Cass. civ. Sez. II, Sent., 28-03-2012, n. 4978 Condominio di edifici

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

C.R. quale proprietaria di un appartamento sito al terzo piano dello stabile condominiale p. ed 341 in P.T. 1354/11 C.C. Merano e di una quota della soffitta posta al piano sottotetto immediatamente sopra al suo appartamento, domandava al tribunale di Bolzano la divisione materiale della soffitta.

Affermava di aver acquistato dai condomini S.M., S.E., I.A., G.A. in I., C.F.F., S.P. e G.H., che venivano chiamati in causa, la loro porzione di soffitta.

La domanda, resistita da A.M., A.M.L. in W., W.F., H.G. in P. e P. A. veniva respinta in primo e secondo grado di giudizio.

La Corte d’appello di Trento, con sentenza 29 luglio 2009, ha osservato: a) che la trasformazione di un bene condominiale in bene di proprietà esclusiva di uno dei condomini o di un gruppo di condomini può essere validamente deliberata solo all’unanimità, con decisione avente valore contrattuale. b) che in ogni caso la divisione materiale della soffitta de qua sarebbe stata impossibile, perchè avrebbe richiesto costose opere, che comportavano scomodità d’uso e creazione di servitù. Con atto notificato il 28 dicembre 2009 la C. e i suoi danti causa hanno proposto ricorso per cassazione, con due motivi.

Gli intimati hanno resistito con controricorso e ricorso incidentale condizionato, illustrato da memoria.

Motivi della decisione

2) Preliminarmente va rilevato che con la memoria depositata ex art. 378 c.p.c., parte resistente ha eccepito la sopravvenuta carenza di interesse della ricorrente in relazione alla vendita del proprio appartamento intervenuta nelle more del giudizio.

A tacer d’altro, il rilievo è privo di fondamento alla luce dell’art. 111 c.p.c., comma 1, a mente del quale: "Se nel corso del processo si trasferisce il diritto controverso per atto tra vivi a titolo particolare, il processo prosegue tra le parti originarie".

Il primo motivo di ricorso denuncia falsa applicazione degli artt. 1111, 1112, 1117 e 1119 c.c. e artt. 115, 116 c.p.c., nonchè vizi di motivazione ( art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5).

La censura si riferisce in primo luogo alla astratta divisibilità della soffitta, sottolineando la differenza tra alcuni dei beni indicati nell’art. 1117 c.c., che sarebbero "indissolubilmente destinati e necessari ad un utilizzo comune" – quali il suolo, i muri maestri, i portoni di ingresso – ed altri che potrebbero anche essere di uso esclusivo come avviene per le soffitte, talvolta riservate in proprietà esclusiva del costruttore o alienate a singoli soggetti.

Ne conseguirebbe la divisibilità dei beni, pur inclusi originariamente tra quelli comuni, se non rientranti nella prima categoria.

Inoltre la Corte d’appello avrebbe errato nel ritenere che la soffitta de qua sia non comodamente divisibile per "incomodità d’uso", costi sproporzionati della divisione e necessità di asservimento con servitù. 2.1) Con il secondo motivo sono denunciati falsa applicazione degli artt. 720, 1116, 1119 c.c., nonchè vizi di motivazione ( art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5).

Parte ricorrente sostiene che non si può comprimere il diritto individuale di disporre di un bene, in ragione del concorrente diritto di altri.

A fronte di un utilizzo parziale e infruttuoso del bene, deduce la ricorrente, dovrebbero essere vietate condotte ostruzionistiche, superando i limiti posti dalla regola della unanimità, allorquando "impedisca un uso più razionale ed efficiente del bene". 3) Il ricorso non merita accoglimento.

E’ pacifico in causa (cfr sentenza pag. 9 e ricorso pag. 6) che la soffitta in oggetto sia un bene comune.

Ai sensi dell’art. 1119 c.c., le parti comuni dell’edificio non sono soggette a divisione, a meno che la divisione possa farsi senza rendere più incomodo l’uso della cosa a ciascun condomino.

Nella specie la Corte d’appello ha escluso quest’ultima possibilità con adeguata e congrua motivazione, che è incensurabile in sede di legittimità.

