Cass. civ. Sez. II, Sent., 26-03-2012, n. 4839

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- F.F. adiva il pretore di Roma, chiedendo che P.A. (o A.M.) ed F.E. venissero condannate al rilascio di un appartamento di sua proprietà sito in (OMISSIS), siccome occupato dalle predette sine titulo; le convenute si costituivano, chiedendo la chiamata in causa di tutti gli eredi di F.D. e, nel merito, sostenendo che l’acquisto di detto immobile da parte della attrice fosse simulato e che il predetto F.D., rispettivamente marito e padre, fosse dichiarato proprietario in vita dello stesso immobile con la conseguenza che lo stesso andasse a far parte dell’asse ereditario.

In via subordinata, chiedevano che fosse accertata la donazione dell’appartamento, con conseguente riduzione della donazione fino alla quota disponibile e/o declaratoria di usucapione da parte loro dell’immobile.

Si costituiva F.A., aderendo alle predette domande e, riassunto il giudizio di fronte al tribunale, venivano citate anche F.C., che aderiva alle domande attoree e l’immobiliare Bettina s.r.l. che rimaneva contumace.

Costituitasi F.F., che resisteva a tutte le richieste di controparte, il tribunale di Roma, con sentenza 12.6 – 7.9.1996, condannava la P., E. e F.A. al rilascio dell’appartamento e regolava le spese. Le stesse P., E. ed F.A., impugnavano tale decisione e la F. resisteva; con due sentenze in data rispettivamente 11.4 – 11.6.1997 (non definitiva) e 17.1 – 12.3,2003, la Corte di appello di Roma respingeva la domanda di usucapione proposta dalle appellanti e disponeva per il prosieguo; rigettava poi la domanda di rilascio dell’immobile, dichiarava la simulazione dell’atto di compravendita di tale appartamento tra la immobiliare Bettina s.r.l. e F. F., atteso che il reale acquirente era F.D. nel cui patrimonio l’immobile doveva ritenersi compreso, e, stante l’intervenuto decesso del predetto, facente parte dell’asse ereditario.

Secondo la Corte la notifica dell’atto di appello alla società immobiliare Bettina s.r.l. doveva ritenersi regolare in relazione alle risultanze delle certificazioni e delle visure rilasciate dalla Camera di commercio ed era risultata documentalmente provata la simulazione per interposizione fittizia dell’acquisto dell’appartamento da parte di F., atteso che era stato D., di lei fratello, ad acquistarlo con denaro proprio ed a volerne l’intestazione fittizia alla sorella F..

Avverso tale decisione proponeva ricorso per cassazione F. F..

Resistevano con controricorso, proponendo a loro volta ricorso incidentale incidentale condizionato, articolato su due motivi, la P. nonchè F.A. ed F.E..

Il procedimento veniva rinviato per impedimento del relatore, poi ancora per dichiarazione di astensione del relatore successivamente nominato ed infine per integrare il contraddittorio, con assegnazione di termine all’uopo.

Con sentenza n. 55 del 2010 la Corte di Cassazione dichiarava inammissibile il ricorso principale e inefficace quello incidentale.

Secondo i Giudici, non era stato rispettato il termine stabilito per la integrazione del contraddittorio che scadeva il 16-5-2009, essendo risultato quanto segue: dopo una prima notifica negativa presso il luogo di ultima residenza di N.P., legale rappresentante della società Bettina, risultato trasferito altrove sin dal 1990, l’atto -notificato a norma dell’art. 143 cod. proc. civ. – venne consegnato all’Ufficiate giudiziario il 4.5.2009 e il successivo 5 maggio venne effettuata la notifica mediante deposito di copia in busta sigillata nella casa comunale di Roma; ai sensi dell’art. 143 cod. proc. civ., u.c., la notifica si perfezionò il 25 maggio 2009.

La Corte, nel ritenere l’inosservanza del termine perentorio, rilevava, da un canto, che non venne richiesto alcun termine per rinnovare detta notifica e, dell’altro, la tardiva attivazione del procedimento notificatorio da parte della ricorrente che, pur essendo prevedibile a stregua delle precedenti notifiche il ricorso al rito degli irreperibili, ebbe a consegnare l’atto di integrazione all’ufficiale giudiziario soltanto il 4 maggio 2009 cioè a distanza di dodici giorni di distanza dalla scadenza del termine assegnato peraltro in maniera congrua(60gg.).

2.- Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per revocazione ex art. 391 bis c.p.c. e art. 395 cod. proc. civ., comma 1, n. 4, F. F. sulla base di un unico motivo.

Hanno resistito P.A. (o A.M.), F.A. ed F.E..

Le parti costituite hanno depositato memoria illustrativa.

Motivi della decisione

1. – L’unico motivo censura la sentenza impugnata laddove aveva ritenuto intempestiva la notificazione dell’atto di integrazione del contraddittorio nei confronti di N.P., legale rappresentante della società Bettina, denunciando l’errore di fatto relativamente al non corretto computo dei giorni e alla evidente confusione fra il soggetto notificante e il soggetto notificatario.

