Cass. civ. Sez. II, Sent., 28-03-2012, n. 4982 Factoring

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La società CBI Factor s.p.a., con tre distinti atti di citazione notificati nell’agosto del 1994, convenne al giudizio del Tribunale di Napoli G.V., che si era reso garante quale fideiussore (unitamente alla madre R.A.) nel contratto di factoring stipulato nelle date del 27.8. e 16.10.91 con la società Tiosana Farmaceutici s.r.l. (di cui il convenuto era amministratore unico), prevedente tre finanziamenti di L. 500.000.000 ciascuno a fronte della cessione di crediti verso terzi per complessive L. 2.529.676.908, al fine di sentir dichiarare simulati o, in subordine, revocarsi ex art. 2901 c.c., con risarcimento dei rispettivi danni, in quanto pregiudizievoli delle insoddisfatte ragioni creditizie dell’istante, alcuni trasferimenti immobiliari posti in essere, successivamente, dal suddetto garante, a favore di G.A., P.V. (rispettivi fratello e cognato di G.V.) e della società Geocont s.r.l., che venivano anche convenuti; ciò in quanto gli importi dei finanziamenti suddetti non sarebbero stati restituiti alle scadenze previste, tanto da indurre la CBI Factor a revocarli e chiedere un decreto ingiuntivo al Tribunale di Milano per l’importo di L. 1.547.525.532, nei confronti dei fideiussori, che concesso e notificato nel maggio 93, era stato dichiarato esecutivo per mancata opposizione il 6.11.93, mentre la società Tiosana farmaceutici era stata dichiarata fallita dal Tribunale di Napoli con sentenza del 13.10.93.

I tre giudizi, nei quali i convenuti si erano costituiti contestando le rispettive domande, vennero riuniti e, sulla base delle acquisizioni documentali, decisi con sentenza n. 5026.05 dell’adito tribunale, nei seguenti termini: 1) dichiarazione di simulazione assoluta della compravendita di cui all’atto pubblico in data 19.3.93 per notaio Monda in Giugliano, stipulata con il P., ad oggetto delle unità immobiliari facenti parte del fabbricato della Cooperativa Edilizia Maria Teresa a r.l. sito in (OMISSIS); 2) dichiarazione di simulazione assoluta della compravendita, di cui all’atto pubblico del 16.3.93 stipulata dal suddetto notaio, con G.A., ad oggetto del 50% della proprietà di un appartamento sito in (OMISSIS); 3) rigetto delle domande, sia di simulazione, sia revocatoria, relative alla vendita ad G. A., stipulata con scrittura privata autenticata in data 26/29.10.92 dall’anzidetto notaio, del 50% della proprietà del quartino sito in (OMISSIS); 4) rigetto della domanda di simulazione ed accoglimento della subordinata domanda revocatoria, con conseguente dichiarazione di inefficacia, della compravendita stipulata con la società Geocont s.r.l. con scrittura privata autenticata dal notaio Naschi in Napoli del 5.4.93, ad oggetto degli immobili posti nel fabbricato sito in (OMISSIS); 5) rigetto delle richieste di risarcimento dei danni, per mancanza di prove.

A seguito dei distinti appelli proposti da G.V. e A. e da quello congiunto del P. e della soc. Geocont, resistiti dalla soc. CBI Factor, con proposizione di appello incidentale, la Corte di Napoli, riuniti i grava, mi, con sentenza del 21/29.1.2010 li respingeva tutti, con compensazione integrale delle spese.