Ha osservato che sarebbe impossibile provvedere a una suddivisione in sei parti, una – maggiore – di 617,94 millesimi e le altre per ciascuno degli appellati, titolari complessivamente dei restanti 382,06 millesimi.

Questi ultimi hanno infatti chiesto in via subordinata (cfr. conclusioni atto appello) l’assegnazione in natura a ciascuno di essi della quota corrispondente ai propri millesimi di proprietà e la costituzione di una servitù di accesso all’antenna televisiva, all’abbaino, al tetto dell’ascensore e a tutte le altre parti comuni che si trovano nella soffitta.

Poichè ovviamente non potrebbe essere imposta agli appellanti l’attribuzione congiunta della porzione minore di soffitta, la Corte d’appello si è interrogata sulla possibilità di questa peculiare forma di divisione, che deve salvaguardare l’uso della cosa con pari comodità e lo ha escluso con ineccepibili considerazioni.

Ha rilevato che sorgerebbe la necessità di costruire muri divisori e scale e accessi al tetto per i condomini esclusi dal godimento di nuove parti di proprietà esclusiva; ha ritenuto che la costituzione indispensabile di vie di accesso all’antenna televisiva, all’abbaino, al tetto dell’ascensore e alle parti comuni raggiungibili attualmente tramite la soffitta sarebbe enormemente costosa, implicherebbe l’imposizione di servitù e, soprattutto, renderebbe palesemente più incomodo l’uso delle cose comuni.

Invano parte ricorrente critica la decisione, perchè non avrebbe esaminato l’utilizzo concreto del bene.

La sentenza non è apodittica, ma logica e razionale, giacchè è evidente, per comune esperienza, che ogni soffitta non è usata, per i fini di cui si è detto, con assiduità tale da richiedere verifica.

Ogni condomino si adopera per la buona esecuzione delle opere anzidette (tetto, antenna, etc.) e si augura che gli agenti atmosferici o artificiali non costringano a manutenzione frequente.

Ciò non toglie che la disponibilità di quei beni sia irrinunciabile e che proprio per questo il legislatore sancisce la essenzialità di alcun parti degli immobili condominiali e in via generale limita fortemente la divisibilità delle parti comuni, tanto che la rubrica dell’art. 1119 suona testualmente: "indivisibilità".

Si aggiunga che intuitivamente l’accesso a tutto il tetto e alle parti indicate dovrebbe essere reso comodo con scale, anditi, percorsi, opere innegabilmente costose.

E’ quindi apodittica non la sentenza, ma l’affermazione della ricorrente secondo cui la costosità delle opere avrebbe dovuto essere stabilita mediante consulenza tecnica.

Nè ha pregio la tesi secondo cui la sola ricorrente avrebbe dovuto aver diritto a una porzione esclusiva, dovendo gli altri condomini, contrariamente a quanto espressamente chiesto, restare vincolati dalla comunione della porzione residua.

La logica che regge la regola di indivisibilità dei beni condominiali è diversa da quella egoistica postulata da parte ricorrente, che non ne coglie la essenza perchè ispirata al diverso principio del "favor" verso la divisione.

Ciò vale anche a proposito delle servitù che sarebbero state necessarie per addivenire alla divisione in più parti, considerazione che parte ricorrente sottopone a critica, chiedendo che solo previo approfondimento tecnico si stabilisca che da esse derivi maggiore incomodità.

Alla luce delle premesse giuridiche poste, della situazione descritta in sentenza e della conformazione dei beni (soffitta e appartamenti condominiali distribuiti su più piani), la valutazione del giudice di merito appare invece congrua e razionale, non meritevole della censura astrattamente avanzata da parte ricorrente, che non ha nemmeno saputo far riferimento a un proprio progetto concretamente in grado di dimostrare la erroneità o illogicità del giudizio della Corte d’appello.

Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso principale e la condanna alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo.

Resta assorbito il ricorso incidentale condizionato, relativo alla divisibilità in sei (o cinque, cfr. controricorso) parti.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna parte ricorrente alla refusione delle spese di lite liquidate in favore dei controricorrenti in Euro 2.500,00 per onorari, Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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