Cass. civ. Sez. II, Sent., 28-03-2012, n. 4990 Lastrici solari e tetto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Condominio dello stabile sito in (OMISSIS), citò il condomino M.R. innanzi al locale Tribunale, deducendo che costui, ostacolando il transito attraverso il proprio appartamento, aveva reso impossibile l’esecuzione di lavori di manutenzione dei beni condominiali – nella specie: il lastrico solare, con funzione anche di cavedio – ponendo in essere uno spoglio del pacifico possesso di essi, rispetto al quale chiese di essere reintegrato. Costituitosi tardivamente, il M. si oppose all’accoglimento della domanda; il Tribunale di Milano respinse sia la richiesta interdicale che quella di merito, qualificando la domanda dell’ente di gestione non già come diretta alla reintegrazione del possesso del lastrico solare – rispetto al cui esercizio non vi sarebbe mai stata opposizione da parte del condomino – sibbene come volta a tutelare l’esercizio di una servitù di passaggio, svolgentesi attraverso l’appartamento del condomino, funzionale alla manutenzione della cosa comune; osservò altresì che il ricorrente Condominio non avrebbe fornito la dimostrazione dell’esercizio pregresso di una siffatta servitù; sottolineò inoltre che la precedente proprietaria dell’appartamento aveva sempre provveduto in proprio alla manutenzione e pulizia del suddetto lastrico; escluse infine che potesse parlarsi di un obiligatio propter rem a carico del resistente, stante la non esclusività dell’accesso attraverso l’appartamento del M., al fine di garantire la manutenzione della cosa comune.

La Corte di Appello di Milano, pronunziando sentenza n. 2708/2008, respinse l’appello del Condominio, sostanzialmente ripercorrendo l’iter argomentativo del Tribunale. Per la cassazione di tale sentenza il Condominio ha proposto ricorso, affidandolo a sette motivi, illustrati da memoria; ha resistito con controricorso il M..

Motivi della decisione

1 – Rileva preliminarmente il contro ricorrente l’avvenuta notifica di un atto di dissenso alla lite – ex art. 1132 cod. civ.- a cura di alcuni condomini: ciò "anche ai fini della notificazione e della procedibilità del controricorso": la circostanza è del tutto ininfluente ai fini sopra richiamati e neppure ha formato oggetto di ulteriori argomentazioni – di tal che parte ricorrente la interpreta come eccezione di improcedibilità al proprio ricorso.

2 – Con il primo motivo la parte ricorrente assume che la Corte territoriale sarebbe incorsa nel vizio di omessa pronunzia, non avendo esaminato i motivi dell’appello, dal momento che avrebbe fatto esclusivo riferimento alle argomentazioni espresse nella sentenza del Tribunale: il motivo è inammissibile per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., perchè manca la formulazione di uno specifico quesito di diritto sulla cui applicazione si chiede l’intervento nomofilattico della Corte – essendosi limitata la parte ricorrente ad instare per la conferma della propria asserzione di omessa pronunzia; in ogni caso poi non sarebbe configurabile il vizio denunciato in quanto il giudice dell’appello ha ritenuto infondate le difese esposte nel gravame – riproduttive delle tesi già in precedenza esposte dal Condominio – per il tramite delle argomentazioni esposte nella sentenza di primo grado.

2a- Con il secondo motivo viene denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 843 e 1027 cod. civ. nonchè vizio di motivazione, avendo la Corte territoriale escluso che la fattispecie sottoposta al suo esame integrasse una limitazione legale della proprietà del condomino, funzionale alla tutela del bene comune, ricostruendola invece, senza che ve ne fossero gli estremi – e quindi erroneamente delimitando l’ambito della fattispecie astratta – in termini di servitù prediale, così ponendosi in contrasto con la consolidata interpretandone di legittimità. 3 – Con il connesso quarto motivo il Condominio denuncia la violazione dell’art. 843 cod civ. sotto diverso, se pur concorrente, aspetto sottolineando l’irrilevanza – ai fini della identificazione della illiceità della opposizione del M. al passaggio – della condotta tenuta in precedenza dalla dante causa dello stesso, che aveva provveduto alla manutenzione e pulizia del lastrico.

