Corte Costituzionale sentenza n. 250 SENTENZA 3 – 7 novembre 2014

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

SENTENZA

nei giudizi di legittimita’ costituzionale dell’art. 6-ter, comma
1, del decreto-legge 20 giugno 2012, n. 79 (Misure urgenti per
garantire la sicurezza dei cittadini, per assicurare la funzionalita’
del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e di altre strutture
dell’Amministrazione dell’interno, nonche’ in materia di Fondo
nazionale per il Servizio civile), aggiunto dall’art. 1, comma 1,
della legge di conversione 7 agosto 2012, n. 131 (Conversione in
legge, con modificazioni, del decreto-legge 20 giugno 2012, n. 79,
recante misure urgenti per garantire la sicurezza dei cittadini, per
assicurare la funzionalita’ del Corpo nazionale dei vigili del fuoco
e di altre strutture dell’Amministrazione dell’interno, nonche’ in
materia di Fondo nazionale per il Servizio civile. Differimento di
termine per l’esercizio di delega legislativa), promossi dal
Tribunale amministrativo regionale per il Lazio con tre ordinanze del
21 giugno 2013 rispettivamente iscritte ai nn. 251, 257 e 258 del
registro ordinanze 2013 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell’anno 2013.
Visti gli atti di costituzione di Fanna Francesco ed altro,
dell’Associazione Parco Rurale delle Rogge Onlus, di Tovo Flavia
Maria ed altri, della Regione Veneto nonche’ gli atti di intervento
del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 7 ottobre 2014 il Giudice
relatore Paolo Maria Napolitano;
uditi gli avvocati Alfredo Bianchini per Fanna Francesco ed
altro, Alessandra Ibba e Claudio De Portu per l’Associazione Parco
Rurale delle Rogge Onlus e per Tovo Flavia Maria ed altri e
l’avvocato dello Stato Luca Ventrella per il Presidente del Consiglio
dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.- Con tre ordinanze (n. 251, n. 257 e n. 258 del registro
ordinanze del 2013) emesse il 21 giugno 2013 nell’ambito di
altrettanti giudizi aventi identico oggetto, il Tribunale
amministrativo regionale per il Lazio ha sollevato, in riferimento
agli artt. 3, primo comma, 24 e 113, primo e secondo comma, della
Costituzione, questione di legittimita’ costituzionale dell’art.
6-ter, comma 1, del decreto-legge 20 giugno 2012, n. 79 (Misure
urgenti per garantire la sicurezza dei cittadini, per assicurare la
funzionalita’ del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e di altre
strutture dell’Amministrazione dell’interno, nonche’ in materia di
Fondo nazionale per il Servizio civile), aggiunto dall’art. 1, comma
1, della legge di conversione 7 agosto 2012, n. 131 (Conversione in
legge, con modificazioni, del decreto-legge 20 giugno 2012, n. 79,
recante misure urgenti per garantire la sicurezza dei cittadini, per
assicurare la funzionalita’ del Corpo nazionale dei vigili del fuoco
e di altre strutture dell’Amministrazione dell’interno, nonche’ in
materia di Fondo nazionale per il Servizio civile. Differimento di
termine per l’esercizio di delega legislativa), nella parte in cui
prevede che: «Restano fermi gli effetti […] della deliberazione del
Consiglio dei Ministri 31 luglio 2009, in relazione al settore del
traffico e della mobilita’ nel territorio delle province di Treviso e
Vicenza, ivi inclusi quelli, rispettivamente […]: b) del decreto
del Presidente del Consiglio dei Ministri 31 luglio 2009, pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale n. 188 del 14 agosto 2009, dei successivi
decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri 9 luglio 2010, 17
dicembre 2010 e 13 dicembre 2011, pubblicati nella Gazzetta Ufficiale
n. 170 del 23 luglio 2010, n. 3 del 5 gennaio 2011 e n. 300 del 27
dicembre 2011, della conseguente ordinanza del Presidente del
Consiglio dei Ministri 15 agosto 2009, n. 3802, e dell’articolo 10
dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 28 gennaio
2011, n. 3920, pubblicate nella Gazzetta Ufficiale n. 193 del 21
agosto 2009 e n. 33 del 10 febbraio 2011, nonche’ del decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri 31 dicembre 2011».
1.1.- Riferisce il rimettente di essere investito dei giudizi
promossi, con distinti ricorsi, da Francesco e Paolo Fanna,
dall’Associazione Parco Rurale delle Rogge – Onlus e da Silvino Tovo
piu’ 38 proprietari di aree interessate dalla realizzazione
dell’opera, contro la Regione Veneto, il Commissario pro tempore
delegato per l’emergenza determinatasi nel settore del traffico delle
province di Treviso e Vicenza, il CIPE, la Presidenza del Consiglio
dei ministri, il Ministero per i beni e le attivita’ culturali, e nei
confronti dell’associazione temporanea di imprese tra il Consorzio
stabile SIS – societa’ consortile per azioni – e Itinere
Infraestructuras S.A. in persona del legale rappresentante pro
tempore, per sentire pronunciare l’annullamento degli atti emessi dal
Commissario delegato e dai sopra indicati resistenti nell’ambito del
procedimento di approvazione del progetto definitivo della
superstrada Pedemontana veneta (in seguito indicata con SPV), del
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 31 luglio 2009, n.
40191, e dell’ordinanza n. 3802 del 2009 e delle rispettive proroghe,
nonche’ di tutti i provvedimenti presupposti, conseguenti e comunque
connessi all’esecuzione dell’opera.
1.2.- Nella prima ordinanza (n. 6252 del 2013 reg. prov. coll.)
