Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 26-03-2012, n. 4806 Pensione di inabilità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Roma, per quello che interessa in questa sede, confermando la sentenza di primo grado, rigettava la domanda di E.M., proposta nei confronti dell’INPS e del Ministero dell’Economia e delle Finanze, avente ad oggetto la condanna del predetto INPS al pagamento della pensione d’inabilità.

A fondamento del decisum la Corte del merito poneva il rilievo che non sussisteva il requisito reddituale in quanto computando il reddito dell’assistita con quello del coniuge convivente risultava superato il limite richiesto dalla legge per la corresponsione della reclamata pensione.

Avverso questa sentenza l’ E. ricorre in cassazione sulla base di due censura.

L’INPS deposita procura.

Il Ministero intimato non svolge attività difensiva.

Motivi della decisione

Con il primo motivo la ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione della L. n. 118 del 1971, art. 12, della L. n. 614 del 1994, art. 3 ed della L. n. 33 del 1980, art. 14 septies, comma 4, denuncia che la Corte del merito erroneamente ha ritenuto che, ai fini dell’accertamento del requisito reddituale richiesto per il riconoscimento del diritto alla pensione d’inabilità, debba essere considerato anche il reddito del coniuge convivente dell’assistito.

Con il secondo motivo la ricorrente, allegando vizio di motivazione, prospetta che la Corte di Appello non ha considerato le pregresse motivazioni.

Il ricorso è infondato.

La normativa in tema di pensioni di inabilità non può essere interpretata alla stregua delle sentenze n. 7259 del 2009 n. 20426 del 2010 e n. 18825 del 2008, nelle quali si è affermato che, dopo la introduzione dell’art. 14 septies in sede di conversione del D.L. 30 dicembre 1979, n. 663 nella L. 29 febbraio 1980, n. 33, anche per la pensione di inabilità deve farsi esclusivo riferimento al reddito personale dell’assistito.

Deve invece, ribadirsi il principio, espresso da un più risalente indirizzo (Cass. n. 16363 del 2002,. n. 16311 del 2002, n. 12266 del 2003, n. 14126 del 2006, n. 13261 del 2007) riaffermato di recente da questa Corte (Cass. 1.3.2011 n. 5016; Cass. 1.3.2011 n. 5003 e Cass. 25,2.2011 n. 4677, che percorrono un dettagliato excursus normativo della legislazione in materia), in ragione del quale, ai fini dell’accertamento del requisito reddituale previsto per l’attribuzione della pensione di inabilità prevista dalla L. 30 marzo 1971 n. 118 – art. 12, deve tenersi conto anche della posizione reddituale del coniuge dell’invalido, secondo quanto stabilito dalla L. 29 febbraio 1980, n. 33, art. 14 septies, comma 4, in conformità con i generali criteri del sistema di sicurezza sociale, che riconoscono alla solidarietà familiare una funzione integrativa dell’intervento assistenziale pubblico, non potendo invece trovare applicazione la regola – stabilita dal successivo comma 5 dello stesso art. 14 septies solo per l’assegno mensile di cui alla L. n. 118 del 1971 – della esclusione dal computo dei redditi percepiti da altri componenti del nucleo familiare dell’interessato.

Nè possono considerarsi, come sottolineato nella citata sentenza n. 5003 del 2011, ostativi alla condivisa interpretazione le affermazioni contenute nella motivazione di alcune sentenze della Corte costituzionale (vedi, in particolare Corte Cost. n. 88 del 1992 e n. 400 del 1999), secondo le quali gli interventi legislativi succedutisi nel tempo avrebbero equiparato le condizioni reddituali richieste per la pensione di inabilità e per l’assegno mensile, eliminando, per entrambe, la capacità ostativa del reddito del coniuge (quale che ne fosse il livello). Infatti trattasi di affermazioni fatte incidentalmente in sentenze riguardanti il requisito reddituale di accesso dell’ultrasessantacinquenne alla pensione sociale (ovvero all’assegno sociale sostitutivo della prima della L. n. 335 del 1995, ex art. 3, comma 6), ossia una questione del tutto diversa da quella all’esame di questa Corte e che, d’altronde, presuppongono proprio il cumulo dei redditi, tanto da sollecitare il legislatore alla creazione (sempre per la pensione sociale) di un meccanismo differenziato in considerazione delle differenti esigenze di assistenza dell’ invalido e della necessità, pertanto, di una valutazione differenziata del ragionevole punto di equilibrio circa il concorso tra la solidarietà coniugale e quella collettiva.

Il ricorso va, pertanto, rigettato risultando la sentenza impugnata conforme ai principi sanciti da questa Corte.

Non deve provvedersi sulle spese del presente giudizio ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo precedente le modificazioni apportate dal D.L. n. 269 del 2003 (convertito nella L. n. 326 del 2003), nella specie inapplicabile ratione temporis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese del giudizio di legittimità.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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