4 – Con il terzo motivo parte ricorrente fa valere la violazione e falsa applicazione dell’art. 1117 cod. civ., avendo la Corte distrettuale escluso che sul lastrico comune – come del pari su tutte le parti comuni di un edificio in condominio – si esercitasse un compossesso il quale invece, derivando dalla funzione svolta, doveva dirsi esistente ex lege, senza la necessità della prova del suo concreto esercizio.

4 – Con il quinto motivo si assume che la Corte di appello sia incorsa nel vizio di ultrapetizione avendo sostituito, seguendo in ciò pedissequamente la pronunzia di primo grado, la domanda di accertamento del diritto di accesso all’appartamento del condomino al fine di porre in essere attività manutentive al lastrico solare, con la diversa domanda di tutela del possesso di una servitù di passaggio.

5 – Con il connesso sesto motivo viene denunciata la violazione e falsa applicazione delle norme in materia di reintegra nel possesso, non avendo, il giudice dell’appello, ritenuto applicabile l’art. 1168 cod. civ. a tutela del compossesso riferito alla limitazione legale della proprietà. 6 – Con il connesso settimo motivo viene fatta valere, su diverse basi, la violazione dell’art. 1168 cod. civ. non avendo la Corte distrettuale preso posizione sul motivo di appello con il quale si era dedotta l’idoneità della condotta del M. – che non solo aveva impedito il passaggio attraverso il proprio appartamento, ma aveva dichiarato la propria volontà di non ammetterlo neppure in futuro – ad integrare la fattispecie dello spoglio della cosa comune.

7 – I motivi da 2 a 6 sono inammissibili per violazione dell’art. 366 bis c.p.c..

7/a – Va innanzi tutto messo in evidenza che la Corte di appello, rifacendosi alla motivazione del Tribunale, ha riaffermato che l’oggetto della domanda del Condominio fosse il possesso di una servitù di passaggio, con la conseguenza che divengono eccentrici rispetto al thema decidendum i quesiti che tendono ad affermare il compossesso sul lastrico solare (vedi motivi terzo, quarto – seconda parte; sesto e settimo).

7/b – Quanto poi alla configurazione del passaggio come obligatio propter rem, il quesito di diritto ( contenuto nel secondo motivo, diretto a far affermare l’esistenza di un "possesso riferito ad una limitazione legale del diritto di proprietà del condomino conseguente ad una obbligazione propter rem") non appare conforme allo svolgimento argomentativo della censura perchè tende ad affermare non già l’esistenza della citata obbligazione ambulatoria quanto piuttosto l’idoneità della stessa a formare oggetto di possesso e, come tale, ad essere suscettibile di spoglio.

7/c – Il quarto motivo (prima parte) è altresì inammissibile per la genericità del quesito e la strutturale inidoneità del medesimo a far formulare la regula juris da applicare; va comunque messa in rilievo la carenza di interesse sottesa alla censura, dal momento che, se è vero che non rileva la condotta della precedente proprie tana rispetto all’ingresso per le manutenzioni, bensì la situazione al momento della domanda, è anche vero che la Corte di Appello non ha fondato la sua decisione valorizzando le abitudini manutentive della dante causa del M., relegando invece la valutazione delle medesime a mera integrazione motivazionale circa l’insussistenza del possesso di una servitù di passaggio.

7/d – L’infondatezza del quinto motivo, relativo alla violazione del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunziato – a cui deve opporsi il rilievo che la Corte di appello non ha sostituito un petitum mediato all’altro ma ha operato la qualificazione della domanda, con riferimento alla causa petendi – comporta altresì la inidoneità del relativo quesito di diritto a fondare un ragionevole interpello alla Corte in merito alla regola da applicate, atteso che le premesse argomentative – assumenti l’omessa pronunzia – non possono logicamente condurre alle rassegnate conclusioni – relative alla diversa interpretazione della domanda, che pertanto si suppone già esaminata.

8 – Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate secondo quanto indicato nel dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese che liquida in Euro 2.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre IVA, CAP e spese generali come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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