Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 05-10-2011) 14-10-2011, n. 37015

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, con sentenza in data 21 gennaio 2010, confermava la sentenza del Tribunale di Bolzano, in data 23/4/2008, che dichiarava M.M. colpevole del reato di truffa aggravata, in concorso, avendo indotto in errore G.A., all’interno del casinò di Innsbruck, inducendolo a consegnare Euro 192.000 in contanti dandogli in cambio, a titolo di garanzia, 16 libretti di risparmio contraffatti con un apparente deposito di Euro 12.000 ciascuno e condannato alla pena di mesi sei di reclusione e Euro 200 di multa, quale aumento di pena in continuazione su quella di cui alla sentenza del Tribunale di Bolzano, in data 7/11/2007, divenuta irrevocabile il 15/12/2007, determinando la pena complessiva del reato continuato riguardante i fatti di cui alla predetta sentenza e quella oggetto del presente processo in anni uno, mesi tre di reclusione Euro 500 di multa.

Proponeva ricorso per cassazione il difensore dell’imputato deducendo i seguenti motivi:

a) difetto di motivazione in relazione ai motivi di ricorso in appello, non essendo stata valutata la circostanza che il solo M. si era procurato i libretti bancari e solamente lui provvide al deposito nella cassetta di sicurezza, non avendo la Corte neanche adeguatamente valutato le dichiarazioni della parte offesa rese al dibattimento;

b) mancanza di motivazione in ordine alla riduzione della pena nel minimo edittale e alla richiesta di applicazione del condono.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Nel caso di sentenze di primo e secondo grado che concordino nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della statuizione di responsabilità (la cosiddetta "doppia conforme"), l’ambito della necessaria autonoma motivazione del giudice d’appello risulta correlato alla qualità e alla consistenza delle censure rivolte dall’appellante. Se questi si limita alla mera riproposizione di questioni di fatto già adeguatamente esaminate e correttamente risolte dal primo giudice, oppure di questioni superflue o palesemente inconsistenti, il giudice della impugnazione ben può motivare per relazione e trascurare di esaminare elementi superflui, non pertinenti, generici o manifestamente infondati.

Il Tribunale ha rilevato come, alla luce dei dati obiettivi, trovino "piena collocazione"le dichiarazioni della parte offesa che, nella sostanza, racconta di essere stata convinta all’operazione dal proprio amico M.M., con il quale aveva più volte fatto affari.

Il Tribunale ricostruisce la condotta truffaldina nei seguenti termini: "nell’ultimo scambio denari libretti avvenuto il 28.4.2005 … deve essere avvenuto uno scambio nel senso che dopo avere estratto le due cassette (quelle in uso ad H. e quella in uso allo G.) ed aver riposto i libretti in quella dello G., proprio H., mentre il M. si portava davanti allo G., con una mossa che solo a posteriori lo G. ha messo a fuoco appieno (impedendo così la visuale) ha scambiato le cassette (da notare che le cassette sono identiche e ciascuna può essere infilata nel posto dell’altra….". Affermava, quindi, che lo G. sia stato vittima di un abile raggiro ad opera dei due imputati che hanno agito in pieno accordo, pur facendo apparire allo G. di non operare sullo stesso fronte, ma almeno parzialmente, in potenziale disaccordo.

La Corte territoriale, oltre ad aver fatto espresso riferimento alla ricostruzione della vicenda e alle logiche conclusioni da parte del primo giudice, ha rilevato come la responsabilità dell’imputato per il delitto ascrittogli possa essere individuata in una qualsiasi fase dell’iter criminis e, quindi, anche in un movimento corporeo atto a nascondere alla persona offesa movimenti del corpo, evidenziando come tra l’imputato e la parte offesa vi fosse un pregresso rapporto di amicizia e di affari, ritenendo, con valutazione logica, che sia stato proprio il M. ad avere convinto lo G. ad effettuare l’operazione rilevatasi truffaldina.

2) A seguito della valutazione del comportamento delle parti e delle modalità di commissione del reato la Corte ha ritenuto di confermare la sentenza "in ogni suo aspetto", ricompresa implicitamente anche la pena comminata, peraltro in termini minimi (mesi sei di reclusione Euro 200 di multa) in continuazione sulla precedente sentenza, oltre a rimettere, del tutto legittimamente, al giudice dell’esecuzione l’eventuale applicazione dell’indulto. Conclusivamente il ricorso va rigettato.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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