Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 11-07-2011) 14-10-2011, n. 37051 Impugnazioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 21.1.2010 il Tribunale di Lecce – sezione distaccata di Gallipoli – condannava S.S. alla pena di Euro 250,00 di ammenda per il reato di cui all’art. 659 c.p., commesso in (OMISSIS), perchè, abusando di strumenti sonori e utilizzando nella propria abitazione uno stereo con immissione di musica ad alto volume, procurava disturbo al riposo e all’occupazione delle persone abitanti nelle vicinanze ed in particolare a Sc.Is..

Il Tribunale riteneva provata la responsabilità dell’imputato sulla base della testimonianza di Sc.Is. (la cui abitazione aveva le finestre prospicienti all’abitazione dell’imputato, sita al di là della strada), di M.N. (titolare di uno studio professionale sito a duecento metri dall’abitazione dell’imputato) e di B.P. (che abitava nell’appartamento sottostante a quello dell’imputato).

Avverso la sentenza ha proposto appello il difensore dell’imputato deducendo l’insufficienza e/o contraddittorietà delle prove a carico dell’imputato e chiedendo, in via principale, l’assoluzione di S.S. e, in subordine, di contenere la pena nel minimo edittale, con i benefici di legge e con riduzione della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno in favore della parte civile.

Nei motivi di appello si è sostenuto che vi erano contraddizioni nelle deposizioni dei testi e che le emissioni sonore di cui si era lamentata la Sc. probabilmente provenivano da altra fonte.

Dalle prove raccolte era emerso che l’unica persona infastidita dalle emissioni sonore era la Sc., costituitasi parte civile, ma il reato de quo, il cui bene giuridico protetto è la pubblica tranquillità, è configurabile solo se i rumori hanno l’attitudine a disturbare una pluralità di persone.

Con ordinanza in data 12.5.2010 la Corte di appello di Lecce ha dichiarato inammissibile la impugnazione, osservando che avverso la suddetta sentenza poteva essere proposto solo ricorso per cassazione, essendo stata applicata la sola pena dell’ammenda, e ritenendo che non fosse possibile convertire l’appello in ricorso, poichè l’impugnazione era fondata solo su motivi di merito.

Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, chiedendone l’annullamento, in quanto la Corte di appello si sarebbe dovuta limitare a convertire l’appello in ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 568 c.p.p., comma 5, essendo rimesso solo al giudice ad quem ogni valutazione sull’ammissibilità della proposta impugnazione.

Peraltro, nella proposta impugnazione, erano contenute anche doglianze di legittimità, in quanto si era denunciata la discordanza degli elementi probatori assunti a fondamento della decisione e l’omessa considerazione del periodo in cui si era verificato il fatto e delle caratteristiche turistiche della città di Gallipoli nel periodo estivo.

L’impugnazione, in ogni caso, non poteva essere dichiarata inammissibile, poichè con la stessa era stata contestata l’entità della liquidazione del danno.

Motivi della decisione

Preliminarmente deve essere annullata senza rinvio l’ordinanza in data 12.5.2010 con la quale la Corte di appello di Lecce ha dichiarato inammissibile l’impugnazione, ritenendo che il proposto appello non potesse essere convertito in ricorso per cassazione, in quanto fondato soltanto su motivi di merito.

Tale giudizio non poteva essere pronunciato dalla Corte di appello, poichè, in tema di impugnazioni, allorchè un provvedimento giurisdizionale sia impugnato dalla parte interessata con un mezzo di gravame diverso da quello legislativamente prescritto, il giudice che riceve l’atto deve limitarsi a verificare l’oggettiva impugnabilità del provvedimento nonchè l’esistenza di una voluntas impugnationis, e quindi trasmettere gli atti, non necessariamente previa adozione di un atto giurisdizionale, al giudice competente (V. Sez. U. ord. N. 45371 del 31.10.2001, Rv. 220221).

Si provvede, quindi, da parte di questa Corte a convertire l’appello in ricorso, in quanto, a norma dell’art. 593 c.p.p., comma 3, sono inappellabili le sentenze di condanna per le quali è stata applicata la sola pena dell’ammenda.

Il gravame contro la menzionata sentenza del Tribunale di Lecce si fonda su motivi di merito che non possono essere apprezzati in questa sede di legittimità, risultando la motivazione della sentenza impugnata immune da vizi logico giuridici.

Dalla motivazione della sentenza non emerge affatto la denunciata discordanza tra gli elementi probatori assunti a fondamento della decisione, avendo il giudice di merito posto alla base della propria decisione testimonianze che, nella parte sostanziale, confermavano l’ipotesi d’accusa.

L’omessa considerazione del periodo in cui si è verificato il fatto non ha alcuna rilevanza, sia perchè non è una scriminante sia per l’entità del disturbo procurato, secondo il giudice di merito, alle occupazioni e al riposo delle persone.

Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.

Alla dichiarazione di inammissibilità consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Si ritiene di non condannare al versamento di una somma alla Cassa delle Ammende, in quanto il ricorrente legittimamente si è lamentato per il fatto che la sua impugnazione fosse stata dichiarata inammissibile dalla Corte di appello.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e qualificato l’appello contro la sentenza 21.1.2010 del Tribunale di Lecce – sezione distaccata di Gallipoli – come ricorso per cassazione, dichiara inammissibile l’impugnazione e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *