Cass. civ. Sez. I, Sent., 26-03-2012, n. 4782 Indennità di espropriazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L’Istituto Diocesano Sostentamento del Clero di Caserta, premesso che Interporto Sud Europa s.p.a. aveva occupato in via d’urgenza, con decreto autorizzativo n. 2 del 15/5/2000, e si era immessa nel possesso dei fondi di proprietà in (OMISSIS), al catasto fg.37, partita 1777, mapp. 121 di are 16,02 e mapp.160 di are 10,79, per la realizzazione dell’interporto di (OMISSIS); che con comunicazione del 10/5/02, Interporto Sud Europa aveva provveduto all’offerta dell’indennità provvisoria secondo i VAM del 2000 in Euro 9138,50, non accettata dall’esponente, ed aveva espropriato detti fondi con decreto n. 1 del 10/8/85, comunicato il 2-6/2/06, con deposito della somma presso la Cassa DD.PP., chiedeva la determinazione delle giuste indennità di espropriazione ed occupazione, oltre rivalutazione ed interessi, e la condanna al deposito della differenza.

Interporto Sud Europa si costituiva ed eccepiva l’inammissibilità dell’opposizione per decadenza; nel merito, contestava la fondatezza della domanda, per difetto di destinazione edificatoria, ed eccepiva che non era dovuta l’indennità di occupazione a causa del persistere della detenzione del proprietario espropriato. L’Istituto Diocesano notificava l’atto di citazione anche al Comune di Maddaloni, a titolo di litis denuntiatio. La Corte d’appello, con sentenza del 5-17 febbraio 2010, ha determinato la giusta indennità di espropriazione ed occupazione rispettivamente in Euro 122.548,51 ed Euro 30.637,12, oltre interessi legali per ciascuna annualità su detta ultima indennità, ed ha condannato Interporto al deposito delle somme, detratto quanto già versato, nonchè alla rifusione all’attore delle spese del grado. A base della decisione, la Corte del merito, ritenuta la legittimazione passiva di Interporto, quale soggetto beneficiario dell’esproprio, respinta l’eccezione di decadenza per tardività, ritenuto di non potere prendere in esame l’eccezione di decadenza D.Lgs. n. 504 del 1992, ex art. 16, in quanto inapplicabile nel caso di dichiarazione omessa e non oggetto di rilievo d’ufficio (nel caso, l’eccezione era stata sollevata tardivamente in comparsa conclusionale), ha valutato i terreni come legalmente edificabili, atteso che, alla stregua del certificato di destinazione urbanistica, a seguito della variante determinata dal recepimento dell’accordo di programma per la realizzazione dell’interporto (Delilb. Consiliare 30 aprile 1996, n. 351), il terreno era passato dalla classificazione nel P.R.G. al 10/5/00 in zona omogenea "D10-nodo di scambio intermodale", in cui è consentita l’edificazione di insediamenti logistici ed industriali, in zona D15/1 per la realizzazione dell’interporto, dove, a determinate condizioni,sono consentite costruzioni anche a privati, con regolare permesso di costruzione, previa approvazione del piano particolareggiato, e che detta classificazione era da ritenersi a funzione conformativa del diritto di proprietà.

Ciò posto, la Corte napoletana ha aderito alla conclusioni del C.T.U., concludendo per il calcolo dell’indennità di espropriazione al valore di mercato L. n. 2359 del 1865, ex art. 39, per effetto della sentenza della Corte cost. 348/2007, essendo la dichiarazione di pubblica utilità intervenuta prima dell’entrata in vigore del T.U. espropriazioni; quanto all’indennità di occupazione, dovuta dall’immissione in possesso dal 28/7/2000 e per cinque anni, la Corte ha ritenuto doversi presumere la materiale occupazione in presenza del verbale di immissione in possesso,e ha quantificato la stessa nella misura del saggio annuo del 5% sul valore espropriativo, pari ad Euro 30637,12, oltre interessi legali su ciascuna annualità di Euro 6.127,42, dalla scadenza al deposito presso la Cassa Depositi e Prestiti. Propone ricorso per cassazione Interporto, sulla base di tre motivi. L’Istituto ha depositato controricorso.

Motivi della decisione

1.1.- Con il primo motivo, la società ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 16, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto decisivo.

