Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 22-09-2011) 14-10-2011, n. 37054 Detenzione abusiva e omessa denuncia

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 27 ottobre 2009, la Corte d’Appello di Catania ha ridotto da anni 4 e mesi 6 di reclusione ed Euro 3.600,00 di multa ad anni 4 di reclusione ed Euro 1.500,00 di multa la pena inflitta a M.G. dal Tribunale di Catania con sentenza del 25 marzo 2006, con la quale il M. era stato dichiarato colpevole dei reati di illegale detenzione e ricettazione di un’arma comune da sparo con matricola abrasa.

2. Con la stessa sentenza la Corte d’appello di Catania ha ridotto da anni 3 di reclusione ad anni 2 di reclusione la pena inflitta a C.C.M. dal Tribunale di Catania con la medesima sentenza di cui sopra, con la quale il C.C. era stato ritenuto penalmente responsabile del delitto di favoreggiamento personale nei confronti di M.G., da lui aiutato a sottrarsi alle ricerche dell’autorità, una volta commesso il delitto di cui all’art. 416 bis cod. pen..

3. La Corte territoriale ha disposto detta riduzione di pena nei confronti di entrambi gli imputati avendo escluso nei loro confronti l’aggravante di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 7. 4. Avverso detta sentenza della Corte d’Appello di Catania ricorrono per cassazione M.G. e C.C.M., il primo personalmente, il secondo per il tramite del suo difensore.

5. M.G. propone due, motivi di ricorsolo primo motivo lamenta violazione di legge in quanto le dichiarazioni da lui rese al momento della perquisizione domiciliare e del sequestro della pistola, secondo le quali il materasso sotto il quale la pistola era stata rinvenuta faceva parte del letto, sul quale egli dormiva, erano state utilizzate, pur non essendo esse da lui rilasciate in presenza del suo avvocato, in violazione pertanto della norma di cui all’art. 350 cod. proc. pen., dovendo egli essere ritenuto fin da quel momento quale indagato; inoltre il teste V., che aveva effettuato la perquisizione ed il sequestro, aveva riferito in dibattimento delle anzidette dichiarazioni da lui rese in qualità di indagato in violazione della norma di cui all’art. 64 cod. proc. pen..

Col secondo motivo lamenta violazione di legge con riferimento alla pena applicatagli in grado di appello, atteso che la pena inflittagli in primo grado, pari ad anni 4 e mesi 6 di reclusione ed Euro 3.600,00 di multa, era stata calcolata partendo da una pena base, già aggravata D.L. n. 152 del 1991, ex art. 7, pari ad anni 3 e mesi 8 di reclusione, aumentata di mesi 10 di reclusione a titolo di continuazione per gli altri reati ascrittigli e la Corte d’appello, esclusa l’aggravante di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 7, era partito da una pena base pari ad anni 3 di reclusione, aumentata di anni 1 di reclusione a titolo di continuazione per gli altri reati;

in tal modo la Corte territoriale era partita da una pena base ridotta di mesi 8 di reclusione, mentre, al contrario, la stessa avrebbe dovuto essere ridotta di almeno un terzo e quindi nella maggior misura di anni 1, mesi 2 e giorni 20 di reclusione.

6. C.C.M. propone un unico motivo di ricorso, con il quale lamenta violazione di legge e motivazione inadeguata con riferimento al delitto di favoreggiamento personale ascrittogli, in quanto dall’istruttoria dibattimentale non sarebbe emersa una sua condotta dolosa, intesa a favorire la latitanza di M. G., non essendo stata dimostrata la conoscenza, da parte sua, dello status di latitanza in cui versava quest’ultimo, al quale egli aveva offerto ospitalità in un suo casolare posto in località isolata solo per aiutarlo ad organizzare una sua "scappatella" con una donna.

Inoltre la sua richiesta intesa ad ottenere la concessione di attenuanti generiche era stata respinta con motivazione inesistente, siccome fondata su formule di stile.

Motivi della decisione

1. Il primo motivo di ricorso proposto da M.G. è inammissibile ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 3, avendo con esso il ricorrente proposta una censura (nello specifico: violazione artt. 350 e 64 cod. proc. pen.) non dedotta con i motivi di appello, con i quali non è stata messa in discussione la commissione del fatto.

