Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 15-07-2011) 14-10-2011, n. 37093 Misure di prevenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con decreto del Tribunale di Sorveglianza di Milano del 27.9.20101 veniva dichiarata inammissibile l’opposizione interposta da S. S., avverso il decreto di espulsione emesso nei suoi confronti, in quanto non erano stati depositati i motivi a sostegno del reclamo.

2. Avverso tale pronuncia, ha proposto ricorso per Cassazione la difesa del prevenuto per dedurre:

2.1 violazione di legge per non avere il Tribunale di sorveglianza fissato l’udienza in camera di consiglio, avendo adottato il provvedimento de plano, con conseguente nullità ex artt. 178 e 179 cod. proc. pen..

2.2 violazione di legge ed in particolare dell’art. 24 Cost. in relazione all’art. 143 cod. proc. pen., D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, art. 6, comma 3, lett. e) CEDU e difetto di motivazione.

L’interessato ebbe a ricevere la notifica dell’atto non tradotto, in aperto contrasto con quanto stabilito dalla Corte Cost. con sentenza 226/2004, non potendo portare ad opinare il contrario il fatto che l’interessato abbia interposto tempestiva opposizione, ancorchè senza motivi.

2.3 inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, per avere il giudice a quo ritenuto che l’interessato appartenesse ad una delle tre categorie previste dall’art. 13, comma 2 decreto citato, laddove era titolare di regolare permesso di soggiorno,di cui non chiese il rinnovo perchè detenuto ; viene in proposito ricordato che le Sez. Un. civili hanno affermato che nel periodo di decorso della pena, il termine per la richiesta di rinnovo è sospeso ed è quindi escluso che il soggetto possa essere espulso laddove non abbia avuto l’opportunità di richiedere il rinnovo del permesso scaduto.

2.4 violazione di legge ed in particolare degli artt. 3, 24 e 111 Cost. in relazione all’art. 16, comma 6, D.Lgs menzionato, nonchè in relazione all’art. 19 carta dei diritti fondamentali UE, nonchè difetto di motivazione. L’interessato non poteva essere espulso verso un paese in cui è prevista la pena di morte, la tortura, o altre pene e trattamenti inumani o degradanti, laddove la nazione di origine del prevenuto preveda questo tipo di sanzioni. Pertanto non può essere disposta l’espulsione, atteso che il S. sarebbe esposto alla riespiazione della pena, già scontata in Italia, con soggezione a trattamento degradante. Viene sottolineato che l’istante vive da tempo in Italia, che si troverebbe una volta rientrato in Egitto in condizioni di assoluta indigenza, non disponendo di alcunchè, la sanzione poi si profilerebbe assolutamente sproporzionata ed inadeguata rispetto alla violazione di cui si rese autore, con violazione del principio comunitario in materia di proporzionalità. Andavano considerati anche natura e gravita dell’infrazione commessa, condotta dello straniero, situazione familiare del ricorrente, esistenza di figli, gravita delle difficoltà che l’allontanamento comporterà per lo straniero ed i suoi familiari.

3. Il Procuratore Generale ha chiesto di annullare il provvedimento con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Milano per l’esame dell’istanza in contraddittorio.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato e merita accoglimento.

Deve essere premesso che è orientamento consolidato di questa Corte, da cui non si intende discostare, quello secondo il quale il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 16, comma 6 che ha attribuito al tribunale di sorveglianza la cognizione in materia di opposizione avverso il decreto di espulsione, non ha previsto il procedimento de plano, in deroga alle norme generali, limitandosi a stabilire che la decisione del tribunale deve intervenire nel termine di venti giorni, con il che deve ritenersi che abbia fatto riferimento, quanto al procedimento da osservare, a quello ordinario avanti al tribunale di sorveglianza, che è quello di cui all’art. 666 cod. proc. pen., che prevede la camera di consiglio partecipata (ex pluribus Sez. 1, 7.2.2008, n. 7144). Ad opinare in tale senso conduce del resto l’ordinanza della Corte Costituzionale n. 226 del 2004, che nel dichiarare la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale relativamente all’art. 16, comma 5, D.Lgs. citato, ha rilevato come la garanzia dell’opposizione al tribunale di sorveglianza con effetto sospensivo abbia li scopo di assicurare – sia pure in un momento successivo alla pronuncia del decreto di espulsione – il contraddittorio fra le parti e l’esercizio del diritto di difesa, alla stregua di quanto dispone per il procedimento di esecuzione l’art. 666 cod. proc. pen.. Il che significa che il contraddittorio orale tra le parti da svolgere "in secondo grado" è la valvola di sicurezza che consente di non bollare di non conformità ai principi costituzionali il primo grado del procedimento, da svolgersi de plano.