Secondo Interporto, l’indirizzo del S.C. in relazione alla rilevabilità su eccezione di parte non è monolitico, ed anzi l’attualità del conflitto di tesi nella stessa sezione della Corte emerge dalla sentenza 21433/07 (a sostegno del rilievo ufficioso, vedi anche la finanziaria 2008 e le sentenze 18844/08, 14459/08);

inoltre, la Corte del merito ha ritenuto l’eccezione non rilevabile d’ufficio, applicando il preteso mutamento del S.C., a fronte dell’orientamento diverso precedentemente seguito, così causando alla parte un chiaro pregiudizio.

1.2.- Col secondo motivo, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 865 del 1971, artt. 1 e ss., L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, L. n. 865 del 1971, art. 20, comma 3 e di ogni altra norma e princìpio in materia di determinazione dell’indennità di esproprio ed occupazione, di rilevanza dei vincoli espropriativi e del rapporto coi vincoli conformativi; vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su fatti decisivi della controversia.

Secondo Interporto, la destinazione come D15/1, nell’ambito della variante al P.R.G. di (OMISSIS) conseguita all’approvazione dell’Accordo di programma del 3/10/1996, n. 14555, esplicitata secondo l’art. 69 bis della variante come "Aree destinate alla realizzazione di impianto produttivo: Interporto (OMISSIS)" era tale per cui l’edificabilità legale del terreno,al momento della definizione dell’espropriazione in oggetto, era preordinata esclusivamente ad una destinazione di opera di interesse pubblico, rimessa, per la sua realizzazione, esclusivamente all’iniziativa di un soggetto pubblico o ad esso equiparato (vedi Accordo di programma, vedi la L. n. 240 del 1990, artt. 1 e 3); gli interporti possono essere realizzati anche da soggetti privati, con le caratteristiche di cui alla L. n. 240, che vengono individuati come "gestori", equiparabili ad un concessionario di opere pubbliche, e nel caso il Ministro dei Trasporti ha concesso al Consorzio per l’Intermodalità della Campania un contributo statale per la realizzazione dell’Interporto, così confermandosi l’affidamento a soggetto equiparato ad una struttura pubblica.

Ha errato la Corte del merito nel ritenere consentita l’edificazione nella zona D15/1 di insediamenti logistici ed "industriali", a certe condizioni anche a privati, ed a riconoscere natura conformativa a tale destinazione. E’ errata la premessa del C.T.U., che ha ritenuto la vocazione edificatoria di tipo industriale; è stato disposto vincolo di natura espropriativa sia nell’originario P.R.G. (destinazione D10) sia nella variante conseguita all’Accordo di programma.

1.3.- Col terzo motivo, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 865 del 1971, art. 20, comma 4, in relazione alla determinazione dell’indennità di occupazione con riferimento al tasso di interesse applicato sull’indennità di espropriazione, per avere la Corte d’appello commisurato il tasso di interesse al 5%, mentre il saggio degli interessi deve essere quello legale.

2.1.- Va rapidamente superata l’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dall’Istituto Diocesano Sostentamento del Clero di Caserta, atteso che il ricorso non è soggetto al disposto di cui all’art. 366 bis c.p.c., per essere stata detta norma abrogata con decorrenza dal 4 luglio 2009 dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47 (abrogazione efficace nei confronti di pronunce pubblicate o depositate successivamente alla data di entrata in vigore di detta legge), e rilevato che la ricorrente ha osservato il disposto di cui all’art. 366 c.p.c., n. 3, riportando la parte della pronuncia dedicata allo svolgimento del processo, nonchè la motivazione ed il dispositivo della Corte del merito, in tal modo consentendo alla Corte di venire a conoscenza delle questioni controverse tra le parti. Come ritenuto nelle pronunce 19237/2003, 3747/03, e 11338 del 2004, il disposto dell’art. 366 c.p.c., n. 3 può ritenersi osservato quando nel ricorso stesso sia stata trascritta la sentenza impugnata, purchè se ne possa ricavare la cognizione dell’origine e dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni assunte dalle parti, senza necessità di ricorrere ad altre fonti, e la parte può utilizzare la parte espositiva della sentenza impugnata, inserendola nel testo del ricorso.

Diversa è la fattispecie valutata negativamente in termini di inammissibilità dalle S.U. nella sentenza 19255 del 2010, atteso che nel caso la parte si era limitata a riportare pedissequamente gli atti del giudizio di merito, atto di citazione, comparsa di costituzione e risposta, istanza di chiamata in causa ed atto di chiamata,comparsa di costituzione del chiamato, di talchè tale assemblaggio degli atti avrebbe costretto la Corte ad attingere da tali atti,esterni al ricorso,il requisito proprio del ricorso.

