Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 26-03-2012, n. 4807 Cassa integrazione guadagni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Brescia, riformando la sentenza di primo grado, dichiarava l’illegittimità della collocazione in CIGS, da parte Della società IDRA CASTING MACHINES, di G.I. in relazione alla mancata applicazione della rotazione con conseguente condanna di detta società al pagamento al risarcimento del danno pari ai 2/3 delle differenze salariali relative al periodo di 12 mesi, detratta la somma di Euro 250,00 mensili accordata dall’azienda ai lavoratori in CIGS per gli otto mesi nei quali avrebbe avuto diritto ad effettuare la prestazione.

La Corte del merito, per quello che interessa in questa sede, aderendo all’orientamento delle Sezioni Unite di questa Corte, di cui alla sentenza n. 302 del 2000, riteneva invalido il provvedimento di collocazione in CIGS del G. in quanto la comunicazione al sindacato faceva riferimento alle posizioni coinvolte nella sospensione, ma non citava mai, e la decisione di non procedere a rotazione specificandone le ragioni, e gli eventuali criteri in forza dei quali, nell’ambito dei lavoratori che rivestivano tale incarico, alcuni sarebbero stati sospesi a rotazione ed altri no. I sindacati, quindi, secondo la Corte di Appello, non erano stati posti nelle condizioni di valutare esattamente la situazione e, pertanto, doveva ritenersi invalido il provvedimento di collocamento in CIGS del G. senza rotazione.

Rilevava, poi, la predetta Corte che lo stesso vizio inficiava anche l’accordo in quanto in esso non si dava conto di alcun criterio tale da consentire di valutare in modo oggettivo quali lavoratori dovessero essere messi in CIGS a rotazione, non potendo il mero criterio delle funzioni fungibili essere criterio valido e non meramente tautologico.

L’istruttoria, sottolineava,inoltre, la Corte territoriale, aveva provato che il G. aveva una professionalità ben più complessa ed ampia di quella esercitata nell’ultimo periodo, professionalità che lo rendeva fungibile con le posizioni dei colleghi T. e B. ai quali, non a caso, erano state affidate anche le mansioni da lui da ultimo svolte relative alla gestione del magazzino, con la conseguenza che risultava provato un uso non corretto del vaghissimo criterio indicato nell’accordo.

Poichè appariva corretta la decorrenza della messa in CIGS, concludeva la Corte del merito, da tale data il G. aveva diritto ad alternarsi ai colleghi B. e T. e, pertanto, tenendo conto dei 12 mesi di CIGS tutti e tre i lavoratori avrebbero dovuto lavorare per 8 mesi e, quindi, la società andava condannata a riconoscere le differenze retributive per tale periodo.

Avverso questa sentenza la società in epigrafe ricorre in cassazione sulla base di due censure.

Resiste con controricorso il G. che propone a sua volta impugnazione incidentale assistita da tre motivi, cui resiste, con controricorso, la predetta società.

La società deposita memoria illustrativa.

Motivi della decisione

Con il primo motivo del ricorso principale la società IDRA CASTING MACHINES, deducendo insufficiente motivazione circa un fatto controverso, allega che se a seguito della comunicazione alle organizzazioni sindacali di avvio della procedura di collocamento in CIGS è stato, poi, raggiunto un accordo con dette organizzazioni, la Corte del merito non spiega adeguatamente le ragioni per le quali ha ritenuto detta comunicazione non idonea a consentire ai sindacati di valutare esattamente la situazione.

La censura non è fondata.

