T.A.R. Abruzzo L’Aquila Sez. I, Sent., 15-11-2011, n. 528

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La vicenda in esame prendeva avvio dall’indizione da parte della Provincia di L’Aquila (determina dirigenziale n. 73 del 12.8.2010) di una procedura aperta per l’affidamento di vari livelli di progettazione relativi al programma di intervento oggetto di finanziamento regionale, denominato "raccordo anulare della SP. 22 circonfucense di collegamento Avezzano – San Benedetto dei Marsi e delle direttrici centrali SP. 19 – Ultrafucense – tratto Celano Trasacco e sp. 20 – Marruviana – tratto Avezzano San Benedetto dei Marsi", per un importo presuntivo a base di gara pari ad euro 460.000,00 oltre IVA.

Alla gara partecipavano, tra gli altri, la D. Spa Studi e ricerche e Progetti, l’APM Engineering s.r.l. ed il dott. Geol. Pietro Pepe, in costituendo RTI, che in esito alle operazioni svolte dalla commissione, nella seduta del 4.11.2010, risultavano classificati al primo posto della graduatoria.

La procedura veniva poi sospesa nel corso della medesima seduta per la valutazione delle offerte anomale, e la commissione di gara, con nota del 4.11.2010 comunicava tale circostanza alla Direzione Generale dell’Ente, che in data 14.12.2010 incaricava di tale incombente un’apposita commissione giudicatrice.

Tuttavia, a distanza di tre mesi dalla costituzione ad hoc del Collegio di verifica dell’anomalia (dopo un periodo di silenzio durante cui l’RTI ricorrente aveva vanamente chiesto spiegazioni), il Direttore Generale disponeva la revoca dell’atto di indizione della gara con provvedimento del 7.3.11, pubblicato per estratto solo in data 9.5.11 sull’albo pretorio on line della provincia di L’Aquila.

Con ricorso introduttivo, la soc. DAM (dopo una vana informativa in ordine all’intento di proporre ricorso giurisdizionale ex art. 243 bis D. Lgs. N. 163/2006) ha impugnato detta decisione della Provincia insieme alla successiva delibera di giunta provinciale n. 35 del 18.3.11, non conosciuta nei suoi termini essenziali, con la quale si è dato incarico al Direttore Generale di redigere gli elaborati progettuali esecutivi dell’intervento, "…con espressa riserva di formulare motivi aggiunti allorché in possesso del suddetto provvedimento".

Viene lamentata in primo luogo l’illegittima compressione delle aspettative del raggruppamento in questione a causa di un esercizio di autotutela del tutto immotivato e privo dei minimali requisiti di trasparenza e buona fede (il provvedimento di revoca -prima della sua tardiva pubblicazione- non sarebbe stato neanche comunicato al responsabile del procedimento, come comprovato dalle inutili informative sullo stato della gara, richieste da quest’ultimo al Direttore Generale in data 10.3.11 e 21.4.11; quanto sopra, con evidente violazione -oltre che dell’art. 21 quinquies legge 241/90- anche dell’art. 79 del decreto legislativo 163/2006 in ordine alla tempestiva comunicazione d’ufficio che la stazione appaltante avrebbe dovuto formalizzare, una volta deciso di non procedere all’aggiudicazione dell’appalto.

Sono state poi dedotte specifiche doglianze sull’incompetenza del Direttore Generale a nominare la commissione ad hoc per il vaglio dell’anomalia, nonché sulla irragionevole inerzia della commissione medesima che avrebbe gravemente omesso di rispettare le minuziose tempistiche procedimentali previste in materia dal codice dei contratti.

Al ricorso introduttivo è stata allegata infine una richiesta risarcitoria per i danni ingiusti subiti dai ricorrenti sia sotto il profilo della perdita di chance sia sotto il profilo dell’impegno economico sostenuto per partecipare alla gara, pur nella precisazione che l’interesse primario dei ricorrenti sarebbe quello di veder giudiziariamente confermata la prioritaria posizione in graduatoria, in esito all’annullamento dell’impugnata revoca.

