Cass. civ. Sez. II, Sent., 28-03-2012, n. 4980 Esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto notificato il 25.7.03 L.L. citò al giudizio del Tribunale di Milano la società Colombana s.r.l., al fine di sentire, in via principale, pronunziare sentenza di esecuzione in forma specifica, in subordine,di risoluzione per inadempimento della promittente venditrice con restituzione del doppio della caparra di Euro 139.400,00 o, in via più gradata, di annullamento per dolo, di un contratto preliminare, stipulato, a seguito di accordo di massima del 5.9.02, con scrittura privata dell’8.11.2002 e prevedente il trasferimento all’attore, per il prezzo originariamente fissato di 697.000.000, ma da ridursi ad 549.554,71 in considerazione della diminuita quantità di "Superficie Lorda Pavimentatole" (d’ora innanzi S.P.L.), del lotto n. 4 del Piano di Lottizzazione industriale (di seguito P.L.) del Comune di Zibido San Giacomo, la cui edificabilità era stata promessa unitamente a quella residua derivante dalla mancata utilizzazione sugli altri tre lotti del P.L. Detta riduzione veniva chiesta, poichè parte dell’appezzamento promesso (la part. 436) era risultata di proprietà di terzi, la residua edificabilità dell’intero P.L. era stata trasferita a terzi con irelativi mappali e la C.L (convenzione di lottizzazione) del 1997, integrata da quella del 2002, non prevedeva l’autonoma cedibilità della SLP della SC (superficie coperta) tra un lotto e l’altro del P.L. A seguito della scoperta di tali circostanze, che sarebbero state ammesse dalla controparte, vi erano state trattative tra le parti,sulla base della proposta di accordo integrativo predisposto dalla società il 1.3.03, cui aveva fatto seguito un carteggio epistolare,a conclusione del quale il L., con lettera raccomandata del 1.7.03 si era dichiarato disposto ad accettare la proposta riduzione della S.P.L. del 20%, previa conseguente riduzione del prezzo d’acquisto ad Euro 549.525,00,condizione quest’ultima che tuttavia sarebbe stata rifiutata dalla promittente, con conseguente rottura delle trattative.

Costituitasi la società convenuta, contestava la fondatezza delle avverse domande, segnatamente negando che la potenzialità edificatoria del suolo costituisse oggetto del promesso trasferimento e sostenendo che la S L.P e la SC indicate nel preliminare si riferivano in realtà all’edificabilità ancora disponibile nell’ambito dell’intero PL, in quanto inutilizzata sui rimanenti tre lotti, premesse sulle quali chiedeva, in via riconvenzionale e subordinata, disporsi il trasferimento coattivo del lotto al prezzo originariamente pattuito.

Con separata domanda la società Colombiana convenne al giudizio del medesimo tribunale il L., al fine di sentirlo dichiarare inadempiente,con conseguente risoluzione del contratto per colpa del medesimo e con riserva di agire,in separata sede, per il risarcimento dei danni. Riuniti i due giudizi, il Tribunale di Milano, con sentenza del 13/16.6.06, pronunziò la risoluzione del contratto, senza addebito ad alcuna delle partile con semplice restituzione della caparra, essenzialmente ritenendo che fosse mancata, negli accordi integrativi dell’originario negozio, la necessaria determinazione del corrispettivo della cessione, per cui le parti si erano reciprocamente rifiutate di addivenire alla stipula del contratto definitivo.

A seguito di appelli principale del L., incidentale della resistente società, con sentenza del 29.9.09- 14.4.10 la Corte di Milano rigettava i reciproci gravami e compensava interamente le spese tra le parti, osservando:

1) quanto all’impugnazione principale: a) che, anche a voler ritenere che il criterio per la riduzione del prezzo fosse stato convenuto in proporzione alla quantità di SPL prevista nel progetto da approntarsi secondo le indicazioni del L., non risultando essere stato tale progetto redatto, sarebbe rimasto indeterminato, ancor prima che il prezzo, lo stesso oggetto del trasferimento, che stando alla prospettazione della stessa parte attrice e come ritenuto dal primo giudice, sarebbe stata costituita non da una semplice "porzione di terreno", ma da "una certa potenzialità edificatoria"; b) quanto alla richiesta di restituzione della caparra, che il primo giudice non aveva accolto nel duplum, che la statuizione non aveva formato oggetto di specifiche censure da parte dell’appellante, limitatosi a riproporre "puramente e semplicemente" l’iniziale richiesta;

2) quanto all’appello incidentale,che se era vero che "il L. aveva, in effetti, complicato a dismisura l’esecuzione di una intesa dalla parti raggiunta progressivamente e con grande fatica …la Colombana, a sua volta, non era stata certamente da meno, sin dal’inizio, come dimostrato da alcune vicende non appagantemente infirmate…", in particolare da quella "relativa al mapp. 436, acquisito solo in data 18.7.2003", o alla "acquisizione …della SLP residua dell’intero PL", come accertato nella sentenza di primo grado.

