Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 11-07-2011) 14-10-2011, n. 37361

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte di Appello di Milano, con sentenza del 15 marzo 2010 ha riformato la sentenza del Tribunale di Milano del 29 aprile 2008 ed ha dichiarato non doversi procedere per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione nei confronti di D.G.M. per il delitto di uso di atto falso (contrassegno assicurativo di autovettura).

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, innanzitutto a mezzo del proprio difensore, lamentando:

a) una violazione di legge per non aver pronunciato sentenza di proscioglimento;

b) una violazione di legge e una motivazione illogica in merito all’accertamento dell’elemento soggettivo dell’ascritto reato;

c) una violazione di legge in ordine alla ritenuta ammissibilità della costituzione della parte civile, alla decisione sulle statuizioni civili pur in mancanza di condanna penale e alla liquidazione delle spese processuali.

3. Ulteriore ricorso è stato proposto dall’imputato personalmente il quale lamenta:

a) una violazione o erronea applicazione dell’art. 531 c.p.p. circa l’affermazione della penale responsabilità pur in presenza di dichiarazione di estinzione del reato;

b) una violazione delle norme processuali in merito alla condanna al risarcimento del danno in favore della parte civile non impugnante;

c) una violazione di legge in ordine all’assunzione delle prove;

d) un travisamento dei verbali di audizione dei testi della difesa nel giudizio di primo grado.

Motivi della decisione

1. I ricorsi sono sicuramente inammissibili sul punto dell’accertamento della esistenza o meno della responsabilità penale, con conseguente impossibilità di prosciogliere l’imputato ai sensi dell’art. 129 c.p.p..

2. Giova premettere, in ordine alla mancata pronuncia di assoluzione nel merito anzichè per prescrizione, come la pacifica giurisprudenza di questa Corte insegni che, in presenza di una causa estintiva del reato, il Giudice sia legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione, a norma dell’art. 129 c.p.p., solo nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la sua rilevanza penale e la non commissione del medesimo da parte dell’imputato emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, tanto che la valutazione da compiersi in proposito appartiene più al concetto di "constatazione" che a quello di "apprezzamento" (v. a partire dalle Sezioni Unite 28 maggio 2009 n. 35490).

Il concetto di "evidenza", richiesto dall’indicato art. 129 c.p.p., secondo comma, presuppone, quindi, la manifestazione di una volontà processuale chiara e obbiettiva, che renda superflua ogni dimostrazione, concretandosi così in qualcosa di più di quanto la legge richieda per l’assoluzione ampia, oltre la correlazione ad un accertamento immediato.

Nel caso di specie, l’esame della decisione impugnata non manifesta affatto la indicata evidenza, se è vero che la portata del compendio investigativo in atti ha, di converso, portato alla esplicazione in maniera logica e conformemente ai principi nella materia dei delitti di falso dei motivi per i quali l’imputato non potesse essere prosciolto.

A ciò si aggiunga come le stesse Sezioni Unite (nella citata sentenza) abbiano ulteriormente precisato come, in presenza di una causa di estinzione del reato, non siano rilevabili in sede di legittimità vizi di motivazione della sentenza impugnata in quanto il Giudice del rinvio avrebbe comunque l’obbligo di procedere immediatamente alla declaratoria della causa estintiva.

3. Ove, al contrario, i ricorsi meritano accoglimento è sul punto della condanna dell’imputato al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile ed alla rifusione delle spese di lite.

A tal proposito, invero, la Corte territoriale non ha fatto buon uso della giurisprudenza di questa Corte per un duplice ordine di motivi.

In primo luogo, la stessa costituzione di parte civile non meritava di essere ammessa in quanto posta in essere da un sostituto processuale.

Secondo quanto affermato da questa stessa Sezione (v. Cass. Sez. 5, 23 ottobre 2009 n. 6680 e 3 febbraio 2010 n. 19548) l’inserimento dell’azione civile nel processo penale deve essere effettuato personalmente dalla persona offesa, e può avvenire anche a mezzo di procuratore speciale, nella persona di un terzo o del proprio difensore di fiducia.

E’ pacifico, poi, che il potere di rappresentanza processuale conferito, con il mandato alle liti, dalla persona offesa al difensore sia cosa diversa e distinta dalla procura speciale conferita per la costituzione di parte civile.