Nella sua memoria di costituzione del 17.6.11, la Provincia di L’Aquila ha preliminarmente riferito alcuni sviluppi fattuali di rilievo nei fatti di causa; in particolare la commissione ad hoc costituita per il vaglio di anomalia, nella seduta del 20.12.2010, aveva rilevato a carico degli atti indittivi l’assenza di un capitolato, con conseguente contraddizione tra le finalità dell’incarico espresse nella determinazione dirigenziale n. 73 e l’oggetto della gara, invitando l’amministrazione a "valutare le circostanze sopra evidenziate ai fini di ogni opportuna decisione che riterrà di assumere"; sulla base di tali osservazioni, l’ente locale intimato con l’impugnata determinazione dirigenziale assunta ai sensi dell’art. 21 septies (recte, 21 quinquies) della legge 241/90, decideva di revocare l’indizione della gara, in relazione alla circostanza che la lex specialis sarebbe stata "manchevole fra gli allegati del capitolato prestazionale che avrebbe dovuto tradurre in contenuti tecnici gli obiettivi dell’amministrazione". Successivamente con delibera n. 35 del 18.3.11, la Giunta provinciale deliberava di demandare al Direttore Generale l’individuazione del personale cui affidare la redazione della progettazione dell’opera in parola, avvalendosi del personale di cui alla nuova macrostruttura (appena approvata il 21.2.2011), relativa al "settore programmazione progettazione OO.PP. ed attività per la ricostruzione", considerata l’urgenza al fine di "non perdere il finanziamento concesso per la realizzazione dell’opera".

Nel contrastare le avversarie doglianze, il patrocinio resistente ha eccepito in primo luogo l’inammissibilità del gravame per asserito difetto di interesse, in quanto mancherebbe in capo al RTI ricorrente una posizione di interesse qualificato, trattandosi di aggiudicataria (meramente) provvisoria, per di più con offerta sospettata di anomalia. In ogni caso, si sostiene che la revoca della gara sarebbe stata conforme ai paradigmi dell’art. 21 quinquies legge 241/90, che consente il ripensamento della PA (fra le altre ipotesi) in vista di una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario, così che il ripensamento oggetto di impugnativa troverebbe la sua legittima ratio "…tanto nella circostanza del carattere anormalmente basso delle offerte pervenute quanto dalla (peraltro connessa al primo aspetto) lacuna contenuta nella lex specialis che, priva di un capitolato prestazionale, non garantiva la necessaria corrispondenza tra il servizio richiesto e quello effettivamente messo a gara…" (memoria del 17.6.11). Del resto la nuova valutazione dell’interesse pubblico originario risulterebbe "…corroborata dalla circostanza che la provincia si è nel frattempo dotata di una struttura ad hoc (…) all’interno della quale la Giunta (con la successiva e consequenziale delibera n. 35 pure impugnata) ha conferito ora l’incarico di individuare i progettisti dell’opera, internalizzando così l’incarico della progettazione con evidente risparmio dell’Ente…".

Né potrebbero delinearsi effetti invalidanti dalla lamentata violazione dell’art. 79 comma 5 del d.lgs. 163/2006, attesa la sua natura meramente acceleratoria, mentre l’interlocuzione procedimentale ex art. 7 della legge 241/90 sarebbe stata invece legittimamente omessa dalla stazione appaltante, in virtù del fatto che i ricorrenti sarebbero stati privi di un interesse qualificato alla prosecuzione della procedura di gara, per le ragioni prima esposte in ordine alla titolarità di aspettative di mero fatto collegabili all’aggiudicazione provvisoria.

Quanto poi alla presunta incompetenza del dirigente nel nominare la commissione ad hoc per l’anomalia, viene eccepito che la norma del DPR 554/99 invocata da controparte (che argomenta di una titolarità alla nomina del responsabile del procedimento) risulterebbe ormai abrogata dalla diversa ed incompatibile previsione dell’art. 88 comma 1 bis del d.lgs. n. 163/2006, che invece espressamente demanda tale incombente alla "stazione appaltante".

Circa la richiesta risarcitoria per responsabilità precontrattuale, si insiste infine sull’assenza di alcun ragionevole affidamento da potersi collegare alla posizione di mero aggiudicatario provvisorio.