Ciò detto, occorre però aggiungere che nel caso di specie, in conformità invero ad un indirizzo seguito da questa stessa Corte, la pronuncia di inammissibilità è conseguita al fatto che l’opposizione non era stata corredata dai motivi a sostegno (Sez. 1 7.1.2008, n. 281), sul presupposto dell’assimilazione dell’opposizione ad una vera e propria impugnazione.

Questo profilo deve essere fatto oggetto di un maggiore approfondimento, sull’onda del contributo offerto in un passato ormai lontano, dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 19 del 1973 che, sotto la vigenza del vecchio rito processuale, fu investita della questione di legittimità costituzionale dichiarata fondata, quanto alla previsione che alla mancata indicazione dei motivi in sede di opposizione al decreto penale di condanna, doveva conseguire l’inammissibilità dell’opposizione. L’argomentare della Corte muoveva dalla considerazione che la normativa sull’opposizione era diversa e distinta da quella sull’impugnazione mediante appello, poichè mentre per quest’ultimo i motivi delimitano il devoluto, non altrettanto era a dirsi per l’impugnativa del decreto penale, che consentiva e consente una cognizione ex novo del fatto-reato, con "un’autonomia di effetti". La Corte Costituzionale all’epoca osservava che, per quanto l’indicazione dei motivi non potesse ritenersi requisito superfluo, non doveva esser ritenuto necessario a puntualizzare gli elementi dell’opposizione, atteso il carattere di sommarietà degli stessi da indicare in sede di opposizione, avendo facoltà l’interessato di opporsi personalmente anche senza assistenza di difensore. Già allora il giudice delle leggi si faceva carico della sproporzione tra obbligo e sanzione e della incongruità che l’esercizio dell’essenziale diritto della difesa giudiziale in contraddittorio, potesse essere precluso di fronte all’inadempimento di un onere che non era rilevante a fini processualistici.

E’ di immediata evidenza l’attualità dell’insegnamento e la mutuabilità degli argomenti spesi dalla Corte Costituzionale alla presente fattispecie.

Di conseguenza, per quanto l’orientamento finora seguito sia stato quello di condizionare l’ammissibilità dell’opposizione alla esplicitazione dei motivi, ritiene questo Collegio che tale modus opinandi debba essere superato, profilandosi come indispensabile una interpretazione costituzionalmente orientata: le argomentazioni molteplici e di spessore che sono state evidenziate dalla difesa, a cui fu precluso di interloquire in sede di opposizione per la mancata allegazione dei motivi, convincono sulla fondatezza di tale soluzione. Del resto, si ha ragione di ipotizzare che i motivi all’atto dell’opposizione non possano essere rassegnati, a causa del brevissimo tempo concesso all’interessato (dieci giorni), se non in termini di estrema sommarietà, in un momento in cui l’opponente non è ancora adeguatamente supportato da difesa tecnica: si può dunque apprezzare il carattere di non necessarietà dei motivi, affermato dalla Corte Costituzionale nell’analoga fattispecie, che segna il netto distacco tra opposizione e impugnazione.

La dichiarata inammissibilità dell’opposizione non può che apparire un’ ingiustificata situazione ostativa all’esercizio dei diritti riservata alla sede del contraddittorio, svincolato dal principio devolutivo, cosicchè il decreto impugnato deve essere annullato, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Milano, come richiesto anche dal Procuratore Generale.

P.Q.M.

Annulla il decreto impugnato e rinvia per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Milano.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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