In considerazione del principio della scissione degli effetti della notificazione che deve ritenersi certamente conosciuto dalla Corte di legittimità – osserva la ricorrente – i Giudici, per una falsa percezione, avevano in effetti scambiato la data del 24-5-2009, in cui la notificazione si era perfezionata per il destinatario, con quella del 4-5-2009 in cui l’atto era stato consegnato all’ufficiale giudiziario mentre il 5-5-2009 la notifica era stata effettuata con il deposito presso la casa comunale.

Il riferimento alla negligenza nel riattivare il procedimento notificatorio era del tutto infondato, anche tenuto conto dei tempi al riguardo necessari.

1.2. – Il ricorso va dichiarato inammissibile.

Occorre premettere che l’istanza di revocazione di una sentenza della Corte di cassazione, proponibile ai sensi dell’art. 391 bis cod. proc. civ., implica, ai fini della sua ammissibilità, un errore di fatto riconducibile all’art. 395 cod. proc. civ., comma 1, n. 4, e che consiste in un errore di percezione, o in una mera svista materiale, che abbia indotto il giudice a supporre l’esistenza (o l’inesistenza) di un fatto decisivo, che risulti, invece, in modo incontestabile escluso (o accertato) in base agli atti e ai documenti di causa, sempre che tale fatto non abbia costituito oggetto di un punto controverso su cui il giudice si sia pronunciato. L’errore in questione presuppone, quindi, il contrasto fra due diverse rappresentazioni dello stesso fatto, delle quali una emerge dalla sentenza, l’altra dagli atti e documenti processuali, sentprechè la realtà desumibile dalla sentenza sia frutto di supposizione e non di giudizio.

Orbene, qualora effettivamente si fosse verificata per un mero errore di percezione ovvero per una materiale svista – come denunciato dalla ricorrente – la confusione delle date fra il momento di perfezionamento per il notificante ovvero la data relativa alla consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario e quello di perfezionamento della notifica per il destinatario, si sarebbe in presenza di un errore revocatorio: peraltro, nella specie non è configurabile l’errore denunciato dalla ricorrente. Infatti, i Giudici hanno tenuto ben presenti e distinti la data di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario (4-5-2009) e il momento in cui la notificazione si è perfezionata per il destinatario ai sensi dell’art. 143, u.c. (25-5-2009). Ed evidentemente l’avere ritenuto rilevante – ai fini della tempestività dell’integrazione del contraddittorio – la seconda data anzichè la prima non integra l’ipotesi di cui all’art. 395 cod. proc. civ., comma 1, n. 4, Invero, nel fare riferimento al termine di cui all’art. 143 u.c cod. proc. civ., necessario per il perfezionamento della notificazione nei confronti del destinatario (il compimento dei venti giorni successivi all’effettuazione delle formalità previste dalla norma in esame), la Corte ha sostanzialmente ritenuto intempestiva la consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario rilevando che era avvenuta soltanto dieci giorni prima della scadenza del termine di 60 giorni, quando le tormentate vicende processuali relative alla notificazione dell’atto alla società (confermate proprio anche dalla notifica del controricorso e del ricorso incidentale) rendevano prevedibile la necessità del ricorso al rito degli irreperibili. In tal modo, la sentenza impugnata ha evidentemente ritenuto di applicare il principio secondo cui la scissione degli effetti della notificazione trova fondamento nella considerazione che, a, stregua di quanto statuito dalla Corte Costituzionale con le sentenze richiamate dalla ricorrente, un effetto di decadenza non possa discendere dal ritardo nel compimento di un’attività riferibile non al notificante, ma a soggetti diversi(l’ufficiale giudiziario e l’agente postale come ausiliario di questo), e perciò del tutto estranea alla sfera di disponibilità del primo: tale principio non può essere invocato dal notificante quando la mancata tempestiva notifica sia addebitabile a cause imputabili al comportamento dello stesso notificante.

Orbene, l’avere dato rilevanza al momento in cui si doveva considerare perfezionata la notificazione per il destinatario al fine di verificare se la consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario fosse stata o meno tempestiva ovvero il non avere tenuto conto esclusivamente della circostanza che l’atto era stato consegnato all’ufficiale giudiziario nel termine assegnato per la integrazione del contraddittorio concerne una valutazione giuridica che potrebbe dare luogo eventualmente a un errore di giudizio circa il momento in cui si perfeziona la notificazione per il notificante.

Le spese della presente fase vanno poste in solido a carico della ricorrente, risultata soccombente, a favore delle resistenti costituite.

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile.

Condanna la ricorrente al pagamento in favore delle resistenti costituite delle spese relative alla presente fase che liquida in Euro 3.000,00 di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 2.800,00 per onorari di avvocato oltre spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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