I giudici di appello, sulla base di analitica disamina delle rispettive ragioni d’impugnazione, confermavano le essenziali ragioni della decisione di primo grado, sia in punto di sussistenza dei crediti e relativa conoscenza da parte dei convenuti, sia del pregiudizio per le ragioni della creditrice, segnatamente ribadendo, per quanto si vedrà oltre, la sussistenza di gravi e convergenti indizi, nel contesto dei particolari rapporti di parentela e affinità in cui gli atti erano stati stipulati, quanto alle accertate simulazioni, e la sufficienza, quanto all’accolta domanda revocatoria, della generica conoscenza, da parte dell’acquirente, del pregiudizio che l’atto avrebbe potuto arrecare alle ragioni dei creditori, diminuendo le garanzie patrimoniali, a nulla rilevando che l’alienante fosse titolare di un rilevante patrimonio immobiliare.

Sull’opposto versante, la corte di merito ribadiva, quanto alle non accolte domande di simulazione, l’insufficienza del quadro indiziario, per assenza di legami di parentela o affinità tra le parti stipulanti e congruità del prezzo pattuito, e, quanto alla reietta revocatoria, la validità delle particolari ragioni, non adeguatamente censurate dall’appellante incidentale, che avevano indotto il primo giudice, "pur nella complessità della vicenda", a ritenere non raggiunta la prova dei presupposti della domanda.

Contro la suddetta sentenza hanno proposto distinti ricorsi G. V. e G.A., cui la società intimata, oggi UBI Factor s.p.a., ha resistito con rispettivi controricorsi, contenenti ricorsi incidentali, ai quali hanno replicato i G. con rispettivi controricorsi, contenente, quello di G.A. un ulteriore ricorso incidentale.

Il P. e la soc. Geocont s.r.l. non hanno svolto attività difensiva.

E’ stata infine depositata una memoria illustrativa per la società UBI Factor.

Motivi della decisione

Con il primo motivo del ricorso principale di G.V. viene dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 1417, 2901 c.c., art. 1372 c.c., comma 1, artt. 1362, 1363, 1370, 1241, 1252, 1247, 1944 e 1955 cod. civ., nonchè degli artt. 115 e 116 c.p.c., censurandosi la sentenza impugnata per aver ritenuto provataci fini delle accolte domanderà sussistenza del diritto di credito vantato dall’attrice, il cui difetto invece avrebbe dovuto indurre i giudici di merito a ritenere radicalmente carenti d’interesse sia le azioni dichiarative della simulazione, si a le revocazione. A tal riguardo si sostiene che la società CBI Factoring, avendo concesso alla società Tiosana Farmaceutici finanziamenti per complessive L. 1.500.000.000, contro cessione di crediti verso terzi per l’importo di complessive L. 2.500.000.000, sarebbe rimasta soddisfatta da tale cessione, di importo largamente superiore a quanto ricevuto; sicchè nessun credito la suddetta avrebbe, di conseguenza, potuto vantare nei confronti dei fideiussori, in particolare di G.V., il quale avrebbe potuto, in ogni caso, opporle l’estinzione del debito principale, da parte della garantita, tanto più che vi sarebbe stata prova documentale sia della notificazione delle cessioni ai debitori ceduti, sia dei relativi incassi, circostanza quest’ultima che avrebbe comportato il superamento del decreto ingiuntivo, "enfatizzato oltre misura" dai giudici di merito, ottenuto dalla società CBI Factoring nei confronti del fideiussore.

La tesi difensiva del ricorrente, le cui pur diffuse argomentazioni possono compendiarsi nei suesposti essenziali termini, è palesemente infondata, non evidenziando alcun malgoverno delle numerose norme di diritto elencate nel mezzo d’impugnazione e risolvendosi nel tentativo di accreditare un’interpretazione delle risultanze di causa, di cui i giudici di merito hanno ampiamente dato conto, sulla scorta di inconfutabili elementi documentali, tra i quali segnatamente il decreto ingiuntivo non opposto, cui è stato, del tutto correttamente ascritto valore di giudicato sostanziale, in conformità al principio costantemente affetto dalla giurisprudenza di questa Corte secondo cui detta efficacia copre non solo l’esistenza del credito azionato e del titolo su cui lo stesso ed in relativo rapporto si fondano, ma anche l’inesistenza di fatti impeditivi, modificativi o estintivi del credito precedenti al ricorso per ingiunzione e non dedotti con l’opposizione, lasciando impregiudicata soltanto l’esistenza di eventuali fatti successivi o di quelli comportanti mutamenti del petitum o della causa petendi in seno alla domanda, rispetto al ricorso esaminato con il decreto ingiuntivo (v., tra le altre, Cass. nn. 11310/10, 6628/06, 15178/00).