Questa Corte ha, infatti, sancito che in tema di procedimento per la concessione della CIGS, la comunicazione di apertura della procedura di trattamento di integrazione salariale assolutamente generica in ordine ai criteri in base ai quali pervenire all’individuazione dei dipendenti interessati alla sospensione tale da rendere impossibile qualunque valutazione coerente tra il criterio indicato e la selezione dei lavoratori da sospendere, viola l’obbligo di comunicazione previsto dalla L. 23 luglio 1991, n. 223, art. 1, comma 7, e tale violazione non può ritenersi sanata dall’effettività del confronto con le organizzazioni sindacali, trovandosi queste ultime a dover interloquire sul tema senza essere a conoscenza del contenuto specifico dei dati da trattare (Cass. 9 giugno 2009 n. 13240, nonchè, negli stessi termini, Cass. 31 gennaio 2011 n. 2155).

Di conseguenza è giuridicamente corretta e sufficientemente motivata la sentenza della Corte di Appello la quale, dopo aver accertata l’inidoneità della comunicazione di apertura della procedura di collocamento in CIGS a porre le Organizzazioni sindacali in condizioni di valutare esattamente la situazione, non ha ritenuto che l’intervenuto accordo sindacale potesse sanare la constatata inidoneità dell’informativa preliminare.

La predetta Corte del resto, non manca di annotare come il vizio inficiante la comunicazione coinvolge anche l’accordo il quale non da conto di alcun criterio tale da consentire di valutare, in modo oggettivo, quali lavoratori dovevano essere messi in CIGS a rotazione non potendo il mero criterio delle funzioni fungibili essere criterio valido e non meramente tautologico.

Con la seconda censura del ricorso principale la società, denunciando insufficiente motivazione circa un fatto controverso, prospetta che l’affermazione della Corte del merito, secondo la quale la pregressa professionalità del G. lo avrebbe reso fungibile con le posizioni dei colleghi T. e B., risulta insufficiente a sostenere la relativa motivazione in quanto la Corte territoriale non ha preso in considerazione la riorganizzazione che era stata posta in essere nei mesi precedenti la CIGS in base alla quale il G. non svolgeva più le mansioni eserciate in precedenza.

La censura non è scrutinabile.

Trattasi, infatti, di questione – implicante un accertamento di fatto circa l’allegata riorganizzazione – che il ricorrente principale, in violazione del principio di autosufficienza, non specifica in quale atto ed in quali termini l’ha sottoposta al vaglio del giudice del merito, sicchè la stessa va ritenuta per come sollevata per la prima volta solo in sede di legittimità e come tale va considerata inammissibile (Cass. 2 aprile 2004 n. 6542, Cass. Cass. 21 febbraio 2006 n. 3664 e Cass. 28 luglio 2008 n. 20518) .

Con il primo motivo del ricorso incidentale il G., assumendo motivazione contraddittoria, rileva che la Corte di Appello prima afferma l’illegittimità del collocamento in CIGS per difetto dei requisiti previsti dalla legge nella comunicazione di apertura della procedura e nell’accordo sindacale,e, poi, contraddittoriamente limita il risarcimento del danno ai soli periodi in cui egli non ha ruotato in CIGS con i colleghi T. e B., circostanza questa che presupporrebbe, al contrario, la legittimità della procedura e soltanto la illegittimità della mancata applicazione del criterio della rotazione.

Il motivo non è esaminabile.

Invero secondo giurisprudenza consolidata di questa Corte l’omessa pronuncia su alcuni dei motivi di appello – così come, in genere, l’omessa pronuncia su domanda, eccezione o istanza ritualmente introdotta in giudizio – risolvendosi nella violazione della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, integra un difetto di attività del giudice di secondo grado, che deve essere fatto valere dal ricorrente non con la denuncia della violazione di una norma di diritto sostanziale ex art. 360 c.p.c., n. 3 o del vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, in quanto siffatte censure presuppongono che il giudice del merito abbia preso in esame la questione oggetto di doglianza e l’abbia risolta in modo giuridicamente non corretto ovvero senza giustificare (o non giustificando adeguatamente) la decisione al riguardo resa, ma attraverso la specifica deduzione del relativo error in procedendo – ovverosia della violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 – la quale soltanto consente alla parte di chiedere e al giudice di legittimità – in tal caso giudice anche del fatto processuale – di effettuare l’esame, altrimenti precluso, degli atti del giudizio di merito e, così, anche dell’atto di appello. La mancata deduzione del vizio nei termini indicati, evidenziando il difetto di identificazione del preteso errore del giudice del merito e impedendo il riscontro ex actis dell’assunta omissione, rende, pertanto, inammissibile il motivo (Cass. 27 gennaio 2006 n. 1755 e Cass., S.U., 27 ottobre 2006 n. 23071).