il giudice a quo premette, in punto di fatto, che:
– il riassetto dell’assetto stradale che interessa la fascia
pedemontana nel territorio di Vicenza e Treviso – al quale la Regione
Veneto ha inteso dare sistemazione con i piani regionali dei
trasporti del 1990 e del 2005 prevedendo la realizzazione del nuovo
asse stradale denominato «Pedemontana Veneta» – e’ finanziato dal
legislatore nazionale, che con la legge 23 dicembre 2000, n. 388
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato – legge finanziaria 2001), decideva di realizzare la
strada pedemontana veneta «anche come superstrada» a pedaggio
mediante concessione di costruzione e gestione;
– all’esito di una conferenza di servizi svoltasi nel marzo 2001,
con deliberazione 21 dicembre 2001, n. 121, il CIPE introduceva
l’opera tra gli interventi strategici di preminente interesse
nazionale;
– la Regione avviava il procedimento per la progettazione,
realizzazione e gestione in project financing della SPV e aggiudicava
la concessione all’associazione temporanea di imprese con capogruppo
Impregilo Spa. Impugnava l’esito della gara il Consorzio stabile SIS
s.c.p.a., mandatario del raggruppamento Itinere Infraestructuras
S.A., al quale la Regione e’ stata condannata ad assegnare la
concessione, in conformita’ alla decisione del giudice amministrativo
che ha annullato la precedente aggiudicazione;
– e’ stato poi adottato il d.P.C.m. 31 luglio 2009 nel quale
«dopo avere rappresentato "che si e’ determinata una grave situazione
emergenziale a causa della congestione del traffico automobilistico e
dei mezzi pesanti circolante nel sistema viario a servizio dei comuni
di Treviso e Vicenza", al punto che "l’eccessivo volume di traffico
che si registra giornalmente nella predetta area determina una
situazione di rischio ambientale nonche’ di grave pericolo per la
salute fisica e psichica dei cittadini": situazione "suscettibile di
ulteriore aggravamento, anche in considerazione del fatto che il
territorio dei comuni di Treviso e Vicenza e’ uno dei piu’ produttivi
della regione Veneto con numerosissime aziende ivi insediatesi",
mentre "le misure e gli interventi attuabili in via ordinaria non
consentono di affrontare l’emergenza, per cui tale situazione di
pericolo deve essere fronteggiata con mezzi e poteri straordinari,
senza l’adozione dei quali le condizioni di vita dei cittadini non
potrebbero che peggiorare irrimediabilmente"» viene dichiarato «"ai
sensi e per gli effetti di cui all’art. 5, comma 1, della legge 24
febbraio 1992, n. 225 […] lo stato di emergenza determinatosi nel
settore del traffico e della mobilita’ nel territorio dei comuni
[sic] di Treviso e Vicenza"»;
– il termine finale di efficacia del provvedimento, definito «un
fatto nuovo e singolare», inizialmente fissato al 31 luglio 2010, e’
stato prorogato al 31 dicembre 2014, senza soluzione di continuita’,
con i d.P.C.m. 9 luglio 2010, 17 dicembre 2010, 13 dicembre 2011 e 22
dicembre 2012. Mentre il d.P.C.m. 31 luglio 2009 e i successivi
decreti di proroga si riferiscono ai Comuni di Treviso e Vicenza,
l’o.P.C.m. 15 agosto 2009, n. 3802, che agli stessi da’ attuazione,
detta disposizioni urgenti di protezione civile per fronteggiare
l’emergenza determinatasi nel settore del traffico e della mobilita’
nel territorio delle Province di Treviso e Vicenza;
– nonostante l’ampiezza dell’intitolazione, i provvedimenti
emergenziali hanno il solo scopo di accelerare la realizzazione della
SPV. A tal fine un commissario delegato, scelto d’intesa con la
Regione, ha assunto il compito di adottare gli atti e i provvedimenti
occorrenti e – in deroga alle norme di legge sul procedimento
amministrativo e in materia di contratti pubblici e espropriazioni –
ha approvato il progetto definitivo e il progetto esecutivo
dell’opera, adottando «"ogni atto occorrente all’urgente compimento
delle indagini e delle ricerche necessarie all’attivita’ di
progettazione, delle occupazioni di urgenza, e delle espropriazioni e
per l’espletamento delle procedure di affidamento e realizzazione
delle opere"»;
– i ricorrenti, proprietari di un complesso monumentale
interessato dal tracciato della SPV, lamentano «"ripercussioni
sull’area stessa, sia a livello di frammentazione dell’ambiente
rurale circostante attualmente quasi integro […] che di
inquinamento acustico e atmosferico"», e per tale ragione impugnano
il provvedimento commissariale di approvazione del progetto
definitivo della superstrada e i provvedimenti emergenziali che alla
procedura hanno dato avvio sul rilievo che l’annullamento degli
stessi «comporterebbe un effetto caducante sul progetto e sulle
successive attivita’ esecutive giacche’ priverebbe il commissario del
fondamento dei poteri esercitati»;
– i ricorrenti denunciano l’«uso distorto» delle previsioni
contenute nell’art. 5, in relazione all’art. 2, lettera c), della
legge 24 febbraio 1992, n. 225 (Istituzione del Servizio nazionale
della protezione civile), assumendo che lo stato di emergenza – con
il conferimento dei poteri eccezionali al commissario straordinario –
e’ stato dichiarato su presupposti insussistenti in fatto e in
diritto, non potendosi ricondurre la congestione del traffico nelle
Province di Vicenza e Treviso alla nozione di evento eccezionale, ed
in base a una motivazione inadeguata, quando era stata completata la
procedura ordinaria per l’affidamento, la progettazione, la
costruzione e la gestione dell’opera.
1.3.- Il Tribunale amministrativo regionale rappresenta di avere
condiviso analoghe censure con la sentenza 2 febbraio 2012, n. 1140
(emessa in altro giudizio avverso gli stessi provvedimenti e sospesa
dal Consiglio di Stato con ordinanza 13 marzo 2012, n. 1009), nella
quale aveva stigmatizzato «l’insufficiente spessore motivazionale»
del decreto presidenziale che «non reca alcuna compiuta
esplicitazione delle ragioni che hanno determinato la Pubblica
Autorita’ – successivamente all’intervenuto affidamento in
concessione della progettazione e realizzazione dell’opera – alla
dichiarazione dello stato di emergenza». La richiamata sentenza, ad
avviso del rimettente, comproverebbe che la consistente
antropizzazione e l’articolata presenza di attivita’ produttive e
commerciali nel territorio interessato dal tracciato della
superstrada non e’ una situazione recente in quanto «la
configurazione degli elementi da ultimo indicati rivela datata
collocazione temporale», per cui «la dichiarazione dello stato
emergenziale non fornisce adeguata contezza in ordine alla
(evidentemente sopravvenuta) emersione di considerazioni ulteriori in
ordine all’aggravamento della situazione alla quale l’opera e’
preordinata a fornire rimedio».
1.4.- Dopo avere cosi’ ricostruito i fatti di causa, il giudice a
quo deduce che la gestione commissariale in esame non e’ stata in
alcun modo incisa dalle restrizioni introdotte, nell’ambito del
procedimento di dichiarazione ed attuazione dello stato di emergenza,
dal decreto-legge 15 maggio 2012, n. 59 (Disposizioni urgenti per il
riordino della protezione civile), convertito, con modificazioni,
dalla legge 12 luglio 2012, n. 100, posto che il comma 2 dell’art.