Con motivi aggiunti notificati il 1 luglio 2011 la soc. DAM, anche in nome del suo raggruppamento, ha sviluppato alcune doglianze collegate alla sopravvenuta conoscenza di atti istruttori e provvedimentali fino a quel momento negati alla sua disponibilità, affermando che dalla loro lettura risulterebbero rinforzati i motivi di cui al ricorso introduttivo. In particolare nella determina dirigenziale di revoca mancherebbero i motivi alla base del mutamento dell’interesse pubblico originario, né tantomeno a ciò adempirebbero i richiami all’anomalia dell’offerta (trattandosi di un mero sospetto rimasto privo della prescritta verifica senza che alla ricorrente fossero tra l’altro mai stati richiesti gli elementi giustificativi) ed alla mancanza di un capitolato prestazionale (presunto "vizio" rilevato da organo incompetente a distanza di otto mesi dalla valutazione dell’offerta, che avrebbe semmai dovuto determinare -a tutto concedere- un annullamento d’ufficio e non una revoca, comunque frutto di un grossolano equivoco perché ai sensi del sistema di scelta ex art. 83 del d.lgs. 163/2006 sarebbe spettato agli stessi concorrenti presentare la "proposta qualitativa e metodologica", come avvenuto nella specie e come puntualmente richiesto della lex specialis).

Viene poi ulteriormente dedotto quanto segue:

– l’avversato ripensamento sarebbe stato formalizzato con grave ritardo ("smisurato ed irragionevole"), tenuto conto che 5 mesi prima del provvedimento di revoca la commissione di gara aveva già terminato la valutazione delle offerte, con un paradossale decorso di un trimestre per ratificare la valutazione di un organo peraltro incompetente; quanto sopra nel contesto di urgenza qualificata al fine di accedere al finanziamento con la consegna della progettazione definitiva ed esecutiva entro il termine inderogabile del 30.6.11;

l’autotutela non sarebbe stata preceduta dal prescritto avviso di avvio del procedimento, e risulterebbe financo adottata all’insaputa del responsabile del procedimento, vale a dire del soggetto deputato per legge a dirigere e gestire la procedura di affidamento; tale modus procedendi avrebbe inoltre frontalmente violato l’art. 79 del d. lgs. 163/06 che prescrive la tempestiva comunicazione della decisione di non procedere all’aggiudicazione dell’appalto, senza che in contrario possa rilevare l’informativa del RUP in data 8.6.11, fuori ogni tempo limite a distanza di tre mesi dall’impugnato provvedimento di revoca;

sarebbe beffarda l’insinuazione di un portamento inerte del RTI D., alla luce dei vari solleciti nel tempo vanamente formalizzati (e di cui il patrono ricorrente torna a dare documentato conto, mediante dettagliato elenco delle inutili domande di accesso alla pag. 24 dell’atto di motivi aggiunti);

la deliberazione della giunta provinciale n. 18/11 di istituzione del nuovo settore di programmazione e progettazione (peraltro versata in atti senza i necessari allegati) manifesterebbe il contrasto logico in cui sarebbe incorsa l’amministrazione, trattandosi di struttura coordinata dal direttore generale ma composta sostanzialmente da soggetti esterni assunti dalla Provincia con contratti co.co.co. fino al 30.6.11; in buona sostanza, a fronte della revoca dell’affidamento ai soggetti ricorrenti individuati con un regolare confronto concorrenziale, la PA intimata avrebbe posto rimedio, affidando la medesima progettazione ad altri soggetti privati assunti ad hoc, senza alcuna procedura di evidenza pubblica, tra l’altro in violazione dell’art. 91 comma 8 del d. lgs. 163/2006 che vieta espressamente l’affidamento di attività di progettazione "…a mezzo di contratti a tempo determinato o altre procedure diverse da quelle previste dal presente codice";

sull’eccezione di un presunto difetto di interesse qualificato in capo al (mero) aggiudicatario provvisorio, si replica affermando l’inconferenza della giurisprudenza ex adverso citata, che riguarderebbe la diversa problematica della nuova decorrenza del termine di proposizione del ricorso al sopravvenire dell’aggiudicazione definitiva, mentre sarebbe di contro indiscutibile la titolarità di interessi legittimi in capo al partecipante alla gara, tanto più se aggiudicatario provvisorio, anche perché diversamente l’autotutela della stazione appaltante dovrebbe ritenersi sottratta ad ogni tutela giurisdizionale in aperta violazione dell’art. 24 Cost.;

