Cass. civ. Sez. II, Sent., 28-03-2012, n. 4986 Recesso e risoluzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con citazione del 20.04.1994 Sa.Fr. e M.M. convenivano in giudizio, avanti al Tribunale di Sassari, A. P. e S.A., deducendo che, con scrittura privata del 18.01.91 avevano conferito all’impresa del P. l’incarico di ristrutturare l’immobile di loro proprietà sito nel centro storico di (OMISSIS), sulla base del progetto redatto dall’arch. G., con la direzione dei lavori affidata al geom. S.A..

Secondo gli attori il P. nel corso dei lavori aveva manifestato la necessità di demolire la precedente costruzione in quanto ritenuta non idonea all’opera da compiere, ma poi, per contrasti sorti tra le parti, aveva abbandonato il cantiere; a seguito di ciò veniva richiesto un accertamento tecnico preventivo, da cui era emerso che le opere eseguite presentavano numerosi e gravi difetti, tali da comportare la demolizione del manufatto. Chiedevano pertanto gli attori che, previa risoluzione del contratto di appalto, entrambi i convenuti fossero condannati in solido al risarcimento dei danni da accertarsi in corso di causa, con rivalutazione ed interessi. Si costituiva il P. chiedendo il rigetto della domanda siccome infondata e, in via riconvenzionale, la condanna degli attori al pagamento del saldo. S.A., costituendosi a sua volta in giudizio, contestava la domanda attorea, rilevando di avere diretto i lavori secondo il progetto approvato, fino quando a quando non gli era stato revocato l’incarico di direttore dei lavori; che peraltro i committenti avevano spiegato una serie di interferenze ed iniziative amministrative per ottenere la demolizione dell’edificio, successivamente assentita dal comune per le sole parti pericolanti della costruzione. Eccepiva inoltre che non era comunque a lui opponibile l’accertamento tecnico preventivo espletato essendo rimasto del tutto estraneo al relativo procedimento.

L’adito Tribunale, con sentenza n. 732/06 del 12.03.06 rigettava la domanda attrice, con condanna degli attori al pagamento delle spese di lite. Riteneva il primo giudice che gli attori non avessero provato il contenuto del negozio d’appalto intercoso con il P. attraverso la produzione del relativo contratto, dal quale si sarebbe potuto accertare la natura e le caratteristiche delle prestazioni dell’appaltatore onde valutarne l’asserito inadempimento; nè tale poteva ritenersi la prodotta scrittura del 18.1.91 denominata " Preventivo spesa via (OMISSIS) sottoscritta dai committenti e dal P.. Avverso tale sentenza proponevano appello gli originari attori rilevando che la prova del contratto era costituita dalla prodotta scrittura del 18.01.91. Resistevano il S. e M. M. (omonima dell’appellante), quale erede di P.A..

L’adita Corte d’Appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari con sentenza n. 700/09 depos. il 14.12.2009, accoglieva l’appello e per l’effetto dichiarava la risoluzione de contratto di appalto e del contratto d’opera di direttore dei lavori per grave inadempimento degli appellati e condannava M.M., nella predetta qualità di erede di P.A., ed il geom. S. a restituire le somme ricevute in acconto nonchè al risarcimento del danno in solido, liquidato in complessivi Euro 15.277,40, oltre rivalutazione ed accessori, con condanna alle spese del doppio grado. Riteneva la Corte che le parti non avevano contestato l’esistenza del titolo negoziale e che nella fattispecie il contenuto dell’appalto poteva evincersi dal chiaro tenore del prodotto " Preventivo di spesa casa via (OMISSIS)". Affermava il giudicante la responsabilità sia del committente che del direttore dei lavori per i difetti riscontrati di cui all’indicato accertamento tecnico preventivo, rilevando quanto al secondo che egli non aveva fornito alcuna prova atta ad escludere la propria responsabilità sia nella vigilanza dei lavori come svolti dall’impresa rispetto al progetto approvato, sia all’eventuale asserita, ma non provata, interferenza dei committenti nel corso di esecuzione delle opere autorizzate, sia nella verifica dell’idoneità del progetto approvato rispetto alla tipologia d’interventi da effettuare.