6-ter impugnato stabilisce che le modifiche introdotte dal citato
decreto-legge n. 59 del 2012 «non sono applicabili alle gestioni
commissariali che operano in forza dei provvedimenti di cui al comma
1 del presente articolo», e che alle stesse gestioni non si applica
neppure la limitazione alla proroga non oltre il 31 dicembre 2012,
introdotta dal comma 2 dell’art. 3 del medesimo decreto-legge n. 59
del 2012.
1.5.- Ad avviso del rimettente, la locuzione «restano fermi gli
effetti» di cui alla disposizione impugnata ha prodotto l’effetto di
legificare i provvedimenti governativi richiamati, con la conseguenza
che hanno assunto «forza di legge» sia la dichiarazione dello stato
di emergenza, sia le previsioni contenute nell’OPCM del 15 agosto
2009, di nomina e attribuzione dei poteri al commissario delegato. Da
cio’ consegue che la sopravvenienza di una "legge-provvedimento",
ossia di un atto formalmente legislativo in luogo di provvedimenti
amministrativi, disponendo, in concreto, su casi e rapporti specifici
«dovrebbe determinare ex se "l’improcedibilita’ del ricorso proposto
contro l’originario atto amministrativo, in quanto il sindacato del
giudice amministrativo incontra un limite insormontabile
nell’intervenuta legificazione del provvedimento amministrativo"
(cosi’ C.d.S., IV, 9 marzo 2012, n. 1349; conf. id. 19 ottobre 2004,
n. 6727)». La giurisprudenza richiamata e’ consolidata nel ritenere
che nei confronti delle leggi-provvedimento i diritti di difesa del
soggetto leso non vengono ablati, ma si trasferiscono dalla
giurisdizione amministrativa a quella costituzionale per il tramite
del sindacato costituzionale di ragionevolezza della legge che
riconosce al privato «una forma di protezione ed un’occasione di
difesa pari a quella offerta dal sindacato giurisdizionale degli atti
amministrativi», mediante la rimessione della questione alla Corte
costituzionale sul presupposto che, come accade nel caso in esame,
siano stati impugnati dinanzi al giudice amministrativo i successivi
atti di esecuzione della legge-provvedimento.
1.6.- Alla luce di dette considerazioni, il Tribunale
amministrativo regionale ritiene rilevante la questione di
costituzionalita’ dell’art. 6-ter, comma 1, del d.l. n. 79 del 2012,
aggiunto dalla legge di conversione n. 131 del 2012, sul rilievo che
la declaratoria di illegittimita’ costituzionale della disposizione
impugnata – nella parte in cui legifica i provvedimenti riferiti
all’emergenza traffico nel territorio delle Province di Vicenza e
Treviso – privando di fondamento normativo primario l’atto
commissariale di approvazione del progetto definitivo, consentirebbe
di pronunciarne l’illegittimita’ in relazione alla censura
originariamente riferita al d.P.C.m. 31 luglio 2009 e dell’OPCM 15
agosto 2009. Anche gli ulteriori atti impugnati riacquisterebbero
natura oggettivamente e soggettivamente amministrativa, con
conseguente sindacabilita’ degli stessi per invalidita’ derivata.
1.7.- In punto di non manifesta infondatezza della questione il
giudice a quo denuncia, in primo luogo, la violazione dell’art. 3,
primo comma, Cost., sotto il profilo dell’irragionevolezza dell’atto
normativo che – attribuendo ad un organo amministrativo il potere di
operare in deroga alle norme primarie per la realizzazione di
un’opera pubblica – detta una disciplina speciale che cristallizza le
«diseguaglianze tra situazioni corrispondenti» e, per realizzare
un’opera stradale «imponente ma ordinaria», introduce una
legislazione eccezionale nell’iter normativo ordinario che scandiva
le fasi di un’opera il cui progetto preliminare era stato approvato
con delibera CIPE del 2006, e per la quale vi erano sia una gara
espletata dalla Regione Veneto sia una concessionaria gia’
individuata.
In subordine, la norma viene censurata in relazione agli artt. 3,
primo comma, 24 e 113, primo e secondo comma, Cost., sull’assunto
che, attuando la legificazione di provvedimenti amministrativi,
avrebbe ridotto la possibilita’ di annullamento degli atti lesivi
della sfera giuridica dei ricorrenti, dei quali ha limitato il
diritto di difesa creando una disparita’ di trattamento nei confronti
degli altri soggetti generalmente incisi da provvedimenti
amministrativi.
2.- Si sono costituiti Fanna Francesco e Fanna Paolo, ricorrenti
nel giudizio principale, con atto di intervento depositato l’11
novembre 2013 e con memoria integrativa depositata il 17 dicembre
2013.
2.1.- Anche la parte privata, premessa la ricostruzione in fatto
della vicenda che ha dato origine al giudizio a quo, si e’ soffermata
sul contenuto della norma impugnata ribadendo come la stessa, essendo
intervenuta nel corso del giudizio dinanzi al Tar, abbia non solo
legificato, ma anche reso ultrattivi i provvedimenti dichiarativi
dello stato di emergenza e di nomina del commissario delegato.
2.2.- In punto di rilevanza e non manifesta infondatezza, i
ricorrenti fanno proprie le argomentazioni e reiterano le censure
contenute nell’ordinanza di rimessione, richiamando la sentenza di
questa Corte n. 93 del 2011, a sostegno della disparita’ di
trattamento e della lesione del diritto di difesa subiti per effetto
della «positivizzazione legislativa dei provvedimenti amministrativi
impugnati dinanzi al Giudice amministrativo».
3.- Con memoria depositata il 17 dicembre 2013 e’ intervenuto in
giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, eccependo
l’inammissibilita’ e comunque l’infondatezza della questione
sollevata.
3.1.- Dopo avere ripercorso il contenuto dell’atto di rimessione,
la difesa erariale invoca in primo luogo l’inammissibilita’ del
ricorso per insufficiente motivazione sulla rilevanza della questione
e per avere il giudice a quo omesso il «doveroso tentativo di
ricercare un’interpretazione costituzionalmente orientata delle norme
censurate» (in proposito, tra le pronunce di questa Corte, cita
l’ordinanza n. 154 del 2010, e, quanto alla genericita’ della
motivazione, le ordinanze n. 137 del 2011 e n. 192 del 2010).