quanto poi alla richiesta risarcitoria, si confutano le avverse tesi secondo cui la stazione appaltante potrebbe in ogni tempo recedere dalle trattative (avviate mediante procedimento ad evidenza pubblica), dovendo invece l’amministrazione essere chiamata a risarcire i danni causati ai soggetti che incolpevolmente hanno riposto il loro affidamento sul puntuale rispetto delle regole -anche di diligenza e buona fede- che disciplinano l’azione amministrativa; in questo senso viene ribadito che l’affidamento in capo al costituendo RTI quale primo classificato nella graduatoria sarebbe stato negligentemente ignorato con l’imprudente esercizio dello ius poenitendi della PA, azzerando una procedura quasi ultimata, senza alcun previo avviso di avvio del procedimento e senza neanche partecipare prontamente la decisione ormai deliberata.

A sua volta il patrocinio resistente -nel ribadire le già esposte tesi difensive (in particolare sulla ravvisata inadeguatezza della lex specialis a garantire ottimali interventi di progettazione)- ha replicato ai motivi aggiunti negando che nella specie sarebbero intercorsi ritardi di amministrazione intollerabili tali da generare lesioni qualificate negli affidamenti di controparte, mentre quanto alla delibera 35/11 si sostiene che il divieto ex art. 91 comma 8 del d. lgs. 163/06 sul ricorso a contratti a tempo determinato sarebbe nella specie in conferente, riguardando la diversa ipotesi in cui l’amministrazione ricorre a convenzionarsi con soggetti esterni e non quando -come nella specie- quel personale venga direttamente assunto da una struttura interna.

In prossimità dell’udienza di discussione, le parti hanno insistito nelle loro conclusioni con copiose memorie, sinteticamente illustrate anche nella discussione orale del 26.10.11 dai rispettivi patroni.

I ricorrenti in particolare hanno lamentato l’atteggiamento elusivo della stazione appaltante sugli esiti delle discusse procedure "interne" di progettazione intraprese dopo l’annullamento della gara (senza dare conto se, quando ed in che modo tali procedure siano state poi perfezionate -come preannunciato- nei brevi tempi compatibili con il finanziamento), e ciò nonostante il decorso di vari mesi dalla proposizione della vertenza; è stato inoltre quantificato in euro 85.766 il risarcimento richiesto per responsabilità precontrattuale (come da allegata relazione di stima), nella denegata eventualità di mancato accoglimento giudiziale della domanda di tutela in forma specifica mediante ordine di prosecuzione delle operazioni di gara.

A sua volta l’amministrazione provinciale -nel ribadire le sue difese- ha sostenuto il difetto di interesse della ricorrente anche (e tanto più) nel voler sindacare una fase amministrativa successiva e del tutto estranea alla stessa causa petendi del gravame, quale appunto la procedura interna di progettazione, che si atteggerebbe ad un posterius ininfluente sul vaglio di legittimità dell’impugnato provvedimento di autotutela.

In esito all’udienza del 26.10.11 la causa è stata infine trattenuta per la decisione.

Motivi della decisione

Come meglio esposto in narrativa, il costituendo raggruppamento della ricorrente mandataria veniva graduato al primo posto dalla commissione giudicatrice, con offerta sottoposta a vaglio di sospetta anomalia, nella gara indetta dalla Provincia dell’Aquila per la progettazione definitiva ed esecutiva sulla viabilità del Fucino.

Nelle more della predetta procedura di verifica (affidata ad una commissione ad hoc), la stazione appaltante revocava tuttavia gli atti di indizione della gara, raccogliendo il suggerimento di tale commissione esterna, che aveva rilevato la mancanza nella lex specialis di un capitolato prestazionale. In seguito all’annullamento della gara veniva istituito un ufficio di progettazione interno all’amministrazione (con personale assunto a tempo) al quale veniva demandato l’espletamento dell’incarico progettuale di cui in vertenza.

