Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 28-03-2012, n. 4971 Indennità varie Rapporto di pubblico impiego

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

I.A., + ALTRI OMESSI dipendenti del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti provenienti dall’ex Ministero dei Lavori Pubblici, convennero in giudizio la parte datoriale pubblica, deducendo di percepire un’indennità di amministrazione inferiore a quella di cui godevano altri dipendenti, svolgenti le loro stesse mansioni, che provenivano da altre amministrazioni (Ministero dei Trasporti – Dipartimento della Motorizzazione Civile) e chiedendo che fosse loro riconosciuto il diritto alla parità retributiva;

radicatosi il contraddittorio, l’adito Tribunale di Roma respinse la domanda.

La Corte d’Appello di Roma, con sentenza del 27.1 – 16.11.2009, accolse il gravame proposto dai lavoratori, dichiarando il loro diritto a percepire, a far tempo dal 26.3.2001, l’indennità di amministrazione in misura pari a quella goduta in pari data dagli ex dipendenti della Motorizzazione Civile confluiti nel Ministero delle Infrastrutture e Trasporti.

A sostegno del decisum, la Corte territoriale ritenne che:

in prime cure il Ministero non aveva eccepito una qualche differenza mansionistica che giustificasse la denunciata diversità di trattamento, nel mentre il ricorso introduttivo aveva indicato il livello contrattuale di appartenenza dei singoli ricorrenti, con ciò facendo riferimento a un preciso, e non contestato, contenuto di mansioni;

– era pacifica, anche dopo la stipula del CCNL 2003-2005, a differenza retribuiva in questione, non avendo le parti collettive proceduto a quella omogeneizzazione dell’indennità in parola che il D.P.R. n. 177 del 2001, art. 9, aveva disposto dovesse essere avviata;

– tale differenza retributiva e il lungo lasso di tempo trascorso contrastava con la regola di parità di trattamento imposta dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45;

non poteva tutelarsi un fenomeno che si era trascinato in un lungo periodo (circa dieci anni) e, pur essendo comprensibile l’iniziale diversità nella complessiva considerazione dei molteplici interessi in campo, con il protrarsi della situazione tale diversità aveva assunto "la veste di forte illegittimità".

Avverso tale sentenza della Corte territoriale, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, ha proposto ricorso per cassazione fondato su due motivi.

Gli intimati I.A., + ALTRI OMESSI hanno resistito con controricorso, illustrato con memoria.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione del D.P.R. n. 177 del 2001, art. 9, comma 5, e D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45, comma 2, sostenendo che si sarebbe resa necessaria, quale presupposto logico e giuridico dell’avversa pretesa, un’esatta e completa descrizione delle mansioni concretamente svolte dai lavoratori e che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale, esso ricorrente aveva negato la spettanza della richiesta indennità proprio sul presupposto della carenza di allegazioni circa l’asserita identità delle mansioni effettivamente svolte.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione del D.P.R. n. 177 del 2001, art. 9, comma 5; D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45, comma 2 e art. 33 CCNL comparto ministeri 1998-2001, denunciando l’erroneo riconoscimento della violazione del principio di parità di trattamento contrattuale, posto che il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45, si riferisce soltanto alla pubblica amministrazione quale datrice di lavoro e non si rivolge alle parti sociali, le quali, in sede di contrattazione collettiva, possono attribuire differenti trattamenti economici in esito alla globale valutazione degli interessi contrapposti; la Corte territoriale aveva pertanto operato un erroneo intervento correttivo delle clausole collettive, dovendo tenersi conto che il D.P.R. n. 177 del 2001, art. 9, comma 5, aveva demandato alle parti sociali l’omogeneizzazione delle indennità di amministrazione, nell’ambito di un processo perequativo che escludeva l’irragionevolezza delle temporanee differenze ed al quale era stato provveduto coerentemente con i vincoli della finanza pubblica, ossia attribuendo gli incrementi indennitari possibili in base alle risorse finanziarie a disposizione; peraltro tale processo di graduale riallineamento retributivo era giunto al termine con la stipula del CCNL 2006-2009, giusta la previsione dell’art. 31, comma 2, e con il successivo accordo integrativo dell’8.2.2007. 2. Va disattesa l’eccezione, svolta dai controricorrenti, di improcedibilità del ricorso per mancata produzione del CCNL richiamati, atteso che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’omessa produzione da parte del ricorrente del contratto collettivo di diritto pubblico richiamato nel ricorso non determina l’improcedibilità del ricorso medesimo a norma dell’art. 369 c.p.c., posto che la suddetta disposizione è applicabile soltanto ai contratti collettivi di diritto comune e non, invece, ai contratti di diritto pubblico, stante la specificità di questi ultimi in virtù del particolare procedimento formativo che li caratterizza, del loro regime di pubblicità e della sottoposizione a controllo contabile, ed attesa la non necessità della loro produzione ai fini dell’accertamento della fondatezza del ricorso (cfr, ex plurimis, Cass , SU, n. 21558/2009).

