Cass. pen., sez. III 07-03-2006 (02-02-2006), n. 7873 REATI CONTRO LA PERSONA – DELITTI CONTRO LA LIBERTÀ INDIVIDUALE – Fatto commesso da persona cui il minore sia stato affidato per ragioni di cura, educazione, istruzione, vigilanza o custodia

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 24 giu. 2005, la Corte di appello di Roma ha confermato la sentenza del 27 set. 2004 con la quale il Tribunale della medesima citta?, a seguito di giudizio abbreviato condizionato, aveva riconosciuto N.R.A. responsabile del reato di cui agli artt. 81 c.p.v., 609- bis e 609- ter, comma 1, punto 1) c.p. per essersi congiunto carnalmente, in Roma dal dic. 2002 al mag. 2003, con B.S.C., minore degli anni quattordici, alle pene accessorie e al risarcimento dei danni alle parti costituite.

Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l’imputato personalmente, deducendo la violazione di cui all’art. 606, comma 1, lett. e) c.p.p., per aver la Corte territoriale riprodotto del tutto artificialmente le motivazioni della decisione di primo grado, senza confutare adeguatamente le specifiche censure formulate nei motivi di appello, ad es. non motivando il mancato accoglimento della richiesta di rinnovazione dell’istruttoria per sottoporre a perizia la minore ritenendo in maniera illogica la sussistenza di significativi riscontri alle dichiarazioni di questa in circostanze di per se non significative o contrastanti con altre.

Con un secondo motivo di ricorso, la sentenza impugnata viene censurata per violazione di cui all’art. 606, comma 1, lett. e) c.p.p. per difetto di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della prevalenza delle riconosciute attenuanti generiche rispetto alla contestata aggravante, richiesto nei motivi di appello.

Motivi della decisione

Il ricorso e? infondato.

Va premesso che, secondo la giurisprudenza di questa Corte in tema di valutazione probatoria, la deposizione della persona offesa dal reato, nonostante la diversita? di posizione di questa rispetto a quella di un qualunque estraneo, puo? essere assunta anche da sola a base del convincimento del giudice ove venga sottoposta ad un?indagine positiva sulla credibilita? soggettiva ed oggettiva di chi l’ha resa (Sez. V pen. 1 giu. 1999 n. 6910; Sez. VI pen., 4 mar. 1994 n. 2732; e, piu? di recente, sez. III pen. sentt. 29 gen. 2004 n. 3348 e 23 mag. 2003 n. 22848).

I giudici di merito ed in particolare quelli della sentenza di primo grado, richiamata anche da quella di appello, hanno fatto coerente applicazione di tale regola, in primo luogo sottoponendo ad un controllo rigoroso le dichiarazioni accusatorie della parte offesa S.B., evidenziandone la complessiva logicita?, la chiarezza, la mancanza di acrimonia nei confronti dell’imputato, l’assenza di un atteggiamento tendente alla fantasticheria o all’esagerazione.

Hanno altresi? rilevato come tutte le deposizioni della parte offesa siano improntate a pudore e reticenza, a difficolta? di narrazione e di rievocazione di una vicenda dolorosa.

Per taluni aspetti di alcuno degli episodi contestati, le dichiarazioni della parte offesa hanno poi trovato conferma nella testimonianza della cognata dell’imputato e in quella di una altro teste, pur ritenute dai giudici ambedue ispirate ad un?ottica compiacente e difensiva nel confronti dell’A.; per quanto riguarda poi l’esistenza di rapporti sessuali tra il trentenne imputato e la dodicenne parte lesa le dichiarazioni di quest?ultima hanno trovato sostanziale conferma anche dall’attuale ricorrente, che secondo tali giudici di merito avrebbe cercato di giustificarsi attribuendone l’iniziativa in maniera non credibile alla parte lesa.

Gli elementi cosi? emersi dall’istruttoria dibattimentale sono stati quindi ritenuti ampiamente sufficienti a fondare nel Tribunale e poi nella Corte territoriale (che quindi non ha disposto la richiesta rinnovazione dell’istruttoria) il convincimento circa la colpevolezza dell’imputato e non appaiono in alcun modo poter essere messi in dubbio dalla prima censura del ricorso, laddove sembra contestare che tra le parti vi siano stati realmente i rapporti sessuali denunciati, viceversa pienamente provati e, come rilevato dalla sentenza di merito, in sostanza ammessi, quantomeno in parte, anche dall’imputato.

Infine, anche il secondo motivo di ricorso, concernente il difetto di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della prevalenza delle attenuanti generiche, e? infondato, avendo dato la Corte sufficiente conto delle ragioni di tale decisione con l’indicare la pluralita? degli episodi di violenza e per essere stati gli stessi commessi approfittando inizialmente della coabitazione con la parte offesa.

Concludendo, sulla base delle considerazioni svolte, il ricorso va respinto e il ricorrente va condannato, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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