Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 21-09-2011) 14-10-2011, n. 37094 Affidamento in prova

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con la ordinanza in epigrafe il Tribunale di sorveglianza dì Palermo, convalidando la sospensione provvisoria della misura ordinata dal Magistrato di sorveglianza, ha revocato ex tunc l’affidamento in prova al servizio sociale disposto nei confronti di C.D. con provvedimento del 17.2.2009, confermato, in reazione a nuovo titolo sopravvenuto, il 9.3.2010.

A ragione della revoca, il Tribunale richiamava il fatto che il 3 ottobre 2010 il C. era stato denunziato per il reato di cui all’art. 707 cod. pen., perchè sorpreso, ad una fermata di autobus, assieme a due pregiudicati e con una pinza chirurgica di 25 cm. nella borsa: in evidente atteggiamento che faceva sospettare la preparazione al borseggio.

2. Propone ricorso per cassazione il detenuto, lamentando vizi di motivazione e violazione della L. n. 354 del 1975, art. 47, comma 11.

Denunzia: da un lato che il Tribunale non aveva adeguatamente spiegato perchè la semplice notitia criminis riferita fosse sintomatica del naufragio della prova; dall’altro che il Tribunale aveva illegittimamente revocato ex tunc la misura, senza considerare il consistente periodo di affidamento – e di restrizione della libertà – comunque patito.

Motivi della decisione

1. Il primo motivo di ricorso, in cui si sostiene l’assenza di adeguata giustificazione della revoca, è manifestamente infondato e perciò inammissibile.

Contrariamente a quanto afferma il ricorrente, il Tribunale ha correttamente spiegato che i fatti riferiti nella denunzia di Polizia (possesso di arnese da borseggio e idoneo all’offesa in luogo affollato, compagnia di pregiudicati) erano gravi e denotavano il fallimento della prova e del tentativo di rieducazione.

Ed è compito specifico del giudice di sorveglianza apprezzare le condotte poste in essere durante la misura alternativa, valutandole incidentalmente, e ai soli fini del giudizio ad esso demandato, nel caso in cui queste costituiscano altresì reato.

Le considerazioni espresse in proposito sono quindi del tutto logiche e plausibili, e non sono perciò sindacabili in questa sede.

2. Merita accoglimento invece la censura rivolta all’omessa, totale, considerazione del periodo già trascorso in affidamento al fine di determinare la residua pena da espiare tenuto conto delle limitazioni patite dal condannato e del suo comportamento durante detto periodo, che nel caso di specie si è protratto per circa un atto e otto mesi, senza che siano riferite altre segnalazioni d’infrazioni o comportamenti elusivi.

Non v’è dubbio, infatti, che alla luce dei principi enunziati da C. cost. n. 185 del 1985 (illegittimità costituzionale della L. n. 354 del 1975, art. 47, nella parte in cui non consente che valga come espiazione di pena il periodo di affidamento in prova al servizio sociale, in caso di annullamento del provvedimento di ammissione), n. 312 del 1985 (illegittimità costituzionale della L. n. 354 del 1975, art. 47, nella parte in cui non prevede che valga come espiazione di pena il periodo di affidamento in prova al servizio sociale, nel caso di revoca del provvedimento di ammissione per motivi non dipendenti dall’esito negativo della prova) e n. 343 del 1987 (illegittimità costituzionale della L. n. 354 del 1975, art. 47, comma 10, nella parte in cui – in caso di revoca del provvedimento di ammissione all’affidamento in prova per comportamento incompatibile con la prosecuzione della prova – non consente di determinare la residua pena detentiva da espiare, tenuto conto della durata delle limitazioni patite dal condannato e del suo comportamento durante il trascorso periodo di affidamento in prova), nonchè da Cass. Sez. U, n. 10530 del 27/02/2002, Martola, non è in alcun caso possibile che il periodo effettivamente trascorso in affidamento in ottemperanza alle specifiche prescrizioni imposte al condannato, venga, viceversa, considerato come se non fosse mai trascorso ovvero fosse inutilmente trascorso, se risulta che il condannato ha in concreto subito delle limitazioni alla sua libertà per un tempo e secondo modalità non privi di significato.

Il Tribunale non poteva dunque revocare ex tunc la misura senza minimamente curarsi di verificare, e di indicare, se e in che misura l’affidato avesse nel passato rispettato le prescrizioni e subito perciò delle restrizioni, che, se patite, aveva diritto di vedersi in qualche modo detratte dal residuo pena.

L’ordinanza impugnata va per l’effetto annullata limitatamente alla revoca ex tunc, con rinvio per nuovo esame sul punto al Tribunale di sorveglianza di Palermo.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alla decorrenza degli effetti della pronuncia di revoca e rinvia per nuovo esame sul punto al Tribunale di sorveglianza di Palermo. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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