L’Avvocatura dello Stato eccepisce, altresi’, l’inammissibilita’
della questione sul rilievo che, secondo l’orientamento di questa
Corte (sentenze n. 80 e n. 85 del 2013, n. 311 del 1993 e n. 536 del
1990), laddove la legge richiama una normativa di rango inferiore
ricorre la presunzione iuris tantum che si tratti di un rinvio
meramente formale e non recettizio, salvo non si dimostri che il
legislatore abbia inteso attribuire forza di legge formale all’atto
richiamato. Nel caso in esame, la norma impugnata si e’ limitata a
stabilire che «Restano fermi gli effetti» di alcuni decreti del
Presidente del Consiglio dei ministri e delle correlate ordinanze in
assenza di alcun richiamo, neppure implicito, al contenuto precettivo
degli atti richiamati. Di contro, ad avviso della difesa, la
disciplina censurata ha l’obiettivo di scongiurare un’interpretazione
diretta ad applicare ai decreti in questione le disposizioni
restrittive introdotte con il d.l. n. 59 del 2012, convertito con
modificazioni dalla legge n. 100 del 2012, come risulta dal dettato
del secondo comma dell’art. 6-ter impugnato, che ha inteso evitare
l’insorgere di dubbi sulla retroattivita’ del succitato d.l. n. 59
del 2012.
3.2.- Nel merito, il Presidente del Consiglio dei ministri
contesta la fondatezza della questione.
Deduce che il Tribunale rimettente non ha considerato che la
congestione del traffico nell’area pedemontana non rappresenta un
evento eccezionale, ma una condizione ordinaria che richiede di
essere fronteggiata con poteri straordinari per comprimere il piu’
possibile i tempi di percorrenza. A fronte del prevedibile aumento
degli attuali flussi di traffico, il governo, del tutto
ragionevolmente e in ossequio al principio di prevenzione, ha
pronunciato la dichiarazione d’emergenza e regolamentato la
situazione di urgenza con i provvedimenti gravati, a fronte dei
presupposti di rischio ambientale e di grave pericolo per la salute
dei cittadini di cui dall’art. 5 della legge n. 225 del 1992, e dello
stato di pericolo di cui all’art. 2, comma 1, lettera c), della
medesima legge.
3.3.- La difesa dello Stato sostiene che il giudice a quo non ha
spiegato in che modo l’art. 6-ter possa violare l’art. 3 Cost.,
omettendo di considerare che al «coacervo di interessi, anche
collettivi, sottostanti alla deliberazione dello stato di emergenza,
possa far ragionevolmente seguito una disciplina diversa (e non
deteriore come argomentato dal rimettente) in virtu’ della quale, in
una prospettiva di bilanciamento di interessi, la posizione del
singolo inevitabilmente trova compressione a favore della
collettivita’, in ragione di diritti di preminente rilevanza
incidenti sulla salubrita’ ambientale e sugli aspetti di natura
socio-economica». Peraltro, la tesi per cui la dichiarazione
emergenziale non potrebbe intervenire laddove si ricolleghi a
situazioni risalenti nel tempo, risulta smentita dalla giurisprudenza
del Consiglio di Stato, secondo cui non e’ significativo che il
pericolo sia correlato ad una situazione preesistente ovvero ad un
evento nuovo ed imprevedibile, ma cio’ che e’ rilevante e’ la
sussistenza della necessita’ e dell’urgenza attuale di intervenire a
difesa degli interessi da tutelare. Lo stesso Consiglio di Stato, in
relazione allo stato di emergenza nel settore del traffico e della
mobilita’ nella citta’ di Roma, nella sentenza n. 2591 del 2012 ha
affermato che «la cronicita’ e la persistenza del problema» non
impedisce il ricorso alle misure straordinarie di natura
commissariale, il che contribuisce, nel caso in esame, a spiegare
l’oggettiva sussistenza della situazione cui i provvedimenti
emergenziali hanno inteso porre definitivo rimedio, e, di
conseguenza, la congruita’ della norma di legge censurata.
3.4.- Ad avviso dell’Avvocatura dello Stato, la non fondatezza
delle censure formulate in relazione agli artt. 3, primo comma, 24 e
113, primo comma, Cost., discende, infine, dall’insegnamento di
questa Corte (sentenze n. 289 del 2010 e n. 267 del 2007) in base al
quale non e’ precluso alla legge ordinaria, ne’ a quella regionale,
la possibilita’ di attrarre alla propria sfera di disciplina materie
normalmente affidate all’autorita’ amministrativa, senza che cio’
comporti un vulnus al diritto di difesa del privato, la cui posizione
soggettiva trovera’ adeguata tutela sul piano non della giurisdizione
amministrativa bensi’ di quella costituzionale.
4.- Con «memoria unica» depositata il 6 dicembre 2013 e’
intervenuta in giudizio la Regione Veneto, in persona del Presidente
pro tempore, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile,
o infondata nel merito.
4.1.- Dopo aver ricostruito l’iter che ha dato luogo al
contenzioso amministrativo con i proprietari degli immobili
interessati dalla realizzazione dell’opera stradale e con
l’Associazione Parco Rurale delle Rogge – Onlus, preposta alla tutela
degli interessi dell’area territoriale, la difesa regionale passa in
rassegna le argomentazioni del giudice a quo e rappresenta che il
Consiglio di Stato ha sospeso l’esecuzione della sentenza n. 1140 del
2012 – emessa dal Tribunale rimettente in altro giudizio avverso gli
stessi provvedimenti – in accoglimento dell’istanza cautelare
presentata dalla Regione Veneto sul presupposto che «nelle more della
definizione del giudizio nel merito va assegnata prevalenza
all’interesse pubblico alla prosecuzione dei lavori per la
realizzazione dell’opera infrastrutturale per cui e’ causa».
4.2.- Quanto al profilo di illegittimita’ dedotto in via
principale – in base al quale con l’introduzione della norma
censurata il legislatore statale, in violazione dell’art. 3 della
Costituzione, avrebbe irragionevolmente cristallizzato gli effetti
dei provvedimenti emergenziali – la difesa regionale eccepisce
l’inammissibilita’ della questione per avere il giudice rimettente
non sufficientemente motivato sulla rilevanza della stessa, ne’ posto
in essere il doveroso tentativo di ricercare un’interpretazione
costituzionalmente orientata della disciplina censurate.
4.3.- Nel merito, invocando la giurisprudenza amministrativa
indicata dalla difesa erariale, la Regione Veneto contesta il
ragionamento del Tribunale amministrativo regionale, secondo il quale
difetterebbero, nel caso di specie, le condizioni eccezionali cui far
fronte con i poteri straordinari azionati nel settore della
viabilita’ nell’area pedemontana veneta, e sostiene la non fondatezza
della censura.
