Cons. Stato Sez. VI, Sent., 15-11-2011, n. 6019 Amministrazione straordinaria per le imprese in crisi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Dal mese di giugno 2003 fino al 7 aprile 2004 nei confronti della società E., titolare di licenze nel settore delle telecomunicazioni, venivano elevati verbali di accertamento e contestazione da parte di varie sezioni della Polizia postale.

L’Autorità garante delle comunicazioni (d’ora innanzi AGCOM o Autorità) con delibera 6 ottobre 2004 n. 327/04/CONS riteneva violato da parte di E. l’art. 4, comma 1, delibera n. 9/02/CIR e per l’effetto irrogava la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 3 milioni.

2. Contro tale provvedimento E. proponeva ricorso al Tar Lazio – Roma, articolato in sette motivi.

3. Il Tar adito, con la sentenza in epigrafe:

– respingeva la censura di violazione del termine massimo per la conclusione del procedimento;

– respingeva la censura di mancato avviso di avvio del procedimento;

– accoglieva la censura di incompetenza degli organi di polizia postale a dare impulso al procedimento sanzionatorio,

– assorbiva le restanti censure.

4. Ha proposto appello principale l’AGCOM, sostenendo che la competenza ad avviare il procedimento sanzionatorio non spetta in via esclusiva al direttore del dipartimento garanzie e contenzioso, spettando anche alla polizia postale.

5. Ha proposto appello incidentale E., riproponendo sia le censure che il Tar ha disatteso, sia le censure che il Tar ha assorbito.

6. Nelle more del giudizio di appello, con atto notificato all’Amministrazione in data 5 ottobre 2010 e depositato in giudizio, il difensore di E. ha dichiarato che in relazione alla società il Tribunale ordinario di Arezzo, con sentenza depositata il 1° giugno 2010, ha dichiarato lo stato di insolvenza nell’ambito di una procedura di amministrazione straordinaria di imprese in crisi ai sensi del d.lgs. n. 270/1999, e ha affidato la gestione dell’impresa ai commissari giudiziali.

Ha chiesto pertanto che fosse dichiarata l’interruzione del processo.

7. A sua volta l’AGCOM ha proseguito il giudizio, riassumendo il giudizio nei confronti dei commissari giudiziali, con atto consegnato all’ufficiale giudiziario, per la notificazione, in data 22 novembre 2010.

Si sono costituiti i commissari giudiziali in rappresentanza di E..

8. Il Collegio nel corso dell’udienza pubblica del 29 marzo 2011, ha sottoposto alle parti, ai sensi dell’art. 73, comma 3, c.p.a., una questione rilevata d’ufficio in ordine alla tardività della notificazione dell’atto di riassunzione.

8.1. La causa è stata rinviata all’udienza odierna.

Parte appellante ha depositato memoria sulla questione rilevata d’ufficio, deducendo che:

a) l’amministrazione straordinaria di impresa in crisi non sarebbe equiparabile al fallimento e pertanto non determinerebbe l’interruzione del giudizio;

b) anche a ritenere che si sia verificata l’interruzione del giudizio, la riassunzione del giudizio sarebbe avvenuta tempestivamente entro il termine legale di tre mesi.

Parte appellante chiede in ogni caso la rimessione in termini per errore scusabile.

9. Ad avviso del Collegio il giudizio di appello deve essere dichiarato estinto, ai sensi dell’art. 35, comma 2, lett. a), c.p.a., per tardività dell’atto di riassunzione.

9.1. Va premesso che nel caso di specie si è effettivamente verificato un evento interruttivo del processo.

In termini generali, lo stato di amministrazione straordinaria ai sensi del d.lgs. 8 luglio 1999 n. 270, non è assimilabile ad una delle ipotesi tipiche che, ai sensi dell’art. 300 c.p.c., determinano l’interruzione del processo.

Infatti l’amministrazione straordinaria, secondo la definizione di cui all’art. 1 del citato d.lgs. n. 270/1999, è la procedura concorsuale di una grande impresa commerciale insolvente con finalità conservative del patrimonio produttivo, mediante prosecuzione, riattivazione o riconversione dell’attività imprenditoriale (Cons. St., sez. V, 12 ottobre 2009 n. 6242; sez. IV, 9 dicembre 2010 n. 8687).

Tuttavia nel caso di specie l’amministrazione della società è stata sottratta all’imprenditore insolvente e affidata ad un commissario giudiziario.

Ai sensi dell’art. 19, comma 3, d.lgs. n. 270/1999, l’affidamento della gestione dell’impresa di cui sia stato dichiarato lo stato di insolvenza al commissario giudiziale determina gli effetti stabiliti dagli artt. 42, 43, 44, 46 e 47 della legge fallimentare, sostituito al curatore il commissario giudiziale. Si applicano altresì al commissario giudiziale, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 31, 32, 34 e 35 della legge fallimentare, salva la facoltà del tribunale di stabilire ulteriori limiti ai suoi poteri.

Ai sensi dell’art. 43, l. fall., in particolare, l’apertura del fallimento determina l’interruzione del processo e nelle controversie in corso relative a rapporti di diritto patrimoniale del fallito compresi nel fallimento sta in giudizio il curatore.

Ne consegue che in caso di procedura di amministrazione straordinaria di impresa in crisi in cui la gestione dell’impresa sia sottratta all’imprenditore e affidata a uno o più commissari giudiziali, si determina la situazione ipotizzata dall’art. 300 c.p.c., ossia la perdita della capacità di stare in giudizio.