Con il ricorso introduttivo ed i motivi aggiunti la mandataria, in proprio ed in nome del suo costituendo raggruppamento deduce:

l’illegittimità in radice del motivo posto a base dell’impugnata autotutela, ritenendo che la mancanza del capitolato prestazionale sarebbe stata adeguatamente giustificata dalla tipologia di gara posta in essere dalla stazione appaltante, basata sull’iniziativa e sul protagonismo propositivo dei partecipanti;

l’illegittimità del ripensamento per vizi procedimentali ex art. 7 legge 241/90;

la disattenzione di ogni cautela da parte della PA procedente in relazione agli affidamenti medio tempore generati in capo al raggruppamento ricorrente;

l’illegittimità (e l’inconcludenza) delle procedure di progettazione successivamente intraprese dalla provincia, mediante l’affidamento alla struttura interna costituita ad hoc.

Viene conseguentemente chiesto l’annullamento degli atti impugnati e la prosecuzione della gara interrotta, mentre in via subordinata viene proposta domanda risarcitoria per equivalente.

La PA resistente invece (oltre a contrastare nel merito le avverse pretese) ha preliminarmente eccepito un difetto di interesse alle impugnative sotto due profili: in via generale, per l’assenza da parte del raggruppamento ricorrente di qualsiasi aspettativa qualificata conseguita nella procedura oggetto di revoca (mancando nella specie l’aggiudicazione definitiva), quanto invece al successivo affidamento interno della progettazione, per l’indifferenza ed estraneità di tale vicenda rispetto al thema decidendum dell’autotutela.

Per le concludenze che saranno successivamente illustrate, ritiene il collegio di puntualizzare la portata giuridica della posizione raggiunta dai ricorrenti nella gara revocata.

Trattasi in primo luogo di risultanze che -pur differenziate rispetto agli altri partecipanti alla procedura- presentano connotati interni e parziali che non equivalgono neanche ad un’aggiudicazione provvisoria, visto che quest’ultima presuppone risolto dai competenti collegi di valutazione l’eventuale incidente di anomalia, mentre l’interruzione della procedura operata nel caso di specie risulta intervenuta ancora in pendenza di tale disposta verifica.

Ora, ove si consideri che secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale l’aggiudicazione provvisoria si atteggia a mero "atto endoprocedimentale, per sua natura inidoneo a radicare una situazione di stabile affidamento nel suo destinatario" (C.S. III sez. 1698/11), può pertanto condividersi l’eccezione di difetto di interesse del costituendo raggruppamento (limitatamente) allo scrutinio di legittimità del ripensamento operato dalla stazione appaltante, che ha portato alla revoca degli atti di gara fino a quel momento formalizzati. A fortiori, poi, tale difetto di interesse riguarda le modalità successive, con cui l’amministrazione ha inteso acquisire la prestazione per la quale era stata indetta la gara (nella specie affidando l’incarico di progettazione ad una struttura interna appositamente costituita).

Altro discorso riguarda invece la diversa tipologia di affidamento che -indipendentemente dalla legittimità dello ius poenitendi (cfr. C.S. AP 6/2005)- può comunque essere vantato da tutte le ditte partecipanti ad una gara in ordine allo svolgimento ed alla conclusione della procedura intrapresa dalla stazione appaltante, e ciò sotto il profilo dell’eventuale responsabilità precontrattuale di quest’ultima, nel caso di comportamento non improntato ai precetti di attenzione, prudenza e diligenza nell’interruzione delle trattative; più in particolare, la Pubblica Amministrazione che si determina alla revoca, seppur opportuna o doverosa, di un proprio atto non può in alcun caso andare esente dal dovere di comportarsi quale corretta parte contrattuale nelle trattative ai sensi dell’art. 1337 c.c., in quanto l’interesse pubblico sotteso alla decisione di revoca non autorizza affatto l’amministrazione stessa ad impegnare le ditte offerenti in trattative inutili, senza adottare neanche le cautele minime per minimizzarne il relativo disagio (tar Piemonte n. 230/11 per un caso relativo ad una lex specialis mal formulata).

Nella vertenza in esame, ritiene il collegio che sussistano i presupposti per riconoscere la responsabilità precontrattuale a favore del raggruppamento ricorrente, che vanta peraltro una posizione differenziata rispetto al semplice partecipante ammesso, risultando collocato al primo posto in graduatoria pur con quel sospetto di anomalia che la stazione appaltante ha ritenuto superfluo approfondire, una volta revocati gli atti indittivi per rilevata carenza di un capitolato prestazionale.

