Cass. civ. Sez. II, Sent., 28-03-2012, n. 4976 Lastrici solari e tetto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1) E’ controversa la proprietà del sottotetto abitabile di Palazzo (OMISSIS).

La sentenza impugnata narra che fino al 1982, S.L. era proprietario unico di due appartamenti siti al secondo piano, passati per successione al figlio Se.Lu..

Lu. nel dicembre 1982 donava un appartamento al figlio L. e l’altro alla figlia M..

Costei nel 1991 vendeva la porzione abitativa a Z. D., mentre i coniugi T. acquistavano la porzione di S.L. nel 1994.

Nell’ottobre 1996 i T. agivano contro Z.D., lamentando che questi aveva chiuso la porta che consentiva l’accesso al pianerottolo interno e alla scala mediante la quale si poteva giungere al sottotetto di entrambi gli appartamenti. Chiedevano il riconoscimento della comproprietà dell’ambiente sottotetto e in via principale la costituzione di servitù di passaggio, costituita per destinazione del padre di famiglia.

I coniugi Z. resistevano e domandavano in via riconvenzionale l’accertamento della loro esclusiva proprietà del sottotetto, la rimozione di opere eseguite dagli attori e in particolare di una scala esterna di accesso alla soffitta. Chiamavano in causa S.M. per far valere la garanzia per evizione.

1.1) Il tribunale di Rieti rigettava la domanda T. relativa a pianerottolo e scala, ma stabiliva la comproprietà delle parti nella misura rispettivamente di 571,868 (attori T. – C.) e 428,132 millesimi (convenuti Z. – C..

Il tribunale respingeva la domanda rivolta contro la S..

Gli appelli delle parti venivano parzialmente accolti con sentenza della Corte di appello di Roma del 6 dicembre 2005.

In accoglimento di quello principale proposto dai sigg. Z. veniva ordinato ai T. di eliminare la scala esterna.

In accoglimento di quello degli attori originari, veniva riconosciuta la comproprietà T. anche sullo spazio adibito a pianerottolo e sulla scala di accesso al sottotetto.

Il gravame di S.M., relativo alle spese del giudizio, era accolto integralmente.

1.2) La Corte d’appello rilevava che il sottotetto non era annesso alla sola porzione Z. ma a entrambe, poichè sovrastava entrambi gli appartamenti e quindi aveva con essi un collegamento strutturale.

Osservava che gli atti di donazione non avevano espressamente attribuito a nessuno dei due donatari la proprietà del sottotetto, che doveva pertanto essere considerata comune.

Ribadiva che non si trattava di mera intercapedine con funzione di isolamento dei sottostanti appartamenti, ma di vano autonomamente utilizzabile, da attribuire in base al titolo o in mancanza, sulla base di una presunzione di comunione.

Negava rilevanza alle frecce presenti nelle mappe catastali e negava che l’accondiscendenza di S.L. alla chiusura della porta di accesso dal suo appartamento a quello Z., durante i lavori di restauro dell’unità, fosse valsa a trasferire il bene, in mancanza di atto scritto.

Coerentemente all’attribuzione congiunta, riteneva sussistente il diritto dei T. di comproprietà su pianerottolo e scala di accesso.

Z. e C. hanno proposto ricorso per cassazione, articolato in 5 motivi.

Tanto i T. che la S. hanno resistito con controricorso.

Tutte le parti hanno depositato memoria.

Parte resistente ha depositato istanza L. n. 183 del 2011, ex art. 26.

Motivi della decisione

2) Il primo motivo di ricorso denuncia violazione dell’art. 102 c.p.c., commi 1 e 2.

Parte ricorrente sollecita l’integrazione del contraddittorio con tutti i condomini dello staile, sul presupposto che l’affermazione o negazione della proprietà comune del sottotetto debba essere preliminarmente risolto nei confronti di tutti i partecipanti al condominio.

La censura è per più profili priva di fondamento.

In primo luogo essa pone questione nuova che implica accertamenti di fatto (l’esistenza di altri condomini), la quale non è stata oggetto di rilievo o eccezione nei precedenti gradi di merito (Cass. 23628/06; 20260/06/ 27521/11).

In secondo luogo non sono stati nemmeno individuati con precisione tutti i condomini nei confronti dei quali avrebbe dovuto essere esteso il contraddittorio (Cass. 25305/08).

In terzo luogo la controversia tra due soggetti concernente la proprietà esclusiva di un bene immobile non può pregiudicare un terzo (o più soggetti) che a sua volta si ritenga proprietario di quello stesso bene.

