Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 26-03-2012, n. 4808

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 12.11/29.12.2009 la Corte di appello di Catania, in parziale riforma delle decisioni di primo grado, condannava O.C. al pagamento in favore di L.F.E. di somme a titolo di differenze retributive.

Osservava in sintesi la corte territoriale che gli esiti dell’istruttoria non avevano dato riscontro all’asserito svolgimento di lavoro straordinario, essendo anzi emerso che il dipendente aveva svolto l’attività lavorativa in modo discontinuo; che solo apparente era il riferimento ad un rapporto di apprendistato instauratosi fra le parti; che risultava, invece, non provata la corresponsione del TFR. Per la cassazione della sentenza propone ricorso L.F.E. con sei motivi. Resiste con controricorso O.C., il quale ha anche proposto ricorso incidentale.

Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo del ricorso principale, svolto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, il ricorrente lamenta violazione dell’art. 324 c.p.c., osservando come la corte territoriale avesse rigettato la censura relativa al mancato riconoscimento della retribuzione piena, in luogo di quella ridotta prevista per gli apprendisti, sebbene sulla statuizione del primo giudice relativa alla applicabilità diretta del contratto collettivo di settore si fosse formato il giudicato.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta violazione dell’art. 112 c.p.c., per non avere i giudici di appello pronunciato in ordine alla domanda relativa alla mancata corresponsione delle mensilità accessorie.

Con il terzo e quarto motivo, rispettivamente proposti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 e 3, il ricorrente prospetta in via subordinata, e con riferimento a questi stessi fatti, vizio di motivazione e, comunque, violazione dell’art. 2697 c.c., non risultando dal datore di lavoro soddisfatto l’onere di provare il pagamento della 13^ mensilità ed, in ogni caso, mancando in tal senso alcuna adeguata motivazione.

Con il quinto motivo, svolto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, il ricorrente prospetta vizio di motivazione relativamente al mancato riconoscimento del lavoro straordinario, non potendo ritenersi a tal fine decisivo il carattere discontinuo dell’attività lavorativa del dipendente.

Con l’ultimo motivo, infine, del ricorso principale, il ricorrente, denunciando violazione di legge ( art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione all’art. 92 c.p.c.), rileva che il regolamento delle spese adottato dalla corte territoriale (che lo aveva condannato al rimborso di metà di quelle sostenute dalla controparte) si poneva in contrasto con il principio per cui il relativo carico, anche nell’ipotesi di accoglimento parziale della domanda, non può gravare sulla parte vincitrice.

2. Con il primo motivo, poi, del ricorso incidentale, il ricorrente lamenta vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, con riferimento alla mancanza di alcuna statuizione in ordine alla eccepita inammissibilità della domanda relativa alla nullità del contratto di apprendistato, giacchè non sollevata in primo grado.

Con il secondo motivo, pur svolto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, il ricorrente incidentale, infine, censura l’impugnata sentenza per avere, da un lato, escluso il rilievo probatorio del libro paga ai fini della dimostrazione del pagamento del TFR, dall’altro determinato il suo ammontare sulla base delle registrazioni dallo stesso risultanti.

3. I ricorsi vanno preliminarmente riuniti, ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

4. Il primo motivo del ricorso principale è infondato.

Per come, infatti, emerge dalla sentenza impugnata la corte etnea nè ha ritenuto che fra le parti si fosse instaurato un rapporto di lavoro di apprendistato, nè ha posto in discussione l’applicabilità (diretta, e non solo parametrica) del contratto collettivo del settore meccanici-artigiani, in conformità a quanto ritenuto, sotto entrambi i profili, dal primo giudice.

La corte ha, piuttosto, osservato, "che il riferimento all’apprendistato è stato fatto dal tribunale non tanto per richiamare la esistenza fra le parti di tale tipo contrattuale che esige la forma scritta nella fattispecie mancante – ma piuttosto, in modo chiaramente improprio, in considerazione del fatto che il L. F. non aveva alcuna esperienza prima di lavorare presso l’ O….".

Tale osservazione, quindi, per nulla "lascia intendere" che "alla stregua delle mansioni di fatto svolte dal ricorrente e dovendosi fare riferimento alla giusta retribuzione ex art. 36 Cost., tale doveva ritenersi quella degli apprendisti alla stregua di tutte le circostanze del caso concreto".

E, comunque, va rilevato come la censura non risulta conforme al canone di necessaria autosufficienza del ricorso per cassazione, non essendo stato nemmeno trascritto il passo della sentenza di primo grado che si assume oggetto di erronea interpretazione, laddove, come noto, secondo il costante insegnamento di questa Suprema Corte, la parte che denuncia, in sede di legittimità, il difetto di motivazione su un’istanza di ammissione di un mezzo istruttorio o sulla valutazione di un documento o di atti e risultanze probatori e processuali, ha l’onere di indicare specificamente le circostanze oggetto della prova o il contenuto del documento o dell’atto trascurato o erroneamente interpretato dal giudice di merito, provvedendo alla relativa trascrizione, al fine di consentire il controllo della decisività dei fatti allegati e da provare, dato che questo controllo, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, deve poter essere compiuto dalla Corte di cassazione sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative.

