Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 27-03-2012, n. 4894 Interessi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

La Corte d’appello di Roma, con sentenza 20 agosto 2001, respingeva il gravame proposto da R.F. e R.D., qualificatisi come eredi di R.M., titolare di trattamento pensionistico INPS. In particolare gli appellanti avevano chiesto che, in riforma della sentenza del Tribunale di Roma del 12 novembre 1999, l’Istituto previdenziale fosse condannato al pagamento degli interessi legali e della rivalutazione monetaria sui ratei della prestazione previdenziale asseritamente corrisposti in ritardo al de cuius. Riteneva la Corte territoriale che non fosse consentito esaminare il merito dell’impugnazione in mancanza di idonea prova della qualità di eredi degli appellanti.

Con sentenza n. 12162 del 2004 la Corte di Cassazione, pronunciando su ricorso proposto dai suddetti R.F. e R. D., cassava la suddetta sentenza – sul rilievo che in mancanza di contestazioni da parte dell’INPS in ordine all’allegata qualità di eredi degli appellanti, la Corte d’appello non poteva d’ufficio verificarne la sussistenza per giungere alla conclusione della mancanza di prova della stessa, omettendo quindi di pronunciarsi sul merito dell’impugnazione proposta – e rinviava alla stessa Corte in diversa composizione.

Con sentenza in data 12 settembre 2009 la Corte d’appello di Roma, quale giudice di rinvio, così decideva: in parziale accoglimento dell’appello proposto, condanna l’INPS al pagamento in favore degli attuali ricorrenti, quali eredi di R.M., della complessiva somma di Euro 73,67, di cui Euro 38,43 per rivalutazione monetaria ed Euro 35, 24 per interessi legali sui ratei di pensione spettanti a R.M. e corrisposti in ritardo nel periodo 24.9.1989 – 28.5.1990, oltre gli ulteriori interessi legali e la rivalutazione monetaria sulla suddetta somma di Euro 38,43 con decorrenza dalla data di maturazione di tale credito (28.5.1990) sino a quella della presente decisione per la rivalutazione monetaria e sino all’effettivo soddisfo per gli interessi". … omissis … La Corte territoriale riteneva applicabile al credito de quo, concernente la rivalutazione monetaria e gli interessi legali maturati sui ratei della prestazione previdenziale spettante al de cuius, la prescrizione decennale e quindi, in accoglimento della relativa eccezione proposta dall’INPS, accoglieva la domanda dei ricorrenti nei limiti sopra indicati e cioè relativamente alla parte di credito non prescritta.

Per la cassazione di tale sentenza propongono ricorso R. F. e R.D. affidato ad un unico motivo; l’INPS resiste con controricorso.

Motivi della decisione

Con l’unico motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione degli artt. 345, 324 e 112 cod. proc. civ. – error in procedendo. Deducono che erroneamente il giudice di rinvio aveva accolto, sia pure parzialmente, l’eccezione di prescrizione proposta dall’INPS, atteso che, da un lato, tale eccezione era già stata ritenuta infondata dal giudice di prima istanza, e tale statuizione era passata in giudicato in mancanza di impugnazione da parte dell’Istituto previdenziale, e, dall’altro, la suddetta eccezione non era stata ritualmente proposta.

Il motivo è in parte infondato e in parte inammissibile.

E’ infondato nella parte in cui denuncia la violazione dell’art. 324 cod. proc. civ. sul presupposto dell’esistenza di un giudicato basato sull’assunto che il giudice di primo grado avrebbe rigettato l’eccezione di prescrizione proposta dall’INPS e che avverso tale statuizione non sarebbe stata proposta impugnazione da parte dell’Istituto.

Ed infatti, come si evince chiaramente dalla lettura della sentenza di primo grado, l’affermazione in essa contenuta (… pur dovendosi dare atto dell’infondatezza delle questioni poste dall’Istituto in quanto non si pone il problema della prescrizione e della decadenza …) non rientra nella ratio decidendi della sentenza e pertanto sulla stessa non poteva formarsi il giudicato. Tale rilievo trova conferma anche nella sentenza rescindente (Cass. n. 12162 del 2004) prima citata, la quale ha affermato che il giudice di primo grado era entrato nel merito della pretesa azionata ed aveva si respinto la domanda per carenza di prova in ordine al quantum debeatur.

Il motivo è inoltre inammissibile nella parte in cui denuncia un error in procedendo in relazione alla violazione degli artt. 112 e 354 cod. proc. civ. A prescindere dall’inconferenza, in relazione alle allegazioni di cui al motivo, del richiamo alla disposizione di cui al citato art. 354 cod. proc. civ., deve osservarsi che non risultano adeguatamente rispettati i principi di specificità e di autosufficienza. Ed infatti, sotto il primo profilo, la tesi, che sembra emergere dal ricorso, secondo cui la decisione impugnata non sarebbe basata su una valida eccezione di prescrizione da parte dell’INPS è argomentata in modo inammissibilmente confuso e generico in violazione del principio desumibile dall’art. 366 c.p.p., n. 4.

Parte ricorrente fa riferimento, da un lato, ad una tardiva costituzione dell’INPS nel giudizio di appello, dall’altro, alla mancata proposizione, da parte dell’Istituto, di un appello incidentale e, infine, alla mancata costituzione dell’INPS nel giudizio di rinvio, omettendo di specificare, in buona sostanza, gli esatti termini dell’error in procedendo denunciato. Sotto altro profilo sussiste una palese violazione del principio di autosufficienza. Secondo il costante insegnamento di questa Corte di legittimità (cfr., ad esempio, Cass. 14 ottobre 2010 n. 21226) ove si deduca la violazione, nel giudizio di merito, dell’art. 112 cod. proc. civ., ciò che configura un’ipotesi di error in procedendo per il quale questa Corte è giudice anche del "fatto processuale", detto vizio, non essendo rilevabile d’ufficio, comporta pur sempre che il potere – dovere del giudice di legittimità d’esaminare direttamente gli atti processuali sia condizionato all’adempimento da parte del ricorrente, per il principio d’autosufficienza del ricorso per cassazione che non consente, tra l’altro, il rinvio per relationem agli atti della fase di merito, dell’onere d’indicarli compiutamente, non essendo consentita al giudice stesso una loro autonoma ricerca ma solo una loro verifica. Nel caso di specie manca una sufficiente identificazione degli atti del giudizio di merito ritenuti rilevanti ai fini della sussistenza del denunciato errore.

Il ricorso deve essere in definitiva rigettato.

Nulla sulle spese, considerata la materia previdenziale e rilevato che il presente giudizio è stato introdotto prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 269 del 2003, art. 42, convertito, con modificazioni, nella L. n. 326 del 2003.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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