Trattandosi di controversia inter alios acta, la pronuncia eventualmente resa non è opponibile al terzo: sarebbe contrario pertanto al principio di ragionevole durata del processo, estendere il contraddittorio in sede di legittimità. 3) Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1117, 1125 c.c., art. 1127 c.c., comma 1, e vizi di motivazione.

Con esso parte ricorrente sostiene che "la situazione di mera sovrapposizione materiale" fra sottotetto e appartamenti siti al piano sottostante, assunto quale criterio determinate, non ha invece rilievo giuridico.

Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1117 c.c. e vizi di motivazione, sempre con riferimento ai principi di diritto rilevanti ai fini dell’individuazione del proprietario di un piano sottotetto.

In particolare la censura mira ad affermare che, ove manchino indicazioni nel titolo di acquisto, per stabilire se si tratti di parte condominiale ovvero di porzione di proprietà esclusiva occorre aver riguardo alle caratteristiche strutturali e funzionali del bene, delle quali, per contro, la sentenza non avrebbe avuto cura di occuparsi.

Il quarto motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 818, comma 1, artt. 1477, 2912, 1362 e vizi di motivazione.

La censura verte sulla interpretazione delle donazioni che stanno a monte dell’acquisto dei due appartamenti delle parti, dalle quali si doveva desumere che il donante intendeva evitare interferenze e commistioni tra le unità site in (OMISSIS), avendo precluso "con un muro divisorio continuo ogni incongruo accesso reciproco tra le due porzioni donate".

Con il quinto motivo , che espone violazione e falsa applicazione degli artt. 1346, 1350 c.c., art. 1362 c.c., commi 1 e 2, e omessa motivazione, parte ricorrente si duole del fatto che la Corte di appello abbia trascurato il valore delle planimetrie allegate alle domande di voltura dell’atto di divisione, che erano state richiamate nel rogito dal donante Se.Lu. in riferimento alle donazioni ai figli L. e M..

Anche la effettuazione di donazioni separate avrebbe dovuto essere valutata in relazione alla volontà di escludere promiscuità tra gli immobili.

3.1) I quattro motivi, da esaminare congiuntamente per evidente intima connessione, sono, nei limiti di quanto si dirà, fondati e comportano un riesame delle questioni poste.

La Corte d’appello ha negato che il sottotetto sia strutturalmente e funzionalmente collegato al solo appartamento dei ricorrenti ed ha affermato che collegamento strutturale vi è anche con l’appartamento T..

Ha motivato ciò sulla scorta della ubicazione contigua tra sottotetto e appartamento T., giacchè il primo sovrasta non solo la casa Z., ma anche quella T..

Ha poi ricordato che la condominialità di un sottotetto può essere esclusa ove dai titoli risulti l’appartenenza privata o, in mancanza di riferimento nei titoli, emergano caratteristiche strutturali e funzionali decisive.

Inoltre, considerato che non si tratta di mero vano di isolamento ma di autonomo spazio abitabile ha ritenuto "necessariamente vigente un presunzione di comunione" tra i proprietari degli appartamenti sottostanti.

In tal modo la sentenza presta il fianco alle critiche che le sono state mosse.

3.2) In primo luogo conviene osservare che è illogica la affermazione secondo cui la mera collocazione sovrastante implichi un collegamento strutturale di pari rilievo tra i due immobili delle parti e il sottotetto. Rilevava infatti a tal fine la esistenza del collegamento tramite scala tra i due piani e quindi la ubicazione di detta scala nella disponibilità originaria dell’uno o dell’altro appartamento. Oggetto della causa era sin dall’origine la richiesta in via principale del riconoscimento di servitù a favore dell’immobile T. sul pianerottolo e la scala di accesso che si trovavano nell’appartamento Z. (sentenza pag. 6-7).

Alla luce di tale circostanza è evidente che ben diverso è, il nesso strutturale che lega quest’ultimo appartamento con il sottotetto rispetto al nesso indistinto ricollegato a entrambi sulla scorta della mera ubicazione.

3.3) Ai fini del legame strutturale e funzionale tra immobili posti su piani diversi non può prescindersi dalla rilevanza che giuoca la esistenza di una scala di collegamento, che è, concettualmente, il più importante vincolo strutturale e funzionale che sia concepibile.

L’ubicazione di essa, del tutto negletta dal giudice di appello era invece da considerare, dovendosi stabilire in qual modo l’uso effettivo di esso o la sua considerazione negli atti notarili fosse rilevante.

Detta rilevanza è stata sbrigativamente risolta (pag. 11), stabilendo che nell’atto originario "non viene attribuita a nessuno la proprietà del sottotetto" e desumendone automaticamente la conseguenza che la proprietà deve essere "comune degli immobili che esso sovrasta".