2.2.- Il primo motivo è da ritenersi superato, atteso che la Corte Cost., con sentenza n.338 del 2011, ha dichiarato l’incostituzionalità del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 16, comma 1, norma che pertanto è stata espunta dall’ordinamento.

2.3.- Il secondo motivo è infondato.

Secondo la Corte d’appello, il terreno di cui si tratta è passato, a seguito della variante determinata dal recepimento dell’accordo di programma per la realizzazione dell’interporto, dalla classificazione in zona omogenea "D10-nodo di scambio intermodale", in cui è consentita l’edificazione di insediamenti logistici ed industriali, in zona D15/1, per la realizzazione dell’interporto, dove, a determinate condizioni, sono consentite costruzioni anche a privati, con regolare permesso di costruzione, previa approvazione del piano particolareggiato, e tale classificazione, riguardando un’intera porzione del territorio comunale, incidendo su una generalità di beni e nei confronti di pluralità indifferenziata di soggetti, ha funzione conformativa.

La sentenza impugnata sul punto ha reso corretta applicazione delle norme e dei principi regolanti la materia; come rilevato, tra le ultime, nelle pronunce 17995/09 e 404/2010, il riconoscimento della edificabilità è legato alla sola classificazione urbanistica, dovendosi tenere conto dei vincoli conformativi che, in quanto connaturati alla proprietà in sè, incidono su una generalità di beni e nei confronti di una pluralità di soggetti indifferenziati, come nei casi di zonizzazione dell’intero territorio comunale o di parte di esso, qualora non siano tollerati interventi edificatori ad iniziativa privata, neppure a mezzo di apposite convenzioni.

Nel caso, la classificazione urbanistica connota l’edificabilità dell’area, nè potrebbe ritenersi l’utilizzo meramente pubblicistico della stessa, non sussistendo alcuna riserva a favore di soggetto pubblico, essendo suscettibile l’area di realizzazione ad iniziativa anche di soggetti privati, sulla base di apposita concessione.

Quanto al richiamo alla sentenza delle S.U., 9940 del 2005, è agevole rilevare che la stessa si è espressa in relazione alla natura pubblicistica della società Interporto Padova s.p.a., come soggetto "gestore" dell’interporto, avuto riguardo alla normativa di cui alla L. n. 240 del 1990, del D.P.R. 14 marzo 2001 e della L. n. 166 del 2002, ha affermato che gli interporti costituiscono nel loro insieme una delle infrastrutture fondamentali per il sistema dei trasporti, e che si è di fronte all’esercizio di un servizio pubblico affidato per legge ad alcuni soggetti, "ancorchè aperto per la sua completa realizzazione anche ad interventi di privati con la funzione di integrare e completare il servizio pubblico": la pronuncia pertanto ha esaminato il profilo della natura del soggetto e dell’attività svolta, mentre diverso è il profilo della riserva esclusiva dell’attività a favore di soggetti pubblici, sollevato dalla difesa della società ricorrente.

Quanto alle doglianze rivolte alla C.T.U. in relazione a valori più contenuti fissati dalla Corte d’appello per altri terreni, è di palese evidenza il contenuto di merito della censura; quanto al vizio di motivazione, va di contro rilevato che la Corte del merito ha dato specificamente conto della valutazione del C.T.U., operata con riferimento a valutazioni similari acquisite dalla stessa Corte in altri giudizi di stima per terreni con analoga destinazione.

2.4.- Il terzo motivo è infondato.

Come affermato, tra le ultime, nella pronuncia 5520/2006, l’indennità di occupazione non è un interesse, bensì il corrispettivo del mancato godimento del bene occupato sino all’espropriazione, in relazione all’anticipata privazione del proprietario del suo diritto reale, ed è ragguagliato al tasso legale degli interessi sull’indennità di espropriazione, per cui il saggio legale degli interessi costituisce il parametro al quale fare riferimento: da ciò consegue la legittimità della individuazione del saggio degli interessi al 5% per il periodo di occupazione, come operata dalla Corte del merito.

3.1.- Conclusivamente, il ricorso va respinto.

Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo,seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 4000,00, oltre Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 8 febbraio 2012.

Depositato in Cancelleria il 26 marzo 2012

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