Peraltro al riguardo è agevole osservare come il contratto di fideiussione fosse già ab inizio idoneo a costituire un rapporto obbligatorio, in virtù del quale il fideiussore assumeva la qualità di debitore nei confronti della società finanziatrice in proposito v. Cass. 3676/11, 8630/09, qualità che sarebbe venuta meno soltanto nel caso in cui, pervenuta a buon esito finale la complessa operazione di factoring, nell’ambito della quale le cessioni dei crediti verso terzi dovevano intendersi operate pro solvendo, soltanto l’avvenuta totale estinzione del credito nei confronti del soggetto garantito avrebbe potuto comportare la liberazione del garante, debitore solidale.

Nel caso di specie siffatta totale estinzione, a sostegno della quale vengono richiamate assunte risultanze documentali (v. pag. 22 del ricorso) che comproverebbero, al più, il buon esito delle cessioni per soli L. 48 milioni complessive, avrebbe dovuto essere dedotta e provata in sede di opposizione al decreto ingiuntivo. Non essendo ciò avvenuto, deve ritenersi circostanza ormai inconfutabile quella che alla data della relativa emissione, il credito di CBI Factoring nei confronti di G.V., quale garante di quello nei confronti di Tiosana Farmaceutici e coevo allo stesso, ancora persisteva.

Conseguentemente, neppure essendo stata fornita alcuna prova in ordine ad eventuali pagamenti estintivi del debito consacrato dal suddetto titolo giudiziale, posti in essere successivamente allo stesso, sussistevano, all’atto dell’instaurazione del giudizio, legittimazione ed interesse dell’anzidetta società, nella qualità di insoddisfatta creditrice, ad agire nei confronti di tale debitore solidale tuttora inadempiente, al fine di sentire emettere, in funzione del proprio diritto a soddisfarsi sul patrimonio del medesimo, le richieste pronunzie di accertamento delle simulazioni o, in subordine, d’inopponibilità ex art. 2901 c.c., ad oggetto delle alienazioni, dirette a sottrarre i beni dalla garanzia reale di cui all’art. 2740 c.c..

Con il secondo motivo si deduce "omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione …circa il fatto controverso e decisivo del giudizio della sussistenza del consilium fraudis". Si sostiene che, nell’accogliere la domanda revocatoria, i giudici di merito non avrebbero considerato che, essendo l’alienazione intervenuta successivamente all’insorgenza del credito, sarebbe stata necessaria la rigorosa prova della dolosa preordinazione della stessa al fine di pregiudicare il soddisfacimento del credito.

Anche tale motivo, limitato alla statuizione di accoglimento dell’azione revocatoria ad oggetto della vendita stipulata dal ricorrente con la società Geocont in data 5.4.93, è privo di consistenza, in quanto basato sulle stesse argomentazioni, in precedenza disattese, secondo le quali non vi sarebbe stato alcun debito del fideiussore G. nei confronti della CBI Factoring in considerazione della cessioni in favore di questa operate dalla debitrice principale Tiosana, senza tener conto che, invece, il momento genetico del credito della garantita coincide con l’assunzione della fideiussione, mentre le successive vicende possono rilevare soltanto ai fini della relativa persistenza, totale o parziale, dell’obbligazione solidale di garanzia. Da tanto deriva l’inconferenza del rilievo di ordine cronologico, secondo il quale il decreto ingiuntivo fu emesso e divenne esecutivo successivamente alla suddetta compravendita, atteso che tale titolo giudiziale non aveva la funzione di costituire, dando luogo alla relativa nascita, il debito del fideiussore nei confronti della creditrice garantitala soltanto di acclararne, come è puntualmente avvenuto, la relativa persistenza.

