Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 28-03-2012, n. 4970 Retribuzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza dell’8.3 – 19.4.2010 la Corte d’Appello di Roma rigettò il gravame proposto dalla Cooperativa di produzione e lavoro Italia Pulita a rl nei confronti di Q.A. avverso la pronuncia di prime cure che aveva accolto la domanda di quest’ultimo, volta al riconoscimento delle differenze retributive dovute in conseguenza del suo rivendicato inquadramento al 5^ livello retributivo, anzichè all’inferiore 7^ livello che gli era stato invece assegnato.

A sostegno del decisum la Corte territoriale ritenne che:

– ogni questione inerente all’esatta interpretazione della L. n. 383 del 2001 per l’emersione del lavoro sommerso era irrilevante ai fini del decidere, perchè nessuna pretesa era stata avanzata per il periodo anteriore alla regolarizzazione del rapporto, avvenuta nel maggio 2002;

– avuto riguardo alle mansioni svolte e alle declaratorie contrattuali, doveva riconoscersi la pertinenza delle prime al 5^ livello retributivo;

– in assenza di specifiche contestazioni mosse dalla convenuta in ordine alla quantificazione, atteso che le doglianze svolte in primo grado erano "del tutto genetiche", correttamente il primo Giudice non aveva disposto l’espletamento di CTU contabile.

Avverso tale sentenza della Corte territoriale, la Cooperativa di produzione e lavoro Italia Pulita a rl ha proposto ricorso per cassazione assistito da cinque motivi.

L’intimato Q.A. non ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione delle L. n. 383 del 2001 e vizio di motivazione, dolendosi che la Corte territoriale abbia ritenuto l’irrilevanza della normativa suddetta sul rilievo che nessuna pretesa fosse stata avanzata dal lavoratore per il periodo anteriore alla regolarizzazione del maggio 2002, pur avendo dato atto che le differenze retributive attenevano al periodo 1.1.2002 – 1.6.2004.

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia vizio di motivazione in ordine alla quantificazione delle spettanze, per non essere stato tenuto conto che le differenze retributive potevano essere richieste solo per il periodo successivo alla presentazione della dichiarazione di emersione del 22.5.2002; si duole inoltre della mancata ammissione della CTU contabile, nonostante le censure svolte con l’atto d’appello.

Con il terzo motivo la ricorrente denuncia l’omessa pronuncia sulla richiesta di CTU contabile.

Con il quarto motivo la ricorrente denuncia nullità della sentenza per mancata corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, avendo erroneamente ritenuto la Corte territoriale che non fossero state svolte contestazioni sulle mansioni svolte dal lavoratore.

Con il quinto motivo la ricorrente denuncia vizio di motivazione, deducendo che la Corte territoriale aveva valorizzato soltanto alcune delle deposizioni acquisite, non tenendo conto di altre di segno opposto.

2. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, nel procedimento logico giuridico diretto alla determinazione dell’inquadramento di un lavoratore subordinato, non può prescindersi da tre fasi successive, e cioè, dall’accertamento in fatto delle attività lavorative in concreto svolte, dalla individuazione delle qualifiche e gradi previsti dal contratto collettivo di categoria e dal raffronto tra il risultato della prima indagine ed i testi della normativa contrattuale individuati nella seconda (cfr., ex plurimis, Cass., nn. 14608/2001; 5128/2007).

La sentenza impugnata ha rispettato tali criteri metodologici, giungendo a conclusioni coerenti con le risultanze processuali esaminate, il che rende inammissibile per difetto di rilevanza la censura svolta con il quarto motivo.

Parimenti inammissibile è anche il quinto motivo, non avendo la ricorrente riportato in ricorso il contenuto delle testimonianze, solo genericamente indicate, di cui la Corte territoriale avrebbe omesso di tener conto (cfr., ex plurimis, Cass., nn. 8388/2002;

12362/2006; 15952/2007); fermo restando che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti (cfr, ex plurimis, Cass., SU, nn. 13045/1997; 5802/1998).

3. Come esposto nello storico di lite, la Corte territoriale ha accertato in punto di fatto che nessuna pretesa era stata avanzata quanto al periodo anteriore alla regolarizzazione avvenuta nel maggio 2002; la ricorrente sostiene il contrario, facendo riferimento ad un passo dello "svolgimento processuale", svolto nella sentenza impugnata, ove era stato indicato che le differenze retributive rivendicate attenevano al solo periodo "1.1.02/1.6.04", ma, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, non specifica quale differenze retributive sarebbero state in effetti richieste e riconosciute per il periodo anteriore al 22.5.2002.

Ciò conduce all’inammissibilità del primo motivo e, stante la stretta connessione, anche del secondo, per quanto rivolto avverso la mancata ammissione di CTU contabile con specifico riferimento alla ricomprensione delle differenze afferenti al periodo predetto.

4. Per ciò che concerne, più in generale, le censure afferenti alla mancata ammissione della CTU contabile (terzo motivo), deve rilevarsi che:

– la ricorrente richiama le doglianze svolte al riguardo con il ricorso d’appello, ma non censura il rilievo della Corte territoriale, fondante la sua decisione su punto, secondo cui in primo grado le doglianze sulla quantificazione erano state del tutto generiche, omettendo altresì, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di riportare i termini attraverso i quali, nella memoria difensiva di primo grado, avrebbe contestato i conteggi svolti dalla controparte;

– la sentenza impugnata ha motivatamente escluso la necessità di procedere a CTU contabile, sicchè non può ravvisarsi alcuna omissione di pronuncia sul punto.

4. In definitiva il ricorso va rigettato.

Non è luogo a provvedere sulle spese, in difetto di attività difensiva da parte dell’intimato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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