9.2. Tanto premesso, sul piano delle conseguenze processuali dispone l’art. 80, comma 3, c.p.a. che, se il giudizio non viene proseguito spontaneamente dalla parte nei cui confronti si è verificato l’evento interruttivo, mediante nuova istanza di fissazione di udienza, lo stesso deve essere riassunto a cura della parte più diligente, con apposito atto notificato a tutte le altre parti, nel termine perentorio di novanta giorni decorrenti dalla conoscenza legale dell’evento interruttivo, acquisita mediante dichiarazione, notificazione o certificazione.

Nel caso di specie, il giudizio non è stato proseguito spontaneamente da E. nelle forme di cui all’art. 80, comma 2, c.p.a., atteso che E. non ha presentato nuova istanza di fissazione di udienza.

9.3. Il giudizio è stato invece riassunto dall’AGCOM, peraltro in violazione dei termini perentori di legge.

Invero, il presente contenzioso verte su provvedimento di Autorità amministrativa indipendente, soggetto al rito abbreviato comune di cui all’art. 119 c.p.a. (già art. 23-bis, l. Tar). Tale rito è connotato dal dimezzamento di tutti i termini processuali, salvo quelli per il ricorso introduttivo, i motivi aggiunti e il ricorso incidentale in primo grado (art. 119, comma 2, c.p.a.).

E" pacifico che tra i termini soggetti a dimezzamento rientra quello per la riassunzione a seguito di interruzione del processo (Cons. St., sez. IV, 5 settembre 2007 n. 4657; Cons. St., sez. V, 28 giugno 2002 n. 3559).

Pertanto nel rito abbreviato di cui all’art. 119 c.p.a. il termine per la riassunzione del processo interrotto è di 45 giorni decorrenti da quando si verifica l’interruzione.

Nel caso di specie l’interruzione si è verificata in data 5 ottobre 2010 per effetto della notificazione dell’evento interruttivo ad opera di E. all’AGCOM.

Dal 5 ottobre 2010 è pertanto iniziato a decorrere il termine di 45 giorni per la riassunzione, che scadeva in data 19 novembre 2010.

Ne consegue la tardività dell’atto di riassunzione, consegnato all’ufficiale giudiziario solo in data 22 novembre 2010.

9.4. Né vi è spazio per la concessione dell’errore scusabile, non ravvisandosi un errore scusabile né quanto all’an dell’evento interruttivo, né quanto ai termini della riassunzione.

Secondo l’insegnamento della plenaria, la disciplina dell’errore scusabile (art. 37 c.p.a.), è di stretta interpretazione, dal momento che un uso eccessivamente ampio della discrezionalità giudiziaria che essa presuppone, lungi dal rafforzare l’effettività della tutela giurisdizionale, potrebbe alla fine risolversi in un grave vulnus del pariordinato principio di parità delle parti (art. 2, c. 1, c.p.a.), sul versante del rispetto dei termini perentori stabiliti dalla legge processuale (Cons. St., ad. plen., 2 dicembre 2010 n. 3).

Sotto il profilo dell’an dell’evento interruttivo, parte appellante non ha mai contestato che si fosse verificato un evento interruttivo e ha seguito il procedimento di riassunzione, di cui tuttavia non ha rispettato i termini. Non può pertanto sostenere di essere incorsa in errore, perché non si è mai discusso e dubitato che l’evento interruttivo sussistesse e che si dovesse procedere a riassunzione.

Né è scusabile l’errore sui termini per la riassunzione, atteso che secondo costante giurisprudenza i termini della riassunzione sono dimezzati nel rito speciale dell’art. 119 c.p.a. (già art. 23-bis, l. Tar).

10. Solo per completezza il Collegio rileva che il ricorso di primo grado meritava, comunque, accoglimento, in relazione al motivo, assorbente, riproposto con l’appello incidentale, della tardiva conclusione del procedimento sanzionatorio.

10.1. Invero, ai sensi dell’art. 4-bis, comma 1, del regolamento in materia di procedimenti sanzionatori di competenza dell’AGCOM (delibera 425/01/Cons e delibera 336/03/Cons), il termine per l’adozione del provvedimento finale è di 150 giorni decorrenti dalla data di notificazione della contestazione degli addebiti. Ai sensi del comma 3 del medesimo art. 4-bis, tale termine è sospeso se sono necessari ulteriori approfondimenti istruttori.

Ai sensi del successivo art. 5 del medesimo regolamento, la sospensione del termine, che non può comunque eccedere i sessanta giorni, opera dalla data di protocollo della richiesta di ulteriori elementi istruttori alla data di protocollo in cui l’Autorità riceve gli ulteriori elementi istruttori.

10.2. Ora, nel caso di specie, vi sono stati una pluralità di atti di contestazione degli addebiti, dal mese di giugno 2003 e fino al 7 aprile 2004.

Anche a volere configurare l’illecito in termini di illecito continuato, e a voler far decorrere il termine di adozione del provvedimento sanzionatorio dal 7 aprile 2004, è evidente che alla data del 6 ottobre 2004 il termine di150 giorni era ampiamente superato.

10.3. Giova osservare che né in appello né in primo grado risultano documentate attività istruttorie che avrebbero comportato una sospensione del termine.

Solo in una memoria, depositata dall’Autorità in primo grado, si assume che in data 3 maggio 2004 l’Autorità avrebbe chiesto elementi istruttori a Telecom, acquisiti in data 10 maggio 2004.

Anche a considerare provata tale circostanza (non contestata da controparte), se ne desume una sospensione del termine di 150 giorni per la durata di otto giorni.

Sicché, il termine complessivo del procedimento diviene di 158 giorni, che, decorrente dal 7 aprile 2004, veniva a scadenza in data 12 settembre 2004, comunque ben prima del 6 ottobre 2004.

11. Da quanto esposto consegue l’estinzione del giudizio di appello per tardiva riassunzione.

Le spese possono essere compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, dichiara il giudizio estinto per tardività dell’atto di riassunzione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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