Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 26-03-2012, n. 4772 Procedimento disciplinare

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La dottoressa M.M.R., giudice del Tribunale di Venezia, è stata sottoposta a procedimento disciplinare, inizialmente, per tre capi d’incolpazione: a) sistematica protrazione dello svolgimento delle u-dienze di convalida e istruttorie e degli interrogatori d’indagati detenuti talvolta per 8-10 ore e sino a orario notturno, senza tener conto delle varie esigenze del personale e delle parti, nonchè delle disposizioni sul servizio giudiziario adottate dal presidente sulla durata dell’orario di lavoro del personale di cancelleria e delle udienze; b) ripetuti comportamenti scorretti nei confronti del personale di cancelleria, fatti oggetto di disguidi insussistenti e di pubbliche critiche e rimproveri; c) ritardo nel deposito di tredici sentenze, di cui sette in tema di applicazione di pena concordata, nonchè creazione di un arretrato di oltre 800 procedimenti con richiesta di archiviazione e di circa 100 procedimenti con richiesta di emissione di decreto penale di condanna.

2. Successivamente il Procuratore generale ha chiesto la dichiarazione di non luogo a procedere contro l’incolpata. La Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura ha accolto la richiesta limitatamente alle incolpazione di cui alle lett. a) e c), osservando, quanto all’illecito di cui alla lett. b), che pur non essendovi prova dell’esistenza di comportamenti abitualmente scorretti posti in essere dall’incolpata, non potendosi ravvisare nei soli tre episodi indicati nel capo d’incolpazione la reiterazione abituale di fatti, richiesta per la sussistenza dell’illecito tipizzato dal D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 2, lett. d), doveva considerarsi che la norma citata configura l’illecito non solo quando la non correttezza sia abituale, ma, alternativamente, anche quando esso presenti profili di gravità. 3. L’incolpata è stata quindi tratta al giudizio della Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura, per rispondere dell’illecito disciplinare di cui al D.Lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, art. 1, comma 1, e art. 2, comma 1, lett. d), perchè, in violazione dei doveri di correttezza ed equilibrio, ripetutamente teneva un comportamento scorretto nei riguardi del personale di cancelleria, addebitando allo stesso disguidi insussistenti (smarrimento di un fascicolo, giacente presso la scrivania del magistrato) o platealmente e in pubblica udienza criticando un cancelliere anziano per un errore di sintassi, o rimproverando una dipendente perchè quest’ultima, non essendo riuscita a mettersi in contatto con il magistrato, aveva fissato l’orario di un interrogatorio.

4. L’incolpata ha presentato due memorie difensive, e all’udienza 22 febbraio 2011, su richiesta della difesa, di precisazione degli episodi oggetto d’incolpazione, il relatore ha indicato gli episodi ai quali il capo d’incolpazione era riferito.

All’esito dell’istruttoria documentale e orale, la Sezione disciplinare ha accertato la verificazione dei fatti e li ha qualificati gravi; ha inoltre ritenuto che, sebbene la gravità fosse idonea da sola a giustificare l’accertamento della responsabilità dell’incolpata, le scorrettezze, tenuto conto dell’esito dell’istruttoria (in particolare delle relazioni del presidente Gallo) in ordine ad altri due episodi – oltre alla sistematica conduzione delle udienze con tempi e modalità esaminati nella precedente ordinanza, il cui esito favorevole all’incolpata non escludeva l’avvenuto accertamento dei fatti – confermasse il carattere anche abituale della condotta contestata. All’incolpata è stata pertanto irrogata la sanzione minima prevista dalla norma applicata, costituita dalla censura.

5. Per la cassazione della sentenza, la cui motivazione è stata depositata il 21 luglio 2011, ricorre il difensore dell’incolpata, per tre motivi.

Motivi della decisione

6. Con il primo motivo di ricorso si denuncia la nullità della modifica de capo d’incolpazione avvenuta all’udienza per opera del relatore, invece che del procuratore generale. Alla richiesta del presidente del collegio, se la sollecitazione di chiarimenti in ordine al contenuto del capo d’incolpazione integrasse un’eccezione di nullità, la difesa aveva risposto negativamente con riferimento all’originaria formulazione di esso, ma tale risposta non poteva valere per la successiva modifica apportata al capo d’incolpazione dal relatore.