Le ragioni della riconosciuta culpa in contrahendo dell’amministrazione risiedono nel comportamento incauto da quest’ultima tenuto, non solo per aver ponderato la lacuna della lex specialis in modo tardivo a procedura avanzata e dopo qualche mese dal suggerimento reso dalla commissione preposta al vaglio di anomalia, ma anche per aver omesso di farsi carico -una volta adottata la decisione di secondo grado- delle doverose comunicazioni di rito ex art. 79 d. lgs. 163/06 (successivamente formalizzate ben oltre ogni tollerabile ritardo, quando ormai per forza di cose la notizia era trapelata); tale violazione, infatti, pur non potendo impingere sulla legittimità degli atti già adottati, assume un sicuro rilievo nella valutazione del comportamento negligente della stazione appaltante sulle aspettative che, nel silenzio di quest’ultima, ovviamente maturavano in capo al soggetto già individuato come miglior offerente, nell’inutile attesa di partecipare ad un procedimento di anomalia da tempo abbandonato. Né possono francamente valorizzarsi le affermazioni difensive della Provincia nella parte in cui sembrano imputare al raggruppamento ricorrente asseriti difetti diligenza nel non essersi troppo preoccupato di informarsi aliunde sullo stato della gara, visto che -a prescindere da ogni altra considerazione sull’insussistenza, in capo ai soggetti titolari di diritti lato sensu partecipativi, di obblighi surrogatori che suppliscano all’inerzia della PA tenuta a dare notizie- rimangono documentati agli atti di causa gli insistenti tentativi vanamente esperiti dal raggruppamento stesso di conoscere i motivi del silenzio procedimentale improvvisamente calato sulla fase di gara allora pendente, e ciò mediante inutili interlocuzioni con lo stesso responsabile del procedimento che, non senza sconcerto, si vedeva più volte costretto ad ammettere di non sapere cosa la stazione appaltante stesse decidendo; per i dettagli di tali vicende si rinvia alla ricostruzione in narrativa precedentemente illustrata, non senza sottolineare il paradosso (correttamente enfatizzato dal patrono ricorrente) di un RUP disinformato ed emarginato proprio nei momenti cruciali della procedura, con un evidente portamento di non cale ostentato dalla dirigenza provinciale, esteso finanche all’organo interno istituzionalmente deputato, non solo a gestire la gara, ma anche ad assicurare il prescritto flusso informativo alle ditte partecipanti.

Concludendo sul punto, alle ditte di cui al costituendo raggruppamento spetta un risarcimento per culpa in contrahendo della PA intimata, senza che tuttavia possano trovare ingresso -perché incompatibili con la responsabilità precontrattuale- alcune voci di danno allegati dal ricorrente nella sua richiesta risarcitoria, corredata da relazione di stima depositata in giudizio. Ci si riferisce non solo al reclamato "mancato utile diretto" (che presupporrebbe un interesse legittimo a risultato garantito, del tutto inconfigurabile nei successi di gara solo parziali raggiunti dal RTI), ma anche ai danni da chance, nonché "da immagine e perdite future", tutte voci che postulano un’illegittimità dello ius poenitendi che nella specie non è intervenuta; ciò in quanto il solo contesto lesivo riconoscibile risulta per l’appunto limitato alle inutili attese di una procedura interrotta, mentre le ragioni di tale interruzione sono rimaste estranee al vaglio del collegio, in assenza di un’aggiudicazione definitiva e financo provvisoria.

Quanto sopra in applicazione dei noti principi giurisprudenziali secondo cui tale forma risarcitoria va determinata nei limiti dell’interesse negativo a non vedersi lesi nell’esercizio della propria libertà negoziale, valorizzando il pregiudizio subìto per aver inutilmente confidato nella conclusione del contratto, ed in particolare nelle spese inutilmente sostenute e nella perdita di favorevoli occasioni contrattuali (fra le tante, tar Lazio RM sez. II bis n. 5766/06).

