Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 22-09-2011) 14-10-2011, n. 37057

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. In data 5.7.2010 la Corte di appello di Milano, in parziale riforma della sentenza emessa all’esito del giudizio abbreviato il 19.10.2009 dal Gup dello stesso Tribunale, con la quale condannava F.G. per il reato di tentato omicidio in danno di S. S., rideterminava la pena nella misura di anni tre e mesi quattro di reclusione.

Per quel che qui rileva, la Corte di merito non riteneva concedibile la invocata attenuante del risarcimento del danno atteso che il riconoscimento di detta circostanza è subordinato all’integrale risarcimento effettuato prima dell’apertura del dibattimento di primo grado. Nella specie, la corresponsione di una somma accettata dalla persona offesa soltanto a titolo di acconto non consente di riconoscere la circostanza attenuante pur potendo essere invece valutata ai fini della quantificazione della pena.

2. Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia.

Con il primo motivo denuncia la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento della circostanza attenuante del risarcimento del danno di cui all’art. 62 c.p., n. 6.

In specie, deduce che risulta in atti la documentazione attestante gli inviti rivolti formalmente alla persona offesa affinchè formulasse la richiesta risarcitoria ed ai quali non veniva dato alcun riscontro. Successivamente, costituitasi in giudizio, la persona offesa accettava la somma offerta, mentre il giudice di prime cure aveva liquidato il danno In via forfettaria; così che, l’imputato aveva integrato il risarcimento prima del giudizio di secondo grado, attesa l’assoluta inerzia della parte offesa e la totale mancanza di elementi in relazione ai quali fosse possibile desumere l’ammontare del danno. Pertanto, il ricorrente aveva manifestato in maniera tangibile la volontà di risarcire il danno e, tuttavia, non era stato posto in condizione di quantificarlo integralmente.

Col secondo motivo di ricorso si deduce il vizio di motivazione in ordine alla misura di sicurezza applicata dal giudice di primo grado, ancorchè fosse stata oggetto di specifica doglianza nell’atto di appello nella parte relativa alla quantificazione della pena ed ai criteri di determinazione della stessa.

Con memoria in data 14/6/2011 il ricorrente ribadisce le predette censure.

Motivi della decisione

1. Quanto al primo motivo di ricorso, premesso che le deduzioni in ordine alla dimostrata impossibilità di risarcire integralmente il danno prima che si concludesse il giudizio di primo grado non sono autosufficienti in mancanza di qualsivoglia allegazione, deve rilevarsi che la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione dei principi costantemente affermati dalla giurisprudenza di legittimità secondo i quali il risarcimento, ai fini della concessione dell’attenuante, oltre che volontario, integrale ed antecedente al giudizio di primo grado, deve essere effettivo, nel senso che deve consistere in una reale e concreta elisione del pregiudizio economico arrecato dal reato, non bastando una generica predisposizione dell’imputato a reintegrare il patrimonio della vittima e neppure l’assunzione, da parte sua, di un obbligo in tal senso (Sez. 4, n. 16401, 15/10/1990, rv. 185998). Inoltre, qualora la parte offesa abbia rifiutato l’offerta di danaro, è necessario che l’imputato, comunque, abbia messo a disposizione la somma di danaro mediante offerta reale, al fine di consentire al giudice di valutare la serietà e la congruità della stessa (Sez. 1, n. 18440, 28/04/2006, rv. 233817).

2. E’, invece, fondato il secondo motivo di ricorso, atteso che nella sentenza Impugnata è stata del tutto omessa la motivazione in ordine alla misura di sicurezza di cui all’art. 235 cod. pen. applicata con la sentenza di primo grado, benchè nell’atto di appello il ricorrente – come si rileva in atti – avesse censurato anche con specifico riferimento all’applicata misura di sicurezza di cui all’art. 235 cod. pen. la valutazione del giudice di primo grado in ordine alla pericolosità sociale.

Invero, misura di sicurezza di cui all’art. 235 cod. pen., pur conseguendo alla condanna ad una determinata pena, deve essere applicata previo accertamento in concreto della pericolosità sociale (Sez. 2, n. 28614, 02/07/2009, rv. 244882; Sez. 3, n. 48937, 05/11/2009, rv. 245710).

Consegue l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente alla misura di sicurezza dell’espulsione con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Milano.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla misura di sicurezza dell’espulsione e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Milano.

Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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