Parimenti, sulla base della richiamata giurisprudenza
costituzionale, contesta la censura secondo la quale, in violazione
degli artt. 3, primo comma, 24 e 113, primo e secondo comma, Cost.,
l’intervenuta legificazione dei provvedimenti emergenziali avrebbe
privato il privato della possibilita’ di difendersi, avverso i
suddetti atti amministrativi, in sede giurisdizionale.
5.- Con la seconda ordinanza (n. 6254 del 2013 reg. prov. coll.)
il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio – premesso di
essere investito del giudizio di impugnazione degli stessi
provvedimenti commissariali promosso, nei confronti dei medesimi
soggetti, dall’Associazione Parco Rurale delle Rogge – Onlus – ha
sollevato analoga questione di legittimita’ costituzionale dell’art.
6-ter, comma 1, del d.l. n. 79 del 2012, aggiunto dall’art. 1, comma
1, della legge di conversione n. 131 del 2012, per violazione del
principio di ragionevolezza degli atti legislativi di cui all’art. 3,
primo comma, Cost., e, in subordine, per contrasto con gli artt. 3,
primo comma, 24 e 113, primo e secondo comma, Cost.
5.1.- Dopo essersi soffermato sulla legittimazione
dell’Associazione ricorrente – portatrice di un interesse volto alla
tutela dell’area adibita a parco nella quale il progetto approvato
della SPV prevede il passaggio di un tratto di strada e di una
rotatoria – il giudice a quo ripropone le stesse censure formulate
nella prima ordinanza di rimessione. Con un ulteriore rilievo pone in
luce che mentre il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri
contiene il riferimento ai Comuni di Treviso e Vicenza, l’ordinanza
susseguente si riferisce alle relative Province: in tal modo il
provvedimento attuativo avrebbe indebitamente ampliato l’area
dell’intervento emergenziale in violazione dell’art. 5 della legge n.
225 del 1992, che nel testo all’epoca vigente stabiliva la competenza
del Consiglio dei ministri a deliberare lo stato di emergenza
«determinandone durata ed estensione territoriale». Per questo motivo
sostiene che il commissario straordinario non avrebbe avuto il potere
di approvare un progetto al di fuori del territorio compreso nei due
comuni, ed illegittimamente sarebbe stata interessata l’area del
Parco.
6.- Con atto del 16 dicembre 2013 si e’ costituita in giudizio
l’Associazione Parco Rurale delle Rogge – Onlus, in persona del
Presidente pro tempore, chiedendo la dichiarazione di illegittimita’
costituzionale della disposizione impugnata in base alle stesse
argomentazioni svolte dal giudice rimettente.
7.- Nel presente giudizio e’ intervenuto il Presidente del
Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura
generale dello Stato, che, con memoria contenente argomentazioni
identiche a quelle formulate nel giudizio originato dall’ordinanza n.
251 del 2013, ha eccepito l’inammissibilita’ e, comunque,
l’infondatezza della questione.
8.- E’ intervenuta anche la Regione Veneto, in persona del
presidente pro tempore, con la «memoria unica» depositata il 6
dicembre 2013, chiedendo che la questione sia dichiarata
inammissibile, o infondata nel merito.
9.- Identica questione di legittimita’ costituzionale, in
relazione agli stessi parametri, e’ stata sollevata dal Tribunale
amministrativo regionale per il Lazio con la terza ordinanza (n. 6255
del 2013 reg. prov. coll.), emessa nel giudizio promosso, avverso i
medesimi provvedimenti, da Silvino Tovo piu’ 38 proprietari di
altrettante aree interessate dalla realizzazione della SPV.
10.- In data 17 dicembre 2013 i soggetti privati si sono
costituiti in giudizio con distinti atti di intervento, chiedendo, in
base alle stesse argomentazioni adottate dal giudice rimettente, la
dichiarazione di illegittimita’ costituzionale dell’art. 6-ter, comma
1, del d.l. n. 79 del 2012, aggiunto dall’art. 1, comma 1, della
legge di conversione n. 131 del 2012.
11.- Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, e’ intervenuto nel
presente giudizio eccependo l’inammissibilita’ e comunque
l’infondatezza della questione, con memoria nella quale ha reiterato
le considerazioni e le conclusioni formulate nel giudizio originato
dalle ordinanze n. 251 e 257 del 2013.
12.- E’ intervenuta anche la Regione Veneto, in persona del
presidente pro tempore, con la «memoria unica» depositata il 6
dicembre 2013, chiedendo che la questione sia dichiarata
inammissibile, o infondata nel merito.
13.- In prossimita’ dell’udienza, la Regione Veneto e le parti
private del giudizio originato dall’ordinanza n. 258 del 2013 hanno
depositato memorie illustrative con le quali, riproducendo le
argomentazioni svolte nelle rispettive difese, hanno insistito nelle
richieste di rito e di merito in precedenza formulate.

Considerato in diritto

1.- Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, con le
tre ordinanze di analogo tenore indicate in epigrafe (n. 251, n. 257
e n. 258 del registro ordinanze del 2013) ha sollevato, in
riferimento agli artt. 3, primo comma, 24 e 113, primo e secondo
comma, della Costituzione, questione di legittimita’ costituzionale
dell’art. 6-ter, comma 1, del decreto-legge 20 giugno 2012, n. 79
(Misure urgenti per garantire la sicurezza dei cittadini, per
assicurare la funzionalita’ del Corpo nazionale dei vigili del fuoco
e di altre strutture dell’Amministrazione dell’interno, nonche’ in
materia di Fondo nazionale per il Servizio civile), aggiunto
dall’art. 1, comma 1, della legge di conversione 7 agosto 2012, n.
131 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 20
giugno 2012, n. 79, recante misure urgenti per garantire la sicurezza
dei cittadini, per assicurare la funzionalita’ del Corpo nazionale
dei vigili del fuoco e di altre strutture dell’Amministrazione
dell’interno, nonche’ in materia di Fondo nazionale per il Servizio
civile. Differimento di termine per l’esercizio di delega
legislativa), nella parte in cui prevede, in relazione al settore del
traffico e della mobilita’ nel territorio delle Province di Treviso e
Vicenza, che «Restano fermi gli effetti» della deliberazione del
Consiglio dei ministri 31 luglio 2009, e, segnatamente, del decreto
del Presidente del Consiglio dei ministri n. 40191 del 31 luglio 2009
(e successive proroghe) nonche’ dell’ordinanza del Presidente del
Consiglio dei ministri n. 3801 del 15 agosto 2009, provvedimenti che
hanno, rispettivamente, dichiarato la situazione emergenziale ed
attuato la gestione commissariale nell’ambito dei lavori per la
realizzazione dell’opera viaria denominata strada pedemontana veneta
(in seguito indicata con SPV).