Possono dunque essere considerati i soli danni allegati dal ricorrente patrono derivanti da:

a): "costi per la progettazione nonché l’attività amministrativa e tecnica necessarie per la predisposizione dell’offerta e per partecipare alla competizione";

b) "impegno di tutto lo staff amministrativo e tecnico del RTI";

c);"mancata partecipazione ad altre gare".

Per la voce sub a) l’importo proposto di 3.877,25 deve essere ridotto a 3.000,00 euro, a causa dei i costi di prestazione dello staff, che il collegio reputa stimati in modo eccessivo; la voce sub B) viene ridotta da euro 15.281,00 ad euro 10.000,00 per la parziale sovrapposizione con le spese lamentate sub a) oltre che per la medesima ragione connessa al calcolo di costo del personale, mentre per la voce sub c) risulta effettivamente comprovata la mancata partecipazione ad un’altra gara per servizi di ingegneria sempre relativi alla viabilità del Fucino, indetta dalla stessa Provincia di L’Aquila, gara alla quale il raggruppamento avrebbe potuto partecipare ove non fosse stata inutilmente trattenuta in procedure poi interrotte mediante autotutela tardivamente comunicata (sullo specifico punto peraltro la stessa Provincia di L’Aquila non ha fornito alcuna documentazione contraria rispetto a quanto allegato dal ricorrente patrono).

Nella lesione risarcitoria della mancata partecipazione ad una procedura di affidamento non intrapresa per seguire trattative inutili, entra effettivamente in gioco il danno da chance -escluso invece in precedenza per la procedura annullata, in assenza di un riscontro di illegittimità della disposta autotutela- rappresentando quello probabilistico il principale criterio di calcolo dell’occasione rinunciata, sia pure attraverso presunzioni tarate al "minimo", per la mancanza di qualsiasi indizio qualificato sulle possibilità di successo di un’offerta ipotetica, in una selezione mai affrontata.

Su di un importo base pari a circa 94.200,00, deve pertanto rettificarsi la quantificazione da euro 1.277,63 a 942,00 euro, non potendo il ristoro superare per le ragioni anzidette la misura dell’1%. Inoltre eccessiva e priva di sostanziale ratio è la pretesa di 4.070,00 "per il tempo impiegato dallo staff per l’esame del bando e della documentazione ad esso allegata", trattandosi di una gara per l’appunto ove è mancata in radice la partecipazione, ferme restando le solite voci in eccesso sul costo del personale. Può essere peraltro riconosciuta la minore misura pari a 1.500,000 euro per i costi comunque connessi ad un sommario studio della lex specialis da parte dell’equipe tecnico- amministrativa, nella misura sufficiente a comprendere l’impossibilità di prender parte ad altra competizione in pendenza di quella di cui è causa.

La somma complessiva da risarcire ai sensi dell’art. 1337 c.c. ammonta pertanto ad euro 15.442,00 (quindicimilaquattrocentoquarantue), quale esito della sommatoria di: 3.000 + 10.000 + 942 + 1.500.

Sulle singole spese rimborsabili al costituendo raggruppamento ricorrente, che sono debiti di valore, compete altresì la rivalutazione monetaria secondo gli indici ISTAT, dalla data di effettuazione della spesa fino alla data di deposito della presente sentenza; sulla somma così rivalutata si computeranno gli interessi legali calcolati dalla data di deposito della presente sentenza fino all’effettivo soddisfo (Cfr. Cons. Stato, Sez V, 7334/2010 nonchè VI n. 3144/2009).

In conclusione, il ricorso introduttivo ed i motivi aggiunti vanno dichiarati inammissibili, per difetto di un qualificato interesse, in relazione alle domande di annullamento degli atti ivi impugnati (nonché in ordine alle collegate istanze di reintegrazione in forma specifica nella procedura caducata in via di autotutela), mentre trova accoglimento nei limiti del riconoscimento della culpa in contraendo, con le quantificazioni sopra illustrate.

Le spese e gli onorari, tenuto conto della reciproca parziale soccombenza, vanno integralmente compensati tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’ Abruzzo (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso introduttivo ed i motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, così decide:

1) dichiara inammissibile il ricorso introduttivo ed i motivi aggiunti, in relazione alle domande di annullamento degli atti ivi impugnati;

2) accoglie in parte la domanda risarcitoria, secondo quanto specificato e disposto in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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