In tal modo sono stati violati norme e principi argomentativi invocati in ricorso.

Va invero ribadito che per l’attribuzione della proprietà di un bene conteso tra due soggetti la base primaria dell’indagine del giudice di merito è costituita dall’esame e dalla valutazione dei titoli di acquisto delle rispettive proprietà, quando essi sono stati esibiti in giudizio. La mancanza o l’insufficienza di indicazioni sui dati di individuazione delle unità rilevabili dai titoli, ovvero la loro mancata produzione, giustifica il ricorso ad altri mezzi di prova.

Tra le parti è stato pacificamente assunto, fino all’odierno ricorso, che il sottotetto era di proprietà esclusiva del comune dante causa dei fratelli S., rispettivamente venditori ai coniugi Z. e ai coniugi T. (cfr. anche sentenza, laddove richiama l’atto di donazione-divisione del 1982). L’indagine sulla proprietà doveva pertanto in primo luogo verificare se vi era stata donazione del sottotetto, posto che di esso era evidenziata la utilizzabilità come "vano autonomo" (sentenza pag. 12) ovvero se esso fosse rimasto in proprietà dell’originario proprietario, con le conseguenze del caso.

3.4) Esaurita questa indagine, l’esame dei titoli doveva in modo più penetrante, facendo uso dei cani interpretativi di cui all’art. 1362 c.c., e segg., ricordati da parte ricorrente, stabilire se l’interpretazione e la valutazione del contenuto del contratto stesso offrisse elementi utili per comprendere se il sottotetto fosse stato donato interamente quale parte integrante o accessoria di uno dei due appartamenti ovvero a entrambi.

A questo fine è da censurare che sia stata scartata la natura di pertinenza non sulla base di esame della relazione tra cosa principale (gli appartamenti al secondo piano) e bene secondario (il sottotetto), esaminando, come si doveva, la consistenza di essi e il loro collegamento materiale, ma sulla base della unica considerazione che il sottotetto non aveva la sola funzione di isolamento dal freddo o dal caldo.

In tal modo è stata effettuata una illogica commistione in una contesa tra i due privati, di criteri che sono dalla giurisprudenza utilizzati per ammettere o escludere la proprietà condominiale (cfr.

Cass. 4266/99). L’indagine dovuta non era però tesa ad esaminare la appartenenza al condominio, ma a comprendere se il sottotetto nella sua attuale consistenza fosse – di fatto – una pertinenza di un appartamento o dell’intero piano secondo, essendo comunque esclusa, tra le parti, la condominialità. Giova allora ricordare, al fine di esemplificare il rilievo appena svolto, la fattispecie di Cass. 8468/02: la Corte in quel caso ha cassato con rinvio la sentenza del giudice di merito che, in una fattispecie relativa a sottotetto, collegato da una scala all’appartamento sottostante, non menzionato nell’oggetto della compravendita, ma del quale gli acquirenti chiedevano – previo riconoscimento del rapporto di pertinenzialità con il bene acquistato – l’attribuzione in proprietà, aveva omesso di verificare se gli alienanti avessero ceduto – con apposita clausola – la proprietà della scala che metteva in collegamento le due parti dell’immobile.

Postasi invece su errata traiettoria argomentativa, la sentenza d’appello ha considerato privi di rilievo gli elementi desumibili dagli atti notarili e dalle risultanze catastali allegate o richiamate.

Ha pertanto osservato che le planimetrie catastali non possono essere attributive di diritti reali in contrasto con l’atto di donazione:

tuttavia, essendo stata male inquadrata la lettura di tale atto, l’intero succedersi della vicenda negoziale e del comportamento delle parti doveva essere riletto, esaminando la possibile rilevanza di ogni elemento disponibile, come evidenziato nel quarto e quinto motivo di ricorso.

In sostanza la Corte d’appello ha finito con il considerare quale presupposto indiscutibile ciò che doveva essere dimostrato, cioè che (pag. 13) " S.L. doveva considerarsi comproprietario del sottotetto".

Di qui l’accoglimento dei motivi numerati da due a cinque, con la conseguente cassazione della sentenza impugnata.

Resta assorbito il sesto motivo, che attiene al rigetto della domanda proposta dai coniugi Z. contro la venditrice S. M..

La causa va rinviata per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Roma, che in sede di rinvio si atterrà ai principi sopra convenientemente evidenziati e liquiderà le spese di questo giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso; accoglie i motivi da due a cinque; assorbito il sesto.

Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Roma, che provvedere anche sulla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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