Avverso detta sentenza il L. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.

Ha resistito la società Colombana s.r.l. con controricorso, contenente ricorso incidentale, con unico motivo articolato su due profili. E’ stata depositata una memoria per il L..

Motivi della decisione

Con il primo motivo del ricorso principale si censurano, per "violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362 e 2932 c.c." e per "insufficiente e contraddittoria motivazione su punti e documenti decisivi" il mancato accoglimento della domanda di esecuzione in forma specifica e le relative argomentazioni, essenzialmente sostenendosi che una corretta e complessiva interpretazione delle risultanze documentali, in particolare del successivo accordo integrativo dell’originario contratto preliminare, avrebbe dovuto indurre i giudici di merito a ritenere determinato l’oggetto del convenuto trasferimento,costituito dalla vendita "a misura" di un appezzamento di terreno e della relativa capacità edificatoria, e determinabile il prezzo, in collegamento quest’ultimo con la concreta potenzialità edilizia del lotto, risultata inferiore a quella promessa.

Quest’ultimo criterio,previsto in particolare nella proposta integrativa del 1.3.03 accettata dalla controparte, rimasta tuttavia inadempiente, avrebbe reso agevolmente determinabile per differenza il minor prezzo, oltre che l’oggetto finale della promessa di vendita,senza alcuna necessità della redazione del progetto, come ritenuto dalla corte territoriale; sicchè, anche alla luce della più recente giurisprudenza di legittimità, secondo cui all’esecuzione in forma specifica non è ostativa la presenza di vizi o difformità del bene promesso che ne diminuiscano il valore, ben avrebbe potuto il giudice, sulla scorta di una corretta interpretazione dell’effettiva intenzione dei contraenti, desunta dal collegamento delle diverse pattuizioni tra gli stessi intervenute,adottare la richiesta pronunzia ex art. 2932 c.c., previa riduzione del prezzo proporzionale all’accertata minore capacità edificatoria della superficie, che in concreto la promittente venditrice sarebbe stata in grado di trasferire.

Le censure non meritano accoglimento, poichè si risolvono nel tentativo di accreditare una valutazione delle risultanze documentali diversa da quella che la corte di merito ha fornito, peraltro sulla scorta delle stesse indicazioni di massima esposte dalla parte attrice, con riferimento all’intervenuta parziale modifica del contratto preliminare,senza incorrere in vizi testuali del ragionamento logico o violazione di norme di diritto.

Per quanto attiene, in particolare, all’interpretazione del contrattoci giudice di appello pur aderendo alla tesi prospettata dall’appellante,secondo cui il preliminare avrebbe avuto fin dall’origine ad oggetto non soltanto il suolo, ma anche una certa capacità edificatoria, e pur dando atto che, a seguito delle tormentate vicende acquisitive da parte della promittente venditrice, lo stesso era stato integrato dalle successive modificazioni conseguenti ad un consenso che si sarebbe perfezionato per via epistolare, ha tuttavia osservato, proprio in base ad indagine sull’effettiva intenzione dei contraenti desunta dall’interpretazione cooordinata del complesso delle pattuizioni, rispettosa dunque dei canoni di cui agli artt. 1362 e 1263 c.c., come l’accordo integrativo raggiunto prevedesse la redazione di un progetto quale elemento indispensabile della determinazione non solo del prezzo, in misura corrispondente all’effettiva capacità edificatoria che la promittente venditrice fosse stata concretamente in grado di mettere a disposizione,ma anche di quest’ultima stessa, che nella recepita prospettazione della domanda ex art. 2932 c.c. formulata dal L. costituiva parte integrante del complesso bene (suolo + S.L.P) promesso in vendita.

La ritenuta concreta impossibilità di determinare tali elementi, per la mancanza di un adempimento conclusivo previsto dall’accordo integrativo, che secondo lo stesso avrebbe dovuto fa capo al promittente venditore, con la conseguente impossibilità di esecuzione in forma specifica del riveduto accordo, costituisce un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito,che adeguatamente motivatoci sottrae ad ogni censura nella presente sede,nella quale il modulo argomentativo va esaminato nella sua intrinseca tenuta logico-giuridica, e non anche raffrontato con alternative, ancorchè astrattamente plausibili, ipotesi di lettura delle risultanze processuali (nella specie quella della determinabilità di tali elementi anche senza la redazione del progetto), proposte dalla parte ricorrente, che pur tale accordo aveva richiamato.

