Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 03-10-2011) 14-10-2011, n. 37062

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. D.G. – condannato dal Tribunale di Napoli alla pena di anni otto ed Euro 1200,00 di multa siccome colpevole del delitto di tentata estorsione aggravata commesso in Napoli tra il 24 dicembre ed il 30 dicembre 2008 ai danni di P.G., titolare della pescheria (OMISSIS) sita in (OMISSIS) – con atto sottoscritto dal suo difensore avvocato M V, ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Napoli, deliberata il 2 maggio 2011, che ha rigettato l’appello proposto dall’imputato, per quanto ancora rileva nel presente giudizio, relativamente alla mancata esclusione dell’aggravante L. n. 203 del 1991, ex art. 7. 2. Il ricorrente deduce la illegittimità della decisione impugnata sul punto, per violazione di legge e vizio di motivazione.

Dopo aver premesso, in fatto, che l’Imputato è stato riconosciuto colpevole del reato ascrittogli In quanto riconosciuto dalla persona offesa – già costretto in passato, sino agli anni 2004-2005, al pagamento di una tangente annuale al clan camorristico A- F, egemone nella zona – come la persona che il 24 dicembre 2008 si era presentato nella pescheria di cui era titolare intorno alle 18, formulando la richiesta "di un fiore per gli amici della Torretta" e che il P., avendo opposto un rifiuto a tale richiesta di versamento di una somma, in quanto i tempi erano cambiati e non aveva più la possibilità di corrispondere alcunchè, a distanza di sei giorni, aveva ricevuto la visita di altra persona, rimasta ignota, presentatasi in pescheria, la quale reiterata la richiesta e ricevuto un nuovo rifiuto, aveva rammentato al P. che in passato egli si era sempre comportato bene, lo aveva ammonito, in quanto, persistendo nel rifiuto, se la sarebbe dovuta vedere con P., soprannome di S.E., persona vicina al capo clan F.A., ritornato in libertà nel 2008, da parte del ricorrente si contesta la decisione impugnata per aver ritenuto i suddetti episodi strettamente connessi ed integranti un unico episodio delittuoso, aggravato L. n. 203 del 1991, ex art. 7 a ragione dell’utilizzo del metodo mafioso. Deduce in particolare il ricorrente che i due episodi sono del tutto autonomi e disomogenei, configurandosi la condotta contestata al D. piuttosto come una richiesta di elemosina, priva di effettiva valenza intimidatoria, tant’è che l’imputato, ricevuto un rifiuto, si era allontanato senza proferire alcuna minaccia all’indirizzo del preteso estorto, e che i giudici di appello non hanno fornito alcuna adeguata spiegazione delle ragioni per cui i due episodi dovevano ritenersi connessi ed atti esecutivi di un unico programma criminale, deponendo al contrario in senso opposto anche l’apprezzabile lasso temporale intercorso tra i due episodi (sei giorni).

Il bizzarro modus operandi (l’essersi presentato l’imputato la vigilia di Natale); la frase pronunciata del tutto generica e priva di connotati intimidatori, contenendo solo un generico riferimento agli "amici della Torretta"; la circostanza che il P. non aveva denunciato immediatamente quanto accaduto nel corso della prima visita, evidentemente ritenendolo un evento non preoccupante; la mancanza nella condotta di connotati intimidatori o agevolatori, pure necessari per la configurabilità dell’aggravante; l’assenza di condanne definitive per delitti di criminalità organizzata, indice di una contiguità con determinati ambienti criminali, erano tutti elementi, che deponevano per l’insussistenza dell’aggravante e che sebbene richiamati dalla difesa nell’atto di appello non avevano formato oggetto di adeguata valutazione da parte della Corte territoriale.

Motivi della decisione

1. L’impugnazione proposta dal D. è basata su motivi infondati.

1.1 Ed Invero, tutte le argomentazioni difensive sviluppate in ricorso, non considerano adeguatamente, che come più volte affermato da questa Corte, "la circostanza aggravante di cui al D.L. 13 maggio 1991, art. 7, conv. in L. 12 luglio 1991, n. 203, qualifica l’uso del metodo mafioso, fondato sull’esistenza in una data zona di associazioni mafiose, anche in riguardo alla condotta di un soggetto non appartenente a dette associazioni" (in termini Sez. 1, Sentenza n. 4898 del 26/11/2008, dep. il 4/02/2009, Rv. 243346, imp. Cutolo) e che per la sua sussistenza, pertanto, non si richiede alcun rigoroso e preventivo accertamento dell’effettiva intraneità del soggetto agente ad un sodalizio di tipo mafioso.

Infondata si rivela, in particolare, l’affermazione difensiva secondo cui la Corte territoriale non avrebbe adeguatamente spiegato le ragioni per cui, il segmento dell’azione delittuosa direttamente riferibile all’imputato D. – di per sè connotato, comunque, dall’utilizzo del metodo mafioso, avendo l’imputato significativamente ricollegato la propria richiesta di versamento di una somma (un fiore), non già, genericamente, ad una condizione personale di indigenza o difficoltà economica, ma all’ostentazione, con quale fondamento poco interessa, di un suo legame con gli "amici della Torretta", ovvero con un "contesto territoriale" sul quale significativamente esercitava la propria influenza criminale un gruppo criminale attivo anche nella zona di (OMISSIS), ove la persona offesa esercitava la propria attività commerciale e che già in passato aveva imposto il pagamento di una tangente al P. – andava evidentemente ricollegato con l’ulteriore richiesta avanzata il 30 dicembre 2008. Ed invero, come spiegato dai giudici di appello con motivazione plausibile ed aderente alle risultanze processuali, il soggetto non identificato che il 30 dicembre aveva rinnovato la richiesta di un pagamento di una tangente, non solo si era rivelato, intanto, pienamente a conoscenza del precedente rifiuto opposto dal P. ad analoga richiesta, il che porta ad escludere, sul piano logico, che quella posta in essere dal D. potesse fondatamente qualificarsi come un’iniziativa occasionale, estemporanea ed individuale; ma aveva manifestato, altresì, nei confronti della persona offesa, anche una perfetta conoscenza della circostanza che il P., in passato, aveva già corrisposto delle somme al clan A-F, attivo nella zona di (OMISSIS), particolare questo certamente idoneo a convincere il proprio interlocutore sulla serietà ed autorevolezza della richiesta estorsiva proposta per il suo tramite.

In presenza di tale logico e plausibile percorso motivazionale, tutte le argomentazioni volte ad escludere la effettiva sussistenza dell’aggravante, lungi dall’evidenziare insufficienze motivazionali, si risolvono, evidentemente, in una richiesta di "rilettura" delle risultanze processuali, non consentita nel giudizio di legittimità. 2. Il rigetto del ricorso comporta le conseguenze di cui all’art. 616 c.p.p. in ordine alla spese del presente procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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