Il rimettente premette di essere stato adito dai soggetti
portatori degli interessi lesi dall’esecuzione dell’intervento in
esame (Francesco e Paolo Fanna; Associazione Parco Rurale delle Rogge
– onlus; Silvino Tovo e 38 proprietari di aree riguardate dalla
realizzazione della strada) per l’annullamento degli atti del
Commissario delegato di approvazione dei progetti, sia definitivo sia
esecutivo, dell’opera, del decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri n. 40191 del 2009 e della conseguente ordinanza n. 3802 del
2009 e relative proroghe, nonche’ di tutti i provvedimenti
presupposti, conseguenti e comunque connessi alla realizzazione
dell’opera.
Ad avviso del giudice a quo l’art. 6-ter comma 1, del d.l. n. 79
del 2012, aggiunto dalla legge di conversione n. 131 del 2012, nella
parte in cui dispone che «Restano fermi gli effetti» dei
provvedimenti governativi che sono stati adottati allo scopo di
accelerare il compimento dei lavori relativi alla SPV, gia’
aggiudicati dalla Regione Veneto, ha «legificato» sia la
dichiarazione dello stato di emergenza sia le conseguenti previsioni
di nomina e attribuzione dei poteri al Commissario delegato, cosi’
violando: l’art. 3, primo comma, Cost., per avere dettato una
disciplina che ha irragionevolmente cristallizzato il regime
derogatorio che era stato adottato per la realizzazione di un’opera
che stava avvenendo in base ad un iter normativo ordinario; gli artt.
3, primo comma, 24 e 113, primo e secondo comma, Cost., per avere
ridotto l’ambito del diritto di difesa dei ricorrenti nei giudizi a
quibus, limitando la possibilita’ di ottenere l’annullamento di
provvedimenti illegittimi e creando, per costoro, una disparita’ di
trattamento nei confronti di tutti gli altri soggetti lesi
dall’attivita’ amministrativa.
2.- I giudizi promossi con le tre ordinanze in scrutinio hanno lo
stesso oggetto e riguardano questioni identiche, per cui i relativi
giudizi di legittimita’ costituzionale vanno riuniti per essere
definiti con unica decisione.
3.- In via preliminare, va disattesa l’eccezione di
inammissibilita’ genericamente sollevata dal Presidente del Consiglio
dei ministri per avere il giudice a quo omesso il tentativo di
interpretare la norma censurata in modo conforme alla Costituzione,
non avendo la difesa erariale indicato quale sarebbe
l’interpretazione omessa dal rimettente.
4.- L’Avvocatura generale dello Stato invoca, altresi’,
l’inammissibilita’ della questione deducendo che il giudice a quo
avrebbe non sufficientemente motivato sulla rilevanza della stessa.
Neppure tale eccezione puo’ essere accolta, in quanto le
ordinanze di rimessione sono sorrette da un adeguato e specifico
impianto argomentativo idoneo ad individuare con esattezza la pretesa
sostanziale fatta valere dai ricorrenti nei giudizi a quibus e la
correlazione tra tale pretesa e la norma censurata (ex plurimis,
sentenze n. 107 e n. 99 del 2013, e ordinanze n. 93, n. 84 e n. 38
del 2012). Invero, sul presupposto della legificazione dei
provvedimenti emergenziali da parte della norma censurata, il
Tribunale rimettente rappresenta che il sopravvenuto «limite
insormontabile» per il sindacato del giudice amministrativo ha
comportato il trasferimento dei diritti di difesa del soggetto leso
alla giurisdizione costituzionale, sostenendo al contempo che
«l’improcedibilita’ del ricorso proposto contro l’originario atto
amministrativo» possa venir meno per effetto della declaratoria di
illegittimita’ costituzionale, che priverebbe di fondamento normativo
sia l’atto commissariale di approvazione del progetto definitivo
dell’opera, sia gli ulteriori atti impugnati (cita in proposito le
pronunce del Consiglio di Stato n. 1349 del 2012 e n. 6727 del 2004).
5.- Nel merito, la questione non e’ fondata.
In tutte le ordinanze di rimessione il Tribunale amministrativo
regionale per il Lazio muove dal presupposto che la norma sospettata
di incostituzionalita’ abbia, come si e’ detto, «legificato» gli
effetti dei provvedimenti emergenziali – tra i quali si collocano
quelli relativi alla realizzazione della SPV – emessi in relazione al
settore del traffico nelle Province di Treviso e Vicenza.
In base ad un ulteriore e connesso passaggio argomentativo il
rimettente inquadra il censurato comma 1 dell’art. 6-ter del d.l. n.
79 del 2012 nel genus delle leggi-provvedimento, convenendo sulla
circostanza che la gestione commissariale in esame non e’ stata
incisa dalle restrizioni introdotte dal decreto-legge 15 maggio 2012,
n. 59 (Disposizioni urgenti per il riordino della protezione civile),
convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2012, n. 100,
nell’ambito del procedimento di dichiarazione ed attuazione dello
stato di emergenza. Rammenta, infatti, che il comma 2 dell’art. 6-ter
prevede che le modifiche introdotte dal citato d.l. n. 59 del 2012
«non sono applicabili alle gestioni commissariali che operano in
forza dei provvedimenti di cui al comma 1 del presente articolo», e
che alle medesime gestioni non si applica neppure la limitazione
delle proroghe al 31 dicembre 2012, introdotta dal comma 2 dell’art.
3 del medesimo d.l. n. 59 del 2012.
Su tali premesse il giudice a quo ravvisa nella disposizione
impugnata «un atto formalmente legislativo che tiene, tuttavia, luogo
di provvedimenti amministrativi, in quanto dispone in concreto su
casi e rapporti specifici».
6.- Deve rammentarsi che l’Avvocatura generale dello Stato ha
contrapposto a quella fatta propria dal rimettente un’interpretazione
della locuzione «Restano fermi gli effetti» – adottata dalla
disposizione impugnata – che, prescindendo da richiami al contenuto
precettivo degli atti citati, e’ tesa unicamente a scongiurare che
alle gestioni commissariali contemplate, tra cui rientra quella in
scrutinio, possano applicarsi le disposizioni restrittive, in materia
di riordino della protezione civile, introdotte con il d.l. n. 59 del
2012. A sostegno di tale diverso approccio interpretativo, anche la
difesa erariale invoca il disposto del comma 2 dell’art. 6-ter
impugnato, sostenendo che esso e’ stato dettato proprio per escludere
l’insorgenza di dubbi sull’applicazione retroattiva della novella.
