dell’art. 59 del d.P.R. n. 616 del 1977;

– di conseguenza il rilascio delle concessioni, se non vi sia contrasto con previsioni pianificatorie vigenti, non può essere rinviato sine die, in relazione all’evento incerto dell’approvazione dei piani, venendo altrimenti limitata l’iniziativa economica privata, in violazione dell’art. 41 della Costituzione, ciò che tanto più rileva, nella specie, alla luce del lungo tempo trascorso dalla data dell’istanza dell’appellante;

– né sarebbe corretto il richiamo alla necessità di provvedere in presenza di un contesto previamente definito e programmato, considerato che la normativa disciplina un procedimento articolato su una pluralità di valutazioni e pareri idonei a sopperire alla mancanza del P.U.A.

A sostegno di quanto così dedotto vengono anche richiamate precedenti pronunce di questo Consiglio (in particolare: Sez. II, n. 2364 del 2002; Sez. VI, n. 5716 del 2007).

4. Le censure così riassunte sono infondate, poiché:

– la disciplina di riferimento del caso di specie è data dall’art. 6, comma 3, del decreto legge 5 ottobre 1993, n. 400 (convertito con modificazioni dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494), per il quale "Ai fini di cui al presente articolo, le regioni predispongono, sentita l’autorità marittima, un piano di utilizzazione delle aree del demanio marittimo, dopo aver acquisito il parere dei sindaci dei comuni interessati e delle associazioni regionali di categoria, appartenenti alle organizzazioni sindacali più rappresentative nel settore turistico dei concessionari demaniali marittimi" e dal paragrafo 2, punto 2.c, dell’impugnata deliberazione della Giunta regionale del Lazio, n. 1161 del 2001, riguardante le "Istruttorie pendenti relative a richieste di autorizzazioni o atti suppletivi ex art. 24 Regolamento", per il quale "Sino all’avvenuta pubblicazione… dell’Accordo di programma relativo al P.U.A., non possono essere autorizzate variazioni nell’ampiezza delle concessioni";

– scopo di questa disciplina è quello di regolare il rilascio delle concessioni del bene demaniale degli arenili in modo che l’interesse privato al loro utilizzo economico sia coordinato al meglio con la salvaguardia dei rilevanti interessi pubblici coinvolti, relativi alla conservazione e riqualificazione dei beni, alla tutela ambientale, alla loro fruizione pubblica, al complessivo sviluppo turistico della località interessata, e ciò è consentito soltanto da una previa programmazione, poiché con essa l’utilizzo degli arenili è inserito nel quadro di un equilibrio predefinito degli interessi da tutelare (secondo un principio generale sulla indefettibilità degli strumenti di programmazione, anche di natura attuativa, previsti dalle normative di settore, come in materia di uso del territorio, come esemplificato dall’art. 9 del d.P.R. n. 380 del 2001, sulle limitazioni dell’attività edilizia in assenza della pianificazione urbanistica, nonché in materia di pianificazione paesaggistica, come previsto dagli artt. 143 ss. del Codice n. 42 del 2004, stante la indefettibilità del piano paesaggistico attuativo che sia stato previsto dal piano paesaggistico di primo livello);

– ciò rilevato il Collegio ritiene che la previsione della delibera regionale n. 1161 del 2001 sia legittima, poiché, in coerenza con la normativa primaria sull’obbligo di redazione dei P.U.A. da parte della Regione, subordina l’ampliamento delle concessioni in essere all’avvenuta pianificazione, con ciò ragionevolmente condizionandola alla previa definizione del necessario quadro di contesto di cui si è detto, sicché risulta legittimo l’impugnato provvedimento del Comune di Gaeta in quanto attuativo della citata delibera regionale;

– né la detta subordinazione del rilascio della concessione alla previa programmazione è lesiva dell’iniziativa economica privata che sarebbe rinviata sine die, considerato che, come rilevato correttamente dal giudice di primo grado, a fronte dell’inerzia dell’Amministrazione nell’osservanza di un obbligo di legge, l’ordinamento appresta il rimedio del ricorso avverso il silenzio, il cui procedimento giurisdizionale, ancor più come disciplinato di recente con il codice del processo amministrativo (art. 117), è particolarmente rapido;

– né contrastano con questa conclusione le precedenti pronunce di questo Consiglio citate dall’appellante, poiché il parere n. 2364 del 2002 reso dalla Sezione II, risulta riguardare un caso per il quale non era stata emanata una deliberazione regionale come quella di cui al caso in esame, mentre la sentenza n. 5716 del 2007 di questa Sezione riguarda la circostanza puntuale di una istanza di concessione presentata prima del 30 settembre 2002, in riferimento alla specifica disciplina posta al riguardo nella pertinente delibera della Regione Calabria, recante la sospensione del rilascio di nuove concessioni da parte da parte dei Comuni costieri non dotati di P.U.A. per le istanze presentate dopo quella data.

5. Per le ragioni che precedono, l’appello va respinto.

Nulla deve essere determinato sulle spese del presente grado del giudizio, non essendosi costituite le parti appellate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) respinge l’appello in epigrafe (n. 5766 del 2010).

Nulla per le spese del secondo grado.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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