Sul punto questa Corte ha stabilito che il difensore della parte civile munito della procura speciale (ex art. 76 c.p.p.) e di nomina a provvedere alla difesa (ex art. 100 c.p.p.) è, in virtù del primo atto, depositario della legittimatio ad causam (che si identifica con la titolarità del diritto a ottenere il risarcimento del danno) ed è, in virtù del secondo atto, titolare della rappresentanza processuale, necessaria, posto che il codice prevede che la parte lesa stia in giudizio con il ministero di un difensore munito di procura speciale (v. Cass. Sez. 4, 22 aprile 1996 n. 4161).

Solo per quest’ultimo la legge (ex art. 102 c.p.p.) prevede la possibilità della nomina di un sostituto che eserciti i diritti e assuma i doveri del difensore.

L’assenza della previsione della possibilità, da parte del difensore, di nominare un sostituto che eserciti il potere di costituzione di parte civile è razionalmente interpretato dalla giurisprudenza consolidata, come assenza di legittimazione del sostituto processuale a esercitare l’azione civile nel processo penale (v. Cass. Sez. 3, 27 gennaio 2006, n. 13699).

La nomina di un sostituto processuale a norma dell’art. 102 c.p.p. attribuisce al sostituto i poteri derivanti al difensore dal mandato alle liti (rappresentanza processuale), ma non i poteri di natura sostanziale o processuale che la parte può attribuire al difensore, tra cui è da ricomprendere il potere di costituirsi parte civile;

quest’ultimo potere è delegabile solo dalla persona offesa o dal danneggiato, ma non dal procuratore speciale.

E’, poi, possibile "sanare" questa assenza di legittimazione mediante la presenza in udienza della persona offesa, che consente di ritenere la costituzione di parte civile come avvenuta personalmente.

Il che non è, però, avvenuto nel caso di specie.

In secondo luogo non è possibile pronunciare sentenza di condanna in favore della parte civile in difetto di una sua impugnazione.

Sempre secondo la giurisprudenza di questa Sezione (v. Cass. Sez. 5, 17 giugno 2010 n. 27652 e 24 gennaio 2011 n. 9638) il presupposto per applicare l’art. 578 c.p.p. è, infatti, costituito dalla pronuncia di una sentenza di condanna nei confronti dell’imputato.

Si è, infatti, costantemente sostenuto che è illegittima la condanna dell’imputato al risarcimento dei danni in favore della parte civile pronunciata, in appello, come effetto della declaratoria di sopravvenuta estinzione del reato per prescrizione con la quale il Giudice di secondo grado abbia riformato, su impugnazione del Pubblico Ministero, la sentenza di assoluzione di primo grado, in quanto la decisione sulle restituzioni e sul risarcimento del danno può essere adottata solo nel caso in cui, nel precedente grado di giudizio, sia stata affermata, con la sentenza di condanna, la responsabilità dell’imputato (v. Cass. Sez. 5, 11 marzo 2005 n. 15640).

In effetti, il legislatore vuole che per la condanna al risarcimento dei danni vi sia almeno una sentenza di condanna, ovvero un accertamento della responsabilità dell’imputato, fatto che costituisce il presupposto per la condanna al risarcimento dei danni patiti dalla parte lesa, costituitasi parte civile.

L’istituto disciplinato dall’art. 578 c.p.p. ha, invero, la finalità di evitare, quando vi sia stata condanna dell’imputato in primo e/o secondo grado e si verifichi l’estinzione del reato per prescrizione o per amnistia in grado di appello o in Cassazione, che, in assenza di una impugnazione della parte civile, il capo della sentenza relativo alla azione risarcitoria acquisti efficacia di giudicato (v.

Cass. Sez. 3, 11 febbraio 2004 n. 18056).

Anche in questo caso risulta per tabulas la mancanza d’impugnazione della sentenza di assoluzione dell’imputato in primo grado da parte della parte civile.

4. S’impone, pertanto, alla luce di quanto dianzi espresso l’annullamento senza rinvio della sentenza della Corte territoriale in merito alle statuizioni civili.

P.Q.M.

La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alle statuizioni civili.

Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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