3. La disamina del secondo motivo è logicamente prioritaria.

3.1 Il D.P.R. n. 177 del 2001, art. 9 (Regolamento di organizzazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti), dopo aver previsto che la dotazione organica del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti era costituita dalla sommatoria (fra l’altro) della dotazione organica del soppresso Ministero dei trasporti e della navigazione e della dotazione organica del soppresso Ministero dei lavori pubblici, ha stabilito, ai comma 5, che "Con le modalità di cui al D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, art. 45, è avviata la omogeneizzazione delle indennità di amministrazione corrisposte a personale confluito nel Ministero dai Ministeri soppressi".

Stante il richiamo al D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 45, l’avvio del processo di omogeneizzazione è stato quindi demandato alla contrattazione collettiva, che vi ha dato effettivamente corso, tanto che, come del resto riconosciuto da entrambe le parti, il trattamento in questione è stato definitivamente equiparato con il CCNL 2006 – 2009.

Peraltro le parti collettive, nel dar corso nel tempo a tale omogeneizzazione, non potevano prescindere dalle risorse economiche rese in concreto disponibili a tal fine dalla finanza pubblica, come espressamente riconosciuto nella dichiarazione congiunta n. 5 contenuta nel CCNL 2002 – 2005, secondo cui: "Con riferimento all’art. 22, le parti affermano che la omogeneizzazione dell’indennità di amministrazione percepita dai dipendenti in servizio nei Ministeri accorpati ai sensi del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, non assume carattere negoziale essendo connessa con il riassetto delle Pubbliche Amministrazioni interessate. Le relative risorse, pertanto, devono essere oggetto di preciso finanziamento di legge non potendo il contratto collettivo provvedere al raggiungimento di tale obiettivo con le risorse derivanti dall’applicazione dell’Accordo sul costo del lavoro 23.7.93. Tuttavia le parti, nell’ambito delle limitate risorse contrattuali disponibili, si sono fatte carico di portare avanti il processo di riallineamento retributivo perseguito sin dal CCNL 16.5.95, attraverso un meccanismo di perequazione dei valori dell’indennità stessa". 3.1 La sentenza impugnata, pur avendo avuto presente la suddetta dichiarazione congiunta, ma senza considerare la rilevanza assunta dagli indicati vincoli economici nel dar corso alla prevista omogeneizzazione e, conseguentemente, nell’escludere profili di irragionevolezza in ordine alle pattuizioni contrattuali che avevano temporaneamente mantenuto la denunciata differenziazione, ha ritenuto, in sostanza, che il relativo processo avrebbe dovuto essere più breve e che il suo protrarsi nel tempo avesse violato il principio di parità di trattamento per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45, comma 2. 3.2 Così giudicando la Corte territoriale si è tuttavia discostata da quanto reiteratamente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il principio espresso dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45, comma 2, secondo il quale le amministrazioni pubbliche devono garantire ai propri dipendenti parità di trattamento contrattuale, opera nell’ambito del sistema di inquadramento previsto dalla contrattazione collettiva, vietando trattamenti individuali migliorativi o peggiorativi rispetto a quelli ivi previsti, ma non costituisce parametro per giudicare delle eventuali differenziazioni operate in quella sede, così da non vietare ogni trattamento differenziato nei confronti di singole categorie di lavoratori, ma solo quelli contrastanti con specifiche previsioni normative; nè, è stato parimenti affermato, in senso contrario valgono le indicazioni della sentenza n. 103 del 1989 della Corte costituzionale, restando estranee da sindacato del giudice le scelte compiute in sede di contrattazione collettiva, le quali, essendosi perfezionate in contraddittorio, escludono che al soggetto in posizione subalterna sia mancata la possibilità di far valere ragioni contro scelte arbitrarie del soggetto in posizione preminente (cfr., ex plurimis, Cass., SU, n. 10454/2008; Cass., nn. 22437/2011; 11149/2011;

12336/2009; 5726/2009; 16504/2008).

La rilevata presenza della suindicata previsione normativa, alla stregua della quale si è svolta la contrattazione collettiva, esclude quindi l’applicabilità nella specie del principio, enunciato in fattispecie simile alla presente dalla sentenza di questa Corte n. 5097/2011, a cui hanno fatto richiamo i contro ricorrenti, secondo cui, in tema di passaggio di lavoratori ad una diversa P.A., l’eventuale diversificazione del rispettivo trattamento economico richiede una specifica base normativa, in difetto della quale l’amministrazione, ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45, comma 2, deve garantire ai propri dipendenti parità di trattamento contrattuale e, comunque, trattamenti non inferiori a quelli previsti dai rispettivi contratti collettivi.

Deve quindi riconoscersi la fondatezza del motivo all’esame.

4. In definitiva, restando assorbita la disamina del primo motivo, il ricorso deve essere accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la controversia può essere decisa nel merito, con il rigetto della domanda.

La complessità delle questioni trattate e il discorde esito dei giudizi di merito consigliano la compensazione delle spese afferenti all’intero processo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, dichiara assorbito il primo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda; spese dell’intero processo compensate.

Così deciso in Roma, il 13 marzo 2012.

Depositato in Cancelleria il 28 marzo 2012

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