Correttamente, pertanto, sulla base di incensurabile apprezzamento di merito, la corte territoriale ha confermato al riguardo la sussistenza e sufficienza, ai sensi dell’art. 2901 c.c., comma 1, n. 2, p.p., quale elemento psicologico dell’accolta azione pauliana, della mera scientia damni da parte dell’acquirente società.

Con il terzo motivo viene dedotta "omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione…circa il fatto controverso e decisivo del giudizio della sussistenza dell’eventus damni", evento da escludere nella fattispecie, nella quale sarebbe rimasto provato ed incontestato che G.V., già titolare di un rilevante patrimonio immobiliare, anche a seguito delle alienazioni oggetto della accolte domande attrici, sarebbe comunque rimasto, proprietario di numerosi cespiti esenti da iscrizioni o trascrizioni pregiudizievoli, di valore complessivo di gran lunga superiore rispetto a quello del credito vantato dalla CBI Facoring. Neppure tale motivo merita accoglimento, non evidenziando alcuna lacuna o illogicità della motivazione, con la quale la corte di merito non ha omesso di valutare la circostanza dedotta, ma ne ha soltanto negato la rilevanza ostativa alla proponibilità e fondatezza delle spiegate azioni, sulla base dunque non di, più o meno, opinabile accertamento di fatto, bensì di una valutazione strettamente giuridica, che risulta compiuta in conformità alla consolidata giurisprudenza di legittimità, secondo cui a configurare l’eventus damni nell’azione revocatoria ordinaria (ma le stesse considerazioni ben si attagliano mutatis mutandis in tema di sussistenza dell’interesse dei creditori, ancor più evidente, a far dichiarare la simulazione di atti comportanti la solo apparente uscita dei beni dal patrimonio) non è necessario che gli atti impugnati siano tali da elidere del tutto le possibilità del creditore di soddisfarsi sul patrimonio del debitore, essendo invece sufficiente che gli atti compiuti comportino una modificazione quantitativa o qualitativa di tale patrimonio, tale da diminuire sensibilmente tali possibilità o da renderne l’effettiva attuazione più difficoltosa, mediante la sostituzione ai beni originari (nella specie immobili, agevolmente individuabili ed aggredibili, di altri (quale il danaro) facilmente occultabile (v., tra la tante, Cass. nn. 21338/10.2363/10, 25490/08, 19963/05, 111741/03).

Nel caso di specie, nel quale sarebbe stato onere del debitore provare la concreta inidoneità degli atti ex adverso impugnati a diminuire apprezzabilmente la consistenza del patrimonio, del debitore in relazione a quella dei crediti garantitala decisione non è censurabile, atteso che il generico richiamo ad un relazione notarile indicante alcuni cespiti immobiliari, diversi da quelli di cui è causa, che sarebbero rimasti nel patrimonio del G., non risultava integrata dall’indicazione del valore complessivo degli stessi, così come nessun elemento di prova a supporto della dedotta sufficienza al riguardo avrebbe potuto desumersi dall’altro elemento documentale addotto, costituito da un lettera di un legale del suddetto, in assenza di prove sull’effettiva proprietà dei beni, tanto meno in un contesto caratterizzato dalla grave esposizione debitoria dell’odierno ricorrente e della società di cui il medesimo era legale rappresentante.

Con il quarto motivo vengono dedotte violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 in rel. agli artt. 1417 e 2901 cod., noncè degli artt. 115 e 116 c.p.c., con connesse carenze e contraddittorietà di motivazione, per non avere i giudici di merito tenuto conto delle comprovate esigenze di procurarsi liquidità, al fine di estinguere debiti della società Tiosana, cui le alienazioni in questioni erano finalizzateci che avrebbe escluso ogni intento simulatorio e comportato l’incensurabilità, sotto il profilo revocatorio, dei conseguenti pagamenti, non essendo impugnabili ex art. 2901 c.c., comma 3, quelli di debiti scaduti da parte di persona fisica non imprenditrice, non soggetta al rispetto della par condicio creditorum.

Neppure tali censure meritano accoglimento, basandosi sul l’affermazione di meri assunti di fatto, rimasti prive di effettivo riscontro probatorio, non potendosi ritenere acclarato che i dedotti versamenti nelle casse della società Tiosana provenissero proprio dalle alienazioni di cui è causa, nè che tali somme fossero state impiegate per estinguere debiti scaduti verso terzi della medesima società.

Non conferente-iisaii3d’altra parte, risulta il richiamo alla disposizione di cui all’art. 2901 c.c., comma 3, che il G. avrebbe potuto invocare soltanto nell’ipotesi in cui l’atto impugnato si fosse risolto nel pagamento di altri debiti propri e non anche di quelli asseritamente riferibili ad un soggetto diverso, quale era la società, con riferimento al quale le assunte finalità solutorie del danaro proveniente dalla liquidazione dei cespiti immobiliari sarebbero rimaste irrilevanti, non escludendo il già prodotto eventus damni.

Non miglior sorte merita infine il quinto motivo, con il quale si censurano, per violazione dell’art. 2697 in rel. 1417 e 2901 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c., artt. 2727 e 2729 c.c., nonchè per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, le valutazioni degli elementi presuntivi che hanno indotto la corte territoriale a confermare la simulazione assoluta delle compravendite del 19.3.93 e del 16.3.93 e la sussistenza dell’intento fraudolento in quella del 5.4.93. Per quanto attiene alla prima si sostiene che la sola circostanza del rapporto di affinità tra la parti, in un contesto nel quale sarebbero rimasti provatala congruità del prezzo, l’inesistenza di iscrizioni pregiudizievoli e l’effettività del pagamento, eseguito con assegni circolari, sarebbe stata del tutto insufficiente ad evidenziare l’accordo simulatorio, al cui riguardo si sarebbe fatto uso di una inammissibile praesumptio de praesumpto.

Le censure attengono chiaramente al merito della vicenda, nell’ambito della quale l’apprezzamento del complessivo quadro indiziario, in quanto adeguatamente motivatoci sottrae a censure nella presente sede, avendo la corte territoriale tenuto conto non solo dell’acclarato rapporto di affinità tra il G. ed il P., ma anche dello stesso significativo comportamento processuale del secondo, che aveva addirittura negato, contro l’evidenza, di "conoscere" il venditore, della coincidenza temporale tra l’alienazione in questione ed un’altra, stipulata dal G. in ambito familiare nello stesso giorno e davanti al medesimo notaio, il tutto sullo sfondo di una crisi economica conclamata ed in atto della società Tiosana (di cui il venditore era amministratore unico e fideiussore), che di lì a poco sarebbe stata dichiarata fallita;

contesto nel quale del tutto logica e convincente deve ritenersi la presunzione che la consegna degli assegni, il cui importo ben avrebbe potuto essere restituito, rappresentasse una messa in scena atta a conferire maggiore credibilità alla fittizia operazione, nell’ambito della quale la congruità del dichiarato prezzo rispondeva all’evidente finalità di rendere la stessa più credibile.

Quanto alla vendita stipulata con il fratello G.A., si sostiene che le stesse ragioni che avevano indotto i giudici di merito a ritenere non simulato, nè fraudolento, il precedente analogo atto inter partes dell’ottobre 2002, avrebbero dovuto coerentemente portare ad escludere siffatti intenti anche nel secondo, avente ad oggetto la rimanente metà dell’immobile di fatto abitato dall’acquirente.

Ma anche tali critiche si risolvono in palesi censure in fatto, con le quali si rimette in discussione una valutazione di merito adeguatamente motivata, che ha tenuto conto, nel pervenire a diversi risultati in relazione alle due vicende traslative solo in parte analoghe, non solo dei diversi momenti nelle quali le stesse erano intervenute (la seconda quando il dissesto della società Tiosana appariva ormai irreversibile), ma anche di un elemento differenziale particolarmente significativo presente nella seconda, costituito dalla riserva di un diritto di abitazione decennale da parte del venditore, poco compatibile con la effettività dell’alienazione.

Per quanto attiene infine alla vendita del 5.4.93 con la società Geocont, le censure riprendono in massima parte argomenti già esposti nei precedenti motivi (anteriorità dell’atto rispetto all’insorgenza del credito, insussistenza della dolosa preordinazione, assenza di pregiudizio in considerazione del residuo patrimonio del venditore, rispondenza della vendita allo scopo di procurarsi mezzi di pagamento per estinguere precedenti debiti), sicchè al riguardo è sufficiente richiamare le ragioni che hanno indotto alla relativa reiezione.

Altri profili di censura risultano del pari inammissibili, in quanto diretti a svalutare, proponendo un’indebita parcellizzazione del quadro indiziario, ulteriori elementi che i giudici di merito, neirambito di una logica ed incensurabile valutazione complessiva, hanno ritenuto convergenti e rivelatori della fraus creditorum (in particolare la circostanza che proprio negli immobili venduti la società Tiosana esercitasse la propria attività), mentre del tutto irrilevanti risultano quelli di assunto segno oppostola congruità del prezzo, l’effettività del suo pagamento e la capacità economica, risultante dal bilancio, dell’acquirente Geocont, atteso che nella specie non è stata ritenuta la natura simulata dell’alienazione, ma l’inefficacia nei confronti dell’attrice della stessa ex art. 2901 c.c., per lesività delle relative ragioni creditizie Il ricorso di G.V. va, conclusivamente, re spinto.

Passando all’esame del ricorso di G.A., vanno congiuntamente esaminati i primi due motivi, strettamente connessi, con i quali, con riferimento alla dichiarata simulazione dell’atto di compravendita del 19.3.93, si censurano, per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2727, 2729 c.c., art. 116 c.p.c., motivazione omessa, in sufficiente e contraddittoria, sia l’attribuzione di valore indiziario al rapporto di parentela tra le parti e alla riserva del diritto di abitazione, si a la mancata considerazione, ai fini dell’assunta effettività di tale alienazione, ad oggetto del 50% della proprietà dell’immobile, delle stesse ragioni, ravvisate nell’intento di dare una sistemazione definitiva dei rapporti successori, che avevano indotto i medesimi giudici a ritenere valida la precedente alienazione l’ottobre 1992, ad oggetto della rimanente metà dell’immobile.

Anche tali censure devono essere disattese, in quanto non evidenzianti alcuna violazione delle norme di diritto citate, nè lacune o illogicità della motivazione, con la quale i giudici di merito, come si è già avuto modo di evidenziare esaminando le analoghe doglianze del ricorrente G.V., hanno dato adeguato conto della differente valutazione delle due vicende traslative, intervenute in momenti diversi e connotatecene sul piano dello specifico contenuto negoziale, da pattuizioni non del tutto identiche; d’altra parte è agevole osservare come proprio la finalità attribuita alla prima alienazione, caratterizzata dalla natura definitiva dell’assetto dei rapporti ereditati tra i due fratelli con la stessa realizzata, fosse incompatibile con la tesi di una successiva revisione degli stessi.

Con il terzo motivo di ricorso G.A. lamenta violazione e lo falsa applicazione degli artt. 2697, 2727, 2729 c.c. e art. 116 c.p.c., con connesse carenza e contraddittorietà di motivazione, con riferimento alla negata effettività del prezzo.

La censura va disattesa per le ragioni già esposte in relazione a quella analoga dedotta nell’altro ricorso, ribadendosi rincensurabilità, sotto il profilo logico, dell’argomentazione esposta dai giudici di merito, peraltro confortata da riscontri giurisprudenziali, secondo cui, in un contesto nel quale l’intento simulatorio risultava conclamato da una serie di convergenti indizi, la consegna degli assegni circolanti cui importo era agevolmente restituibile, rappresentava soltanto un artificio posto in essere al fine di conferire maggiore credibilità all’operazione.

Va infine disatteso anche il quarto motivo di tale ricorso, deducente violazione e falsa applicazione degli artt. 1414, 2727, 2729 c.c. e art. 116 c.p.c., con connessi vizi di motivazione, con riferimento alla ritenuta "conoscenza delle difficoltà economiche del venditore", elemento che si assume estraneo ed incompatibile con la fattispecie simulatoria, la cui finalità sarebbe, a differenza che nell’ipotesi revocatoria, quella di lasciare inalterato il patrimonio delle parti e quindi la garanzia patrimoniale offerta ai creditori del simulato alienante.

Al riguardo è agevole osservare che tale conoscenza, nella specie ravvisata, pur non essendo indispensabile ai fini della simulazione, può tuttavia costituire uno degli elementi indiziari rivelatori delle finalità perseguite dalle parti con il negozio fittizio, quelle di sottrarre mediante un’apparente alienazione , un bene alla garanzia dei creditori; in tal senso, e non in quello di una non necessaria sscientia damni, l’indizio, ragionevolmente desunto dallo stretto legame di parentela tra le parti stipulanti, è stato ravvisato dai giudici di merito, con valutazione del tutto incensurabile nella presente sede.

Anche tale ricorso va, pertanto, respinto.

Va a questo punto esaminato il ricorso incidentale proposto dalla società UBI Factor s.p.a., che contrariamente a quanto eccepito nel relativo controricorso di G.A., è ammissibile, perchè tempestivamente proposto, con atto notificato il 14.10.10, prima della scadenza del termine di gg. 60 (tenuto conto dell’interposta sospensione feriale), nella specie decorrente dalla data della notificazione della sentenza, eseguita il 7.7.10.

Con il primo motivo di tale ricorso si censura, con richiamo all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5, per assenza, apparenza o comunque insufficienza di motivazione, sul fatto decisivo dell’effettiva residenza nell’immobile di G.A., la reiezione della domanda di dichiarazione della simulazione assoluta afferente la compravendita del 26/29 ottobre 1992, per non aver considerato che, contrariamente a quanto sostenuto dalle controparti e ritenuto dai giudici di merito, il suddetto sarebbe risultato in realtà domiciliato altrove, come da dichiarazioni rese sia in tale atto, sia in quelli successivi del 16 e del 19 marzo 1993, al diverso indirizzo, omettendo di trasferirvisi, pur essendo a tanto fiscalmente onerato, essendosi avvalso dei benefici previsti per la "prima casa".

La censura non ha pregio, tenuto conto della diversità dei concetti di domicilio e residenza, così come rispettivamente definiti dall’art. 43 c.c., commi 1 e 2, sicchè la circostanza che al notaio rogante l’acquirente G. avesse indicato quale proprio domicilio (inteso quale luogo nel quale aveva stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi) l’indirizzo di (OMISSIS), non può ritenersi incompatibile con quella, accertata dai giudici di merito, che il medesimo di fatto ed abitualmente già dimorasse, all’epoca della prima stipulacelìappartamento di (OMISSIS) nella stessa città, al riguardo poco o punto rilevando che poi, all’epoca delle successive stipulazioni, non avesse ufficializzato tale residenza ai fini anche fiscali, non essendo il relativo termine ancora scaduto.

