Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 11-07-2011) 14-10-2011, n. 37358

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte di Appello di Lecce, con la sentenza del 29 settembre 2009 ha confermato la sentenza del Tribunale di Taranto, Sezione Distaccata di Grottaglie del 14 febbraio 2007 con la quale B. M. era stata condannata per furto aggravato.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputata, a mezzo del proprio difensore, lamentando, quale unico motivo, una violazione di legge con particolare riferimento al principio della immediatezza in relazione alle prove assunte in ispregio dell’art. 526 c.p.p. (rilievo dattiloscopico e riconoscimento fotografico).

E’ stata, altresì, evidenziata l’intervenuta prescrizione del reato ascritto.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Le doglianze della ricorrente, innanzitutto, sono la ripetizione di quelle già avanzate avanti la Corte territoriale e da questa disattese con motivazione logica e ispirata ai principi della materia.

3. In secondo luogo, con tali doglianze si chiede a questa Corte di rileggere la compiuta attività istruttoria, con l’esercizio di poteri sul fatto che il Giudice di legittimità non può avere.

Più in particolare, la pretesa maggiore valenza probatoria del rilievo dattiloscopico non è condivisibile, in quanto la penale responsabilità è stata affermata anche sulla base della testimonianza della parte lesa e del di lei figlio (v. pagina 10 dell’impugnata decisione) nonchè del riconoscimento fotografico attraverso la foto segnaletica dell’imputata.

Al riguardo occorre immediatamente chiarire che, come più volte precisato da questa Corte (v. da ultimo, Cass. Sez. 3, 5 maggio 2010 n. 23432), la ricognizione formale di cui all’art. 213 c.p.p., non è, per il principio della non tassatività dei mezzi di prova, l’unico strumento probatorio idoneo alla dimostrazione dei fatti e che, pertanto, il riconoscimento effettuato senza l’osservanza delle formalità prescritte per la ricognizione non è affetto da patologie processuali, quali la nullità o la inutilizzabilità.

Per rispondere, poi, ai rilievi della ricorrente, è sufficiente richiamare in questa sede l’orientamento consolidato secondo cui l’individuazione di un soggetto – sia personale che fotografica – è una manifestazione riproduttiva di una percezione visiva e rappresenta, una specie del più generale concetto di dichiarazione;

pertanto la sua forza probatoria non discende dalle modalità formali del riconoscimento, bensì dal valore della dichiarazione confermativa, alla stessa stregua della deposizione testimoniale (v.

Cass. Sez. 6, 5 dicembre 2007 n. 6582).

In questo senso, quindi, non può essere sindacata in questa sede, in quanto correttamente motivata, la decisione dei Giudici di appello che hanno ritenuto comunque affidabili le dichiarazioni della parte offesa valutandole nell’integrale complesso istruttorio (v. pagine 4 e 5 della motivazione).

Nè, infine, i rilievi concernenti la capacità dimostrativa della prova possono formare, evidentemente, oggetto di sindacato nel giudizio di Cassazione non rilevando in questa sede il merito della decisione ma solo la correttezza della motivazione (v. Cass. Sez. 5, 24 maggio 2006 n. 36764).

4. Per concludere, dall’inammissibilità del ricorso derivano sia l’impossibilità di accertare l’intervenuta prescrizione del reato sia la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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