Con il secondo motivo il ricorrente principale censura, per violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c., e per omessa ed insufficiente motivazione, la mancata condanna della controparte al pagamento del doppio della caparra, richiesta che sarebbe stata implicita nel proposto appello, richiamante l’originaria domanda e riproponente "tutti gli elementi costitutivi e rappresentativi dell’inadempimento attuato dalla società promittente venditrice". A tal riguardo si lamenta che il Tribunale prima, la Corte d’Appello dopo, nel valutare comparativamente le condotte delle parti nell’ambito di un contratto a prestazioni corrispettive, non avrebbero tenuto conto dell’evidente preponderanza dell’inadempimento della società, che aveva sottaciuto di non essere proprietaria di uno dei due lotti (il mapp. 436), pur garantendo di essere piena ed esclusiva proprietaria di tutto rappezzamento promesso, endendo impossibile la cessione così come originariamente convenuta, anche perchè erano cambiati in peius i valori planovolumetrici promessi,sottraendosi infine all’adempimento del contratto, anche come risultante dalle successive pattuizioni integrative. Il motivo è immeritevole di accoglimento,anzitutto per genericità e difetto di autosufficienza, laddove, a fronte della ritenuta non rispondenza del capo di gravame al requisito di specificità dettato dall’art. 342 c.p.c., non riporta il contenuto delle concrete censure al riguardo esposte nell’atto di appello, così non consentendo di valutare la correttezza del giudizio al riguardo formulato dalla corte di merito.

A tanto aggiungasi che con le successive censure, di carattere sostanziateci ricorrente, richiamando nuovamente l’originario contratto, rimette in discussione il motivato giudizio con il quale la corte di merito ha confermato la non esclusiva addebitabilità alla promittente venditrice della mancata stipula del contratto definitivo, che avrebbe dovuto tuttavia rispondere non più all’originario preliminare, ma un accordo rimodulato sulla base delle sopraggiunte trattative, rimaste tuttavia carenti di un elemento perfezionativo della fattispecie integrativa (la redazione del progetto) facente capo al promissario acquirente; valutazione che, come si è visto esaminando il precedente motivo, costituisce frutto di adeguato ed incensurabile appezzamento di merito.

Nè può, infine, tacersi della non conferenza della domanda di restituzione del duplum della caparra confirmatoria, presupponente l’esercizio dell’azione di recesso ex art. 1385 c.c., con la diversa azione di risoluzione per inadempimento secondo le norme generali, che come si rileva dalla narrativa della sentenza impugnata il L. aveva nella specie ritenuto di proporre, si pur formulando l’impropria richiesta accessoria de qua.

Il ricorso principale va conclusivamente respinto.

Con il ricorso incidentale la società Colombana censura per violazione e falsa applicazione degli artt. 1453, 1455 c.c., e per insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi, il mancato addebito della risoluzione del contratto alla controparte, il cui inadempimento avrebbe assunto preponderante rilevanza.

Al riguardo la corte di merito non avrebbe tenuto conto: che la mancata acquisizione del terreno da parte della promittente venditrice all’epoca della formalizzazione del contratto preliminare era circostanza ben nota al promissario acquirente; che successivamente la deducente aveva acquistato uno dei lotti promessi prima della formulazione della domanda risolutoria;che la tardiva acquisizione dei "quantitativi planovolumetrici" non sarebbe intervenuta per porre rimedio ad una propria inadempienza, non essendo la deducente a tanto tenuta,ma solo per agevolare la definizione della vertenza; che il prezzo era stato pattuito per una vendita "a corpo" senza alcun collegamento con la S.C. o la S.L.P.;

che il L. era stato più volte invitato a stipulare il contratto definitivo al prezzo concordato nella scrittura dell’8.11.02, ma tali inviti erano rimasti senza esito.

Anche tale ricorso deve essere respinto, essendo affidato a palesi censure in fatto o a mere affermazioni di principio (secondo cui il preliminare avrebbe previsto una vendita a corpo di lotti) superate dalle emergenze processuali, adeguatamente valutate dalla corte di merito, che ha evidenziato,esprimendo un apprezzamento di fatto equilibrato e convincente, come il mancato approdo al trasferimento finale del suolo edificatorio costituisse la naturale conclusione una vicenda negoziale particolarmente "accidentata", nell’ambito della quale non poco rilievo avevano assunto la mancanza di disponibilità, acquisita solo in extremis in prossimità dell’instaurazione del giudizio, di una delle particelle promesse, e le controverse vicende relative alla effettiva quantità di S.L.P disponibile, che pur è stata ritenuta, con valutazione di merito altrettanto incensurabile, costituire oggetto della promessa di alienazione.

Le spese, infine, tenuto conto della reciproca soccombenza, vanno integralmente compensate.

P.Q.M.

La Corte rigetta i reciproci ricorsi e dichiara interamente compensate le spese del giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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