Con ulteriori profili di censura contenuti nel mezzo d’impugnazione si lamenta la mancata considerazione di una serie di elementi, costituiti dall’esposizione debitoria, già nell’ottobre del 1992, sia della società Tiosana, sia di G.V., che avrebbe condotto, a seguito delle inadempienze, alla revoca dei finanziamenti, circostanze che avrebbero dovuto far propendere per un accordo simulatorio, ispirato a solidarietà familiare, finalizzato a sottrarre il patrimonio del suddetto dai rischi di esecuzione ad opera dei creditori.

Anche tali censure vanno disattese, risolvendosi nella prospettazione di alternative ipotesi, ancorchè astrattamente plausibili, di interpretazione delle risultanze processuali, non evidenzianti tuttavia intrinseche illogicità di quella adottata dai giudici di merito, che hanno dato adeguato conto delle ragioni per le quali la prima compravendita presentava connotati e finalità del tutto propri che la differenziavano rispetto a quella successiva.

Le suesposte considerazioni comportano l’analoga inammissibilità anche delle censure contenute nel secondo motivo, con il quale, ancora con riferimento alla vendita dell’ottobre 1992, si lamenta omessa o insufficiente motivazione in ordine al consilium fraudis che, in considerazione degli elementi sopra dedotti, dello strettissimo legame di parentela tra i contraenti e di regole di comune esperienza, avrebbero dovuto in subordine far accogliere l’azione revocatoria; anche in questo caso si pongono in discussione argomentazioni di merito adeguatamente motivate, proponendo alternative ipotesi di interpretazione delle risultanze istruttorie, senza evidenziare vizi intrinseci di quella recepita dai giudici di merito.

Non miglior esito merita il terzo motivo, con il quale si deduce insufficienza o contraddittorietà di motivazione della decisione impugnata, nella parte in cui, con riferimento alla vendita del 5.4.1993, ha accolto la subordinata domanda revocatoria, pur configurandosi tutti gli elementi conclamanti la natura simulata della stessa, chiesta in via principale.

Il mezzo d’impugnazione, pur ammissibile sotto il profilo dell’interesse (attesa la maggiore ampiezza restitutoria di un’eventuale dichiarazione di simulazione assoluta, rispetto a quella ex art. 2901 c.c.: v. Cass. n. 10909/10), va tuttavia disatteso per ragioni d’inammissibilità analoghe a quelle inducenti alla reiezione dei precedenti, considerato che pone in discussione, proponendo un’ alternativa ipotesi di valutazione del quadro indiziario, un motivato giudizio discrezionale con il quale i giudici di merito, pur ritenendo l’alienazione de qua inficiata dall’intento fraudolento in danno della creditrice, hanno tuttavia ritenuto l’effettività degli operati trasferimenti immobiliari, a tal riguardo tenendo conto della congruità del prezzo, pagato in gran parte all’atto della stipula, del trasferimento di possesso contestuale alla stessa e dell’assenza di vincoli di parentela tra le parti, circostanza quest’ultima che viene confutata nel motivo di ricorso, senza tuttavia precisare sulla base di quali contrari elementi di prova.

Va dunque rigettato anche tale ricorso.

Va poi dichiarato inammissibile, ancor prima che assorbitoci ricorso incidentale subordinato, proposto da G.A. nell’ambito del controricorso in data 18.11.10 in replica al ricorso incidentale della società UBI Factor, per palese tardività di tale impugnazione, proposta, dopo il decorso del termine breve (spirato il 20.10.10), quando la relativa facoltà era stata già consumata con la tempestiva proposizione del precedente ricorso.

Tenuto conto, infine, dell’esito del giudizio, sussistono giusti motivi per compensarne le spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta i ricorsi di G.V. ed G. A. nonchè quello incidentale della società UBI Factor s.p.a., dichiara inammissibile il ricorso incidentale subordinato proposto da G.A. e compensate interamente tra le parti le spese del presente giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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