5. Meritevole di accoglimento è, invece, il secondo motivo.

Ha, infatti, il ricorrente puntualmente documentato (con la trascrizione della pertinente parte dell’atto di appello) di aver contestato il mancato accoglimento della domanda relativa al pagamento non solo del TFR, ma anche delle mensilità aggiuntive.

La corte territoriale, per come emerge dalla sentenza impugnata, non ha in alcun modo pronunciato su tale censura, pur trattandosi di istanza ritualmente proposta, che abbisognava di espresso esame e di una specifica statuizione di accoglimento o di rigetto, con conseguente vizio di omessa pronuncia, correlato alla violazione dell’art. 112 c.p.c..

Ricorrendo, come noto, tale vizio ogni volta che sia completamente omesso il provvedimento che si palesa necessario in relazione al caso concreto e non ricorra una pronuncia, nemmeno implicita, sull’istanza o il suo assorbimento in altra statuizione (v. ad es., Cass. n.264/2006; Cass. n. 5562/2004).

6. Nell’accoglimento del terzo motivo resta assorbito l’esame del terzo e del quarto capo del ricorso.

7. Va, invece, rigettato il quinto il motivo.

Ha, infatti, accertato la corte etnea che "i testi escussi…hanno concordemente dichiarato che il L.F. lavorava soltanto per 10 giorni al mese, in quanto sin dall’inizio aveva affermato di essere occupato altrove. A fronte della coincidenza su tale circostanza di fatto…delle richiamate disposizioni testimoniali…null’altro può desumersi dalle acquisizioni processuali, in ordine allo svolgimento da parte del L.F. delle n. 37,5 ore di lavoro settimanali, in quanto i testi escussi…non hanno specificato alcunchè in ordine a tale elemento di fatto senz’altro determinante". Questa valutazione di merito, in quanto motivata in termini sufficienti e non contraddittori, non è censurabile in sede di legittimità. 8. Quanto, poi, al primo motivo del ricorso incidentale, lo stesso deve ritenersi inammissibile.

Ed, al riguardo, deve ribadirsi come il vizio di omessa pronuncia, integrando un error in procedendo incidente sulla sentenza impugnata, è deducibile con ricorso per cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, e non come violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, nè, a maggior ragione, come vizio motivazionale, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, attenendo quest’ultimo all’accertamento e alla esatta valutazione di fatti rilevanti ai fini della decisione (v. ad es. Cass. n. 24856/2006; Cass. n. 11840/2006) e che, comunque, la censura presuppone che l’interessato indichi (per come, nel caso, non è avvenuto) in quali atti tale difesa sia stata formulata, documentandone il contenuto, dal momento che, sebbene la violazione dell’art. 112 c.p.c., configuri un error in procedendo, per il quale la Corte di Cassazione è giudice anche del fatto processuale, il diretto esame degli atti è pur sempre condizionato ad un apprezzamento preliminare della decisività della questione (v. SU n. 15781/2005).

9. Infondato è, infine, il secondo motivo, incentrandosi la censura sulla erronea sovrapposizione fra il piano dell’adempimento dell’obbigazione retributiva e del rilievo probatorio che, sotto questo aspetto, assumono le registrazioni del libro paga (che, al pari degli altri libri contabili dell’azienda, in quanto atti precostituiti dal datore di lavoro, anche se in adempimento di un obbligo di legge, non possono costituire prova del pagamento dei crediti di lavoro, assumendo valore di prova solo contro il datore di lavoro: v. ad es. Cass. n. 14658/2003) e quello della quantificazione del credito (rispetto al quale tali registrazioni, in ragione della loro qualificata provenienza, ben possono assumere, invece, rilievo e consistenza).

Con la conseguenza che deve escludersi, sotto tal profilo, alcuna contraddizione nella motivazione logica e giuridica della sentenza impugnata.

10. Vanno, quindi, in conclusione rigettati il primo ed il quinto motivo del ricorso principale, accolto il secondo e dichiarati assorbiti il terzo ed il quarto; va, altresì, rigettato il ricorso incidentale. La necessità del rinvio assorbe anche l’esame del sesto motivo del ricorso principale.

La sentenza impugnata va, pertanto, cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata ad altro giudice di pari grado, il quale provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi, accoglie il secondo motivo del ricorso principale, rigetta il primo ed il quinto, dichiara assorbiti i restanti; rigetta il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia anche per le spese alla Corte di appello di Caltanissetta.

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