Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 18-07-2011) 14-10-2011, n. 37366 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Propone ricorso per cassazione S.L. avverso la sentenza della Corte di appello di Milano in data 23 marzo 2009 con la quale è stata riformata in punto di pena quella di condanna emessa in primo grado dal Gup all’esito di giudizio abbreviato.

La condanna è intervenuta in relazione ai capi 24 (concorso nella importazione di 30 chili di eroina), 32, 39, 40 (commercializzazione di eroina), 41 (importazione di 7 chili di eroina), 44 (importazione di 20 chili di eroina), 59 ( partecipazione ad associazione ex D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74).

Il Gup aveva escluso, quanto a tutti i capi in cui era contestato il reato ex D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, la aggravante di cui al cit. D.P.R., art. 73, comma 6 ed inoltre, quanto ai capi 24 e 41, quella dell’ingente quantitativo. Aveva poi concesso le attenuanti generiche equivalenti alle residue aggravanti.

La Corte di appello aveva ridotto la pena portandola da anni dieci di reclusione e Euro 70000 di multa ad anni otto e mesi quattro di reclusione e Euro 60000 di multa.

Deduce:

1) il vizio di motivazione sulla esatta individuazione della imputata.

Erano state ignorate le perplessità che avevano indotto il Gip a rigettare la richiesta di misura cautelare nei confronti della S. in ragione della inaffidabilità degli elementi di riconoscimento, basati sulla individuazione della sua voce quale colloquiante in conversazioni intercettate e facenti riferimento ai reati in discussione.

I giudici del merito avevano invece superato ogni dubbio ed in particolare quello secondo cui a parlare potesse essere la sorella della ricorrente, St..

Per tale ragione era inadeguata la risposta negativa data dalla Corte di merito alla richiesta di perizia fonica formulata dalla difesa.

Inoltre la differenza del timbro di voce tra la ricorrente e la sorella sarebbe stata affermata per la prima volta dalla Corte di merito, sulla base di elementi non indicati e comunque non chiari, tenuto conto della pressochè identica età delle due donne e della identità delle rispettive provenienze geografiche.

Non era stata considerata la eventualità di un errore nel riconoscimento degli operanti.

Inoltre la Corte aveva valorizzato, al riguardo, un esperimento effettuato dalla PG che avrebbe fatto squillare il telefono in uso alla ricorrente per verificare tale situazione di fatto: ebbene, la telefonata indicata in sentenza, come mezzo per l’esperimento, non figurava nei brogliacci; anche altra telefonata menzionata allo stesso scopo era indicata come fatta dal coimputato H.S. mentre risultava, nel brogliaccio, attribuita a H.A..

Gli operanti, poi, avevano effettuato il detto riconoscimento per avere udito la voce della ricorrente in locali pubblici. Non era stato tuttavia chiarito dalla Corte quali fossero le capacità tecniche atte a consentire ai poliziotti tale riconoscimento e se gli operanti che avevano ascoltato la voce della indagata fossero stati poi gli stessi che avevano esaminato le conversazioni telefoniche;

2) il vizio di motivazione e la violazione di legge sulla configurazione della aggravante ex D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80.

La questione viene posta, nonostante la assenza di motivo di appello al riguardo, in ragione del fatto che , essendo stata avanzata da un coimputato, si sarebbe prodotto su tale tema un effetto estensivo a favore anche della prevenuta, tale da legittimarla a proporre poi ricorso per cassazione (così Cass. N. 30599 del 2008).

Nel merito la difesa evidenzia come le contestazioni di reato siano state solo di "droga parlata" e che nessun sequestro avrebbe riguardato la posizione della ricorrente.

D’altra parte la detta circostanza ex D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80 era stata già esclusa con riferimento a vicende omologhe alle altre, quali quelle indicate ai capi 32) e 41);

3) il vizio di motivazione in ordine al mancato accoglimento di riconoscimento delle attenuanti come prevalenti sulle aggravanti.

La Corte in verità aveva escluso la fondatezza delle domande della difesa ma poi, con un salto logico, aveva ridotto la pena.

Non era chiaro dunque il percorso motivazionale che non aveva tenuto conto delle condizioni personali e familiari della donna.

Il ricorso è inammissibile.

Il primo motivo è tale perchè in parte si sostanzia nella richiesta di diversa valutazione del materiale probatorio e, per altra parte, è basato su ragioni diverse da quelle che possono essere sottoposte alla Cassazione.

Invero, sul riconoscimento vocale, la giurisprudenza pacificamente ammette – e il difensore questo non contesta – che la ricognizione di voce costituisce un grave indizio di colpevolezza che può essere utilizzato quando sia accordata attendibilità alle dichiarazioni di colui che, avendo ascoltato la voce della persona sottoposta a indagini, afferma di identificarlo con sicurezza (Rv. 231872).

Si è anche rilevato, sullo stesso tema delle intercettazioni di conversazioni telefoniche e ambientali, che qualora venga contestata dall’imputato l’identificazione delle persone colloquianti, non è indispensabile che venga disposta una perizia fonica per il relativo accertamento, ben potendo il giudice trarre il suo convincimento in base a circostanze che consentano di risalire alla loro identità con certezza (Rv. 231856).