7.- E’, dunque, prioritario stabilire se sia corretto il
presupposto del ragionamento del giudice rimettente in base al quale
la disposizione censurata – facendo salvi gli effetti dei
provvedimenti emergenziali del Presidente del Consiglio dei ministri
in materia di traffico e mobilita’ nel territorio delle Province di
Treviso e Vicenza – ha «legificato» le prescrizioni in essi
contenute, con la conseguenza che la stessa, in quanto
legge-provvedimento, puo’ essere sottoposta al sindacato di
legittimita’ costituzionale.
Il punto centrale della questione rievoca la distinzione, in tema
di rapporti tra previsione legislativa ed atto amministrativo
richiamato, tra rinvio recettizio (materiale) e rinvio non recettizio
(formale), laddove la tecnica di confezionamento della legge
contempli un rimando ad un atto normativo preesistente e di rango
subordinato.
7.1.- Per stabilire la natura del rinvio la dottrina ha fatto
riferimento al livello di innovativita’ giuridica del richiamo
(basso, se la norma richiamante intenda coordinarsi con quella
richiamata lasciando immutata la disciplina della materia, o alto,
nel caso in cui con il richiamo si voglia determinare un effetto di
sanatoria) ovvero al suo effetto, osservando che mentre il rinvio
recettizio opera una novazione della fonte che eleva la norma
richiamata al rango primario, la funzione del rinvio non recettizio
non e’ quella di incorporare il contenuto della norma richiamata,
bensi’ di indicare la fonte competente a regolare una determinata
materia, tant’e’ che correntemente lo si definisce anche come rinvio
di produzione, che non muta forza e valore della norma richiamata.
7.2.- Risale alla sentenza n. 304 del 1986 di questa Corte la
distinzione tra «significato normativo» e «dichiarativo» del richiamo
attuato dalla legge ad un atto alla stessa sottordinato.
Anche la differenza tra rinvio materiale e rinvio formale e’
stata recepita dalla giurisprudenza di questa Corte a partire dalle
sentenze n. 536 del 1990, n. 199 e n. 311 del 1993. Piu’ di recente,
nella sentenza n. 232 del 2006 si trova affermato che mentre il
rinvio meramente formale «concerne [cioe’] la fonte e non la norma»,
per aversi rinvio recettizio (o materiale) occorre che il richiamo
«sia indirizzato a norme determinate ed esattamente individuate dalla
stessa norma che lo effettua».
Quanto ai criteri per distinguere la natura del rinvio, nella
sentenza n. 80 del 2013 questa Corte ha affermato che «l’effetto –
che produce una forma di recezione o incorporazione della norma
richiamata in quella richiamante – non puo’ essere riconosciuto a
qualsiasi forma di rimando, ma e’ ravvisabile soltanto quando la
volonta’ del legislatore di recepire mediante rinvio sia espressa
oppure sia desumibile da elementi univoci e concludenti. Non e’
sufficiente rilevare che una fonte ne richiama testualmente un’altra,
per concludere che la prima abbia voluto incidere sulla condizione
giuridica della seconda o dei suoi contenuti». Nel solco tracciato
dalla dottrina tradizionale, anche la Corte ha ritenuto operante una
presunzione di rinvio formale. Nella recente sentenza n. 85 del 2013
si precisa, infatti, che «La giurisprudenza di questa Corte ha
riconosciuto l’esistenza di una presunzione di rinvio formale agli
atti amministrativi, ove gli stessi siano richiamati in una
disposizione legislativa, tranne che la natura recettizia del rinvio
stesso emerga in modo univoco dal testo normativo (sentenza n. 311
del 1993); circostanza, questa, che non ricorre necessariamente
neppure quando l’atto sia indicato in modo specifico dalla norma
legislativa (sentenze n. 80 del 2013 e n. 536 del 1990)».
8.- Per accertare la natura del rinvio e il significato che ad
esso deve attribuirsi e’ dunque necessario desumere «dal testo della
disposizione censurata, l’intento del legislatore» (cosi’ la sentenza
n. 85 del 2013 appena citata).
8.1.- Posta tale premessa, e’ dal dibattito parlamentare che ha
accompagnato l’approvazione delle «Disposizioni concernenti gli
effetti di deliberazioni del Consiglio dei Ministri in materia di
viabilita’» (cosi’ la rubrica della norma censurata) che si traggono
elementi idonei a dimostrare come l’introduzione dell’art. 6-ter in
sede di conversione del d.l. n. 79 del 2012 con la legge 7 agosto
2012, n. 131, sia stata motivata con l’esigenza di effettuare una
ricognizione delle opere infrastrutturali in corso di realizzazione
per stabilire quali fossero, in relazione alle stesse, le gestioni
commissariali da sottrarre alla sfera di applicazione da tutte le
modifiche (anche ulteriori rispetto alla delimitazione della durata
della dichiarazione dello stato di emergenza ed alla data massima di
scadenza per le proroghe e i rinnovi, fissata al 31 dicembre 2012)
introdotte dal d.l. n. 59 del 2012 recante disposizioni urgenti per
il riordino della protezione civile. Tra le succitate opere e’
rientrata la superstrada a pedaggio pedemontana veneta, in quanto
inserita, peraltro, nel programma delle infrastrutture strategiche di
cui alla legge 21 dicembre 2001, n. 443 (Delega al Governo in materia
di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici ed altri
interventi per il rilancio delle attivita’ produttive).
In tale quadro, nella ricerca del significato da attribuire alla
locuzione «Restano fermi gli effetti», adottata nel censurato comma 1
dell’art. 6-ter del d.l. n. 79 del 2012, non si puo’ dunque
prescindere dal dettato del comma 2 dello stesso articolo, il quale –
stabilendo che «Le modifiche introdotte dal decreto-legge 15 maggio
2012, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio
2012, n. 100, all’articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225,
non sono applicabili alle gestioni commissariali che operano in forza
dei provvedimenti di cui al comma 1 del presente articolo» e che
«Inoltre a tali gestioni non si applica quanto previsto dal comma 2
dell’articolo 3 del decreto-legge 15 maggio 2012, n. 59, convertito,
con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2012, n. 100» – sottrae al
nuovo regime di riordino temporale degli interventi di protezione
civile l’opera di realizzazione della strada pedemontana veneta,
individuata attraverso il rinvio ai provvedimenti emergenziali
costituenti la fonte della sua disciplina.
8.2.- Sotto connesso profilo, i lavori preparatori
all’approvazione del decreto-legge in scrutinio fanno riferimento
alla natura ricognitiva dei richiami alla normativa vigente, attuati
ricorrendo ad espressioni quali «fermo restando» e «fatta salva».
