T.A.R. Abruzzo L’Aquila Sez. I, Sent., 15-11-2011, n. 534

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il ricorrente è cittadino turco ed impugna il provvedimento in epigrafe con cui è stato definito negativamente il procedimento di emersione, avviato con la presentazione della domanda da parte del datore di lavoro sig. A.S., dell’attività di assistenza e sostegno di cui all’art. 1ter d.l. 78/2009 come convertito con l. 102/2009.

Il rapporto di lavoro si era interrotto in pendenza del procedimento di emersione, nel corso del quale il predetto datore di lavoro aveva depositato certificazione diretta a comprovare la sua limitazione dell’autosufficienza, tuttavia ritenuta non idonea dall’amministrazione.

Con il primo motivo il ricorrente sostiene l’idoneità della certificazione della commissione per l’invalidità civile da cui risulta una riduzione permanente della capacità lavorativa nella misura del 50%, ritenendo erroneo e comunque immotivato il contrario avviso dell’amministrazione che avrebbe dovuto invece esporre nel preavviso di diniego le ragioni che la inducevano a tale conclusione in modo da consentire l’effettuazione degli opportuni accertamenti atti a dimostrare lo stato di autosufficienza limitata del proprio datore di lavoro.

Ritiene inoltre che l’amministrazione dovesse comunque evadere la sua domanda di rilascio di permesso di soggiorno per attesa occupazione, titolo che non potrebbe dipendere dallo stato di salute di un soggetto terzo, quale è il datore di lavoro, e dalla disponibilità di costui a fornire la documentazione idonea a consentire la positiva conclusione del procedimento di emersione. La comprovata esistenza di un rapporto di lavoro farebbe perciò sorgere il diritto a veder regolarizzata la propria posizione attraverso il rilascio del permesso di soggiorno per attesa occupazione, ritenendosi costituzionalmente illegittima la previsione legislativa che invece impedisce tale sbocco del procedimento.

L’amministrazione si costituiva in giudizio con comparsa di mera forma.

Con ordinanza 12 gennaio 2011 n. 6 veniva respinta la domanda cautelare, fissandosi tuttavia al 13 aprile 2011 l’udienza di discussione, all’esito della quale veniva disposta l’acquisizione di chiarimenti da parte dell’amministrazione sulla portata della documentazione sanitaria agli atti del procedimento. L’amministrazione non ha adempiuto a quanto richiesto né ha sviluppato difese.

2. Nella camera di consiglio in cui è stata esaminata la domanda cautelare la difesa erariale aveva prospettato dubbi sulla legittimazione del lavoratore straniero ad impugnare il provvedimento che definisce negativamente la domanda presentata dal datore di lavoro, che sarebbe unico interlocutore procedimentale ed unico soggetto legittimato ad impugnare il diniego. La questione non è stata in seguito riproposta, per cui basti qui osservare che, ancorché la domanda di emersione dal lavoro irregolare debba essere proposta dal datore di lavoro, essa tuttavia riguarda direttamente la posizione dello straniero la cui posizione si intende sanare, per cui quest’ultimo ha un interesse qualificato al buon esito del procedimento che direttamente lo concerne. Il diniego lede perciò in via diretta l’interesse personale del ricorrente a soggiornare legittimamente nel territorio dello Stato, il che lo abilita ad impugnare il provvedimento conclusivo, se a lui sfavorevole (cfr., in fattispecie analoghe, T.A.R. Friuli Venezia Giulia Trieste, 21 febbraio 2004, n. 51; T.A.R. Puglia Bari, sez. II, 3 marzo 2006, n. 674; T.A.R. Sicilia Catania, sez. I, 30 ottobre 2008, n. 1888).

