Cass. civ. Sez. II, Sent., 28-03-2012, n. 4977 Recesso e risoluzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

P.A. agiva nel 1991 nei confronti della snc f.lli T., chiedendo la risoluzione del contratto di appalto stipulato nel marzo 1990 per la ristrutturazione di un fabbricato.

Esponeva che era stato pattuito il corrispettivo di L. 90 milioni e che 64,5 milioni erano stati versati; che a seguito di contrasti, la convenuta aveva chiuso il cantiere e preteso l’ulteriore somma di L. 25 milioni, nonostante le contestazioni per opere mal eseguite.

La società convenuta chiedeva in via riconvenzionale il pagamento di quanto ancora dovutole.

Il tribunale di Prato accoglieva la domanda riconvenzionale e nel febbraio 2002 condannava P. al pagamento di L. 45,6 milioni.

La Corte d’appello di Firenze il 3 novembre 2005 riformava la decisione di primo grado e, in accoglimento delle conclusioni assunte dall’appellante, respingeva la riconvenzionale e dichiarava che nulla era dovuto alla snc F.lli Torchia.

T. e T.F. hanno proposto ricorso per cassazione, notificato il 4 maggio 2006.

P. si è costituito in udienza di discussione difeso dall’avv. Laura Bresci.

E’ pervenuta rinuncia al mandato dell’avv. Del Freo. Con procura speciale notarile depositata il 28 luglio 2010 si è costituito nuovo difensore dei ricorrenti, che ha depositato loro istanza di trattazione L. n. 183 del 2011, ex art. 26.

Motivi della decisione

Il ricorso presenta profili che non ne consentono l’esame.

Nel giudizio di cassazione viola il disposto dell’art. 369 cod. proc. civ., comma 2, e rende improcedibile il ricorso, il deposito in cancelleria da parte del ricorrente di copia autentica della sentenza impugnata mancante di una parte che non consenta alla Corte di Cassazione di esaminare le ragioni poste dal giudice di appello a base della pronuncia impugnata (Cass. 175787/06; 17065/07).

Nella specie la copia prodotta da parte ricorrente manca di una pagina (la 5^) nella quale la corte territoriale sviluppava la motivazione in diritto.

A prescindere da questa ragione di improcedibilità, la Corte rileva che i ricorrenti non hanno dimostrato la propria legittimazione.

Nell’epigrafe ricorso, T. e T.F. si qualificano quali soci della cessata snc f.lli Torchia di Torchia Francesco e C. Negli atti non hanno però prodotto alcun documento comprovante la cancellazione della società.

E’ noto che con riferimento alle società di capitali, secondo SU 4060/10 la cancellazione dal registro delle imprese determina l’immediata estinzione della società, indipendentemente dall’esaurimento dei rapporti giuridici ad essa facenti capo, nel caso in cui tale adempimento abbia avuto luogo in data successiva all’entrata in vigore del D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, art. 4, che, modificando l’art. 2495 cod. civ., comma 2, ha attribuito efficacia costitutiva alla cancellazione.

Non sfugge al Collegio la problematica che si pone, con riguardo alla cancellazione di una società di persone dal registro delle imprese, circa la legittimazione dei singoli soci all’esercizio di azioni giudiziarie la cui titolarità sarebbe spettata alla società (Cass. 16758/10, 23129/10 e v. anche Cass. 22863/11), ma il rilievo che è dirimente attiene al presupposto di fatto delle suddette questioni, cioè alla dedotta cessazione della società.

Da essa può sorgere teoricamente legittimazione dei soci ad impugnare la sentenza resa tra altri soggetti. In difetto di specifica prova di tale evento, la legittimazione non può sussistere e il rilievo compete d’ufficio al giudice dell’impugnazione.

Discende da quanto esposto la declaratoria di inammissibilità del ricorso e la condanna alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna parte ricorrente alla refusione delle spese di lite liquidate in Euro 1.200,00 per onorari, Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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