Peraltro, la volonta’ di limitarsi a non modificare col censurato
comma 1 dell’art. 6-ter del d.l. n. 79 del 2012 la disciplina
preesistente risulta avvalorata dal contenuto del comma 3 dello
stesso articolo, in base al quale l’attuazione della disposizione
gravata e’ comunque vincolata all’invarianza finanziaria, essendo
escluso che «dall’attuazione [di detto] articolo» possano derivare,
per la finanza pubblica, oneri nuovi o maggiori rispetto a quelli
contemplati dalla gestione commissariale interessata.
8.3.- Un non ininfluente elemento sintomatico del significato da
attribuire alla disposizione in scrutinio e’ rappresentato dalla
concomitanza tra le date di approvazione delle leggi di conversione
del d.l. n. 79 del 2012 (7 agosto 2012) e del d.l. n. 59 del 2012 (12
luglio 2012). Tale evenienza – nel rafforzare il collegamento
teleologico tra i due provvedimenti – comprova ulteriormente che la
clausola di salvezza degli effetti prevista dal comma 1 dell’art.
6-ter, introdotto dalla legge di conversione 7 agosto 2012, n. 131,
ha inteso evitare che le restrizioni previste dalla coeva disciplina
di riordino della protezione civile potessero essere riferite ad
alcune opere infrastrutturali o di importanza strategica – tra le
quali rientra, appunto, la strada pedemontana veneta – e,
conseguentemente, impedirne il completamento.
Un siffatto scopo non avrebbe potuto essere conseguito se non
sottraendo i provvedimenti che di detta opera disciplinano i
presupposti e le modalita’ attuative – che sono, rispettivamente, il
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri e successive
proroghe, e l’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri
richiamati dalla lettera b) del comma 1 dell’art. 6-ter in esame –
dagli effetti che la nuova normativa in materia di protezione civile
avrebbe indiscriminatamente prodotto su tutte le gestioni
commissariali che all’epoca erano in corso.
9.- Per tutte le considerazioni che precedono si deve escludere,
contrariamente a quanto prospettato dal giudice a quo, che con la
disposizione contenuta nel comma 1, l’art. 6-ter del d.l. n. 79 del
2012 aggiunto dalla legge di conversione n. 131 del 2012 abbia inteso
effettuare un rinvio materiale – con effetto di novazione della fonte
– alla disciplina emergenziale e all’attivita’ compiuta dal
Commissario delegato nell’ambito del procedimento di realizzazione
della SPV.
In senso contrario alla natura ricettizia del rinvio militano,
come si e’ detto, numerosi fattori, tra i quali – oltre alla portata
meramente ricognitiva della locuzione «Restano fermi gli effetti»
desunta dall’analisi complessiva della norma nel contesto della sua
genesi – rilevano l’eterogeneita’ dei provvedimenti richiamati dalle
lettere a) e b) del comma 1 della disposizione gravata; la volonta’
del legislatore di selezionare le gestioni commissariali meritevoli
di essere tenute indenni dalle limitazioni introdotte dal precedente
d.l. n. 59 del 2012 col quale si era attuato il riordino della
protezione civile, in relazione all’importanza dell’opera o alla
rilevanza dell’interesse inciso; l’assenza, in tali casi, di nuovi o
maggiori oneri per la finanza pubblica; la mancata previsione di
effetti sananti, espressi o desumibili dalla finalita’ della norma.
10.- Da quanto esposto consegue la non fondatezza delle censure
sollevate con le ordinanze indicate in epigrafe, in quanto il valore
normativo primario della disposizione non e’, contrariamente a quanto
dedotto dal rimettente, nel senso di «legificare» detti
provvedimenti, ma di escludere l’applicabilita’ della nuova normativa
dettata dal d.l. n. 59 del 2012 a detti provvedimenti amministrativi.
Giova, quindi, rimarcare che la disciplina impugnata non ha
inciso sulle situazioni sostanziali gravate ne’ ha mutato il livello
normativo della fonte da cui derivano la dichiarazione di emergenza
ed i poteri commissariali in relazione all’opera in esame, per cui il
protrarsi nel tempo della disciplina derogatoria rispetto al
precedente d.l. n. 59 del 2012 introdotta dai provvedimenti
richiamati dall’art. 6-ter, comma 1, del d.l. n. 79 del 2012, non
viene ad interferire con la questione della legittimita’ o meno dei
provvedimenti impugnati rispetto alla legislazione vigente al momento
della loro adozione.
10.1.- Parimenti non fondata deve essere dichiarata la questione
in relazione alla violazione degli artt. 3, primo comma, 24 e 113,
primo e secondo comma, Cost., dedotta sull’assunto della
compressione, sotto piu’ profili, del diritto di difesa dei
ricorrenti nel giudizio a quo.
Anche in questo caso erra il rimettente nell’incentrare i propri
dubbi sulla costituzionalita’ della disposizione normativa censurata,
posto che, come si e’ detto, la protrazione degli effetti della
situazione di emergenza sottesa alle determinazioni del Presidente
del Consiglio dei ministri dalla stessa richiamati costituisce la
risultante di una fattispecie che continua ad essere interamente
regolamentata in via amministrativa (sentenze n. 137 del 2011, n. 289
del 2010 e n. 237 del 2007).

per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi;
dichiara non fondata la questione di legittimita’ costituzionale
dell’art. 6-ter, comma 1, del decreto-legge 20 giugno 2012, n. 79
(Misure urgenti per garantire la sicurezza dei cittadini, per
assicurare la funzionalita’ del Corpo nazionale dei vigili del fuoco
e di altre strutture dell’Amministrazione dell’interno, nonche’ in
materia di Fondo nazionale per il Servizio civile), aggiunto
dall’art. 1, comma 1, della legge di conversione 7 agosto 2012, n.
131 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 20
giugno 2012, n. 79, recante misure urgenti per garantire la sicurezza
dei cittadini, per assicurare la funzionalita’ del Corpo nazionale
dei vigili del fuoco e di altre strutture dell’Amministrazione
dell’interno, nonche’ in materia di Fondo nazionale per il Servizio
civile. Differimento di termine per l’esercizio di delega
legislativa), sollevata, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 24
e 113, primo e secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale
amministrativo regionale per il Lazio, con le ordinanze indicate in
epigrafe.
Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 3 novembre 2014.

F.to:
Paolo Maria NAPOLITANO, Presidente
e Redattore
Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 7 novembre 2014.

Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella Paola MELATTI

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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