Avverso la predetta pronuncia, S.A. ricorre per cassazione sulla base di 4 mezzi, illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c.; Sa.Fr. e M.M. resistono con controricorso; l’intimata M.M. non ha svolto difese.

Motivi della decisione

Con il primo motivo del ricorso l’esponente denunzia la nullità della sentenza o del procedimento ( art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 vizio di ultrapetizione). La censura si riferisce al fatto che la Corte ha dichiarato risolto il contratto d’opera professionale concluso dai committenti con il geom. S., senza che fosse proposta una domanda in tal senso dai committenti medesimi, che avevano invece richiesto solo la risoluzione del contratto d’appalto stipulato con P.A..

Con il secondo motivo l’esponente denuncia la violazione dell’art. 345 c.p.c.; deduce che nel caso si ritenesse che la menzionata domanda di risoluzione del contratto professionale fosse stata implicitamente formulata nelle precisate conclusioni in sede appello, trattandosi comunque di una domanda nuova, introdotta per prima volta nel secondo grado del giudizio, essa è, come tale, inammissibile ai sensi della norma citata.

Le due censure, congiuntamente esaminate stante la loro stretta connessione, non sono fondate, per carenza d’interesse dell’esponente.

Invero come egli stesso riconosce la domanda di risoluzione del contratto e quella di risarcimento del danno sono perfettamente autonome sia sotto il profilo processuale che sotto quello sostanziale, per cui ben potrebbe pronunciarsi il risarcimento del danno senza la declaratoria di risoluzione del contratto.

Invero secondo questa S.C. "La domanda di risarcimento dei danni per inadempimento contrattuale può essere proposta congiuntamente o separatamente da quella di risoluzione, giacchè l’art. 1453 c.c., facendo salvo in ogni caso il risarcimento del danno, esclude che l’azione risarcitoria presupponga il necessario esperimento dell’azione di risoluzione del contratto, con la conseguenza che non può ritenersi implicita nella proposizione della domanda risarcitoria quella, autonoma, di risoluzione del contratto". (Cass. Sez. 3, n. 23820 del 24/11/2010). Con il terzo motivo del ricorso l’esponente, denunciando la violazione dell’art. 115 c.p.c., deduce che la Corte distrettuale ha posto a fondamento della sentenza impugnata, nella parte in cui motiva il danno subito dai committenti, l’accertamento tecnico preventivo, promosso dai committenti nei confronti del solo appaltatore P., ma non anche contro esso S., che dunque non aveva partecipato a tale procedura; era dunque palese la violazione del contraddittorio nei suoi riguardi, tanto più che egli si era sempre opposto sia all’acquisizione della relativa relazione tecnica agli atti, che al provvedimento di ammissione della stessa. La doglianza appare fondata.

E, noto che l’accertamento tecnico preventivo può essere chiesto prima dell’instaurazione della causa o in corso di essa. Se il provvedimento, a mezzo del quale è disposto, è emesso fuori dell’udienza, deve essere comunicato alle parti in modo che esse possano partecipare all’atto di istruzione preventiva e svolgere le proprie opportune difese altrimenti nei loro confronti l’accertamento è nullo. Se però è disposto prima che il soggetto acquisti la qualità di parte del processo, come avviene quando egli non sia stato ancora chiamato in causa, l’accertamento, pienamente valido nei confronti delle parti, non è a lui opponibile. (Cass. n. 11598 del 31.05.2005). Ciò posto, si osserva che, nella fattispecie; il giudice dell’appello ha fondato la responsabilità delle parti ed ha liquidato parte dei danni prevalentemente sulla base della relazione tecnica redatta in sede d’ istruzione preventiva (che aveva evidenziato e quantificato i difetti dell’opera), a cui però era rimasto del tutto estraneo il geom. S. e che quindi non poteva essere utilizzata contro di lui.

Stante la fondatezza della censura esaminata s’impone l’accoglimento del ricorso, assorbita la residua doglianza (vizio della motivazione). Ne consegue la cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa, anche per le spese del giudizio, ad altra sezione della Corte d’Appello di Cagliari.

P.Q.M.

la Corte rigetta il 1 ed il 2 motivo del ricorso accoglie il terzo motivo; cassa la sentenza impugnata in ragione del motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese, ad altra sezione della Corte d’Appello di Cagliari.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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