7. Il motivo è infondato. L’odierna ricorrente è stata tratta al giudizio disciplinare del Consiglio superiore per rispondere, secondo il capo d’incolpazione di "ripetuti comportamenti scorretti nei confronti del personale di cancelleria, fatto oggetto di disguidi insussistenti e di pubbliche critiche e rimproveri". Secondo la giurisprudenza di questa corte, l’individuazione della condotta addebitata cui deve essere correlata l’affermazione di colpevolezza non va necessariamente operata con esclusivo riferimento a quanto specificamente indicato nel capo d’incolpazione, dovendosi altresì considerare il complesso degli elementi aggiuntivi portati a conoscenza dell’incolpato e sui quali egli è stato posto in grado di difendersi (Cass. Sez. un. 23 dicembre 2009 n. 27290). Più specificamente, qualora sia contestata una condotta articolata in una pluralità di episodi, come nel caso in esame, l’enunciazione dell’addebito in termini sintetici senza la specificazione di ciascuno di detti episodi non spiega effetti invalidanti, per fatto contestato dovendosi intendere non solo quello indicato specificamente nel capo d’incolpazione, ma quanto risulta da tutto il complesso degli elementi portati a conoscenza dell’incolpato, e sui quali lo stesso è stato messo in grado di difendersi (Cass. Sez. un. 28 settembre 2009 n. 20730). La sintetica enunciazione, nel capo d’incolpazione, di "ripetuti comportamenti scorretti nei confronti del personale di cancelleria, fatti oggetto di disguidi insussistenti e di pubbliche critiche e rimproveri" non poteva pertanto considerarsi nulla, dovendo essere integrata con gli altri elementi portati a conoscenza dell’incolpata nella fase istruttoria; e la puntuale indicazione da parte relatore di tali elementi (che riferiva i disguidi insussistenti allo smarrimento di un fascicolo, giacente presso la scrivania del magistrato; le pubbliche critiche a quella rivolta in pubblica udienza a un cancelliere anziano per un errore di sintassi; e, i rimproveri a quello rivolto a una dipendente perchè quest’ultima, non essendo riuscita a mettersi in contatto con il magistrato, aveva fissato l’orario di un interrogatorio) non poteva modificare il quadro accusatorio nè incidere in alcun modo sul diritto di difesa dell’incolpata.

Nel caso in esame, peraltro, non era stata eccepita la nullità del capo d’incolpazione per indeterminatezza, com’è riconosciuto nello stesso motivo di ricorso, e l’intervento del relatore aveva funzione di chiarimento e non già di modifica del capo d’incolpazione.

8. Con il secondo motivo si denuncia, per violazione degli artt. 522 e 428 c.p.p. ( art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c), la condanna pronunciata in relazione a fatti esclusi dalla contestazione, essendo per essi intervenuta l’archiviazione, senza che si fosse successivamente provveduto alla riapertura delle indagini.

9. Anche questo motivo è infondato. La condanna della ricorrente è stata pronunciata, infatti, in relazione ai tre fatti contestati nel capo d’incolpazione. Il giudice disciplinare ha giudicato tali fatti gravi, e come tali da soli sufficienti a integrare l’illecito, in base all’interpretazione accolta del D.Lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, art. 2, comma 1, lett. d), per la quale la disgiuntiva utilizzata nel testo comporta la sufficienza, ai fini della consumazione dell’illecito, della sola gravità, anche in Assenza del requisito dell’abitualità. Questa interpretazione, conforme alla lettera del testo, non è censurata con il ricorso.

La motivazione del provvedimento impugnato prosegue poi – in modo evidentemente superfluo rispetto alla ratio decidendi già enunciata, come sopra riferita – sostenendo che, tenuto conto degli altri fatti contestati all’incolpata nella fase precedente, nella fattispecie non difetterebbe neppure il requisito dell’abitualità. Avendo tuttavia il Consiglio superiore applicato dichiaratamente la sanzione minima prevista dalla norma (censura), questa ultronea considerazione è rimasta priva di qualsiasi incidenza sulla decisione, e non ha avuto per l’incolpata alcun effetto pregiudizievole, che giustifichi la richiesta cassazione del provvedimento.

10. Con il terzo motivo si denuncia per violazione dell’art. 125 c.p.p., comma 3 e art. 546 c.p.p., comma 1, lett. e), nonchè del D.Lgs. 23 giugno 2006, n. 109, art. 3, introdotto dalla L. 24 ottobre 2006, ( art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) la mancanza, illogicità e contraddittorietà della motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza degli addebiti dal punto di vista giuridico, e fattuale e alla condanna dell’incolpata.

Il motivo si risolve in una critica agli apprezzamenti degli elementi di prova e dei singoli aspetti della fattispecie, e tende a introdurre nel giudizio valutazioni di merito estranee al sindacato di legittimità della corte. Esso è di conseguenza inammissibile.

11. In conclusione il ricorso è respinto. In mancanza di difese svolte dall’amministrazione, non v’è luogo a pronuncia sulle spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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