Ebbene, la Corte di merito ha dato conto, con motivazione ampia e plausibile, delle ragioni poste a fondamento della ritenuta riferibilità alla ricorrente del telefono e delle telefonate pertinenti ai reati in contestazione.

Sono descritte in primo luogo le operazioni compiute dalla PG per verificare tale riferibilità mentre venivano tenute sotto osservazione sia la ricorrente che la sorella St..

La difesa critica la validità probatoria di tali operazioni riferite dalla PG contestando la esistenza o la regolare citazione delle conversazioni di interesse ma senza che tali obiezioni possano trovare il minimo conforto nella motivazione della sentenza impugnata.

Ci si intende riferire alla menzione, nel ricorso, di un orario di telefonata che si assume non descritta nei brogliacci laddove la sentenza impugnata non indica neppure l’orario citato dalla difesa o altri elementi dai quali dedurre che il motivo di ricorso possa avere la veste di denuncia di travisamento di prova tale da imporre a questa Corte la verifica degli atti processuali di interesse.

In sostanza il motivo di ricorso non si dimostra capace di aggredire in maniera efficace lo specifico costrutto offerto dalla Corte di merito e quindi risulta, per tale aspetto, generico.

V’è poi da rilevare, quanto alla denuncia di mancato espletamento di perizia fonica, oltre all’orientamento giurisprudenziale sopra evocato, che la perizia, per il suo carattere "neutro" sottratto alla disponibilità delle parti e rimesso alla discrezionalità del giudice, non può farsi rientrare nel concetto di prova decisiva: ne consegue che il relativo provvedimento di diniego non è sanzionarle ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d), in quanto giudizio di fatto che se sorretto da adeguata motivazione è insindacabile in cassazione (Rv. 236191; massime precedenti conformi: N. 6861 del 1993 Rv. 195139, N. 9788 del 1994 Rv. 199279, N. 275 del 1997 Rv. 206894, N. 6074 del 1997 Rv. 208090, N. 13086 del 1998 Rv. 212187, N. 12027 del 1999 Rv. 214873, N. 4981 del 2003 Rv. 229665, N. 9279 del 2003 Rv. 225345, N. 17629 del 2003 Rv. 226809, N. 37033 del 2003 Rv.

228406, N. 4981 del 2004 Rv. 229665).

E nella specie la Corte di merito ha chiarito ampiamente le ragioni della ritenuta non necessità di far ricorso a perizia fonica stanti le convinte e sicure affermazioni di riconoscimento vocale effettuate dalla PG. Inammissibile è il secondo motivo di ricorso.

In primo luogo la doglianza è preclusa dalla mancata deduzione in appello.

La sentenza citata dalla difesa, al fine di dimostrare la superabilità di tale preclusione, osserva sotto tutt’altro profilo che non ricorrono i presupposti perchè il giudice di legittimità applichi l’effetto estensivo, ex art. 587 c.p.p., nè sono possibili accertamenti al riguardo da parte del giudice dell’esecuzione cui la relativa istanza sia successivamente proposta, nel caso in cui l’imputato proponga ricorso per cassazione – avverso la decisione con la quale il giudice di rinvio escluda l’aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 4, (sodalizio armato) solo per il coimputato impugnante espressamente detto capo – senza censurare l’omessa applicazione dell’effetto estensivo a suo favore.

(Rv. 240432).

Nel caso di specie, oltretutto, la parte lamenta la mancata esclusione della aggravante senza indicare alcuno specifico elemento di fatto a sostegno di tale richiesta.

Certamente non può dirsi tale la evocazione di altri capi di imputazione che hanno visto cadere la aggravante, stante la autonomia, in linea di principio, delle diverse fattispecie che rifluiscono nei distinti capi di imputazione.

L’ultimo motivo di ricorso è pure inammissibile.

La Corte ha evidenziato la assenza di ragioni atte a giustificare il mutamento del bilanciamento, ossia di elementi favorevoli alla prevenuta idonei a giustificare una ulteriore attenuazione del trattamento sanzionatorio.

La difesa, sul punto, evidenzia come la Corte, nonostante il detto giudizio negativo, abbia provveduto ad attenuare comunque la pena, denunciando un vizio di motivazione al quale non ha evidentemente interesse.

Invece il giudizio non favorevole ha esplicato i propri effetti a sostegno della decisione di non mutare il giudizio di equivalenza tra le circostanze: esso risulta aggredito in maniera assolutamente generica dalla ricorrente, mediante la indicazione di elementi di fatto che, mentre non vi è motivo per non ritenere che la Corte di merito abbia inglobato in un implicito giudizio di prevalenza di quelli negativi invece espressamente richiamati in sentenza, sono rappresentati a questa Corte di legittimità, priva del potere di valutarli.

Alla inammissibilità consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al versamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in Euro 1.000.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e a versare alla cassa delle ammende la somma di Euro 1.000.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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