2. E’ invece fondato il secondo motivo di ricorso, con il quale il M. lamenta erronea quantificazione della pena da parte della Corte territoriale, atteso che la determinazione della pena base, riferita al più grave reato di ricettazione, di cui al capo B) della rubrica, esclusa l’aggravante di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 7, doveva essere calcolata riducendo quella comminata dal primo giudice (anni 3 e mesi 8 di reclusione oltre alla multa, già aggravata ai sensi del D.L. n. 152 del 1991, art. 7) di almeno un terzo, si che doveva essere almeno pari ad anni 2 e mesi 9 di reclusione ed Euro 1.875,00 di multa.

Va inoltre rilevato l’erronea determinazione dell’aumento di pena a titolo di continuazione, in quanto al ricorrente è stato disposto, a detto titolo, un aumento di pena anche per un delitto (porto illegale in luogo pubblico di arma comune da sparo) al medesimo non contestato e non si è tenuto conto sotto tale profilo della esclusione dell’aggravante di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 7. 3. Da quanto sopra consegue l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio degli atti alla Corte d’appello di Catania, affinchè provveda a rideterminare la pena da infliggere al ricorrente, con declaratoria d’inammissibilità nel resto del ricorso dal medesimo proposto.

4. E’ poi inammissibile l’unico articolato motivo di ricorso proposto da C.C.M..

5. Quest’ultimo ha sostenuto che non fosse ipotizzabile a suo carico il delitto di favoreggiamento personale nei confronti di M. G., in quanto egli non sarebbe stato al corrente che si trattasse di soggetto ricercato dalla polizia, siccome colpevole del delitto di cui all’art. 416 bis cod. pen. ed avendo egli inteso unicamente aiutare un amico che gli aveva chiesto ospitalità in un suo casolare isolato per realizzare una fuga amorosa con una donna maggiorenne. Esula invero dai compiti di questa Corte di legittimità sovrapporre una diversa ricostruzione dei fatti a quella ritenuta dai giudici di merito, essendo questa Corte unicamente tenuta ad accertare se la ricostruzione fatta propria dai giudici di merito sia sorretta da motivazione adeguata; il che è da ritenere avvenuto nella specie in esame, avendo la sentenza impugnata ritenuto inattendibile la ricostruzione dei fatti proposta dal ricorrente sulla base di validi e condivisibili elementi (è stato cioè accertato che la donna trovata nel casolare occupava una stanza diversa da quella utilizzata dal latitante M. e che, inoltre, nella camera da letto utilizzata da quest’ultimo non vi erano tracce ed indumenti tali da evidenziare, in essa, la presenza di una donna).

6. E’ altresì inammissibile siccome manifestamente infondata l’altra censura formulata da C.C., concernente una pretesa carenza di motivazione in ordine al diniego delle pur chieste attenuanti generiche.

E’ noto che la funzione delle attenuanti generiche è quella di consentire al giudice un adeguamento, in senso più favorevole all’imputato, della sanzione prevista dalla legge, in relazione a peculiari e non codificabili connotazioni tanto del fatto quanto del soggetto che di esso si è reso responsabile.

La meritevolezza di dette attenuanti non può pertanto mai essere data per scontata ovvero per presunta, si che essa esige un’apposita motivazione, la quale neppure deve mancare in caso di diniego di dette attenuanti, quando vi sia stata una specifica richiesta dell’imputato, volta all’ottenimento delle medesime.

In tale ultimo caso il giudice è tenuto infatti ad indicare le ragioni a sostegno del rigetto delle relative richieste, senza che tuttavia il medesimo debba necessariamente esser tenuto ad effettuare un’analitica e specifica valutazione di tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalla parte o rilevabili dagli atti, essendo sufficiente che egli indichi gli elementi ritenuti decisivi o rilevanti e rimanendo implicitamente disattesi tutti gli altri (cfr.

Cass. 2A 11.10.04 n. 2285).

Nella specie la Corte territoriale ha adeguatamente pur se sinteticamente motivato in ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche al C.C., avendo ritenuti ostativi i suoi gravi precedenti penali.

7.Conclusivamente, il ricorso proposto da M.G. va accolto solo con riferimento alla determinazione della pena e va dichiarato inammissibile nel resto.

Il ricorso proposto da C.C.M. va invece dichiarato inammissibile, con sua condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata nei confronti del M., limitatamente alla pena e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte d’appello di Catania; dichiara inammissibile nel resto il ricorso del M. e dichiara inammissibile il ricorso del C.C., che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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