Quanto al merito il collegio, riconsiderando l’orientamento assunto in sede cautelare, ritiene che assuma assorbente rilevanza la genericità della formulazione del provvedimento, dove non si dà conto delle ragioni per cui il certificato prodotto è stato ritenuto inidoneo a dimostrare la limitazione dell’autosufficienza, e ciò in relazione sia alla allegazione di un certificato proveniente da struttura sanitaria pubblica (commissione per l’accertamento dell’invalidità civile) che attestava la riduzione del 50% della capacità lavorativa per patologie in grado di determinare una limitazione dell’autosufficenza, che alla circolare congiunta MinIntMinLav 10/2009 del 7 agosto 2009 relativa ad aspetti applicativi della normativa sull’emersione di cui all’art. 1ter d.l. 78/2009. Dopo avere ricordato la previsione dell’art. 1ter comma 7 circa la necessità di presentare la certificazione "rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale, che attesti la limitazione di autosufficienza del soggetto per il quale viene richiesta l’assistenza", la circolare precisa che tale certificazione non è tuttavia necessaria per i soggetti "già riconosciuti in precedenza invalidi", essendo sufficiente in tal caso "esibire la documentazione relativa all’accertamento dello stato di invalidità rilasciata dalle competenti commissioni sanitarie…". L’allegazione agli atti del procedimento di certificazione aderente a quanto chiarito nella predetta circolare onerava l’amministrazione di specificare nel preavviso di diniego le ragioni per cui la riteneva invece inidonea, in modo da dare la possibilità agli interessati di effettuare le adeguate integrazioni o controdeduzioni. Sorgeva altresì l’ulteriore obbligo di darne adeguata motivazione nel provvedimento conclusivo, anche tenendo conto che in sede procedimentale l’attuale ricorrente aveva esplicitamente chiesto che fossero specificati i motivi per cui il predetto certificato non era ritenuto idoneo, ribadendosi che la menomazione dell’autosufficienza avrebbe potuto essere comunque riscontrata attraverso ogni accertamento volesse disporsi in proposito.

Non sembra potersi dubitare che il lavoratore di cui è chiesta l’emersione, in considerazione della rilevanza del suo interesse a conseguire il titolo di soggiorno che lo legittima ad impugnare il diniego, quale parte direttamente interessata all’esito del procedimento abbia altresì titolo a fornire i propri apporti procedimentali che l’amministrazione ha l’onere di valutare.

La mancata esplicazione delle ragioni di inidoneità del certificato, in presenza del richiamato indirizzo espresso nella circolare e della plausibile possibilità che le patologie riscontrate fossero limitative dell’autosufficienza, conduce all’annullamento dell’atto impugnato.

Quanto all’ulteriore domanda avanzata dal ricorrente, la stessa -nella parte in cui sostiene di avere comunque titolo al permesso di soggiorno, e quindi anche a prescindere dall’esito del procedimento di emersione- deve ritenersi improcedibile. Posto che il disposto annullamento impone all’amministrazione di tornare a provvedere tenendo conto dei profili di illegittimità della propria precedente azione, resta la plausibile possibilità che il procedimento si chiuda favorevolmente ed il ricorrente ottenga il titolo di soggiorno. Va infatti osservato che l’intero impianto normativo è nel senso che la positiva conclusione del procedimento di emersione costituisce il presupposto per il rilascio del permesso di soggiorno. Ha al riguardo precisato la circolare 7950/2009, anch’essa richiamata in ricorso, che anche nelle ipotesi di interruzione del rapporto prima della conclusione del procedimento, come nel caso di specie, "il datore di lavoro, che ha presentato la domanda di emersione, dovrà essere convocato insieme al lavoratore presso codesti Sportelli Unici, al fine di formalizzare la rinuncia al rapporto di lavoro, specificando i motivi che hanno causato l’interruzione dello stesso rapporto, e sottoscrivere comunque – contestualmente al lavoratore straniero – il contratto di soggiorno, per il periodo relativo all’effettivo impiego del lavoratore". Il completamento dell’iter di emersione è quindi un necessario presupposto per il rilascio di tale titolo, visto che a tali lavoratori "sarà consentito, quindi (vale a dire dopo la sottoscrizione del predetto contratto di soggiorno), richiedere il rilascio di un permesso di soggiorno per attesa occupazione" (circ. cit.).

Non sembra quindi attuale l’interesse del ricorrente a censurare la legittimità costituzionale dell’impianto scaturente dall’art. 1ter cit. nella parte in cui fa scaturire effetti negativi in capo al lavoratore straniero per comportamenti, stati e situazioni interamente riconducibili al datore di lavoro. Tale interesse diverrebbe infatti attuale solo qualora il procedimento di emersione si chiudesse definitivamente maniera negativa.

Il ricorso va perciò nei suddetti limiti accolto.

Le spese di giudizio vanno interamente compensate.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie nei limiti indicati in motivazione e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato. Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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