Nella specie il ricorrente incidentale ha censurato la impugnata sentenza deducendo che la Corte del merito ha limitato erroneamente il risarcimento del danno ai soli periodi in cui egli non ha ruotato in CIGS con i colleghi T. e B., tuttavia tale vizio è stato fatto valere sotto il profilo di omessa motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, e non attraverso la specifica deduzione del relativo error in procedendo – ovverosia della violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 – allegando che era stato chiesto il risarcimento del danno non limitato ai soli periodi di mancata rotazione.

Con la seconda censura del ricorso incidentale il G., denunciando violazione dell’art. 91 c.p.c., rileva che la Corte del merito ha liquidato le spese giudiziali violando il principio del divieto della liquidazione complessiva e senza tener conto delle voci della tariffa professionale nonchè della nota specifica.

La censura è fondata nei sensi di seguito indicati.

Costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte che in tema di spese giudiziali, il giudice deve liquidare in modo distinto spese ed onorari in relazione a ciascun grado del giudizio, poichè solo tale specificazione consente alle parti di controllare i criteri di calcolo adottati e, di conseguenza, le ragioni per le quali sono state eventualmente ridotte le richieste presentate nelle note spese.

Nella specie, invece, il giudice di appello ha proceduto ad una liquidazione complessiva delle spese giudiziali senza distinzione alcuna tra spese ed onorari.

Conseguentemente la sentenza va sul punto cassata.

Con il terzo motivo del ricorso incidentale il G., allegando violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione al D.M. n. 127 del 2004, art. 14, assume che la Corte territoriale non ha provveduto alla liquidazione del rimborso forfetario delle spese generali pur richiesto.

Il motivo non è fondato.

Invero in tema di spese generali, previste da Regolamento recante i criteri per la determinazione degli onorari e dei diritti spettanti all’avvocato per le proprie prestazioni ( D.M. 5 ottobre 1994, n. 585, art. 15 e D.M. 8 aprile 2004, n. 127, art. 14), questa Corte ha precisato che il loro rimborso spetta alla parte in favore della quale siano state liquidate le spese di giudizio in via automatica ed anche in assenza di una sua espressa menzione in sentenza, che, se effettuata, riveste comunque efficacia soltanto dichiarativa (Cass. n. 23053 del 2009; Cass. n. 10416 del 2003 e Cass. 14 aprile 2011 n. 8512).

Reputa il Collegio di dover ribadire, in questa sede, tale orientamento, che trova fondamento nel condivisibile rilievo secondo il quale tale voce rappresenta un credito che trova la sua fonte direttamente nella legge, la quale ne determina anche la misura.

Conseguentemente l’omessa menzione di siffatta voce nella sentenza non si traduce in vizio di violazione di legge o in una omessa pronuncia, atteso che la parte può conseguire comunque il rimborso delle spese generali in sede di esecuzione della decisione (Cfr. sul punto Cass. 14 aprile 2011 n. 8512 cit.).

In conclusione il ricorso principale va rigettato, il secondo motivo del ricorso incidentale va accolto, mentre vanno rigettati gli altri motivi del detto ricorso.

Conseguentemente la sentenza impugnata va cassata in relazione all’accoglimento del secondo motivo del ricorso incidentale e la causa va rinviata, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Appello Milano.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale. Accoglie il secondo motivo del ricorso incidentale e rigetta gli altri motivi di detto ricorso.

Cassa, in relazione al secondo motivo del ricorso incidentale accolto, la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Milano.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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